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Autore: _Pulse_    09/06/2010    7 recensioni
Entrarono in galleria e la coda dell’occhio gli cadde sulla figura quasi evanescente di Franky, tanto che sembrava attraversata dai raggi di luce giallastra, seduto sul sedile accanto a lui.
Non sapeva quando era arrivato, né se era sempre stato con loro, ma a vederlo, così assorto nei suoi pensieri con lo sguardo perso fuori dal finestrino, gli si strinse il cuore e un sottile strato di lacrime si impadronì dei suoi occhi.
Franky fece un sorrisino e si voltò verso di lui: «Qualcosa che non va, Thomas?»
«Non cambi mai, eh? Fai sempre certe domande stupide…»
{Sequel di "Nothing to lose"}
Genere: Triste, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lose and Gain'
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Eccoci alla fine… Non è un granché, come al solito i miei “The end” sono pessimi, ma spero che sia almeno accettabile.
La canzone che ho usato è ancora Never let you go, di Justin Bieber.
I ringraziamenti li ho già fatti la scorsa volta, quindi non mi dilungo troppo, anche perché sono a rischio pianto :’(
Ringrazio Layla, freency, Tokietta86, Isis 88, Utopy e tly per le recensioni allo scorso capitolo e ringrazio tutti voi, tutte le persone che hanno messo questa FF fra le preferite, le seguite e in quelle da ricordare, tutte quelle che hanno recensito, tutte quelle sono riuscite, con le loro parole, le loro emozioni, i loro sorrisi e le loro lacrime (anche quelle, soprattutto quelle), il loro sostegno, a far vivere questa storia a me, personalmente, rimarrà sempre nel cuore. Spero che anche per voi sia lo stesso. Grazie davvero.
Spero di rivedervi presto, un bacio enorme e un abbraccio.
Vostra,

_Pulse_

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24. Epilogo: Morale della favola

Un angelo camminava per le strade d’Amburgo con il sorriso sulle labbra e le mani nelle tasche.

Potrebbe essere l’inizio di una bella favola, ma la sua, di favola, è iniziata moltissimo tempo fa.

Raggiunse una villetta appena fuori dal centro urbano, la osservò dall’esterno – un grande giardino curato, una bella automobile parcheggiata nel vialetto di fronte al garage – e ridacchiò nel sentire una voce e dei pensieri in particolare che provenivano dall’interno: non era cambiato per niente.

Un ragazzo uscì in veranda tenendo per mano la sua bimba di dieci anni e mezzo, con i capelli biondi e gli occhi castani che alla luce del sole prendevano una sfumatura dorata. (Certo, non era davvero sua figlia, però le voleva bene come se fosse sua). Le sorrideva teneramente e la guardava con gli occhi pieni d’amore mentre le raccontava una storia.

«Papà, ma gli angeli esistono sul serio?», gli chiese la bambina, incuriosita, alzando il viso per poterlo guardare negli occhi.

«Certo che esistono!», rispose convinto, nascondendo anche a se stesso quella malinconia che gli aveva velato lo sguardo. «Se mamma non fosse un angelo credi che sarebbe ancora qui a sopportarmi?»

Linda li raggiunse e accarezzò i capelli di nuovo biondi del ragazzo, dandogli un bacio affettuoso sulle labbra. «Potrebbe esserci una speranza», gli rispose divertita.

Entrarono in auto discutendo ancora sull’argomento, il ragazzo mise in moto e si girò con il busto verso i sedili posteriori per fare la retromarcia, quando rimase senza fiato: accanto alla figlia c’era un Franky sorridente, che incrociò il suo sguardo.

«E dove vivono, gli angeli?»

Tom la sentì parlare, ma non capì quello che la bambina gli aveva chiesto, sempre più interessata. Boccheggiava come un pesce fuor d’acqua, incredulo, senza riuscire a fare altro.

Era passato così tanto tempo... Aveva sperato, persino pregato, così ardentemente il suo ritorno che vedendolo non ce la faceva a credere che fosse davvero lì.

«In Paradiso, tesoro», rispose Linda al suo posto, poi si soffermò a guardare il marito: aveva gli occhi fissi sul sedile accanto a Jole, come se ci fosse realmente qualcuno e questo lo sconvolgesse.

«È davvero bella», disse Franky a Tom.

La sua voce gli sembrò così… assurdamente familiare, tanto che tutto quel tempo a sperare che tornasse gli scivolò addosso, riportando a galla ricordi su ricordi, come se non li avesse mai lasciati.

«La tua vita», aggiunse l’angelo a scanso di equivoci, anche se il ragazzo in quel momento sembrava del tutto incapace di capire quello che stava accadendo intorno a lui.

Tom non fece in tempo a rispondere che l’angelo scomparve ridendo della sua espressione più che frastornata.

Linda, con la fronte corrugata, gli portò una mano sulla guancia e lo guardò negli occhi. «Amore, è tutto ok?», gli chiese leggermente preoccupata. Il ragazzo annuì, stiracchiando un sorriso. «Allora muoviamoci, altrimenti arriveremo domani da Bill e Zoe.»

***

Zoe posò nella culla la loro meravigliosa bambina, dopo averla fatta addormentare, e Bill l’abbracciò da dietro, baciandole delicato la tempia e sfiorandole la fede che portava all’anulare, identica alla sua. Si sorrisero guardandosi negli occhi e poi uscirono dalla stanza da letto per tornare in salotto, dove li stavano aspettando Georg e Gustav con le loro relative compagne e David, Susan e Mirko, il loro bambino dagli occhi verdi e i capelli neri – somigliava al padre, perciò anche a Franky – di quasi un anno più piccolo di Jole.

«Tom non è ancora arrivato?», chiese Zoe, sedendosi sul divano, accanto a Susan.

«Dovrebbe arrivare a momenti», la informò Gustav con un sorriso rassicurante.

Era piuttosto in ansia, non per lei, ma per Bill: era lui che se la prendeva per quelle cose. Infondo compiva solo un mese, non un anno! Ma per lui ogni pretesto era buono per festeggiare e trovarsi tutti insieme e, sotto quel punto di vista, aveva ragione.

Qualche minuto dopo il campanello trillò e il marito si precipitò alla porta, attraversando il salotto addobbato a festa, evitando di inciampare sulla marea di palloncini che aveva costretto tutti a gonfiare. Quello che si era divertito di più era stato Mirko, che ne aveva sempre uno fra le mani.

«Sempre gli ultimi, eh?!», gridò con le mani sui fianchi, verso gli ospiti.

«Scusaci, zio Bill!», disse quella vocina adorabile che non poteva essere altro che di Jole.

«Non ti preoccupare piccolina», le sorrise solare baciandole la fronte. «So che è colpa di quello scellerato del tuo papà! È sempre colpa sua!»

Proprio mentre lo nominava, spuntò dietro Linda e Jole, con un’espressione tutt’altro che tranquilla sul viso: sembrava teso, agitato come se stesse trattenendo dentro di sé qualcosa molto più grande di lui. Lo guardò negli occhi e capì che doveva essere successo per forza qualcosa.

«Tom, che hai?», gli chiese e lo face entrare, insieme alle sue due donne. Jole andò subito a giocare con i palloncini con il coetaneo, mentre i grandi si riunirono nel salotto, contagiati dall’ansia del chitarrista.

«Che ne so, è da prima che è così!», disse Linda, tenendogli stretto il braccio.

«Un attimo», disse Tom, come se avesse avuto un’illuminazione. «Dov’è Evelyn?»

«In camera, l’ho appena fatta addormentare…», rispose Zoe, la fronte corrugata. «Perché?»

Tom schizzò verso la camera in cui sapeva di trovare la bambina e Bill, Zoe, Georg, Gustav e David lo seguirono, incuriositi oltre che preoccupati. Il chitarrista aprì la porta e di nuovo quel blocco alle vie respiratorie, quando scorse la figura di Franky, completo di ali sulla schiena, accanto alla culla della bambina di Zoe e Bill.

«Franky», mormorò Zoe con gli occhi velati dalle lacrime.

L’angelo si voltò lentamente e incrociò il suo sguardo. «Ciao, Zoe.»

La ragazza, ormai donna, moglie e mamma, gli corse in contro e lo strinse forte al petto. Rise, notando che era diventata più alta di lui, rimasto lo stesso sedicenne di allora.

«Ehi, io non invecchio», le rispose. «Sei veramente bellissima, sai?»

«Grazie», tirò su col naso, staccandosi. Franky si voltò verso Evelyn e le sfiorò la guancia con un dito.

«E lei… lei è semplicemente fantastica», commentò a bassa voce, rapito dalla bellezza di quella bambina piccolissima.

«Ha preso tutto dal papà», rispose la ragazza, andando a prendere per mano Bill, ancora pietrificato sulla soglia assieme a tutti gli altri.

«Nah, sono certo che avrà i tuoi occhi.» Sorrise, in quel modo tenero di sempre. Suo. «Ha dei pensieri così… puri. Vi vuole un bene immenso.»

Restarono qualche secondo in silenzio. Franky contemplò il visetto tondo di Evelyn e trovò un senso ad ogni cosa. Sorrise, sinceramente contento per ciò che la sua piccola donna era riuscita a costruire anche senza il suo aiuto costante. Sorrise, perché era riuscita a crearsi una vita piena di felicità e di amore. Sorrise, perché nei suoi ricordi non c’erano più lacrime, solo sorrisi per i tempi passati.

«Ma dico, sei scemo?!», spezzò il silenzio Tom, gli occhi sgranati.

Tutti si voltarono verso di lui e lo guardarono truce, dicendogli di abbassare la voce o avrebbe svegliato la bambina. Troppo tardi: Evelyn iniziò a piangere e l’angelo prontamente infilò le mani nella culla, la sollevò e se la portò al petto, guardandola teneramente.

«Shhh, era solo il mio stupido migliore amico», le sussurrò, e come per magia la bimba si calmò e in poco tempo si riaddormentò. Franky però non la rimise nella culla, la tenne stretta a sé.

«Sono passati dieci anni, pezzo di cretino», gli disse allora il chitarrista, controllando il tono di voce. «Avevi detto presto

«Ho fatto prima che ho potuto, davvero.»

«Ci sei mancato tanto», aggiunse Bill.

«Io non posso dire lo stesso, visto che ero sempre con voi.»

«Per quanto rimarrai?», chiese suo zio David.

L’angelo sospirò e in quel momento ripose Evelyn nella culla. «In realtà, devo tornare su fra… un quarto d’ora esatto.»

«Che cosa, così poco?!»

«Mi dispiace, ragazzi», sollevò le spalle. «Sono passato solo per un saluto.»

«Oh, bello», borbottò Tom, cercando di fare il duro, anche se i suoi occhi mentivano a tutti: erano arrossati e lucidi. «Dovremo aspettare altri dieci anni per vederti?»

«Mah, chi lo sa», ridacchiò. «Vi voglio bene ragazzi, sono felice per voi, sono orgoglioso di voi. Non posso fare altro che dirvi di continuare così.»

Tom scattò in avanti e lo travolse con un abbraccio e che sorprese tutti, oltre che il diretto interessato. Si staccarono solo dopo attimi interminabili, si guardarono negli occhi e sorrisero.

«Sai, c’è una cosa che ho capito», gli confessò Tom. «Ed è questa: l’amicizia, come l’amore, non muore mai.»

«Ce n’è voluto di tempo prima che lo capissi!», accennò una risata. «Meglio tardi che mai.»

[Cuz this life's too long
and this love's too strong
So baby, know for sure that
I'll never let you go

Perchè questa vita è così lunga
e questo amore è così forte
Allora piccola, sappi che
non ti lascerò mai]

THE END

{A te, Ales, a cui ho dedicato tutto questo
e che so non avrai mai un “The End”.
Ti voglio un bene dell’anima.
Tua, sempre, Aria.}




   
 
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