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Autore: cabol    07/06/2010    2 recensioni
Un ladro del calibro di Blackwind e una potente gilda dei ladri inevitabilmente sarebbero giunti allo scontro. Così, la capitale della Repubblica di Elos viene sconvolta da una feroce guerra fra fazioni che potrebbe portare addirittura a sconvolgere l'assetto dello stato.
Contemporaneamente, un'assassina distrutta dal dolore cerca la vendetta contro chi le ha ucciso l'uomo che amava.
Mille e mille sono le leggende che i bardi raccontano, sull’isola di Ainamar. Innumerevoli gli eroi, carichi della gloria di imprese epiche. Eppure, in molti cantano anche le imprese di un personaggio insolito, che mosse guerra al suo mondo per amore di giustizia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I misteri di Ainamar'
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Epilogo

L’unico modo per spiegare tutto con chiarezza è riferire gli eventi secondo il loro susseguirsi nel tempo, dunque il momento migliore è dopo un lauto pasto.

Così le aveva detto Blackwind, comodamente seduto su una morbida poltrona nella cabina di poppa di una snella e agile nave che risaliva pigramente il fiume. Arel friggeva di curiosità. Aveva capito molte cose ma altre non riusciva assolutamente a spiegarsele e quella sera, dopo una ricca cena, era decisa a farsi spiegare tutto per filo e per segno.

«Vedete, Arel, tutto cominciò alcuni anni fa, quando messer Elucin, allora non ancora nobile, acquistò a poco prezzo alcuni edifici cadenti nella parte più antica della città. Il suo progetto era di renderli abitabili e affittarli per ricavarne il più possibile, un’attività che gli aveva sempre reso molto. Ma quella volta, gli fruttò assai di più. Uno di quegli edifici, circa dieci anni prima, era appartenuto a un’organizzazione mercantile che venne cacciata dalla città quando si scoprì che era coinvolta in un sanguinario complotto teso a prendere il possesso della Repubblica e scatenare una guerra con l’Impero di Ardor. Durante i lavori si deve essere imbattuto in un passaggio sotterraneo che conduceva alle rovine di un tempio nel quale i congiurati si erano asserragliati per combattere la loro ultima battaglia».

Sorrise. La sua voce melodiosa sapeva evocare gli eventi rendendoli affascinanti e musicali come le favole che si ascoltano da bambini. Arel si rilassò sulla sedia. L’Oleandro Nero, ormai solo Elenuial Fenandar, ammiccò verso di lei.

«In quelle rovine, Elucin cercava chissà quali ricchezze perdute, invece finì con l’imbattersi in qualcosa di più prosaico ma ancora più prezioso. Un carteggio fra il capo dei congiurati e alcuni facoltosi cittadini che si professavano disposti ad appoggiarlo, visto che le cose parevano mettersi a suo favore».

Il giovane ladro riempì un bicchiere di vino e lo offrì gentilmente alla sua ospite.

«In realtà la congiura fu scoperta in tempo e tutto naufragò in un lago di sangue ma le lettere rimasero custodite in una stanza segreta, sfuggita alle ricerche delle guardie. Ovviamente, Elucin comprese subito di avere in mano una formidabile arma di ricatto e non ebbe esitazioni a servirsene».

Arel assaggiò appena l’ottimo nettare.

«Così cominciò la sua irresistibile ascesa politica».

Blackwind sorrise.

«Esattamente. Doveva già essere in contatto anche con la gilda ma fu solo dopo che conobbe Sfi-Hak, il mago nero, che iniziò la sua scalata anche all’interno di questa. Intendeva servirsene per aumentare il suo potere. Immaginate cosa possa significare riunire nelle stesse mani un importante incarico politico e il comando di un’organizzazione capace di controllare tutto il malaffare cittadino. Così, lord Boris Elucin, gran cancelliere di Elosbrand e aspirante senatore divenne Snake, il leader della fazione ribelle della gilda dei ladri e aspirante capo di tutto la gilda».

«Fu il mago a consigliarlo, vero?».

«Sì, fu lui. In cambio chiese la mia testa».

Arel lo guardò perplessa.

«Ma perché?».

«Perché mi riteneva colpevole di avergli rotto le uova nel paniere quando dirigeva un importante e lucroso commercio di armi magiche coi briganti dei Boschi Occidentali. In effetti mandai tutto a monte ma non avevo nulla contro di lui, mi ero scontrato contro il suo complice. Purtroppo per lui, riuscii a sopraffarlo con l’aiuto di due cari amici e lo consegnai ai suoi schiavi nani grigi».

Ad Arel sfuggì un fischio.

«Ai nani grigi? Ci credo che vi odiava!».

«In effetti, non è che lui li trattasse granché bene. Immagino avessero del risentimento. Ma, non so come, deve essere riuscito a riguadagnare la libertà prima che quelli riuscissero a fargli pagare le sue angherie».

Blackwind si strinse nelle spalle, apparentemente divertito. Alla giovane però parve che si sentisse in colpa per avere lasciato il mago nelle mani dei suoi nemici.

«Certo, capisco».

«Elucin chiese alla gilda di eliminarmi con la scusa che io non ne facevo parte e la mia attività danneggiava gli interessi dei suoi membri».

«E la gilda accettò».

L’altro annuì gravemente.

«In realtà, esisteva una specie di tacito accordo fra me e il capo della gilda, cui avevo reso un involontario favore. Ma questo fu sfruttato dal nostro intrallazzatore per minare il prestigio di Ravenclaw che esitava a dare l’assenso. Elucin mirava a spodestare il vecchio capo e, se ci fosse riuscito, avrebbe avuto buon gioco nel completare la sua ascesa. Mirava a diventare un senatore».

«Si accontentava di poco…».

Arel trattenne a stento una risatina.

«Avete ragione. Fu proprio questa ambizione sfrenata a rovinare i suoi piani, quella e l’odio ostinato del mago nero nei miei confronti. Infatti, i miei amici vennero fatti oggetto di alcuni attentati che parevano senza spiegazione. Ma loro sono persone in gamba, sfuggirono agli attentati e riuscirono a mettere le mani su uno dei sicari, un gobbo che finì col farsi sfuggire che il vero obiettivo ero io».

Un gobbo? Quell’uomo è davvero sfortunato!

«Ho il vago sospetto di sapere di chi si trattava…».

Blackwind rise allegramente.

«Povero Borghy, da questa storia ha ricavato solamente un’infinità di guai. Lo lasciammo scappare e lo seguimmo per scoprire i suoi complici. Giunti fino al magazzino del teatro del Sole, scoprimmo una sede della gilda. A quel punto cominciai a capire».

«Perché?».

«Bene, più o meno il ragionamento fu questo: perché attaccano i miei amici per colpire me? E come fanno a sapere chi sono i miei amici? Chi mi aveva visto con loro? E perché non mi aveva attaccato direttamente?».

«Mi ci volle una notte insonne ma riuscii a capire che dietro ci dovesse essere Sfi-Hak, l’unico che poteva collegarmi ai miei amici. A quel punto era chiaro anche perché attaccava loro: non conosceva il mio vero volto, dal momento che certe volte mi chiedo anch’io quale sia, e, senza quello, non era in grado di individuarmi con la magia. I miei amici erano il suo unico punto di riferimento».

«Mi sembra logico».

«Appunto, ma c’erano ancora altre domande: perché la gilda appoggiava Sfi-Hak, quando ero certo che il loro capo non intendeva nuocermi? Era chiaro che la mia morte era solo un tassello di un mosaico più complesso. Immaginai che Sfi-Hak avesse offerto il suo appoggio alla fazione ribelle della gilda, dunque compresi che fra loro si annidavano i miei nemici. Cercavano la guerra e l’avevano trovata».

Un attimo di pausa meditabonda, poi il sorriso tornò sulle labbra del giovane avventuriero.

«Decisi di passare al contrattacco: da quel momento avrei condotto io il gioco. Ma dovevo allontanare la minaccia dai miei amici. Sfi-Hak mi voleva morto, sicché decisi di accontentarlo. Mi occorreva un cadavere, merce che a Elosbrand si trova purtroppo facilmente e qualcuno che mi uccidesse senza destare sospetti. Chi meglio delle guardie? Infine mi occorreva un posto adatto dove morire senza che il gioco venisse scoperto».

«E come avete fatto?».

«Occorreva che il cadavere cadesse in mare e venisse ripescato solo dopo qualche giorno, in modo da essere irriconoscibile se non per gli abiti. Il posto ideale c’era ed era anche un posto dove avevo intenzione di ficcare il naso: il palazzo di Foonier, l’impresario. Era adatto perché sorge in riva al mare, con una torre a strapiombo sui flutti. E ci volevo ficcare il naso perché Foonier era il proprietario del teatro del Sole e sospettavo che avesse a che fare con la gilda».

«Certo, era verosimile. Non poteva ignorare cosa accadeva nel suo magazzino…».

«Infatti. Dunque mi diedi da fare per organizzare il tutto. Inscenai un finto furto, mi feci inseguire dalle guardie fino alla casa di Foonier dove misi in scena la mia drammatica morte. Ovviamente non sarei mai stato in grado di farlo senza i miei amici e la collaborazione di un insospettabile ufficiale della Guardia di Elos».

«Il capitano Tyron?».

«No, sir Alaum Sevendal. Non volevo rischiare di compromettere il capitano del quale è ben noto il carattere indipendente e che poteva essere sospettato dai miei nemici. Sir Alaum, invece, era al di sopra di ogni sospetto».

«Ma come può essersi prestato?».

«Alaum è una persona estremamente intelligente. Inoltre, siamo stati compagni d’arme per un certo periodo e ritengo immodestamente che nutra della stima nei miei confronti. Posto davanti all’alternativa di catturarmi o sgominare mezza gilda, non ha avuto esitazioni».

«Capisco».

«Così, mentre sulla terrazza della torre si svolgeva la scena madre della recita, io mi intrufolavo nel palazzo, approfittando del fatto che l’attenzione di tutti era letteralmente calamitata all’esterno».

«E scopriste qualcosa».

«Sì. Un carteggio fra Foonier e il lord cancelliere, dove c’erano riferimenti all’antica congiura e alle lettere. A quel punto il quadro si completò nella mia mente».

«Cosa faceste, allora?».

«Ormai ero morto. Lasciai i miei amici a proseguire discretamente le indagini e mi recai a Thoron Tir sperando di trovare notizie sulla congiura di dieci anni prima. Ovviamente c’erano. Elaborai, allora una trappola nella quale attirare i miei nemici».

«Esaminai alcuni documenti dell’epoca e realizzai degli ottimi falsi - sapete è una cosa che mi riesce assai bene - un nuovo carteggio che, se fosse stato autentico, avrebbe coinvolto addirittura uno dei patriarchi. Ero certo che Elucin non avrebbe resistito a una simile esca».

«Non capisco come avrebbe dovuto funzionare la trappola».

«In effetti è piuttosto complessa ma in caso contrario non avrebbe potuto funzionare. Mentre io mi baloccavo a Thoron Tir, i miei amici avevano scoperto l’ubicazione dell’antico tempio e questa notizia mi diede l’ispirazione giusta. Realizzarono una falsa camera segreta con l’aiuto di maestranze speciali messe a disposizione da Alaum e fecero in modo che Elucin la scoprisse. Qui tentai un piccolo azzardo, basandomi sulla personalità paranoica di Sfi-Hak.».

«Quale?».

«Le carte che avevo preparato furono rinchiuse in una cassaforte dall’aspetto inespugnabile, in realtà un reperto antico conservato nella sala del tesoro dei Patriarchi. Contavo sul fatto che Sfi-Hak non si sarebbe fidato a farla aprire da un membro della gilda. Così gli feci giungere la notizia che il famoso Horace di Sirtir stava arrivando in città».

«Così il mago ha pensato di servirsi di qualcuno di estraneo alla faida che divideva la gilda!».

«Brava Arel. Proprio così. Il resto è storia recente: ho vestito i panni di Horace e al tempio abbiamo discretamente liquidato la scorta che mi sorvegliava, obbligando Borghy a condurmi fino alla base della gilda. Lui era fortemente stordito sicché non si è accorto che io lasciavo dei segnali per guidare Alaum e i suoi uomini. Ovviamente avrebbero potuto non rivolgersi a Horace ma la trappola avrebbe funzionato lo stesso».

«Come?».

«Le lettere. Nascoste fra le lettere false che avevo preparato si trovavano le uova di una voracissima specie di tarme che avrebbe ridotto in polvere tutto quanto, i falsi e gli originali. Elucin si sarebbe trovato con nulla in mano e il suo potere ricattatorio sarebbe stato gravemente minato».

«Complimenti. E devo ringraziare gli dei che Elucin e il mago abbiano abboccato altrimenti non sareste stato lì a togliermi dai guai».

Fu Elenuial a intervenire.

«Hanno ingoiato esca, amo e lenza. Ma ti eri tolta dai guai da sola».

«Cosa?».

Gli occhi dell’Oleandro Nero sorridevano.

«Quando noi siamo arrivati, il mago era scomparso e tu eri in buone condizioni. Un po’ provata ma assolutamente sana».

Arel annuì, perplessa.

«Non ricordo. Non capisco cosa sia accaduto».

«Immagino che tu abbia interrotto l’esperimento coi tuoi poteri o in qualche altro modo. Borghy ci ha detto che Sfi-Hak voleva trasformarlo in tacchino ma anche lui stava bene. Non capisco onestamente che fine abbia fatto il mago, l’irruzione non aveva ancora avuto luogo, ma non c’è dubbio che sia stata tu a capovolgere la situazione».

La giovane guerriera scosse il capo.

«Credo che questo resterà un mistero. Certo, saperlo in giro mi preoccupa. Deve essere assai vendicativo».

Fu il giovane a intervenire.

«Non c’è dubbio ma ci penserà bene prima di cercare vendetta. I suoi alleati sono dietro le sbarre e farà parecchia fatica a procurarsene altri, ammesso poi che sia ancora in città».

«Forse avete ragione. Ma ora che farete?».

Un’allegra risata da parte di Blackwind.

«Noi? Visto che sono morto, ne approfitterò per starmene un po’ in paradiso».

La ragazza lo guardò perplessa.

«Andiamo in vacanza, Arel. Blackwind tornerà in azione ma ora credo di meritare un po’ di riposo. E adesso non sono più solo».


Note finali

Un sentito ringraziamento a Ramiza che insiste a leggere e commentare tutta la roba che esce dalla mia mente malata. I commenti sono sempre graditi ma la tua assiduità è davvero lusinghiera, grazie infinite. E grazie anche di avermi segnalato per le storie Scelte. Non lo merito senz'altro ma ne sono veramente onorato. Anche perché adoro quello che scrivi.
Grazie anche a Dragana che è uscita dall'ombra per farmi arrossire.
Grazie a tutti quelli che hanno anche solo dato un'occhiata a queste pagine e se ne sono ritratti precipitosamente. Grazie ancora di più a chi ha deciso di resistere e proseguire nella lettura.

Due precisazioni doverose: Arel è il personaggio di una cara amica che mi ha chiesto espressamente di darle vita nei miei deliri. Spero di non averti delusa, carissima Gal.
Alaum ed Elowen sono i personaggi di Alessandro e Stefania, miei carissimi amici e genitori di un delizioso frugoletto cui hanno rifilato il mio stesso nome. Ovviamente non mi posso permettere di scrivere qualcosa sull'origine del loro amore perché questo è reale e non spetta certamente a me divulgarlo.

Infine: scrivere una storia con protagoniste femmine (e che femmine...) è stata per me una sfida notevole, in quanto maschietto non ancora pentito. Spero di essere riuscito a renderle quantomeno credibili.



  
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