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Autore: pralinedetective    11/06/2010    2 recensioni
«Non ero destinato ad una vita umana, ma ad essere l'essenza di memorie future. [...] Ora, ancora una volta, devo guidare i miei cavalieri a difendere ciò che è stato e il sogno di ciò che potrebbe essere».
Nato come ipotetico post-leggende arturiane, l'accenno era troppo blando per finire nella sezione. [Buon compleanno a Keli!]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[Happy birthday to you,
happy birthday to you,
happy birthday to Ke-chan,
happy birthday to— WARGH!

*kamikorosu*]

Bleee: citazioni, ricordi, stupida nostalgia per e con la fan fiction. Citazione iniziale, Artù un “Excalibur”, nel titolo la lapide del signor re. Che palle! Spero che la signora Alessia riesca a ricollegare, magari anche a capire quel che dice la oneshot XD, in attesa di un regalo migliore.
E poi boh. Auguri a lei <3, spero in una buona lettura per voi. Ta~dan!





















«Non ero destinato ad una vita umana, ma ad essere l'essenza di memorie future. [...] Ora, ancora una volta, devo guidare i miei cavalieri a difendere ciò che è stato e il sogno di ciò che potrebbe essere».

 

“Here lies Arthur,
the once and future king”.

 

Chiude gli occhi, si lascia cadere sulla scomoda panchina in modo da rivolgere il viso al cielo e potersi allungare con le gambe verso la pista; gode della fresca ombra offerta dalle fronde e del silenzio interrotto di tanto in tanto dalla vita sviluppatasi in quel boschetto artificiale, e i bambini che giocano e piagnucolano poco lontano, e i ragazzini più grandi che urlano sfrecciando in bicicletta o in pattini.
Le ossa accusano quell’atmosfera e la brezza quasi fredde. L’uomo sospira di stanchezza, incrocia le dita delle mani sopra lo stomaco.

È stato un inverno difficile sotto ogni punto di vista, però il semplice e improvviso arrivo dell’estate ha sorpreso e rallegrato gli animi: tutto potrebbe, adesso, ricominciare a girare nel verso giusto.
Tutto potrebbe davvero essere diverso, migliore, solo grazie a una stupida stella neppure così eccezionale che brilla per i fatti suoi a milioni di milioni di milioni...
«Ho perso il conto» mormora fra sé contrariato, poi con un altro profondo respiro cerca la calma e la realizzazione. Facile, sembra facile, forse diventa tutto più facile se la stupida stella riprende a splendere nella direzione giusta – questo perché ovviamente è sempre lui, il sovrano, il Sole, ad allontanarsi, nascondersi. (Stupidi scienziati sostenitori della stupida teoria “stupida stella-centrica”).
Se si ha la possibilità di additare qualcuno d’altro, dandogli la responsabilità di colpe e piaceri, realmente diventa più semplice vivere. E stupido chi sostiene che così l’esistenza stessa possa perdere di significato: se hai qualcuno che ti protegge ed è pronto ad assumersi il peso degli errori, a subire la ramanzina offrendo come punizione qualche stupido mese di freddo all’anno, ben venga.

«-cchio... Ehi, vecchio!»
Una mano gli sfiora la spalla e attira la sua attenzione; apre di colpo gli occhi e si tira a sedere, strofinandosi poi istintivamente il naso con il polsino destro della felpa. Si dà mentalmente dello stupido un paio di volte mentre recupera laceri dei brevi e inutili sconfinamenti che si è concesso. Ha portato alla luce, nulla più di una stupida lampadina a basso consumo, motivazioni insulse e incomplete delle quali si vergogna un poco.
«Stai bene, vecchio?» chiama nuovamente lo sconosciuto.
L’interpellato alza gli occhi, incontra uno sguardo azzurro e fiero che in questo momento sembra realmente preoccupato: ed è una confusione, un abbinamento di assai scarso gusto, perché se possiedi il potere (e l’onere) di essere superiore, dedicarsi agli sconosciuti può rivelarsi solo nocivo.
«Mh, sì, ora va meglio».
«Meglio» ripete il giovane al suo accompagnatore – lo sguardo dell’uomo è troppo annacquato per permettergli di riconoscere perfettamente i contorni e fare una reale distinzione dei colori. Sparisce così il principe della stupidità, salutando con un sorriso incerto e un cenno del capo.
«Non puoi dare così confidenza agli estranei...»
«Dai, il caldo è forte, poteva star male, era lì immobile da un sacco di tempo! Non farti tanti problemi, pensa che nessuno lo farebbe mai per te».

A questo punto si alza dalla panchina di legno non senza lamentarsi: la posizione mantenuta per quasi mezz’ora si fa ben sentire a livello del collo, della schiena e «di questo stupido culo di vecchio».
Riprende quindi con il proprio giro, camminando lentamente e fermandosi di tanto in tanto per apprezzare quella scena di serenità quotidiana, monotona, straordinaria. Con favore incontra un paio di vecchi amici al chiosco poco lontano dal laghetto, il quale non è altro se non l’ennesimo stupido insediamento artificiale che tenta di trasformare quel parco di periferia in un angolo di... qualsiasi cosa risulti verde e cinematograficamente apprezzata.

 

[La miglior cosa del futuro è che
arriva un giorno alla volta. (Lincoln)]

  
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