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Autore: Jimmy    09/06/2010    1 recensioni
Questa è solo una parte di una storia ben più complessa. E' semplicemente un episodio, uno spazio di vita descritto
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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continua continua continua continua continua continua continua continua !!Forse la normalità non era per lui come non era per me. Forse la normalità neppure esiste. Siamo semplicemente quì a passare le giornate, i mesi, gli anni nell' attesa continua di arrivare alla nostra meta. Guardandoci intorno, fermandoci di tanto in tanto, godendoci il viaggio e scegliendoci con cura con chi intraprenderlo. Ma quando la strada svanisce, e siamo arrivati a destinazione, cosa ci riserva il fato? E' questa la meta che tanto ci affrettavamo a raggiungere? Come facciamo a sapere che magari eravamo già arrivati pochi passi più indietro e ora ci ritroviamo impotenti di continuare in un punto incerto del nostro cammino?
Ma, soprattutto, perchè ogni volta che parlavamo non potevo fare a meno di dirgli tutto? Anche quei pensieri, tutto.
Tutte quelle riflessioni che per una vita ho tenuto per me, che ho custodito gelosamente nella mia mente e nel mio cuore e che non volevo nessuno ascoltasse, perchè erano l' unica cosa che ancora mi apparteneva. E tutti quegli sforzi, tutta la resistenza che opponevo quando in me si insinuava il desiderio di parlare con qualcuno, se ne volavano via, come cenere del vento. Mi sentivo malissimo, perchè avevo perso una parte di me, un mio pensiero ormai era andato via, confessato, rivelato al sole e fatto bruciare da quei raggi invitanti.
Fortunatamente non uscivo mai più di tanto dall' ombra della mia solitudine ben celata.

Mi sforzai di ritornare con la mente a quel giorno, quel momento: il presente.
Non lo avrei mai ammesso ma aveva ragione: quel cappuccino mi stava davvero facendo sentire meglio.
Guardavo il paesaggio che si estendeva di fronte a me. Non sapevo dove mi avesse portata quell' idiota, ma non glielo chiesi. Non aveva molta importanza. Chiusi gli occhi serenamente rilassata da quel momento di pace.
Posai distrattamente lo sguardo sulle mie dita che tenevano in mano la tazza con il mio cappuccino, mentre ricevevo calore da quel contatto. Il caffè bollente era ottimo nelle mattine autunnali.

"Stamattina sembri davvero un nano da giardino. Più del solito."
Cristian era come me in quel momento: totalmente immerso in un mondo di quiete. Spesso mi chiamava così, o in maniera molto simile. Non ci feci neppure caso. Eravamo distrattamente appoggiati su quella staggionata in un silenzio nè imbarazzato, nè pesante. La sua voce era quasi piacevole, aveva una nota di buon umore mattutino.
Mi guardai i piedi e risposi senza guardarlo negli occhi nello stesso modo: distratto e piacevolmente riposato.
"Ho le covers."
"Non intendeo questo." Aggrottò leggermente le sopracciglia mentre alzavo pazientemente gli occhi per guardarlo pacamente. "I nani da giardino stanno zitti. E fermi. Quando non mi urli addosso e smetti di sbraitare gli assomigli ancora di più."
Lo guardai mentre prendevo un altro sorso dalla mia tazza. Mi crogiolai nel calore che mi abbracciò.
"Giusto." Tornai con un piccolo sorrisetto d' assenso a guardare il panorama di fronte a noi. Là sotto, a valle c' erano pocissime macchine. La debole luce del sole che iniziava appena ad illuminare i nostri volti mi ricordò che erano le cinque del mattino.
Le macchine non passano a quell' ora, a quell' ora le persone normali si godono gli ultimi momenti di sonno, sognano, tremano nei loro letti desiderando di non abbandonare mai quella sensazione di completezza per ricominciare un' altra giornata.

Una frase mi ritornava sempre in mente mentre guardavo i colori del cielo che si trasformavano sopra di noi.
"Cristian, ricordi la prima cosa che mi dissi quando ti incontrai?"
Lui mi guardò un istante aggrottando le sopracciglia e rispose deciso:
"Staccati di dosso stupida stronza?"
"No, dopo."
Ci penso un attimo e tornò ad appoggiare gli avanbracci sulla staccionata.
"Se una maniaca con un biglietto dell' autobus in bocca, due caffè dall' aria bollente in mano e una tracolla rotta che le arriva sotto i piedi ti viene addosso urlando "fermate quello stramaledetto animale", non sarà mai un buon segno."
Incredibile come si ricordasse esattemente quelle parole. Quel giorno faceva davvero freddo, e quel cane si era appena ingoiato la mia patente.
"Già, non credo avevi ragione. Cioè, se non ti fossi caduta addosso quel giorno, ora tu saresti lo sposo di una donna di 37 anni e io sarei a sentirmi la predica dei miei su come mi ero fatta bocciare alla maturità."
"Hei, aspetta, non sarà mica l' inizio di una dichiarazione d' amore?"
Mi sentii sollevata a risentire il suo solito tono di voce canzonatorio, non ero abituata a non sentirlo così a lungo. Avevo dato anche un nome a quel suo modo di parlare: si chiamava Grutto. Non ostante fosse qualcosa di assolutamente non romantico, come un rutto, mi faceva bene. Dopo una cena buona il rutto c'è sempre.
Gli riservai un sorriso ammiccante.
"Non oggi, stellina. Era solo qualcosa che volevo dirti. Non inizierei mai una dichiarazione d' amore in questo modo. Anzi, probabilmente non la inizierei mai, in nessun modo."

Il ragazzo al mio fianco alzò le spalle mentre i suoi occhi marroni mi guardavano con superiorità teatrale.
"Beh questo è certo. Ricordami che se mai ti venisse un' idea del genere, dovrò darti lezioni altrimenti non solo farai vivere nel terrore il resto dei giorni del malcapitato, ma gli farai anche cambiare Stato, cittadinanza e identità. Non puoi andare in giro a sparpagliare "ti amo" come fossero starnuti."
Oltre a un grande punto interrogativo sulla mia faccia, anche il solito tono nervoso che aveva la mia voce mentre parlavo con quel demonio non tardò a farsi sentire.
"Ma di che cavolo stai blaterando?! Vai da un punto all' altro come una falena che insegue la luce di un faro. Non ho intenzione di starnutire in faccia a nessuno, se è questo di cui hai paura e poi non parlare con questo tono da sapientone, sembrerebbe che hai appena pubblicato un libro su come dire "ti amo". Vai a disperdere i tuoi consigli su qualche rivista squallida per casalinghe disperate."
Quando io e Cristian iniziavamo a battibeccare sparavamo una marea di stupidaggini insensata, non ci importava di quanto fossero inutili o totalmente idiote, era solo una gara a chi aveva l' ultima parola.
"Nah, non sono più un buon mercato. Le ragazze con sintomi premestruali tutto l' anno convinte di essere normali non ostante il loro modo di ragionare sia irreparabilmente separato dal resto del mondo sono i nuovi investimenti."
Mi sorrise con quello sguardo che sbandierava al mondo "Hey, tu. No, non quella scrofa con la faccia da pescegatto; ecco sì, prorpio tu. Sì ti sto prendendo per il culo e sono anche molto bravo. Ooooh, sì."
Borbottai un "Ma lavami i panni" mentre tornavo nella mia postazione-realx e mi assaporavo le ultime gocce di caffè rimaste nella grande tazza.
Cristian rise, una risatina breve e soddisfatta non per le mie imprecazioni spontanee, a cui ormai aveva fatto l' abitudine, semplicemente era il suo modo di darsi dell' ottimo lavoro.
Tornò anche lui a guardare torvo il sole che ormai era più oltre che nascosto rispetto all' orizzonte.
Quando ricominciò a parlare la sua voce non era seria, ma neppure beffarda. Era come se stesse raccontando cosa aveva fatto quel giorno ad un suo compagno di scuola.
"Non credo scriverò mai un libro sull' amore, primo su tutto non certo su come dichiararlo. Per scrivere e vendere sull' amore bisognerebbe innanzitutto crederci e per dichiararlo qualcuno si dovrebbe essere in grado almeno di riconoscerlo."
Come facevo sempre quando si trattava un argomento serio, non lo guardai negli occhi concentrandomi sul riuscire a catturare con la lingua quell' ultima goccia di caffè che prorpio non ne voleva sapere di scendere.
"Hey, stupido tonno, hai mai amato qualcuno?"
La mia voce uscì attutita dall' eco della tazza.
Non era la prima volta che parlavamo di cose serie. Solo che non lo lasciavamo mai vedere.
Ne parlavamo come fossero cose normali, magari nascondendole dietro metafore stupide o battutine buttate lì sul momento.
Sembrò rifletterci a lungo mentre io studiavo con attenzione la struttura della mia tazza verde.
Non era una tazza legata ad un ricordo particolare, la comprai con i miei soldi tanti anni pirma. Mi piaceva perchè era grande ed era verde.
Forse, però, mi piaceva tanto priprio perchè aveva quel colore. Il verde. Midori. (*Midori in giapponese significa verde, ma è anche nome di persona Nda*)
Con lentezza calcolata Cristian si rigirò la sua tazza fra le mani e guardandola con la fronte aggrottata iniziò il discorso più lungo che mi avesse mai fatto.
"Io... non credo di amare. In realtà credo che l' amore sia molto sopravvalutato. E' come qualunque altro sentimento, non ha importanza da dove nasce, se è giusto o sbagliato, dove ci porta, come ci dice di comportarci. L' amore è qualcosa molto più banale di ciò che si crede.
Io credo nei legami. Ognuno di noi è collegato agli altri attraverso diversi fili che poi altro non sono che i vari sentimenti. Anche quando odiamo qualcuno, c'è qualcosa che ci lega a lui. Sono queste le cose che ci fanno capire che siamo ancora vivi.
Senza tutti questi legami saremmo come marionette a cui hanno tagliato i fili. Solo perchè l' amore è uno di quelli più forti, non vuoi dire che sia unico o speciale. Non è difficile come si crede spezzare l' amore. Per quando un filo possa essere resistente, sarà sempre solo. Un solo, unico filo."
Lo conoscevo bene, sapevo che non aveva finito. Stava riorganizzando la mente per ricominciare a parlare.
Quando unsava quel tono di voce, quasi come se stesse parlando da solo, lo vedevo come un maestro che insegna le basi della matematica ad una bambina.Mi sentivo ignorante e lo guardavo ammutolita.
"Ma se io a questo filo ne affianco diversi altri, se esistesse una persona alla quale non siamo semplicemente legati, alla quale siamo incatenati, beh allora a quel punto non sarebbe semplice spezzarsi. Per quando un filo alla volta possa cadere, ne resterà sempre un' altro che continua a tener vivo il legame, mentre il filo spezzato si riprende e pian piano diventa più forte per tornare ad occupare il suo posto nell' intreccio.
Specialmente, poi, se questo legame non è solo a senso unico. Se ogni filo vieve accoppiato al suo gemello, che può essere più forte o meno, e si unisce a lui per creare un sentimento ancora più resistente, la catena che collega le due persone sarà pressocchè impossibile da spezzare.
Ora, che senso ha parlare di amore se questo non ha altri sentimenti che lo sorreggono? Se una persona è legata a un' altra per la quale prova un' amore devastante, non significa che non la abbandonerebbe se in pericolo ci fosse colei con la quale il legame va oltre l' amore.
Se dovessi rispondere in maniera diretta direi che sì, ho amato più volte nella mia vita. Qualche volta il filo si è spezzato, ogni tanto resiste ancora, magari un po' scalfito dal tempo e dai ricordi. Ma se la domnda fosse a chi è legata la mia anima, la risposta sarebbe altrettanto diretta, ma forse più complessa."
Lo ascoltavo, lo capivo, immaginavo le sue parole che prendevano vita nel cuore della mia mente e del mio corpo. Vedevo il riflesso di tutte le marionette che avevo lasciato sulla mia strada. Nella mia vita quanti fili avevo tralciato? Quante volte mi ero illusa della resistenza di uno di essi chiedendomi perchè fossi così semplice da spezzare?
Tutte le mie domande, risolte da una semplice e basilare teoria. Solitamente, e sapevo che anche Cristian se lo aspettasse, avrei ribattuto, aggiunto qualcosa ad ogni suo pensiero o riflessione, ma quello era un discorso talmente confortante e personale che calzava a pennello con la vita di ogni persona.
Il motivo per cui ci si lascia, per cui esiste l' amicizia, per cui non ho mai creduto più di tanto nell' amore.
Sapevo che non bastava, ma adesso qualcosa dentro di me urlava che quella era definizione giusta, o almeno la più corretta per me, a ciò che ci collega nel mondo.
Era il momento di sussurrare qualcosa di coerente, magari anche di ovvio. Volevo fargli capire che comprendevo il suo ragionamento ma non volevo dargli la soddisfazione di dirglielo apertamente. Se ne sarebbe vantato per tutto il viaggio di ritorno.
Sorrisi beffarda mentre sollevavo lo sguardo verso il suo viso.
"Se ti dicessi che sono legata a te, mi crederesti?"
Anche lui sorrise, come se quella domanda non lo avesse per nulla sorpreso.
Perchè era così che funzionava tra noi: ci scambiavamo frasi e pensieri che per altri potevano sembrare incoerenti, come dire al prorpio nemico quanto sia grande il tuo amore per lui, ma per noi era assolutamente normale. Sapeva di cosa parlavo, così come io sapevo esattamente cosa intendesse dirmi anche solo con uno sguardo di rimprovero, uno sguardo saccente, beffardo, d' incoraggiamento o uno dedicato solo a me. Ma mai nessuno, noi per primi, avrebbe detto che quello era amore.
"Purtroppo quello che ci collega è ciò che avevo paura che mi chiedessi.
Sappi, nana da giardino, che per ogni tua parola io ti attaccherò in ogni modo; non sopporto il tuo modo di parlare, mi da sui nervi come riesci ad attopparmi ad ogni mio minimo cedimento; ciò che più odio è il fatto che lo permetto solo a te. Quando urli e inizi a sbraitare diventi l' essere più altamente irritabile del mondo; hai una fissazione insensata per il novanta per cento degli oggetti esistenti; mi spaventi, spesso, per le cose che dici e più di tutto mi fa paura il modo in cui mi leggi nella mente e nell' anima senza il minimo sforzo, cosa che ho negato al resto del mondo per tutti questi anni. Sei la persona più strana che abbia mai ncontrato e la cosa che più increbibile è come tu sia convinta di essere assolutamente normale. Non accetti il fatto di vedere le cose diversamente, non sei la semplice ragazza che vuole fare la diversa, tu sei l' unica che proprio non vuole adattarsi al modo di pensare unico che hai. Guardi il mondo dal tuo piccolo piedistallo personale credendo di essere invece sempre un passo indietro al resto. Sei la sola persona che riesce a tirarmi il collo della camicia pur essendo venti centimetri abbondanti più in basso di me. E sappi che non ti permetterò di cavalcare un cinghiale selvatico. Non mi interessa nulla dei tuoi sforzi per riuscire a restare nel peso e nelle dimensioni adatte per farlo: io mi opporrò, anche se probabilmente fallirò. Perchè,  qui arriva la parte più brutta, non ostante tu sia tutto questo, non ostante ognuna di queste cose sia un filo che mi lega a te, io non permetterei a nessuno, eccetto me, di prenderti in giro o farti del male. Anzi, probabilmente nemmeno io mi permetterei di ferirti in qualche modo.
Quindi, ora, che ti stia a genio o no, ci rimetteremo in macchina, accenderemo quella tua cazzuta radio e mi darai le indicazioni precise di dove si trova quel dannato maneggio di ginghiali. E se solo ci farai perdere giuro che userò la tua collezione di sciarpe per appenderti per i piedi al ramo più alto di un' albero.
Ora andiamo, tonta."
La mia bocca, ancora non totalmente chiusa, faceva parte della mia espressione stupefatta mentre guardavo la figura alta e slanciata ma ben piazzata del corpo di Cristian che si avvicinava alla sua auto. Auto poi, era giusto un qualcosa che camminava.
Ripresa dal momento di stupore, mi giarai verso di lui e ridendo in maniera incontrollata dissi semplicemente:
"Lasciatelo dire, tonno, non scrivere mai e poi mai un libro sulle dichiarazioni d' amore. Non sono per niente il tuo forte."
Sentii un grugnito di risposta e lo ascoltai borbottare qualcosa mentre si infilava in macchina con la sua solita fronte aggrottata. Mi voltai un' ultima volta verso quel panorama. Il sole aveva ormai totalmente lasciato il suo letto sotto l' orizzonte e si affrettava a prendere il suo posto nel cielo.
Guardai un' ultima volta la mia tazza. La tazza verde. Respirai ad occhi chiusi l' odore di caffè che ancora conteneva e la lasciai lì, sulla staccionata.
Sorrisi pensandole un' ultima volta. Spero ti stia simpatico, piccola Midori. Addio.
Corsi incontro alla macchina urlando a Cristian che tornati in città gli avrei ridipinto l' auto.





-Dove i tonni ballano-
Questa è una storia un po' complessa. In realtà non ha molto di diverso dalla vita reale, apparte il nome del personaggio e il luogo in cui si svolge.
La tazza, il colore verde, il discorso, il nano da giardino. Tutte cose vere.
Sì, anche il fatto del cinghiale è vero, che ci crediate o meno.
Anche se poi non avevo la più pallida idea dell' esistenza di un maneggio del genere. Infatti poi non lo trovammo -.-"
Non so quanto possiate averci capito, dato che è una storia dietro alla quale ci sono moltissimi eveti e circostanze troppo lunghe da spiegare.
Comunque Midori era il nome di mia sorella. In questo caso, la sorella della protagonista.
A dirla tutta era la bambimna che adottammo quando avevo 11 anni.
Anche il modo in cui incontrai Cristian, che nella realtà si chiama Fabrizio, è assolutamente vero.
Ma questa poi è tutta un' altra storia. Mi scusa se non avete capito qualcosa, l'  ho scritta più per me stesa che per gli altri, quindi spero capiate quanto di bizzarro possa esserci.
Addio, tonni :D
  
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