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Autore: suni    09/06/2010    13 recensioni
Ma l'occhio più insinuante di tutti Itachi se lo sentiva scorrere sul viso carico di una forma malsana di divertimento crudele, gli bruciava la pelle come ferro incandescente. Dentro l'iride scoperta di Tobi c'era una sottile forma di soddisfazione feroce, di macabra ironia.
[A Itachi]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era assurdo e abbastanza ridicolo, perché non poteva certo far trapelare nulla davanti a tutti loro anche se, per la prima volta dal giorno in cui s'era unito ad Akatsuki - provocando un certo favorevole scompiglio - gli sembrava che l'attenzione degli a

Faccio una capatina da queste parti giusto per omaggiare il vecchio Itachi che invecchia d’un anno. Scusate gli anacronismi della shot ma così l’ho immaginata e così è rimasta.

Buona lettura.

 

 

 

Com’è giusto che finisca

 

 

 

Era assurdo e abbastanza ridicolo, perché non poteva certo far trapelare nulla davanti a tutti loro anche se, per la prima volta dal giorno in cui s'era unito ad Akatsuki - provocando un certo favorevole scompiglio - gli sembrava che l'attenzione degli altri fosse concentrata su di lui, al di fuori di loro stessi, stranamente, solo su di lui.

Era assurdo, con addosso lo sguardo un po' rispettoso e un po' rancoroso di Deidara, per una volta attento, per una volta distratto dalla contemplazione sterile del proprio genio; e quello acuto e silenzioso di Kisame che sembrava al tempo stesso così ottuso e così beffardo, con quegli occhietti liquidi, quasi più insistenti di quelli appena visibili di Sasori, che nonostante fossero solo finti bulbi di burattino riuscivano a rilucere appena di un'energia incrollabile, tutta concentrata in quell'istante su di lui.

Ma l'occhio più insinuante di tutti Itachi se lo sentiva scorrere sul viso carico di una forma malsana di divertimento crudele, gli bruciava la pelle come ferro incandescente. Dentro l'iride scoperta di Tobi c'era una sottile forma di soddisfazione feroce, di macabra ironia. Non poteva sopportarlo, non poteva sopportare più nulla, avrebbe potuto e voluto fare tutti a pezzi perché loro non erano niente, meno della polvere che gli sfiorava i lembi del mantello, mentre Sasuke era tutto, era tutto il mondo e l'occhio di Madara che lo stava studiando compiaciuto non valeva nulla, avrebbe meritato d'esser strappato via anche quello.

Era assurdo che proprio in quel momento, dopo tantissimo tempo che non gli succedeva - o forse sembrava solo tantissimo tempo, forse non lo era, Itachi non sapeva più bene seguire lo scorrere reale del tempo e nella sua mente tutto si confondeva sempre più, passato e presente e aspirazioni future, l'intero flusso temporale dell'universo era diventato il coincidere unico di due momenti, quello in cui aveva ucciso e quello in cui sarebbe stato ucciso, e tutti e due recavano con sé l'immagine del viso di Sasuke -, che dopo tanto tempo, appunto, proprio in quel momento provasse un impulso irragionevole e patetico di sedersi, lì dov'era in mezzo a quella gente quasi più mostruosa di lui, stringere i pugni, picchiarli per terra e singhiozzare con tutte le sue forze fino a farsi scoppiare i polmoni, fino a prosciugare l'oceano di colpa e di dolore che da cinque anni gli strozzava il respiro.

E invece Itachi sapeva che dall'esterno, per quegli occhi che lo scrutavano avidi di veder cedere la sua corazza di ghiaccio, il suo viso non esprimeva nulla. Né ansietà, né dispiacere, né qualche lubrica forma di gioia. Sapeva - aveva imparato a farlo presto e bene, meglio di chiunque altro - che per di più dal suo volto non traspariva nemmeno quella volontà d'inespressività, non c'era nessuna traccia nei suoi occhi d'indifferenza ostentata o di costrizione al distacco. Il suo era il viso di un uomo che non prova sentimenti perché non ne ha a disposizione. La faccia di un mostro.

Era stato indispensabile sviluppare quella capacità, nella sua vita. Nell'animo poteva anche sanguinare a morte e urlare tutto il suo rancore, ma dal di fuori non lo turbava niente.
Impiegò, tuttavia, quel che gli parve un secondo o due in più dello stretto necessario, e dunque del ragionevole, per far uscire dalla gola la propria voce con la sicurezza che suonasse ferma e atona come sempre. Forse nessuno degli altri l'aveva notato, ma Madara sicuramente sì.

"A Oto?" chiese calmo.

"Arrivato a destinazione da due giorni," confermò Deidara senza spostargli lo sguardo di dosso. "La nostra fonte ha raccontato che quelli di Konoha gli hanno mandato dietro qualche moccioso per fermarlo. Sono riusciti a sbaragliare le mezze cartucce del Suono che lo dovevano scortare a Oto, ma non Sas'ke. Non è vero, Danna?"

Dentro di sé, Itachi aggrottò la fronte, contrariato. Che razza d'idea era venuta, alla sannin, di mandare dei ragazzetti alle calcagna di suo fratello? Non potevano certo essere - e qui, impercettibilmente, lo inondò una sfumatura d'orgoglio - una manciata adolescenti ad aver ragione di un Uchiha ben determinato, ancorché dodicenne.

"Non scocciare con le tue chiacchiere," stava redarguendo Sasori, irritato. "Non gl'interessa certo questa storia di poppanti," precisò brusco.

"Comunque sia," proseguì Deidara con una punta di petulanza e un’ombra di trionfo, stizzito, "si è offerto volontariamente di sacrificare se stesso a Orochimaru in cambio della forza. La nostra fonte dice che vuole uc..."

"Fossi in te, Uchiha," intervenne Sasori rivolto a lui, con un breve gesto di fastidio verso il più giovane artista, "mi guarderei le spalle. Se non stai attento alla pelle finirà male."

Itachi si sentì scuotere, nel profondo di sé, da un moto spontaneo di leggerezza, quasi di riconoscenza verso il folle disumano che era Sasori, per quelle parole. E faticò di più allora a trattenere un sorriso spontaneo di quanto avesse faticato pochi istanti prima a contenere il disappunto e l'angoscia all'idea di Sasuke tra le mani insanguinate ed incoscienti di Orochimaru.

"Nessun problema," commentò, criptico e incurante. "Andrà secondo i piani."

Ma mentre si voltava dando le spalle agli interlocutori, pronto ad andarsene nello stesso disinteresse verso il mondo con cui aveva fatto il suo ingresso nella sala, quel sorriso interiore si affacciò appena sulle sue labbra, misterioso e ricco d'una triste speranza.

Finirà bene. Finirà esattamente com'è giusto che finisca.

Sasuke non l'avrebbe deluso.

 

   
 
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