Come ci sono finito in questo modo? Chiedetelo a Potter: è appena piombato chissà come nel Dormitorio Serpeverde, e mi ha letteralmente buttato sul letto e bendato, tutto questo tra il suo “Malfoy, ti insegno un gioco babbano”, ed il mio “Neanche morto.”
Volevo ribellarmi, davvero, ma l’avere Potter a cavalcioni sulle mie gambe è come un Incantesimo Immobilizzante cento volte più efficace di una Pastoia Total-Body.
Come in trance, gli ho permesso di afferrarmi la mano sinistra e muoverla, fino a quando non l’ha lasciata.
“Prendi un dito.”
“Con piacere. Poi posso staccartelo dalla mano, o mi devo limitare a disintegrarne ogni singolo osso?”
“Avanti Malfoy, afferralo.” Ha borbottato sbuffando, ma è più che udibile la nota eccitata del suo tono ed io, quasi incapace di ribellarmi, ho solamente sbuffato di rimando ed afferrato quello stramaledetto dito.
“Hai mosso la mano! Che fai, Potter, bari?”
“Hai preso il pollice. Sai cosa accade ora?” Mi ha volutamente ignorato ed è andato avanti come se nulla fosse.
“No che non lo so. È il tuo stramaledetto gioco, quindi come posso saperlo, se non me lo spieghi?”
“Okay, okay. Non ti arrabbiare, te lo dico subito.”
Ho trattenuto il fiato quando si è sistemato meglio sulle mie gambe e si è avvicinato, sussurrandomi il resto all’orecchio: “Chi ha afferrato il pollice è obbligato a dire quello che decide l’altro. Per esempio, se avessi afferrato io il tuo dito e tu mi chiedessi perché sono nella tua stanza, nei dormitori di Serpeverde e seduto su di te, io dovrei rispondere per forza. O magari mi potresti obbligare a dire che sono felice che tu non sia finito ad Azkaban. Sai, in realtà lo direi anche senza alcun obbligo. Domani ti spiego un altro dito.”
E così, rapido come è arrivato, se n’è andato.