Fanfic su artisti musicali > Arashi
Segui la storia  |       
Autore: Hika86    10/06/2010    1 recensioni
Il gruppo di punta della Johnny's Enterateinment compie il decimo anniversario di attività e l'azienda avvia uno speciale progetto per la promozione dell'evento. Per l'occasione la collaborazione di artisti dal resto dell'Asia sarà un'ottima occasione per Aiba, Jun, Sho, Nino e Ohno... e per Lei.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stava accovacciato a terra, con lo sguardo rivolto verso l'alto ad osservare il televisore acceso e una mano impegnata a muovere lo spazzolino per lavarsi i denti. Non è che guardasse realmente lo schermo, lo osservava ma non faceva caso al programma. In un attimo di pubblicità si rialzò e andò in bagno a sciacquarsi la bocca. Si lavò il viso e mentre passava l'asciugamano sulle guance uscì dal bagno cominciando a gironzolare a caso per la propria camera. Si fermò vicino alla finestra quando una goccia d'acqua dalle ciglia gli entrò nell'occhio. Proprio mentre cercava di asciugarsi guardò fuori dalla finestra: era buio, ormai era passata l'ora di cena e le tenebre in inverno arrivavano già a metà del pomeriggio, però non c'era proprio oscurità completa dato che già dopo pranzo aveva cominciato a nevicare e la precipitazione si era fatta sempre più insistente di ora in ora. La neve col suo candore aveva ricoperto tutto di un manto chiaro e luminoso, quindi si vedeva perfettamente ogni cosa fuori: i lampioni tondi con un capellino bianco, i marciapiedi del campus con gli angoli ammorbiditi dalla curva dei fiocchi caduti, la camminata delle persone che sprofondava rompendo la perfezione di quella liscia copertura.
Un movimento nell'angolo del suo campo visivo richiamò la sua attenzione. Erano quasi le dieci di sera e la caduta della neve somigliava sempre più ad una piccola bufera: allora chi mai era così pazzo da avventurarsi fuori? Il movimento era nella cabina telefonica davanti all'entrata del dormitorio maschile e lui dal primo piano poteva solo vedere l'individuo dalle scapole in giù, ma gli stivali erano chiaramente da donna e quel cappotto grigio e lungo lo aveva già visto. Sapeva di chi si trattava anche senza vederne il viso. Abbandonò la finestra e prese al volo i vestiti abbandonati precedentemente sulla sedia. Mentre scendeva le scale di fretta si chiuse i bottoni della giacca e si calcò il cappello in testa, ma, nonostante si fosse praticamente fiondato a pian terreno, una volta davanti alle porte automatiche del dormitorio si bloccò e non uscì, nè si avvicinò abbastanza da farle aprire dalla cellula ottica. Rimase impalato nell'atrio ad osservare la cabina telefonica oltre il vetro delle porte. Il movimento che aveva notato era di Ahn Yun-seo che sicuramente non stava facendo una telefonata tranquilla dato che gesticolava molto e alcuni rumori arrivavano persino a lui, pure se ovattati e quindi incomprensibili. Non poteva vederla bene in viso, dato che lei gli dava il fianco sinistro e teneva la cornetta da quella parte essendo mancina, ma non aveva bisogno di vederla per capire che qualcosa non andava. La vide sbattere la cornetta contro il telefono della cabina tentando di riagganciare, ma il gesto fu tanto brusco e poco accurato che non riuscì nel suo intento la prima volta, così come la seconda, la terza, la quarta, quinta, sesta... La ragazza si piegò con le braccia sul telefono, affondando il viso tra di esse e non mise più forza nelle sue dita: lasciò penzolare il ricevitore nel vuoto. Poco dopo dovette perdere anche la forza nelle gambe perchè la vide piegarsi e accucciarsi sul fondo della cabina telefonica: il viso nascosto tra le braccia incrociate sulle ginocchia. Il ricevitore la colpì la testa, mentre ancora dondolava nel vuoto, e le sue spalle sussultavano ritmicamente. Abbassò lo sguardo e dopo qualche secondo fece un profondo respiro prima di chiudersi meglio il bavero della giacca e avviarsi verso le porte.
«Ahn san» si sentì richiamare alle sue spalle. Sussultò, spaventata da quelle improvvise parole, e volse a metà il capo per guardare dietro di sè con la coda dell'occhio. Era Matsumoto Jun, che aveva aperto un po' la porta della cabina, scostando la neve che si era depositata mentre lei era dentro. «Ah Matsumoto san! Ti serviva la cabina, adesso vado, tanto avevo finito» disse cercando di mantenere ferma la voce. Si alzò in piedi, tornando a dargli le spalle, e si passò una mano sugli occhi mentre l'altra riappendeva decentemente quella stramaledetta cornetta. «E' tutta tua, scusa se ci ho messo tanto!» esclamò sorridendo ed uscendo dalla cabina, sgusciando nello spazio che aveva liberato il ragazzo. Sentiva di aver parlato troppo ad alta voce e di aver sorriso in maniera esagerata alla persona che doveva aver offeso quella stessa mattina (nel pomeriggio non si era presentato alle prove), ma ogni volta che piangeva, e non voleva farlo capire agli altri, esagerava tutte le sue smorfie e le sue parole, sperando -tra l'altro invano- che non ci si accorgesse di nulla. Si fece da parte e ci fu un momento di silenzio «Allora, buonanotte» concluse rapidamente lei, che stava tanto male da sentire di non poter rimanere in compagnia di chicchessia un momento di più. Fece un inchino e si avviò rapidamente senza aggiungere altro. Il suo prima passo in avanti però era stato poco accurato e si sentì scivolare sulla neve schiacciata, rischiando di cadere all'indietro e colpire la cabina alle sue spalle. Fortunatamente non avvenne, Jun l'aveva presa al volo passandole un braccio dietro le spalle, esattamente come si erano "allenati" a fare tutta la mattina. Yun-seo guardò il cielo con gli occhi sgranati dallo spavento «Uuuuh...» sospirò «Questo era pericoloso, grazie» disse respirando profondamente e prendendo la mano che lui le offriva per rimettersi stabile sulle proprie gambe
«Tutto bene?» domandò lui squadrandola
«Si, si... sei stato rapido. Grazie ancora» annuì per poi piegare il capo e fare per riprendere a camminare, con più attenzione. Si sentì però afferrare per un braccio e si girò ancora «Ce la faccio» ribadì
«Che cosa è successo?» domandò questi
«Niente, sto bene, lasciami andare» ripetè cercando debolmente di sottrarsi alla presa del ragazzo: prima le lanciava solo occhiate gelide e poi si riscopre premuroso? «Lo so che non ti sei fatta niente, non parlo di quello» precisò in tono tagliente «Ti ho vista mentre parlavi al telefono e non va tutto bene»
«Senti, ma chi ti conosce? Non sono problemi che racconto al primo che me li viene a chiedere» ribattè lei, stavolta in tono acido, finalmente dando uno strattone deciso e liberandosi dalla presa di Jun «Pensa ai tuoi di problemi, non ti sei nemmeno presentato questo pomeriggio, dimmi tu se questa è professionalità. Ti eri offeso per le mie osservazioni? E io che pensavo di lavorare con gente matura» sbuffò arrabbiata dandogli le spalle e facendo i primi passi
«Vuoi continuare?» sembrò incitarla
«A fare che? Ma si può sapere cosa vuoi da me? Mi tratti come se fossi la guastafeste di turno e poi ficchi il naso negli affari miei?»
«Esattamente» ribattè lui con sufficienza, incrociando le braccia -un po' per atteggiarsi un po' perchè cominciava a fare seriamente freddo sotto quella tormenta «Non mi piaci neanche un po' quindi con te non voglio avere a che fare, ma con questi tuoi piagnistei da femminuccia sei ancora più fastidiosa, quindi pensavo che confidarti aiutasse a farti smettere con questi atteggiamenti!» aggiunse alzando la voce
«Piagnistei? PIAGNISTEI?» domandò con voce sempre più acuta «Non confondo mai la vita privata col lavoro. Sono una professionista seria io, mica come te!»
«Io cosa? Se qualcosa non va con me sei tu la ragione!» la additò Jun, arrabbiato
«Ma cosa sei? Un bambino delle elementari? Prenditi le tue responsabilità: se sei un incapace è solo tua la colpa!» Yun-seo quasi ci vedeva doppio dalla rabbia
«Tutto andrà a catafascio per colpa tua! Sei un'incapace! Un ostacolo! Sei una palla al piede e non ho mai condiviso l'idea che fossi tu a fare la prima ballerina!» ribattè alzando la voce di più di lei
«Eeeeh? Cosa, cosa, cosa?» sgranò gli occhi la ballerina cercando di superarlo ancora nel volume di voce
«Hai sentito bene, oppure non hai capito il mio giapponese e devo ripetere?»
«Stammi a sentire, brutto saputello» ancora una volta si segnò mentalmente di andare ad un corso di insulti giapponesi, faceva davvero una figura fiacca con quel genere di offese «Se qui c'è qualcuno che fa la palla nella bacchetta sei tu! Io il giapponese lo capisco perfettamente» e per ribadire la cosa pestò il piede a terra con l'intenzione di ribadire la sua rabbia con quel gesto: peccato che la neve attutisse qualsiasi suono quindi il suo sembrò solo uno scatto isterico, per non dire ridicolo. «Si dice piede, stupida, non bacchette!*» reclamò Jun
«Ecchissenefrega!» strillò «Giuro che adesso ti salto alla giugulare e ti sbrano come un leone fa con la sua gazzella per colazione. Ma io lo farò solamente per vedere il tuo sangue che sgorga a terra, metterti un piede in faccia e ridere sguaiatamente del mio efferato omicidio!».
Tacquero entrambi, con il fiato corto per il troppo sforzo, Jun si piegò in avanti appoggiando le mani sulle ginocchia e dopo qualche secondo prese un profondo respiro «Va meglio ora?» ma dovette rialzare lo sguardo perchè non riceveva risposta. Effettivamente Yun-seo aveva ripreso a piangere, ma teneva le labbra serrate con le mani per trattenersi come possibile . Il moro la raggiunse e la costrinse ad appoggiare la fronte sul suo petto (la differenza di altezza era troppa per farla appoggiare alla spalla) «L'ho fatto apposta, quindi vedi di non vanificare i miei sforzi» spiegò passandole una mano sui capelli che si erano riempiti di fiocchi di neve. Bastarono quelle parole a farla scoppiare a piangere senza ritegno.

Non sapeva quanto tempo erano rimasti davanti alla cabina aspettando che lei avesse versato tutte le lacrime che aveva, ma quando si era calmata aveva accettato l'invito di Jun ad andare a bere qualcosa. Andarono all'edificio dove lavoravano di solito e lui le disse di sciacquarsi la faccia mentre prendeva da bere. Yun-seo si guardò allo specchio e realizzò in quel momento quanto fosse terrificante la sua espressione: aveva gli occhi e il naso rossi come pomodori, gli uni per il pianto l'altro per il freddo, tra i capelli aveva tanta di quella neve che sembrava uno dei lampioni del campus, col berretto bianco. Scosse i capelli dentro al lavandino con la mano e si diede una sciacquata generale con l'acqua calda cercando di recuperare le parti intirizzite dal freddo.
Quando uscì si avviò verso i distributori che ormai parevano una tappa obbligatoria di ogni sua serata e trovò Jun seduto sulle panchine che si era tolto gli stivali e si asciugava i piedi con una salvietta «Ne ho recuperate due» le disse porgendogliene una bianca per lei
«Grazie» la prese e se la passò sulla testa frizionando i capelli che fortunatamente si sarebbero asciugati in fretta dato che erano corti «Sarebbe stato meglio avere un kotatsu»
«Mh» annuì lui mentre si alzava e a piedi nudi si piazzava davanti al distributore scegliendo le bevande
«Non ho soldi con me» specificò lei, evitando la parola che aveva sbagliato la sera prima
«Offro io» rispose il ragazzo per poi porgerle la lattina. Poco ci mancò che Yun-seo non scoppiasse a ridere dopo aver sgranano gli occhi guardando la bevanda: era la stessa che gli aveva offerto Aiba la sera prima! «Che strana scelta» commentò solamente
«Mh? Dici?» domandò lui risedendosi e osservando la lattina rossa «Non è che ne vada pazzo, ma un'ora prima del nostro primo concerto ero tanto agitato da ritrovarmi con la gola arida»
«Arida?» lo interruppe lei «Cioè?»
«Secca, avevo bisogno di bere. Nei distributori dei camerini c'era solo questa alla portata dei pochi spicci che erano finiti nelle tasche del primo costume dello spettacolo e quella è stata la prima volta che l'ho bevuto» spiegò prendendo un sorso «Dato che a volte sono un po' scaramantico ho fatto la stessa cosa per il secondo concerto, poi per il terzo e alla fine è diventata un'abitudine. Lo bevo ogni volta che sento il bisogno di qualcosa che mi dia senso di sicurezza e questo sapore ha finito col farmi questo effetto»
«E quando fate i concerti all'estero?» domandò la coreana
«Mi porto dietro due lattine apposta» ridacchiò lui, seguito a ruota dalla coreana.
Rimasero qualche minuto in silenzio ad osservare il muro davanti a loro mentre bevevano «Mi dispiace per le parole che ho detto prima» esordì lei «A parte il volerti sbranare e il resto... le altre cose devo ammettere che erano abbastanza vere»
«Lo immaginavo, non sembri una con i peli sulla lingua» le rispose lui con un sorriso, forse era la prima volta che Yun-seo lo vedeva ridere
«Dal primo momento non sei stato molto amichevole, ma quello che ho detto stamattina era un consiglio... forse più che per aiutarti con il ballo, dato che credo tu sappia perfettamente quali sono i tuoi problemi in una tua performance, credo di aver tentato semplicemente un approccio differente con te, per vedere se riuscivo a conoscerti attraverso altri canali: anche lo scambio di opinioni lavorative andava bene» finita la lattina la mise da parte «Per questo, quando non ti ho visto nel pomeriggio, ci sono rimasta male e ho seriamente temuto di aver peggiorato la situazione invece di migliorarla passando per altre vie» sospirò quando finì la sua spiegazione
«Io invece non ho detto niente di vero» si confessò Jun «Sono rimasto folgorato dal tuo talento il primo giorno, quando hai ballato davanti a tutti nonostante fossi impreparata a farlo. La tua fusione con la musica, il modo in cui seguivi ogni nota e ogni stacco, era affascinante e provava che avevano scelto la persona giusta» spiegò finendo la sua lattina e prendendo la mira per tirarla nel cestino contro l'altra parete «Allo stesso tempo però ho percepito perfettamente i sentimenti che stavi trasmettendo con quel ballo. Erano emozioni forti, evidenti e spiazzanti, come si addice ad un ballo tanto energico, ma esprimevano una tristezza con queste qualità: una tristezza forte, profonda, spiazzante» tirò la lattina e fece canestro, quindi allungò la mano per farsi passare la sua lattina «Dici di non mischiare i sentimenti con il lavoro, è vero, ma lo fai solo in apparenza perchè anche senza volerlo il tuo corpo parla per te e questo rischia di disturbare e colpire chi sta intorno a te. Non accetto che i problemi personali di ognuno di noi vadano a difettare il lavoro che stiamo portando avanti con tanto sforzo. Io pretendo molto dai nostri collaboratori». Yun-seo non gli passò la lattina, ma la prese e tentò a sua volta di fare canestro, fortunatamente riuscendoci per un soffio «Io penso che tu pretenda dagli altri per colmare una tua mancanza. Da quello che mi dici capisco che ciò che mi porto dietro lo trasmetto involontariamente quando lavoro e se puoi dirmelo è perchè tu stesso raccogli questa trasmissione. Quindi il tuo lavoro di oggi era imperfetto perchè ciò che esprimo ballando ti disturba ed interferisce con la tua concentrazione.
Tu non vuoi che gli altri portino i problemi sul lavoro perchè sei il primo a raccoglierne gli effetti e a non riuscire a staccarli dal piano professionale. Tenti di risolvere la cosa alla radice evitando di dover percepire le note stonate» detto questo si zittì e sentì i suoi muscoli tendersi uno ad uno: forse aveva nuovamente esagerato con la franchezza e poteva aver rovinato quel tentativo di buttar giù le basi di una prima conoscenza. «Forse hai ragione» ammise Jun arrossendo mentre si passava l'asciugamano sui capelli, così da nascondere anche il viso «Ti ho evitato in questi giorni perchè il tuo stato d'animo rompeva l'armonia che cercavo di creare nel team di lavoro e perchè disturbava me. Forse inconsciamente ti ho trattato male per allontanarti da me.
Qualcosa in quel che ho detto quindi era vero: pensavo veramente che fosse colpa tua: non riesco ad entrare nel mio personaggio perchè non mi aspettavo che il sesto fosse una donna così triste.». Seguirono lunghi attimi di silenzio durante i quali Yun-seo non si mosse dalla panchina e si osservava le dita dei piedi che anche lei aveva liberato da calze e scarpe ormai fradici per la neve. «Che cosa è successo?» domandò nuovamente lui
«Prima di partire per il Giappone ho litigato con il mio ragazzo» rispose quasi subito mentre muoveva le dita dei piedi una dopo l'altra, piegandole e poi stendendole, le fissava come incantata «Il nostro non è un rapporto facile, diciamo. Negli ultimi tempi abbiamo litigato spesso e uno dei motivi per cui ho accettato è che avevo bisogno di allontanarmi da lui, staccarmi dal nostro rapporto per un po', prendere respiro. E invece mi scrive più volte al giorno. Stasera mi ha chiesto di sentirci e quando gli ho chiesto di smetterla di scrivermi così spesso abbiamo ricominciato a litigare.
"Sei ancora la mia ragazza", "ho tutto il diritto di chiamarti quando mi pare", "non puoi dirmi cosa fare e non fare", "se vuoi che ti lascio in pace dovresti piuttosto lasciarmi" ed ero tanto esasperata che a quelle parole gli ho urlato che per me andava bene, lo lasciavo. Poi ho agganciato»
«Ora non dovrebbe più assillarti, no?» domandò Jun, anche lui in fissa sui piedi della ballerina dopo averla vista tanto assorta
«E' vero ma...» trattenne un singhiozzo «Io non volevo lasciarlo veramente. Mi ha fatto arrabbiare e non ho più pensato a quello che stavo dicendo. Io non volevo, veramente... non volevo» e anche se non voleva nemmeno quello riprese a piangere. Jun in silenzio lasciò che l'ennesimo sfogo andasse scemando, quindi, quando la sentì rilassarsi sorrise «Perlomeno non gli hai detto che avresti banchettato con le sue interiora se continuava» fortunatamente sentì uno sbuffo divertito, segno di una debole risata, mista alle ultime lacrime «A quanto pare è tipico di te farti prendere dalle emozioni forti e dire poi tutto quello che ti passa per la testa»
«Diciamo piuttosto che le parole smettono di passare per il cervello e aprono un canale diretto con la bocca» mugugnò lei asciugandosi gli occhi con la manica «Ma mi stai fissando i piedi?» domandò stranita poi ritirando le gambe che aveva allungato davanti a sè
«Stai tremando» ridacchiò senza rispondere «Rischiamo di ammalarci entrambi, quindi è meglio rimettere le scarpe e fare una corsa in camera per metterci al caldo. Che ne dici?»
«Mh» annuì recuperando le scarpe. Si rivestirono in silenzio quindi si avviarono all'uscita «Non sarà facile lasciare da parte qualsiasi pensiero e ballare isolando la tristezza, ma ci proverò» spiegò Yun-seo osservando il cielo di colore arancione, ma una tonalità quasi surreale, mentre i fiocchi continuavano a cadere seppur con meno insistenza
«E non sarà facile cambiare per me. Cercare di separare le sensazioni degli altri, quelle che mi trasmetti tu, per lavorare al massimo in ogni caso, ma ci proverò» le fece il verso, parlando però seriamente, annuendo tra sè
«Vedila così: se tu sei quello che organizza il lavoro per tutti, la tua serietà deve spronare a migliorare il lavoro anche di chi non riesce a separare bene privato e lavoro. Se ti vedranno come un esempio sarai ancora più utile e un professionista sempre migliore» lo incoraggiò
«D'accordo. Tu invece se ne senti bisogno puoi venire a piangere da me» ridacchiò
«Ma non piango sempre!» ribattè lei indispettita
«Ahahah!! Va bene, va bene. Allora quando hai bisogno di sfogarti, in generale» si corresse con un sorrisino innocente sul viso
«Che faccia di bronzo» sbuffò la coreana chiudendo meglio la zip del cappotto
«E se il tuo ragazzo dovesse darti ancora noie dillo a Matsujun: ci pensa lui a sistemargli i connotati» si scrocchiò le dita con fare teatrale
«Che pallone gonfiato» ridacchiò divertita
«Ehi, stavo cercando di tirarti su di morale sai? Dove scappi?!» domandò vedendola uscire dall'edificio cominciando a camminare d'improvviso
«Vuoi ammalarti, Paladino Matsujun? Cammina su» ridacchiò avviandosi sotto la neve.

♫Ti ho sognata tante notti
ballavi sul pavimento di cristallo
che la luna illuminava radiosamente
solo per te, anima solitaria.♫


«Il destro prima, il destro!» «E' il destro!» «Non è il destro!» «Non è che stai dicendo destro, ma intendi sinistro?» «Eh? Ma che fai, dubiti delle mie istruzioni? Ti dico che è destro» «Giuro che è il sinistro!».
La scena che il gruppo degli Arashi si ritrovò davanti il mattino seguente, verso le undici, era piuttosto singolare: Jun si stava già allenando, infatti era uscito un'ora prima dal dormitorio annunciando che quella mattina andava a riscaldarsi in anticipo, e con la prima ballerina. Per di più non si capiva se stessero bisticciando seriamente o se era solo una divergenza d'opinioni, perchè lei sembrava protestare seriamente, mentre Jun rideva ogni volta che la contraddiceva. «Ma non si sopportavano quei due?» domandò Nino agli altri mentre oltrepassavano le porte a vetri per accedere allo spazio più piccolo della sala da ballo
«Boh» fece spallucce Sho, mentre li osservava ridacchiando alla loro scenetta «Magari si è innamorato. A volte chi disprezza compra» e pochi attimi dopo gli arrivò una scarpa dritta in testa «AHI!»
«Frena la linguaccia» gli intimò Jun, con un piede scalzo
«Aaah, ora è tutto chiaro» lo sgomitò Yun-seo ridacchiando «E' proprio vero che bastano un paio di lacrime per far cadere gli uomini ai nostri piedi»
«Ma cosa dici, scema?!» esclamò il moro «Quali lacrime? Hai minacciato di azzannarmi al coll... AHI!» esclamò quando la scarpa gli tornò indietro colpendolo sulla spalla. Stavolta era stato Aiba a lanciargliela «Non chiamarla scema!» esclamò causando l'ilarità generale. Saito-san arrivò in quel momento e preparò il lavoro della mattinata: era decisa a far riprovare Yun-seo e Jun, ma non sapeva che i due non chiedevano di meglio.

♫Allora ho versato i miei sentimenti
in un bicchiere d'argento
e in quello di vetro
solo vino rosso raffinato.♫


La musica partì e la melodia uscì dolce dalle casse dello stereo, eppure sembrava di ascoltare qualcosa di diverso rispetto al giorno prima. Il ballo era tanto ben sincronizzato con il suono che sembrava sprigionarsi dal movimento stesso dei due ballerini. Sulla fuga di alcune note sui tasti del pianoforte i piedi della coreana scivolarono sul terreno come se avessero camminato essi stessi sulla tastiera del pianoforte. Perse l'equilibrio e Jun la afferrò al volo.

♫A me l'argento,
nasconde il suo contenuto.
Il vetro agli altri.
cercandoti dietro il vetro trasparente
nessuno era splendente come te.♫


Cosa c'era negli occhi della ballerina che col suo ballo aveva tanto armoniosamente assecondato la musica nei suoi capricci? Lo stesso smarrimento e lo stesso spavento che lui le aveva visto la sera prima, scivolando sul ghiaccio.
Cosa c'era negli occhi del ragazzo che con movimenti decisi sembrava aver diretto lui stesso il susseguirsi di note finora suonate? Un'espressione ferma e determinata, ma insieme rassicurante e rasserenante.
Si sorrisero a vicenda e la nuova nota li trascinò nel vortice della canzone.

♫Quando sei comparsa
invece del vetro hai scelto l'argento.
Luminosa e leggera come se avessi ali
mi hai indicato la luce.♫

* Yun-seo ha detto "hashi" (bacchette) invece di "ashi" (piede).

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arashi / Vai alla pagina dell'autore: Hika86