Capitolo
XII
Ore 15.30 –
Mosca, Casa di Dimitri
<< Quindi le sembra che i russi rimangano comunque diffidenti,
nei suoi confronti? >> disse McDonall
dall’altra parte del telefono, pensieroso. << In parte lo sono di natura,
ma strano che lo siano così tanto… Evidentemente
credono che ci sia qualcosa sotto >>.
Irina spostò la
sedia dal tavolo della cucina, giocando con il telecomando del televisore
spento.
<< Forse non
siamo stati abbastanza convincenti >> disse lentamente, << Io e Dimitri non siamo stati lineari: all’inizio sembrava
che fossi io a dettare le regole tra noi due, ora lui si dice perfettamente
libero di fare quello che vuole, e che collabora con me solo per liberarsi del
debito che dovrebbe avere nei miei confronti, visto che dovrei averlo fatto
scappare… Boris e Todorov avranno sicuramente intuito
che c’è qualcosa di strano, no? >>.
<< Può darsi
>> convenne McDonall, << Se date l’idea
che in realtà non collaboriate per davvero, potrebbero
accorgersi di qualcosa. Sapevo che il russo sarebbe stato un problema…
>>.
Irina guardò
istintivamente verso le scale che portavano di sopra, dove c’erano sia Dimitri
sia Yana, chiusi in quella sorta di camera privata
come quasi tutti i pomeriggi che avevano trascorso lì.
<< Fino ad
ora si è comportato abbastanza… bene, a parte qualche “piccolo episodio”
>> disse, << Non mi ha dato modo di pensare che stia tramando
qualcosa… >>. Le venne in mente l’episodio della pistola, ma quello era
colpa sua. E anche se qualche volta aveva pensato di avergli lasciato troppa
libertà, tipo lasciarlo da solo con i suoi cugini, a
mente fredda si rendeva conto si essere troppo apprensiva.
<< D’accordo,
ma dovete chiarire cosa c’è sotto >> disse McDonall,
<< Se c’è qualcosa del passato di Dimitri che dobbiamo sapere, deve venire fuori. Se ha un vero motivo per volersi
mantenere “indipendente”, deve farcelo sapere. Non possiamo rischiare…
Chiaritevi e decidete come muovervi >>.
<< Ci
proverò, ma non credo sarà facile >>.
<< Il patto
era chiaro: Goryalef doveva collaborare >>
ribatté McDonall, << Se è venuto lì per fare di
testa sua, lo facciamo tornare negli Stati Uniti
immediatamente… E la prossima volta, consultatevi prima di avere la brillante
idea di farci organizzare anche un finto gruppo di messicani spacciatori di
droga… >>.
Irina fece una
smorfia, imbarazzata. Ne aveva parlato con White poco prima, e anche lui non
era stato particolarmente entusiasta della cosa: la trovata di Dimitri era
geniale solo per lui…
<< D’accordo,
ha ragione… >> convenne, << Dovremmo essere una squadra, e agire di
comune accordo, e non continuare a darci addosso >>.
Salutò il
Vicepresidente e sospirò: sì, sicuramente Dimitri nascondeva qualcosa del suo
passato, che aveva a che fare con ciò che era ma soprattutto sul perché se ne
fosse andato dalla Russia. Qualcosa che non lo rendeva entusiasta al cento per
cento di essere tornato a casa.
“Dobbiamo parlare, questo è
sicuro. Se vuole dare l’idea di essere completamente
libero, devo sapere perché”.
Era il caso di
approfittarne, visto che si sentiva abbastanza determinata da poter affrontare
le frecciatine del russo. Qualunque cosa stesse facendo la sopra, doveva
scendere e parlare con lei. Bisognava solo capire come farlo nel migliore dei
modi.
Salì le scale che portava di sopra e fissò la porta chiusa. Non voleva che
entrasse? Non sarebbe entrata, allora.
“Ok, non lo far innervosire… Meglio essere cauti e non
irritarlo”.
Bussò alla porta,
rimanendo ferma ad aspettare. Venne ad aprirle Yana,
fissandola stupita nel suo vestitino blu. Si vede che non si aspettava di vederla lì.
<< Devo
parlare con Dimitri >> disse Irina lentamente, affinché capisse quello
che aveva detto.
La bambina annuì,
poi dietro di lei comparve il russo, di nuovo a torso nudo e striato di sudore:
sicuramente dovevano esserci degli attrezzi da palestra, la sopra. Le rivolse
un’occhiata infastidita, si piazzò davanti a Yana e
si gettò la maglia sulla spalla.
<< Cosa c’è?
>> fece, secco.
<< Dobbiamo
parlare di una cosa che ci riguarda >> rispose Irina, sostenendo il suo
sguardo, << Che ti riguarda, soprattutto >>.
Dimitri disse
qualcosa a Yana, e la bambina tornò nella mansarda
senza fiatare. Lui si richiuse la porta alle spalle, e la seguì fino in
soggiorno, infilandosi la maglietta. Si sedette sul divano e la guardò in
faccia.
<< Di cosa
dobbiamo parlare? >> chiese, il tono strafottente.
Irina rimase in
piedi, risoluta.
<< Perché te
ne sei andato dalla Russia? >> domandò, diretta
e senza alcun giro di parole.
<< Perché non
volevo più rimanere qui >> rispose Dimitri, secco.
<< E perché
non volevi rimanere qui? >>.
<< Perché mi
ero stufato di questo posto >>.
Irina gli rivolse
un’occhiataccia. Forse era il caso di andare dritta al punto, visto che faceva il furbo cercando di prenderla in giro in
quel modo…
<< Senti,
posso capire che non devo permettermi di intromettermi nella tua vita, ma come
hai detto tu l’altra volta, ci mettiamo in pericolo a vicenda, con i nostri comportamenti
>> disse, ricordandogli le sue stesse parole, << Quindi se c’è qualcosa che ti riguarda che può compromettere la
missione, penso di doverlo sapere >>.
Dimitri la guardò,
l’espressione imperscrutabile, senza dare segno di essere minimamente colpito
da ciò che aveva detto.
<< Quello che
mi riguarda non mette in pericolo la missione >> disse solo.
<< Questo lo
pensi tu, ma potrebbe non essere così >> ribatté Irina, sentendo
l’impazienza salire.
Dimitri rimase un attimo
in silenzio, rivolgendo lo sguardo intorno come per calmarsi. << Vuoi
sapere qualcosa del mio passato? >> domandò.
<< Sì
>>.
<< Bé, credo
siano fatti miei >> ribatté, secco e diretto come sempre.
Irina sbuffò, con
la voglia matta di tirargli una sberla per vedere se
riusciva a essere più convincente, ma si trattenne. Ci andava pazienza con lui,
c’era poco da fare.
<< Perché non
vuoi che nessuno sia collegato a te? >> chiese, cercando di aggirare
l’argomento. Magari messo alle strette sotto quel punto di vista
sarebbe stato più eloquente.
<< Cosa te lo
fa pensare? >> chiese Dimitri. La guardava con aria di sfida,
gli occhi grigi più gelidi del ghiaccio.
<< Tua
sorella me lo ha lasciato intendere; ed è chiaro che
sei uno che qui gode di stima, ma non frequenti nessuno… >> disse Irina,
<< E’ strano, non ti pare? Sembra quasi che tu non voglia far sapere che
sei tornato >>.
Dimitri cambiò
posizione sul divano, inarcando un sopracciglio, e Irina notò la vena che si
contrasse sul suo collo taurino. << Ho dei nemici qui, come tutti
>> soffiò, come per non farsi sentire da nessuno.
<< Per quale
motivo? >> domandò lei, sempre più incuriosita.
<< Abbiamo
dei conti in sospeso >> spiegò Dimitri, la voce stranamente neutra,
<< Che risalgono ad alcuni anni fa… Io e la mia
famiglia >>.
“Non mi sta dicendo niente di nuovo, in fondo… Non era
difficile capire che aveva questioni ancora aperte con qualcuno del posto…”.
Irina studiò la sua
espressione, per capire cosa stesse pensando: fu inutile, perché aveva l’espressività
di una statua. Dimitri sembrava fatto di pietra, a parte gli occhi che si
muovevano su di lei e poi sulla stanza.
<< Si può
sapere cosa? >> chiese a bassa voce, conoscendo già la risposta che lui
le avrebbe dato.
<< No
>>.
“Ok, meglio non insistere troppo… Magari me lo dice da
solo più avanti”.
<< Chi era
quello di cui ho sentito parlare l’altra volta dai tuoi cugini? Un certo
Vladimir… >>.
Si era tenuta
quella domanda per un momento migliore, e non sembrargli eccessivamente
impicciona. Forse su quello le avrebbe detto qualcosa.
Dimitri fece una
smorfia, come se avesse capito dove stava andando a parare.
<< Vladimir Buinov? >> disse, << E’ uno da cui dobbiamo
tenerci alla larga, se è questo che vuoi sapere >>.
Irina inarcò un
sopracciglio, avvicinandosi di un passo al divano. << E’ uno dei Referenti? >>.
Dimitri scosse il
capo. << No, non è un Referente… Controlla la parte Sud di Mosca, ed è da
anni in lotta con tutti gli altri quartieri della città >>.
<< Perché?
>>.
<< Vuole il
pieno controllo delle partite di droga e delle corse clandestine >>
rispose Dimitri, << Ma non vuole collaborare con nessuno… E’ una mina
vagante, se così possiamo dire. Non sta con nessuno, a parte il suo ristretto
gruppo di amici, e molti lo temono, perché non ha alcuna pietà per niente e per
nessuno >>.
Il tono di Dimitri
divenne improvvisamente più freddo del solito, e il suo sguardo si rabbuiò.
Qualcosa disse a Irina che quel Vladimir doveva centrare qualcosa con lui… E
molto probabilmente con il fatto che volesse far sapere che era tornato.
<< Ha a che
fare con te, vero? >> domandò lei.
Dimitri si alzò di
scatto, e per un attimo ebbe paura di una qualche sua reazione violenta; lui però si limitò a ringhiare e a sussurrare un secco “Non
ha alcuna importanza” prima di risalire di sopra, lasciandola nel soggiorno da
sola.
“Ecco, lo sapevo… Perché è così maledettamente
suscettibile?”.
Irina sospirò,
accorgendosi di aver di nuovo sbagliato l’approccio con Dimitri. Non era uno
che amava parlare, che sembrava disprezzare tutto e tutti, e a
cui non importava molto del parere degli altri… Era sempre stato così,
anche ai tempi di Challagher. Inoltre, molto
probabilmente era abituato a vivere da solo, e non con una ragazza tra i piedi
a occupargli la casa, e lei avrebbe dovuto tenerne conto… Forse alla fine era
stato più gentile del solito, a rispondere a qualcuna delle sue domande.
“Deve essere qualcosa di molto doloroso, se non ne
vuole parlare… Dovrei mettermi nei suoi panni”.
Se qualcuno in quel
momento le avesse domandato qualcosa su ciò che era successo tra lei e William,
anche se era passato del tempo, non ne avrebbe parlato sicuramente con piacere…
Anzi, ricordare era già abbastanza doloroso.
Si sedette sul
divano, sospirando. Afferrò il telecomando dello stereo e lo accese, cercando
di distrarsi un po’: finché lasciava i cd che gli piacevano, Dimitri non aveva
niente da dire.
Aveva appena
appoggiato la testa sul divano, quando il suo cellulare squillò forte, vibrando
sul ripiano dove lo aveva lasciato. Lo acchiappò prima che potesse cadere e
rispose.
<< Pronto?
>>.
<< Ovunque tu
sia, per qualunque motivo tu sia lì, non lo voglio sapere… Ma non potevo
resistere senza sapere se stavi bene o no >>.
Irina rimase di
sasso quando riconobbe la voce squillante e acuta della sua migliore amica,
dall’altra parte della linea telefonica e a migliaia di chilometri di distanza.
<< Jenny?! >> gridò, saltando in piedi.
<< In persona
>> rispose l’amica, << Prima dimmi come stai, poi pensiamo al resto
>>.
Irina sorrise,
senza parole. La sua amica non doveva contattarla, lo
sapeva, ma non poteva essere che felice che lo avesse fatto: era l’unica con
cui poteva parlare senza essere giudicata, ma soprattutto senza dover discutere
di quella missione più complessa del previsto.
<< Sto bene,
meglio di quanto pensassi… >> disse, divertita, << E tu? Tutti bene laggiù? >>.
<< Certo, qui
noi ce la spassiamo >> rispose Jenny, << Esami a parte, tutti bene, anche tuo papà, l’ho incontrato l’altro giorno
>>.
<< Bene,
grazie della notizia… Gli telefonerò appena posso >>.
<< Brava… Ah
proposito, cosa stai facendo di bello? >> chiese Jenny, tutta zucchero. Anche se diceva che non le interessava,
Irina la conosceva troppo bene: stava sicuramente morendo dalla curiosità.
<< Lo sai che
non te lo posso dire >> sorrise, << Come hai
fatto ad avere questo numero di telefono? >>.
<< Jess >> rispose Jenny, << Xander
è stato qui, prima di partire, e ce lo ha lasciato…
Veramente lo ha lasciato solo a Jess, ma non riuscita
a estorcerglielo… Sai che Xander mi sembrava
abbastanza nervoso? Aveva i nervi a fior di pelle… Cosa gli hai combinato?
>>.
Il sorriso di Irina
si incrinò un po’, al ricordo del suo rocambolesco
arruolamento nell’F.B.I.
<< Non voleva
che partissi >> rispose lentamente, << Abbiamo bisticciato un po’
su questo… >>.
<< Lo so cosa
stai facendo, Irina >> disse improvvisamente Jenny, seria, << Lo so
che sei tornata a fare la pazza in macchina… Non me lo hanno detto, ma lo so,
ti conosco troppo bene >>.
Irina non si stupì
che lo avesse intuito: se non andava via per un soggiorno studio, non c’era
altro motivo che potesse spingerla a partire per un posto sconosciuto,
soprattutto lasciando all’oscuro praticamente tutti.
Ora arrivava il momento per lei di sorbirsi la ramanzina di chi le voleva bene
e teneva alla sua salute molto più di lei.
<< Jenny…
>>.
<< Irina, sei
grande abbastanza da decidere da sola, e so che sei in gamba… Ormai sei lì,
nessuno ti può più fermare, e spero che non ti pentirai della tua scelta. Cerca
di fare attenzione >>.
<< E’ quello
che ho intenzione di fare. Quando torno ti racconterò
tutto >> disse Irina, sedendosi si nuovo sul divano, sentendosi un
pochino in colpa per non averle detto proprio nulla. << Poi ora Xander non è più tanto lontano da me, quindi… >>.
<< Dove sei, più o meno? >> chiese Jenny, curiosa, cambiando tono.
Non voleva metterla sotto torchio e farla stare male, ora che i giochi erano
già fatti.
<< Europa
dell’Est >> rispose Irina, rivolgendo un’occhiata verso la finestra,
oltre la quale vorticavano i fiocchi di neve, << Un posto dove fa molto
freddo… >>.
<< Sarebbe stato meglio Parigi, mi sa >> commentò l’amica,
<< Sei sola? Vivi in qualche villa superlusso o una cosa così… Raccontami
qualcosa, sono curiosa >>.
Irina sorrise,
valutando ciò che poteva raccontarle senza mettere in pericolo la sua
copertura, nel remotissimo caso che quella telefonata fosse intercettata. Si
guardò intorno, lo sguardo che vagava per il
soggiorno.
<< Sto in un
appartamento abbastanza bello, di quelli stile minimalista, se capisci cosa
intendo… In compagnia di un russo di ghiaccio e parecchio scontroso, più sua
nipote e sua sorella >>.
<< Ma dove
cavolo sei finita? >> chiese Jenny, << Un
russo? Che ci fai con un russo? >>.
<< E’ un
vecchio amico… >> sussurrò Irina, sperando che Dimitri non piombasse lì
da un momento all’altro: di sicuro non avrebbe gradito sentirsi chiamare
“amico”.
<< Tu non hai
amici russi… >> disse Jenny, quasi fosse scontato, << Ora però capisco perché Xander era
così infuriato… Si può sapere come si chiama, almeno? >>.
<< No
>> rispose Irina, trattenendosi dal ridere.
<< Allora
cosa fa lì con te? >>.
<< Mi deve
aiutare >>.
<< Ah… Non ci
capisco niente, ma mi basta sapere che stai bene >> commentò Jenny,
confusa ma anche divertita, << E che Xander non
è più tanto lontano… Non è che quel tipo allunga le
mani? >>.
Irina sorrise: ecco
il solito commento di Jenny. Questa volta però non c’era da preoccuparsi,
perché per Dimitri doveva avere l’attraenza di una
porzione di cavoli andati a male…
Passarono la
mezz’ora successiva a parlare del più e del meno, con Irina che chiedeva
informazioni su come stavano Kety e gli altri, e come
andavano le cose all’Università. Fu piacevole tornare per qualche momento a Los
Angeles, anche solo con la mente. Jenny aveva la dote di ricordarsi tutti i
pettegolezzi che riguardavano praticamente tutta la
città, quindi ebbe da parlare abbastanza da consumare tutto il credito della
sua scheda telefonica.
Appena rimise il
cellulare sul tavolino, rincuorata da quella chiacchierata all’insegna della
leggerezza, Irina si accorse che Yana stava sulle
scale, un grosso libro colorato in mano, e la faccetta incuriosita: doveva
essere rimasta ad ascoltare cercando di capire cosa stava dicendo, o con chi stesse parlando.
Irina le sorrise,
intenerita dalle guancette rosse della bimba, e Yana saltellò sugli ultimi gradini fino a raggiungerla,
sventolando il librone davanti al suo naso.
<< Cos’è?
>> chiese.
La bambina lo aprì,
mostrando l’immagine di un paesaggio di campagna e di una fattoria con
tantissimi animali, con le didascalie in russo che dovevano rappresentarne il
nome. Indicò alcune delle figure e disse, con un’ottima pronuncia inglese:
<< Cane… Gatto… Cavallo… Mucca… Toro >>.
Irina capì: usava
il libro per imparare le parole… Doveva ammettere che quella bambina aveva
proprio voglia di studiare, già così piccola!
<< Mi insegni? >> chiese Yana,
gli occhioni che luccicavano.
<< Va bene
>> sorrise Irina, seguendola fino al tavolino e guardandola appoggiare
per bene il libro sul ripiano, tutta concentrata. Lo sfogliò velocemente e si
fermò a una pagina piena di immagini sulla cucina e i
cibi. Indicò le fragole dentro un cestino e la guardò interrogativa.
<< Fragole
>> disse Irina, scandendo bene le lettere, << Fragole… >>.
<< Fra-go-le >> ripeté Yana,
aggrottando buffamente la fronte, << Queste? >>.
Indicò le mele,
rosse e gialle, poi le banane, poi tutti gli altri frutti sparsi per la cucina,
con Irina che le diceva il nome in inglese. Faceva tutto con serietà, come una
bambina molto più grande della sua età, e come se ne andasse del suo onore…
Irina non poteva che sorridere, di fronte al suo impegno.
Nel giro di
mezz’ora, si trasformò tutto in un gioco divertente anche per Irina, che rideva
per la difficoltà di pronuncia di Yana di alcune
parole, e anche per il fatto che la bambina ogni tanto
cercava di insegnarle qualche termine russo che per lei risultavano
assolutamente impronunciabili. In più, per ogni dieci parole che memorizzava Yana, lei ne imparava una: era decisamente
brava, quella bambina.
<< Dimitri ti insegna le parole, quando stai sopra con lui? >>
chiese Irina, incuriosita; si era sempre chiesta cosa
facessero là sopra. Dimitri non era certo uno di molta compagnia.
<< Sì
>> rispose Yana.
<< E poi cosa
fa? >>. Irina non se lo vedeva proprio ad aiutare una bambina a studiare…
Yana si strinse nelle
spalle. << Palestra >> rispose, mulinando le braccia per mimare il
sollevamento di un bilanciere.
Guardò la bambina,
impensierita, poi gettò una rapida occhiata all’orologio.
<< Senti un
po’, ti piacerebbe fare merenda? >> chiese.
La bambina annuì.
<< E se mi
aiutassi a fare una torta? >> domandò Irina, con un sorriso, <<
Potresti imparare un sacco di parole… >>.
Yana annuì con più
vigore, gli occhietti illuminati.
<< Vieni
>>.
Andarono in cucina,
e Irina si mise a frugare nei cassetti in cerca di un grembiule per Yana, in modo che non si sporcasse il vestitino. Glielo
fece indossare e poi tirò fuori l’occorrente per la torta, dicendo al alta voce di cosa si trattava, gli occhi di Yana che non la abbandonavano nemmeno un attimo.
<< Uova…
Farina… Latte… >>.
Dispose tutto sul
tavolo, dopo aver tolto la tovaglia, e fece cenno a Yana
di avvicinarsi, spiegandole cosa dovevano fare.
Se dapprima Yana era parsa un po’ perplessa all’idea di dover
maneggiare la farina, appena Irina le mostrò come fare, cambiò totalmente
espressione, assumendo la tipica faccetta divertita dei bambini che pasticciano
con le cose da mangiare, e persino le sue amate parole passarono in secondo
piano. Iniziò spargere il latte dappertutto, rovesciando qualche ingrediente
qua e là per il tavolo, ma ridendo di gusto.
Irina sorrise di
fronte allo sbaffo di farina che aveva sul naso, e l’aiutò
a scegliere gli ultimi ingredienti per la torta, che Yana
volle con le mele e le pesche tagliate a pezzettini. Diedero un’ultima
mescolata all’impasto, poi versarono tutto nella teglia e misero in forno.
<< E ora non
ci resta che aspettare che sia pronta >> disse Irina, osservando il
tavolo cosparso di farina e il grembiule di Yana
completamente impiastricciato… Ma niente era divertente come la sua faccetta
soddisfatta e divertita, gli occhietti che guardavano l’evolversi della loro
torta all’interno del forno.
In quello stesso
momento, Dimitri entrò in cucina, goccioline di sudore che gli scendevano lungo
il collo e l’espressione rabbuiata, come se stesse pensando a qualcosa di
brutto.
<< Ah, sei
qui… >> borbottò quando vide Yana appiccicata
al forno. Poi si accorse del pasticcio sul tavolo e rivolse un’occhiata
perplessa a Irina, quasi spiazzato nel trovarle in quella situazione.
<< Abbiamo
fatto una torta… >> spiegò lei, sperando la cosa non gli desse troppo
fastidio.
Yana a quel punto si
girò e lo guardò in faccia, lo sbaffo di farina ancora
sul nasino e l’espressione orgogliosa. Irina non poté che sorridere, trovando
quella bambina sempre più tenera ogni attimo che passava, e per un momento le
sembrò di cogliere un velato, velatissimo sorriso anche sul volto di Dimitri,
che provvide subito a nascondere dietro la sua solita maschera. O forse si
trattava solo di una smorfia più amichevole del solito, perché lui non sorrideva
mai.
<< Vado a
farmi una doccia… >> disse, dopo aver recuperato dal frigo una bottiglia
di acqua ghiacciata. Sparì nel corridoio lasciandole in attesa che il loro
“capolavoro” finisse di cuocere.
<< Come mai
ti piace tanto imparare l’inglese? >> chiese
Irina, rivolta alla bambina, mentre ripuliva il tavolo e rimetteva tutto in
ordine.
<< Perché non
voglio stare qui >> rispose Yana, serissima,
<< Voglio andare con lo zio Dimitri dove fa caldo e c’è il mare… Dove sta
sempre lui quando non viene qui >>.
La risposta lasciò
Irina stupita: Yana da dove arrivava Dimitri, e
sembrava reputarlo un posto migliore di dove viveva lei. Non voleva rimanere
lì… Scosse il capo: forse si trattava solo di un’idea di una bambina di sei
anni. Difficilmente si rendeva conto di cosa implicava.
Lasciò
perdere
l’argomento e controllò la torta: doveva essere pronta. Afferrò il guantone e
la tirò fuori, inondando la cucina di un dolce profumo. La dispose sul piatto e
guardò Yana contemplare soddisfatta il dolce.
<< La
tagliamo? >>.
La bambina annuì.
Irina tagliò una
bella fetta e gliela porse, avvolta da un pezzo di carta da cucina per non
farla bruciare. Yana addentò un boccone e si illuminò.
<< E’ buona!
>> gridò.
<< Certo che
è buona, l’abbiamo fatta noi >>.
Irina si tagliò una
piccola fettina e la assaggiò, scoprendo che in effetti
era davvero deliziosa, più di quanto si fosse aspettata dall’abbinamento
mele-pesche idea di Yana.
<< Né
tagliamo un pezzo e la porti alla tua mamma, così le fai vedere quanto sei stata
brava >> disse Irina, disponendone una grossa fetta su un altro piatto e
coprendola con un tovagliolo.
<< Allo zio?
>> chiese Yana.
<< Se la
vuole, sì >>.
“Dubito che voglia assaggiare qualcosa che proviene per
la maggior parte dalle mie mani… Ma comunque potrebbe fargli bene, magari si
addolcisce”.
Yana uscì di corsa dalla stanza, per poi tornare trascinando Dimitri
per un braccio, l’espressione abbastanza scocciata. Se fosse stato chiunque
altro a tirarlo in quel modo, e non Yana, di sicuro
gli avrebbe tirato un pugno. La bambina lo spinse davanti al tavolo e disse:
<< Mangia >>.
Dimitri rivolse
un’occhiata prima alla torta poi a Irina, gli occhi di ghiaccio. Molto
probabilmente se non ci fosse stata Yana avrebbe
fatto uno dei suoi commenti acidi o avrebbe declinato tutt’altro che
gentilmente l’offerta, ma si trattenne.
<< Non è
velenosa, l’abbiamo mangiata anche noi >> disse Irina, seria, << E
poi l’ha fatta lei, non io >>.
Dimitri fece una
smorfia, come a dire “E io ci credo anche…” e prese la
fetta di torta che le porse Yana con insistenza. Le
diede un rapido morso, poi abbassò gli occhi sulla bambina.
<< E’ buona
>> borbottò, << Brava… >>.
“Oddio cosa sentono le mie orecchie! Forse
ho capito male?”.
Yana saltellò contenta
e prese il piatto con l’altro pezzo di dolce.
<< Lo porto
alla mamma >>. Era talmente contenta che rischiò
di farlo cadere dal piatto.
Sparì correndo
dalla cucina e li lasciò da soli, a guardarsi in faccia poco amichevolmente.
Irina incrociò le braccia e fece un mezzo sorriso, tutt’altro che divertito.
<< Non sei
obbligato a mangiarla, se non ti piace >> disse, accennando alla fetta di
torta che aveva ancora in mano. << Era solo per essere carini con Yana, tutto qui >>.
<< Di solito
dico quel che penso… >> commentò Dimitri, secco.
<< Cioè?
>>.
<< E’ buona,
non sto dicendo una stronzata >>.
<< Ok…
>> fece diffidente Irina.
“Però io ci credo poco…”.
Si voltò un
momento, e bastò quell’attimo di distrazione a Dimitri per sparire dalla cucina.
Sentì la porta dell’appartamento chiudersi.
Irina si strinse
nelle spalle: non sarebbe mai riuscita a capirlo, forse. Doveva essere andato
in garage, dove probabilmente le auto gli facevano una compagnia più gradita
della loro.
Tornò in soggiorno
e gettò un’occhiata allo stereo, approfittando del fatto che non ci fosse
Dimitri: inserì il cd che aveva tolto dalla radio della Punto e si lasciò
cullare dalle sue canzoni preferite, sentendosi per un momento quasi a casa.
Mancava solo l’abbraccio di Xander, per farla stare
davvero bene.
“Spero che non faccia stupidaggini e che la sua
copertura tenga…”.
Sospirò: sì, Xander era in gamba, sarebbe andato tutto bene. Era lei
quella che doveva impegnarsi e fare attenzione.
Vagò con lo sguardo
per la stanza, pensando a cosa potesse fare: non poteva
farsi vedere in giro, aveva detto Dimitri, soprattutto con la sua macchina.
Solo che starsene tutto il tempo in casa non era un bel passatempo.
All’improvviso si
accorse di una cosa: sul mobile dello stereo mancavano le chiavi del cancello
del garage, che rimanevano lì anche quando Dimitri stava in garage…
Si alzò e guardò se
per caso non fossero in giro, ma non le vide da nessuna parte.
“Non dirmi che è uscito…”.
Fin da quando erano
arrivati, Dimitri non si era mai allontanato da casa senza di lei, perché McDonall gli aveva proibito di andarsene in giro da solo,
anche se avrebbero comunque potuto rintracciarlo. E, viceversa, il russo non
voleva che se ne andasse in giro per in fatti suoi,
per evitare che facesse stupidaggini…
Forse la prima cosa
che avrebbe dovuto fare era preoccuparsi, ma stranamente rimase tranquilla.
C’era qualcosa che le diceva che doveva esserci una spiegazione. E agitarsi non
la aiutava… Doveva o non doveva imparare a cavarsela
anche nelle situazioni più inaspettate?
“Prima è il caso che vada a controllare se è veramente
uscito…”.
Chiese a Vilena, nell’altro appartamento, se Dimitri stava da lei,
ma scoprì che non c’era; allora scese in garage, dove mancava il bianco
dell’inconfondibile Ferrari. Le altre auto erano al loro posto, ma era chiaro
che Dimitri era uscito.
“Ok, non mi resta che fare una cosa…”.
Risalì a casa, andò
a frugare nella valigetta che si era portata dietro e che conteneva un cd che
le aveva lasciato Jess, il quale
si era occupato di rendere Dimitri sempre reperibile. Si sedette alla scrivania
di camera sua e aprì il portatile, anche quello compreso nel kit del “perfetto
agente segreto”, fissando lo schermo che si accendeva.
Avrebbe dovuto
avvertire qualcuno, ma non voleva farlo. McDonall era
stato chiaro: se il russo dava segni di strani comportamenti, voleva essere
avvertito. La missione non poteva saltare per lui.
Eppure, anche se
aveva voluto fare un po’ di testa sua ed era stato poco collaborativo, Dimitri
non le aveva dato l’idea di essere davvero pronto a pugnalarla alle spalle… E
in più, prima di accusarlo di qualcosa, doveva essere sicura di quello che
diceva. Magari alla fine non c’era niente di cui preoccuparsi.
Le ci vollero
cinque minuti per installare il programma di Jess,
fortunatamente di facile comprensione anche per una profana di
informatica come lei, e lo lanciò. Sullo schermo comparve una sorta di
cartina stilizzata di Mosca, con i nomi delle vie e un puntino rosso che si
muoveva abbastanza velocemente lungo la strada. Dimitri e la sua Ferrari.
“Dove starà andando?”.
Seguì con gli occhi
il puntino, fino a che non vide fermarsi davanti a quello che era il Cimitero
di Novodevicij, e rimanere inchiodato lì.
“Cosa ci fa Dimitri in un cimitero?”.
Ore 18.00 –
San Pietroburgo
<< E tu chi
saresti? >> domandò il russo che aveva davanti, la barba sfatta e gli
occhi iniettati di sangue di chi non ha dormito per tutta la notte. Il fumo della
sua sigaretta si disperdeva nell’aria stantia del bar, il televisore
nell’angolo che gracchiava su una partita di calcio.
<< Uno che
vuole correre >> rispose Xander, fissandolo
negli occhi, << Che vuole fare molti soldi, correndo >>. La gente
che sta nel bar, tutti uomini dall’aria poco raccomandabile, non li degnano di uno sguardo.
<< Come ti
chiami? >>.
<< Mark Dowson >> rispose Xander.
Orribile nome, ma necessario per la sua copertura.
<< Sei quello
di ieri sera, allora >> disse l’uomo, alzando lo sguardo dal bicchiere di
birra che aveva davanti, << Quello che ha vinto con la Scirocco nera…
>>.
<< Sì, sono
io. Mi hanno mandato da te >> disse Xander,
<< Dicono che puoi farmi conoscere subito qualcuno di interessante…
>>.
L’uomo sorrise, poi
gli porse la mano. Abbandonò la sua aria insofferente e apparve più
interessato. << Io sono Ermil… Mi chiamano
“l’Amico”, però >> si presentò.
<< L’Amico?
>>.
<< Sono io
che mi occupo dei nuovi arrivati da queste parti, e posso essere considerato il
russo più amichevole nel giro di centinaia di chilometri qui attorno >>
spiegò Ermil, prendendo il bicchiere di birra,
divertito. << Da dove arrivi? >>.
<< Stati
Uniti >>.
<< Di
preciso? >>.
<< New York
>>.
<< Credevo Los
Angeles… C’era gente forte, da quelle parti >>.
Xander drizzò le
orecchie. Qualcuno nella sala gridò qualcosa, attirando l’attenzione del
barman.
<< Ci sono
stato, infatti >> disse, sperando che qualcosa non fece
mangiare la foglia al russo.
<< Davvero?
Allora non sei uno che scherza… Conoscevo di fama i piloti di quelle parti.
Peccato abbiano fatto una brutta fine… >>. Ermil sembrava dispiaciuto, dal tono di voce, ma la sua
espressione distaccata non sembrava dire altrettanto. << Sai come sono
stati arrestati? >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << Pare ci fosse un traditore tra loro >> rispose, <<
Sono stato lì molto prima che gli sbirri li beccassero, quindi non so come è andata. Non faceva per me, il posto, così sono
tornato a New York >>.
<< E hai
deciso di venire fin qui… >> disse Ermil,
<< Scelta migliore, davvero >>.
<< Con chi puoi farmi entrare in contatto? >> chiese Xander, cogliendo l’occasione per allontanarsi dal terreno
minato di Los Angeles, << Sono qui per diventare qualcuno, e non voglio
fare la fine di quegli americani… >>.
<< Frena,
ragazzo >> disse Ermil, sorridendo, << So
dove vuoi arrivare… Sei qui perché vuoi diventare uno
dei Referenti della Lince, come tutti gli stranieri che si addentrano in
Russia… In effetti, è una posizione piuttosto allettante… >>. Mescolò il
contenuto del bicchiere, rivolgendo un’occhiata disinteressata alla
televisione.
<< Puoi
aiutarmi? >> domandò Xander.
<< Forse… Ma
prima fai ancora un paio di gare >> rispose Ermil,
<< Dopo ti mando da qualcun altro, se mi sembrerai affidabile >>.
Ammiccò, come se già sapesse che era uno forte.
<< Fatti vedere sabato sera in questo locale… Potrebbe esserci qualcuno di interessante >>.
Xander sorrise: doveva essere simpatico, a quel tipo. Oppure aveva fiutato
qualcosa, e gli stava tendendo una trappola.
<< Qui?
>> disse, guardandosi intorno, perplesso, << Non mi sembra il posto
migliore per gente “interessante”, come dici tu… Siamo nel più anonimo locale
di San Pietroburgo >>.
<< Appunto
>> ribatté Ermil, << Vedrai… Fatti vivo,
se la cosa ti interessa ancora >>.
Ermil si alzò e lo
salutò, lasciando il bar. Xander
finì il suo drink dal gusto piuttosto amarognolo, e passò la mano sul tavolo
traballante, riflettendo.
Aveva fatto una
sola gara, ma gli era bastata per farsi notare, il che non era altro che un
bene. Se quell’Ermil faceva sul serio, poteva sperare
di essere già a cavallo.
Lasciò il locale e
si diresse fuori, verso l’auto. La Scirocco era parcheggiata all’angolo della
strada, tra due vecchie auto arrugginite. Anche se non era una macchina di
lusso, là in mezzo faceva la sua bella figura: in quel quartiere le poche auto
che c’erano, a parte quelle dei piloti, erano rottami che andavano avanti per
miracolo. Molto probabilmente era capitato nel più povero angolo si San
Pietroburgo.
Si avvicinò alla
Scirocco, e si accorse di una cosa: uno dei finestrini dell’auto era spaccato,
i pezzi di vetro sparsi sul sedile del passeggero.
<< Ma che… >>.
Imprecò, rendendosi
conto che qualcuno gli aveva voluto fare un bello scherzo. Dovevano averlo
spaccato con un sasso per cercare di rubarla…
Entrò nell’auto, e
notò un pezzo di carta buttato malamente sul cruscotto nero. Lo afferrò,
arrabbiato, e lo aprì.
C’era una sola
parola, scritta in inchiostro rosso, in russo. Una parola che sarebbe riuscito a comprendere anche senza sapere un minimo di
russo.
“Vattene”.
Ore 19.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina guardò la
Ferrari entrare nel garage, i fari accesi nella già buia della sera di Mosca, appoggiata
al davanzale della finestra. L’auto attese che il cancello si aprì prima di
avviarsi sinuosa lungo la rampa e sparire di sotto, il tetto ricoperto di neve
fresca.
Alla fine era
tornato, cosa che non aveva dato proprio per scontata. Un po’ della tensione
che l’aveva accompagnata fino a quel momento si sciolse, lasciando il posto
alla rabbia.
Lo aveva tenuto
d’occhio per tutto il tempo, cercando di capire cosa ci potesse fare in un
cimitero e se per caso si fosse spostato da lì. Diversamente da quanto aveva
creduto, Dimitri era rimasto tutto il tempo nello stesso punto, senza accennare
a muoversi se non per tornare a casa.
Era giunta alla conclusione che doveva aver incontrato qualcuno,
e che avesse scelto un cimitero come luogo di incontro perché era praticamente
insospettabile. Non c’erano altre spiegazioni al fatto che era rimasto per più
di un’ora fermo nello stesso posto. Doveva aver per
forza incontrato qualcuno.
Ma era giunta anche a
un’altra conclusione: non avrebbe parlato. Avrebbe fatto finta di niente, non
gli avrebbe chiesto dov’era andato e perché non le avesse detto niente.
Aveva capito una
cosa di Dimitri: più domande gli si faceva, meno
risposte si ottenevano. Se gli avesse detto che lo aveva controllato,
sicuramente si sarebbe arrabbiato e non le avrebbe detto niente. Anzi, avrebbe
sicuramente peggiorato ancora di più la situazione e
la loro convivenza poteva diventare insostenibile.
E nemmeno McDonall, né White, avrebbero
saputo della cosa. Doveva comportarsi come se non fosse mai successo niente,
come se non avesse alcun sospetto, e far sentire Dimitri tranquillo. Lo avrebbe
osservato, tenuto d’occhio, pronta a qualsiasi sua mossa,
nella speranza che se stesse veramente tramando qualcosa si tradisse. A quel
punto, anche se rischiava di essere troppo tardi, lo avrebbe incastrato. Finché
il russo sarebbe risultato utile alla missione, con le
sue conoscenze, doveva per forza usarlo, anche se il termine non gli piaceva.
Guardò Dimitri
entrare in casa cercando di prestargli poca attenzione, mentre lui non la
calcolò proprio. Gettò le chiavi di casa sul mobile e si tolse la giacca, in
silenzio. Dalla sua faccia non traspariva niente, come sempre.
<< Si è
sentito qualcuno? >> chiese il russo, riferendosi a Nikodim. Accese la
televisione e gettò il telecomando sul divano, quasi stizzito.
<< No
>> rispose Irina, senza guardarlo. Cercò di mantenere neutro il tono, perché
non voleva che si accorgesse di qualcosa.
Dimitri le rivolse
un’occhiata, poi si diresse verso la sua stanza.
<< Cosa c’è?
>> domandò, seccato, all’improvviso.
Irina cercò di
mantenersi impassibile, ma che lui si fosse accorto che aveva qualcosa che non andava la stupì parecchio. Dimitri non le dava l’idea di
essere particolarmente intuitivo, per quanto riguardava i sentimenti umani…
<< Niente
>> rispose atona.
<< Allora me
ne vado in camera mia >> disse Dimitri, ma si mosse verso il mobile dello
stereo, e Irina si accorse che aveva adagiato le chiavi del cancello senza
nemmeno tentare di celare il suo movimento. Anzi, la guardò un momento come a
sfidarla a dire che lo sapeva che era uscito.
Lei però rimase
zitta, uno sguardo di sfida che le si dipinse sul
volto, mentre Dimitri lasciava il soggiorno.
“Tanto scoprirò cosa mi stai nascondendo”.
Ore 13.00 –
Carcere di San Francisco
“Il piano è questo:
tu e il tuo amico dovrete prendere questa, stessa ora. Vi sentirete male tutti e due, gli sbirri saranno costretti a chiamare
un’ambulanza. In quell’ambulanza ci saremo noi”.
William fissò
perplesso la pillola bianca che teneva nascosta nel palmo della mano,
chiedendosi se in quel piano non ci fosse una falla già in partenza… Non era
proprio sicuro di voler scappare dal carcere dentro un’ambulanza: non è che rischiava di uscire chiuso dentro una bara?
<< Sei sicuro
che funzionerà? >> domandò a bassa voce Daniel, seduto di fronte a lui. Il
ragazzo sembrava nervoso quanto lui.
William gettò
un’occhiata alla mensa affollata, attento che nessuna delle guardie li
guardasse. Per fortuna un paio di detenuti avevano da
ridire sulle razioni, e gli agenti erano concentrati su di loro per evitare che
si scatenasse una rissa.
<< Spero di
sì… Anche perché se qualcosa va storto ammazzo Blacktree >> sussurrò, stringendo la pillola.
<< E io ammazzo te >> ribatté Daniel.
William ignorò la
minaccia. << Mandala giù senza storie, e ringrazia che abbia scelto te,
tra tutti i rifiuti della società che ci sono in questo carcere del cazzo…
>> disse.
<< Di
preciso, cosa ci dovrebbe succedere? >> domandò Daniel, rigirandosi la
pillola tra le dita.
<< Non lo so…
E non lo voglio sapere >> rispose lo Scorpione,
ingoiando la pastiglia con un gesto secco. Sentì la pillola scendere lungo la
sua gola, e un brivido gli percorse la schiena.
Rivolse un’occhiata a Daniel e lo guardò fare altrettanto, l’ultimo sorso del
bicchiere ad aiutarlo nell’impresa.
<< Stando a
quello che ha detto Marissa, dovremmo sentirci male…
>> sussurrò William, guardandosi intorno, << L’effetto non è
immediato, dovrebbe accadere tra qualche ora… Quindi vedi di non trovarti in
una situazione scomoda: sta buono per un po’, e pensa che dopo sarai fuori di
qui >>.
Il ragazzo si
abbassò verso di lui. << Spero tu non lo abbia ancora pagato, quel Blacktree >> ringhiò, << E’ facile che ci abbia
fregato… >>.
<< Non dire
stronzate >> sibilò lo Scorpione, << Non ho
scelto uno caso: è il migliore sulla piazza. E con tutti i soldi che mi ha chiesto,
sarà anche tenuto a farci uscire nel migliore dei modi… Me ne torno nella mia
cella. Ci vediamo fuori di qui. Liberi >>.
Si alzò e salutò
Daniel con un cenno, lasciando il vassoio con i piatti vuoti al tavolo, come
faceva sempre. Avrebbe dovuto riportarlo ai cuochi, ma lo Scorpione non si
abbassava a una cosa del genere, era una regola che aveva creato proprio lui.
Una volta nella
penombra della sua cella, si ritrovò sdraiato nel suo letto a pensare che
finalmente tutto andava per il verso giusto.
“E’ praticamente fatta… Si
ricomincia, finalmente” pensò, guardando i ritagli di giornale appesi al muro,
che gli ricordavano la sua cattura.
Avrebbe riavuto
tutto: la sua libertà, le sue auto, il suo potere, la sua vendetta… E forse
anche lei. La sua Fenice.
Anche se aveva
lasciato la città, era sicuro di poterla ritrovare. Soprattutto se Went era rimasto a Los Angeles… Ovunque fosse, era senza di
lui.
Qualcosa gli diceva
che le cose tra loro stavano andando male: perché dividersi? Perché lasciare il
suo adorato sbirro da solo, se lo amava così tanto? E
poi la sua auto… Perché all’improvviso la Punto ricompariva?
“Cosa stai facendo, Irina?
Sembri sparita, proprio adesso che uscirò di qui… Abbiamo
un conto da chiudere, non mi puoi scappare…”.
Guardò la foto
della ragazza ancora una volta, un ghigno sul volto. Se non fosse riuscito a
rintracciarla, gli bastava avere Went: con lui sotto
tiro, Irina si sarebbe fatta sicuramente viva. Solo Dimitri necessitava
di un po’ più di ricerche, ma non poteva essere troppo lontano da lì:
anche lui era rinchiuso in un carcere, ed era l’unico che non si sarebbe potuto
muovere.
Due anni di carcere
erano stati lunghi, faticosi, frustranti, ma gli avevano insegnato qualcosa,
qualcosa che non avrebbe mai dimenticato. Fuori di lì, come lì dentro, mai
avere pietà. Per niente e per nessuno.
Lo Scorpione
sarebbe tornato più determinato, più forte e più spietato di prima. Niente
errori, da parte sua; niente errori da chi gli stava
intorno. Questa volta si sarebbe fidato solo e sempre di se stesso, anche se
significava rimanere da soli.
All’improvviso,
avvertì una strana fitta ai polmoni. Si portò la mano al petto, iniziando a
tossire, e si mise a sedere.
La pillola iniziava
a fare il suo effetto… E non era piacevole.
Scese dal letto,
appoggiandosi al muro, in cerca di aria… Qualcosa gli bloccava i polmoni, il
cuore che batteva impazzito, forse per via della tensione…
Stava soffocando?
Sentì qualcuno
gridare qualcosa, ma non capì. Iniziava a vedere puntini rossi agli angoli del
suo campo visivo, ora offuscato… Tossì ancora,
annaspando…
<< Chiamate
qualcuno! >>.
Un attimo, e vide
tutto nero.
Poi, crollò a
terra, privo di sensi.
Spazio Autrice
Buonasera, miei
cari lettori!
Allora, partiamo
prima di tutto dal concorso: disastro totale! Ultima classificata praticamente in tutto… Bè, a dir
la verità non mi aspettavo un risultato migliore, visto il pubblico
numerosissimo delle altre storie: avevano il vantaggio di aver una schiera di
fan sfegatatati, e il genere era quello che va di più in questo sito: Twilight (Non me ne vogliate, ma inizio a soffrirlo un po’…
Vi prego non mi linciate, eh!). A parte questo, comunque, ringrazio i sette che
hanno votato il Gioco dello Scorpione, e ringrazio anche coloro che in ogni
caso hanno reso possibile la candidatura della storia. Inoltre, spero che il
concorso sia servito a qualcuno per conoscere questa fic
e magari apprezzarla.
Secondo, il cap… Bé, poca azione, mi rifaccio nel prossimo. E Dimitri… Bè, è sempre Dimitri. Non la conta giusta, ma è fatto così.
Dove sarà andato? Irina inizia a entrare nella sua ottica, e ha capito come
trattarlo: forse riuscirà a capire come comportarsi
con lui, e il primo passo è non fare domande. Il secondo è lasciarlo in pace.
Vedremo se ci saranno progressi.
Penso che le fan di
William si staranno strappando i capelli: sta
scappando! Finalmente! Quindi credo che buona parte
del prossimo cap sarà dedicata a lui…
Terzo: vorrei solo avvisarvi che dal 19 di giugno
al 2 luglio mi prendo una vacanza (non so quanto sia
meritata, ma me la prendo lo stesso…), quindi sparirò dalle scene per due
settimane e sarò irreperibile. Sicuramente aggiornerò almeno una volta prima di
partire, e cercherò appena tornata di mettermi al lavoro per non farvi
aspettare troppo. In ogni caso, vi dirò tutto nel prossimo cap.
DarkStar: amica mia, adoro le tue recensioni chilometriche! E
alla fine di tutto quello che scrivi, non so più cosa dire: praticamente
cogli tutto quello che c’è da cogliere! Per esempio, hai
capito in pieno la personalità di Dimitri… E se diventasse il tuo personaggio
preferito dopo William, ne sarei contentissima. Il suo passato ti svelerà molto
di lui e del suo carattere, e sono sicuro che molti cambieranno opinione su di
lui. Mi dirai più avanti, comunque. Quanto all’ambientazione, mi hai tolto un
peso: io sono sempre convinta di essere poco “eloquente” per quanto riguarda le
descrizioni delle cose (a parte le macchine dove sono logorroica…),
ma è più forte di me. Mi concentro molto sui personaggi e sulle loro
espressioni, più che sull’ambiente. Ma se mi dici che
si coglie tutto abbastanza bene, sono contenta! Aspetto con ansia la tua
prossima recensione papiro! Un bacio grande! Ps:
spero che il “lavoro” proceda bene e non ti prenda troppo tempo!
CriCri88: non senti la mancanza di Xander? In parte è voluto, perché voglio
concentrare l’attenzione su Dimitri, e ci sto riuscendo. William sta uscendo,
quindi immagino fremerai! Un bacio!
Supermimmina: ah ah ah,
sei la mia schiava? Bé, dovresti solo preparare per me (e quindi sostenere)
almeno un paio di esami… Sono solo due o tre libroni belli pesanti, niente di
che! A parte gli scherzi, il periodo esami sta per finire, quindi dopo mi darò
più da fare (prima però mi prendo due settimane di vacanza… Sole e mare, nient’altro).
E sono contenta che Dimitri ti intrighi… Io lo adoro. Baci!
EmilyDoyle: e no, stare a casa sarebbe
stato troppo facile, per Irina. Ha la propensione a cacciarsi nei guai, quindi
è il caso che si prepari per il ritorno di William, molto vicino. Baci!
Smemo92: grazie, speravo di capisse la
situazione nuova: siamo a Mosca, le gare non possono essere uguali a quelle di
Los Angeles.
E Dimitri si riconferma un’incognita. Sta dando molti grattacapi a Irina, e
deve trovare il modo, da sola, di affrontarlo. Vedremo i riscontri più avanti…
William sta uscendo, visto? Ahi ahi ahi, non so come finirà… Baci!