Faccio una capatina da queste parti giusto per omaggiare
il vecchio Itachi che invecchia d’un anno.
Scusate gli anacronismi della shot ma così
l’ho immaginata e così è rimasta.
Buona lettura.
Com’è
giusto che finisca
Era assurdo e abbastanza ridicolo, perché non
poteva certo far trapelare nulla davanti a tutti loro anche
se, per la prima volta dal giorno in cui s'era unito ad Akatsuki - provocando un certo favorevole scompiglio - gli
sembrava che l'attenzione degli altri fosse concentrata su di lui, al di fuori
di loro stessi, stranamente, solo su di lui.
Era assurdo, con addosso lo
sguardo un po' rispettoso e un po' rancoroso di Deidara,
per una volta attento, per una volta distratto dalla contemplazione sterile del
proprio genio; e quello acuto e silenzioso di Kisame
che sembrava al tempo stesso così ottuso e così beffardo, con
quegli occhietti liquidi, quasi più insistenti di quelli appena visibili
di Sasori, che nonostante fossero solo finti bulbi di
burattino riuscivano a rilucere appena di un'energia incrollabile, tutta
concentrata in quell'istante su di lui.
Ma l'occhio più insinuante di tutti Itachi se lo sentiva scorrere sul viso carico di una forma
malsana di divertimento crudele, gli bruciava la pelle come ferro
incandescente. Dentro l'iride scoperta di Tobi c'era una sottile forma di
soddisfazione feroce, di macabra ironia. Non poteva sopportarlo, non poteva
sopportare più nulla, avrebbe potuto e voluto fare tutti a pezzi
perché loro non erano niente, meno della polvere che gli sfiorava i lembi
del mantello, mentre Sasuke era tutto, era tutto il mondo e l'occhio di Madara che lo stava studiando compiaciuto non valeva nulla,
avrebbe meritato d'esser strappato via anche quello.
Era assurdo che proprio in quel momento, dopo tantissimo
tempo che non gli succedeva - o forse sembrava solo tantissimo tempo, forse non
lo era, Itachi non sapeva
più bene seguire lo scorrere reale del tempo e nella sua mente tutto si
confondeva sempre più, passato e presente e aspirazioni future, l'intero
flusso temporale dell'universo era diventato il coincidere unico di due
momenti, quello in cui aveva ucciso e quello in cui sarebbe stato ucciso, e
tutti e due recavano con sé l'immagine del viso di Sasuke
-, che dopo tanto tempo, appunto, proprio in quel momento provasse un impulso
irragionevole e patetico di sedersi, lì dov'era in mezzo a quella gente
quasi più mostruosa di lui, stringere i pugni, picchiarli per terra e
singhiozzare con tutte le sue forze fino a farsi scoppiare i polmoni, fino a
prosciugare l'oceano di colpa e di dolore che da cinque anni gli strozzava il
respiro.
E invece Itachi sapeva che
dall'esterno, per quegli occhi che lo scrutavano avidi di veder cedere la sua
corazza di ghiaccio, il suo viso non esprimeva nulla. Né ansietà,
né dispiacere, né qualche lubrica forma di gioia. Sapeva - aveva
imparato a farlo presto e bene, meglio di chiunque altro - che per di
più dal suo volto non traspariva nemmeno quella volontà
d'inespressività, non c'era nessuna traccia nei suoi occhi d'indifferenza
ostentata o di costrizione al distacco. Il suo era il viso di un uomo che non
prova sentimenti perché non ne ha a disposizione. La faccia di un
mostro.
Era stato indispensabile sviluppare quella
capacità, nella sua vita. Nell'animo poteva anche sanguinare a morte e
urlare tutto il suo rancore, ma dal di fuori non lo
turbava niente.
Impiegò, tuttavia, quel che gli parve un secondo o due in più
dello stretto necessario, e dunque del ragionevole, per far uscire dalla gola
la propria voce con la sicurezza che suonasse ferma e atona come sempre. Forse
nessuno degli altri l'aveva notato, ma Madara
sicuramente sì.
"A Oto?" chiese calmo.
"Arrivato a destinazione da due giorni," confermò Deidara
senza spostargli lo sguardo di dosso. "La nostra fonte ha raccontato che
quelli di Konoha gli hanno mandato dietro qualche
moccioso per fermarlo. Sono riusciti a sbaragliare le mezze cartucce del Suono
che lo dovevano scortare a Oto, ma non Sas'ke. Non
è vero, Danna?"
Dentro di sé, Itachi
aggrottò la fronte, contrariato. Che razza d'idea era venuta, alla sannin, di mandare dei ragazzetti alle calcagna di suo
fratello? Non potevano certo essere - e qui, impercettibilmente, lo
inondò una sfumatura d'orgoglio - una manciata
adolescenti ad aver ragione di un Uchiha ben
determinato, ancorché dodicenne.
"Non scocciare con le tue chiacchiere," stava redarguendo Sasori,
irritato. "Non gl'interessa certo questa storia di poppanti," precisò brusco.
"Comunque sia,"
proseguì Deidara con una punta di petulanza e
un’ombra di trionfo, stizzito, "si è offerto volontariamente
di sacrificare se stesso a Orochimaru in cambio della
forza. La nostra fonte dice che vuole uc..."
"Fossi in te, Uchiha," intervenne Sasori rivolto
a lui, con un breve gesto di fastidio verso il più giovane artista,
"mi guarderei le spalle. Se non stai attento alla pelle finirà
male."
Itachi si sentì scuotere, nel
profondo di sé, da un moto spontaneo di leggerezza, quasi di
riconoscenza verso il folle disumano che era Sasori,
per quelle parole. E faticò di più allora a trattenere un sorriso
spontaneo di quanto avesse faticato pochi istanti prima a contenere il
disappunto e l'angoscia all'idea di Sasuke tra le
mani insanguinate ed incoscienti di Orochimaru.
"Nessun problema,"
commentò, criptico e incurante. "Andrà secondo i
piani."
Ma mentre si voltava dando le spalle agli interlocutori,
pronto ad andarsene nello stesso disinteresse verso il mondo con cui aveva
fatto il suo ingresso nella sala, quel sorriso interiore si affacciò
appena sulle sue labbra, misterioso e ricco d'una triste speranza.
Finirà bene.
Finirà esattamente com'è giusto che finisca.
Sasuke non l'avrebbe deluso.