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Autore: cartacciabianca    11/06/2010    3 recensioni
[Oblivion]
Due delle Gilde più potenti dell'Impero stanno per affrontarsi dopo secoli di scontri sotto tovaglia.
Elion, studentessa presso l'Università Arcana destinata a diventare la più grande Strega Bianca della contea di Cyrodiil, s'innamora un giorno di un giovane servo di Sithis, figlio eletto della Madre Notte, nonché membro e rampollo della Confraternita Oscura. Un triste gioco di tradimenti, congiure, bugie e passioni. Quando tutto sembra perduto e l’ultima battaglia giunge agli sgoccioli, tra il sangue di innocenti e l’acqua di purissime fonti, scorrono due vite intrappolate nel macabro disegno del destino. La verità verrà svelata ad ogni costo.
Il mio Romeo e Giulietta in versione The Elder Scroll, con un tocco di magia in più e l'aggiunta di qualche personaggio di mia creazione, sempre all'interno del gioco. Spero che abbia attirato la vostra curiosità.
[ Personaggi: Vicente Valtieri/Ocheeva (Confraternita Oscura) + Tar-Meena/Hannibal Traven (Gilda dei Maghi) + Nuovo personaggio x Nuovo personaggio ]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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4. Questione di… frutta

Com’era abitudine, Elion lasciò Noilé alle Scuderie Cavallo Sauro appena fuori le mura di Imperial City. La stalla era gestita da un’orca con la quale poteva dirsi avere un saldo rapporto confidenziale. Quando la maga le affidava la sua cavallina, si divertivano a spettegolare insieme dei viandanti più strani che capitavano ad entrambe d‘incontrare durante i loro viaggi. Ad avere le chiavi di baracca assieme all’Orca era un anziano Imperiale, un certo Ubertos con un passato misterioso legato al culto dell’equitazione.
Elion smontò di sella che un magnifico tramonto si specchiava sulle acque del lago. I bracieri erano già accesi e gestiti dalle guardie cittadine. I soldati in tenuta passeggiavano lungo il ponte che collegava Imperial City alle foreste selvagge e che Elion aveva appena percorso al trotto per arrivare alle scuderie.
A venirle incontro non fu l’amica dalla pelle verde, ma il suo fedele assistente, Prassitelo, un piccolo Elfo malaticcio e un po’ sbadato dalla zazzera rossa che stava imparando il mestiere. Il ragazzo poteva avere l’età di Elion oppure no, perché a guardarlo in viso sembrava un ragazzino, mentre il corpo era “maturo per la guerra!”, come avrebbe detto Laenzio.
-Buon dì, madonna maga!- la salutò allegramente prendendo le redini di Noilé che Elion gli passò con cortesia. –I padroni non ci sono, ma Titch mi ha avvertito che sareste rientrata in serata con la vostra cavalla- disse tirando l’animale verso la recinzione che precedeva le stalle vere e proprie.
Elion sorrise. Titch era il soprannome affibbiato alla ragazza dalla pelle verde che in quel momento sembrava essere altrove. –Quando sono uscita l’ho vista bere con un amico sul portico di casa. Sei sicuro che non siano dentro a fare baldoria e hanno preferito lasciarti solo a lavorare?- chiese divertita alludendo alla baracca vicino alle staccionate.
Prassitelo scosse la testa altrettanto allegro. –No, madonna, sono sicuro al cento per cento che non è così: l’Orco di cui parlate era il Campione dell’Arena, il Principe Grigio. Spesso viene a trovarla ed è vero: bevono e chissà cos’altro fanno insieme; ma l’episodio risale sicuramente a prima di quando, un paio d’ore fa, sono venuti alcuni soldati. Hanno chiesto ai padroni di seguirli in caserma. Titch e Ubertos mi hanno affidato la scuderia, ma non sono ancora tornati- la informò legando la cavalla alla staccionata; dopodiché iniziò ad allentare le cinghie della sella.
Elion si rabbuiò. –È successo qualcosa?-.
-Purtroppo sono poco informato di questo, madonna- rispose lui stringendosi nelle spalle. Tolse morso e testiera a Noilé e sostituì il tutto con una fune che le legò al collo; poi accompagnò la cavalla dentro al box.
-D’accordo- l’Elfa dovette accontentarsi di quella misera spiegazione, seppur poco convinta. I guai con la legge, che sapeva come farli scontare, li avevano un po’ tutti a Cyrodiil; non c’era da stupirsi se per qualche balla di fieno rubata o tassa evasa la Legione si scomodava all’improvviso e senza avvertire. –Ti spiace se pago domattina? Non ho denaro dietro, al momento- disse rivolta al giovane, che nel frattempo aveva iniziato a spazzolare il manto pezzato della cavalla.
Per fortuna… aggiunse mentalmente la maga. O chissà di cosa sarebbe stato capace quel ladro se mi avesse vista con addosso oggetti di valore. Aspetta… ma io addosso non avevo nemmeno i vestiti! pensò con una risata.
Prassitelo non riuscì a mostrarsi disinteressato. Una cosa fondamentale che gli avevano insegnato con rigore il vecchio Ubertos sia l’Orca era fare meno domande possibili ai clienti, tenendo per sé qualsiasi dubbio, e poi spettegolare con gli amici se lo si riteneva necessario. –Certo, ma… perché ridete?-.
-Oggi mi è successa una cosa strana. Te la racconterò domattina in compagnia di Titch ed Ubertos, così mi risparmierò di ripetere la stessa solfa più di una volta- fu la risposta evasiva di lei, che per quella sera aveva ben altro in progetto di fare.
Prassitelo annuì per forma.
Elion accennò un inchino carico di rispetto, che ad un comune stalliere non si doveva, e si avviò dentro la città a passo tranquillo.
Le vicende di quella mattina l’avevano turbata durante tutto il resto della giornata. Galoppare con Noilé non l’aveva distratta come avrebbe sperato. Era rimasta a pensare al ragazzo che lei stessa aveva sbattuto in prigione, immaginandosi se Laenzio avrebbe ordinato di farlo torturare. Quell’uomo le voleva un bene dell’anima, e sapere che qualcuno aveva tentato di violentarla con chissà quali intenzioni doveva averlo fatto imbestialire. Dietro alla maschera allegra che le aveva mostrato nello studio della Prigione, Elion sapeva che il suo vecchio aveva preferito tenere nascosta una faccia ben peggiore: quella del padre geloso che poteva permettersi di essere solo con lei. La cosa un po’ lo riempiva d’orgoglio, e perciò si montava la testa, ma un po’ lo faceva sembrare l’uomo che per Elion, al contrario, non era. Perdere i contatti il giorno in cui la ragazza era partita non aveva fatto bene a nessuno dei due. Dopo che si erano rivisti, il vecchio Priore sarebbe stato presente il doppio nella sua vita, venendole a consegnare le lettere personalmente alla porta della sua camera d’Università, se necessario. La ragazza si stirò i capelli all’indietro e pensò che occuparsi di Laenzio era un nuovo problema da sommarsi a tutti quelli che gli studi universitari avrebbero rappresentato per lei.
Distretto di Thalos Plaza. Un bel posto, forse il più vivibile di tutta Imperial City se si cercava gente buona con cui parlare la mattina affacciati a una finestra, bambini a giocare per le strade con prestigiose biglie di vetro, buone locande, anziani pettegoli, ma soprattutto una sorveglianza costante e un tasso altrettanto alto di furti e incendi persino di giorno.
Lo spettacolo serale era un po’ diverso da quello che Elion aveva registrato nella propria mente, uscendo ogni mattina dalla città per cacciare ingredienti Alchemici in natura.
La gente si riversava per le strade diretta a casa e sembrava venirle incontro peggio di un fiume in piena. Elion andava nella direzione opposta, stringendosi nelle sue vesti d’apprendista e camminando a passi sempre più svelti verso l’Università. Il tempo stringeva, presto avrebbe fatto buio sul serio e la sua adorata Capitale sarebbe stata molto meno sicura, anche con tante guardie armate fino ai denti e munite di torce a pattugliarla.
Ora che ci faceva caso, Elion notò un numero spropositato di soldati: alcuni rumoreggiavano coi propri stivali, altri si spostavano per i vicoli a cavallo o gruppi di tre, quattro armati.
E che starà mai succedendo? Si chiese con preoccupazione crescente. Prima la sua amica e Ubertos chiamati in caserma, ora questo. La città sembrava in stato di allerta, ma lei non aveva ancora incontrato nessuno che glielo avesse detto con parole chiare. Cominciava a temere che la faccenda fosse seria e di quei tempi non era una novità: il Re morto, un Consiglio diviso, Gilde di Ladri a piede libero e Negromanzia ovunque.
Giunta alla grande statua di Thalos posta nel centro del quartiere, Elion svoltò a destra per il distretto del Tempio. Attraversò le porte che dividevano l’una e l’altra zona della città assieme ad un convoglio di soldati e ne approfittò per chiedere novella. Una guardia le rispose bruscamente che erano faccende lungi dalla portata della Gilda dei Maghi, ed Elion comprese bene che tanta scortesia era dovuta ai soliti pregiudizi per via della sua veste. Continuando a sbuffare, la ragazza arrivò finalmente nell’Arboreto, l’ampio spazio aperto e verdeggiante che precedeva l’ingresso al distretto dell’Università. Nel centro sorgeva l’imponente statua di uno dei Nove epici patroni: Akatosh, il Drago.
Elion provava un immenso rispetto per quelle creature, protettrici dell’equilibrio e portatrici di saggezza. Si credeva che i draghi non solo fossero bestie di forza estrema, ma anche di grande intelletto e senso dell’onore. Tutta la razza dei Draghi vedeva in Akatosh, il più grande di questi, il loro massimo esponente, la punta di diamante, per così dire. Akatosh aveva fatto parte del Primo Consiglio fondato da Alessia e si era distinto per la sua compassione verso gli Imperiali e la sua predisposizione al bene. C’era da tener conto che molti, se non tutti i draghi odierni, venivano assoggettati dalle forze malvagie e costretti alle peggio infamie, e perciò il mito del Drago bianco (buono) si era affievolito fino a scomparire. La Gilda dei Maghi era impiegata da secoli, onorevolmente, alla liberazione dei Draghi e alla loro salvaguardia. Questo era un aspetto spesso tralasciato dagli stessi che tendevano a dare la razza dei Draghi per estinta.
Come si sbagliano… pensava Elion entrando nei terreni dell’Università. Nessuno immagina che Akatosh vive ancora! Si dice che solo l’Arci-Mago conosca la sua attuale posizione e che sia stato il Dragone in persona a confidarsi con lui, in tempi remoti. Ma Hannibal Traven custodisce avidamente questo segreto, intenzionato a rivelarlo al suo successore unicamente sul letto di morte. Ma prima che quel vecchio alambicco dalla barba bianca si spenga, ci vorranno altre 20, 30 generazioni!
Una delle curiosità che aveva spinto Elion ad intraprendere il sentiero della magia, era stato proprio quello: poter entrare un giorno a conoscenza del nascondiglio di Akatosh e dimostrare agli scettici che i Draghi buoni erano sempre vissuti e sarebbero continuati ad esistere. L’unico modo per avere possesso di quel segreto sarebbe stato sostituirsi all’Arci-Mago dopo la sua morte e averlo affiancato durante. Ma Hannibal Traven si circondava solo dei membri del Consiglio e figuriamoci se avrebbe preso in considerazione una piattola pulciosa come lei.
Eppure Elion era immensamente orgogliosa di sé. Già poter essere entrata nell’Università rappresentava per lei un traguardo onorevole e degno di rispetto. Perseguire al meglio gli studi e perfezionarsi dove peccava sarebbero state le sue due uniche priorità, una volta cominciate le lezioni, e niente, nemmeno Akatosh in carne e ossa, avrebbe potuto distrarla.
Il suo sguardo troppo fiero e altezzoso le fece mancare uno scalino della gradinata. La ragazza si ritrovò a rantolare urlettando come una bambinetta fino ai piedi della scala, dove un Mago Guerriero era vigilante. L’uomo l’aiutò ad alzarsi non senza ridere di lei in modo affettuoso.
-Confida ancora un po’, Dannìlus: verrà il giorno in cui mi abituerò a questi dannati gradini, verrà- mugolò Elion appoggiandosi a lui. La misura di quei gradini aveva un angolo particolare e una lunghezza differente a tutti quelli seminati in città. Non c’era da stupirsi se gente imbranata come lei ci cadeva come una pera cotta.
Il soldato la scrutò coi suoi piccoli occhi verdi e il sorriso premuroso sulle labbra. –Tu non hai il vizio di cadere sui gradini, Elion. Tu hai il vizio di dare la colpa ai gradini perché cadi su di essi- disse quando la ragazza fu stabile sulle proprie gambe.
Elion si stirò le pieghe sulla veste e spolverò le spalle. –Di’ la verità, un po’ ti diverti a vedermi ruzzolare- lo rintronò.
Dannìlus tornò al suo posto di guardia, ritto e fiero con la mano sull’elsa del pugnale d’argento. –Un modo come un altro di spezzare la noia- ammise facendo spallucce. Il taglio del cappuccio blu gli copriva una buona parte del viso relativamente giovane: Dannìlus prestava servizio da quando aveva compiuto trentina. Prima di allora era stato un mago fedele all’arte dell’Evocazione e un guerriero dotato di un ottimo polso.
Elion salutò e fece per avviarsi, ma per qualche strano motivo tornò sui suoi passi e si rivolse nuovamente al guerriero, porgendo lui la domanda che tanto l’aveva assillata prima di giungere nei quartieri dell’Università.
-Trambusto? In città? Mi spiace, non so nulla- ammise Dannìlus sincero. –Sicuramente in giro c’è qualcuno che lo sa, prova a chiedere a Raminus Polus appena lo vedi. Nel frattempo vedrò di aggiornarmi- le sorrise.
Elion, di rimando, accennò un inchino e poi sparì nella penombra serale che andava delinearsi in cielo.

I focolari violetti ai lati delle gradinate che precedevano l’Atrio dell’Arci-Mago erano accesi e belli pimpanti, diffondendo una luce lattiginosa per il giardino che circondava le proprietà esterne dell’Università. Quelle interne erano accessibili solo dagli studenti, dagli apprendisti e ovviamente da tutti i ranghi maggiori della Gilda.
Elion si avvicinò ad uno dei due cancelli laterali e trasse la chiave affidatole da Raminus per entrare.
La volta sopra la sua testa era punteggiata da milioni di stelle luminosissime, la luna era piena e il cielo sgombro di nuvole. Allo stesso tempo l’aria era satura di odorini invitanti, segno che le cucine dell’Università erano già all’opera per sfamare un mezzo centinaio di studenti e altrettanti maestri.
Elion aprì e si richiuse il cancello alle spalle. Mossi alcuni passi sulla strada che tracciava la circonferenza dell’Atrio dell’Arci-Mago, avvertì subito presenze amiche in avvicinamento. Il suo udito da Elfa non deludeva mai, tantomeno la buona conoscenza di un suo caro amico. Mattiùs doveva essersi nascosto da qualche parte pronto a saltarle addosso come una pulce fastidiosa.
Mentre osservava un gruppetto di cinque studenti riuniti a chiacchierare giocosamente sulle scale vicine agli alloggi dei maghi, Elion lanciò un’occhiata all’unico ragazzo seduto in disparte, in pizzo ad un rudere di colonna.
Il giovane le apparve davanti agli occhi in una posa profetizzata. Se un’artista l’avesse visto sistemato in quel modo sul rudere, avrebbe subito desiderato farne una scultura. Il titolo? “Leggente” o “Colui che legge”. Si chiamava Rouven ed era un purissimo Bretone della miglior specie. Aveva un fisico allenato, ma non troppo gonfiato di addestramenti. Era stato per molto tempo allievo privato di un Mago Guerriero fuori dall’Università ed era entrato nell’Ordine per motivi d’interesse: il suo mentore era dovuto partire e l’aveva lasciato con denaro sufficiente per pagarsi le spese alimentari di un anno. Rouven aveva scelto d’impiegare quel denaro in un esame che gli garantisse il posto nell’Università. I Maghi e Hannibal Traven in persona avevano apprezzato le sue qualità di Illusionista e l’avevano subito aggiunto alla lista degli iscritti. Le doti magiche non gli erano mai mancate, la passione nello studio neanche. Poi però il suo vecchio non era più tornato e lui, terminati i soldi e le lezioni del primo corso, non aveva saputo che fare. Raminus Polus l’aveva preso con sé e aveva scelto di garantire per lui il resto dell’anno accademico e di quelli a venire.
Rouven era due anni avanti ad Elion, eppure si comportava come il nuovo arrivato messo da parte da tutti. Aveva un viso magro, un bel naso e grandi occhi chiari studiosi del mondo. I capelli mori li portava lunghi fino a dietro le orecchie, e il cibo della sua anima erano i libri. Non c’era momento in cui non si staccasse dagli amici per dedicarsi alle pagine polverose di qualche tomo troppo nuovo o troppo vecchio perché i suoi coetanei potessero interessarvisi. Persino Elion spesso faticava a riconoscere autori o generi dei quali Rouven si avvicinava così appassionatamente.
Seduto in pizzo a quel rudere di colonna, alla luce di un focolare viola, i suoi capelli e parte del suo viso assumevano una tonalità preziosa come una qualche gemma rara e antica. Era concentrato a tal punto nella lettura, che ad Elion sembrò opportuno passare oltre senza disturbare.
Si avvicinò al gruppo di studenti che facevano battutine dalla scalinata, ma non osò guardare in faccia nessuno di loro. Per un attimo aveva “sognato” di far parte di quel gruppo, ma poi si era ricordata di essere lei quella messa da parte da tutti.
Con un sospiro di poco sollievo e tanto tormento, Elion sedé su una panchina di pietra a pochi passi da entrambi. A destra c’erano i collegiali pettegoli, a sinistra Rouven voltò pagina con un rapido gesto della mano, insaziabile di sapere cosa era detto nelle prossime righe.
Quella e altra gente, sparpagliata un po’ per tutto il giardino esterno, attendeva di poter accedere alla mensa studentesca. La cena si sarebbe tenuta tra breve: il forte odore di cucinato e spezie fendeva l’aria e il numero di studenti riuniti sulle scale cresceva a dismisura. Il frastuono aumentava, eppure Rouven leggeva con la stessa parsimonia di sempre.
Elion un po’ lo invidiava.
Saper isolare la mente da tutto e da tutti era una capacità che pochi, pochissimi avevano o acquistavano. Elion era certa che da qualche parte, nei testi di magia, si davano gli elogi a chi ne fosse capace e la si portava come materia di studio. Rouven forse aveva appreso questa tecnica durante i suoi due anni accademici, ma allora perché nessun altro era come lui? Elion si diede della stupida: ovvio che nessun altro era come lui! A parte Rouven, (per ora) non c’era nessun altro studente del II anno nell’Università! D’estate gli apprendisti, reduci di un anno di studi, facevano lunghi e avventurosi itinerari assieme a maestri volontari, che li portavano con sé a caccia di nuovi ingredienti alchemici, o semplicemente alla scoperta della natura. Era un modo per avvicinare i ragazzi e le ragazze al pacifico mondo della magia, e far comprendere loro che la negromanzia era da sempre impegnata a distruggere un equilibrio preziosissimo.
Elion ammetteva di essere anche un po’attratta dai ragazzi misteriosi, severi e silenziosi come Rouven. Nell’arco di quell’estate si erano parlati sì e no cinque volte e sempre per ordine di qualcuno, che mandava uno a chiamare l’altra o l’altra a chiamare l’uno. Durante quei brevi momenti Elion aveva assaporato il suono docile e perfetto della sua voce che poteva addirsi solo ad uno come lui che, con molte probabilità, si era accorto già da tempo del modo in cui lo guardava negli occhi quando s’incontravano.
Ma come lo era lei, era difficile ignorare che almeno un’altra dozzina di Elfe, Argoriane o Bretoni fossero “innamorate” del suo animo tranquillo.
-Elion! Sei qui!- strillò una voce maschile e squillante come una tromba.
A quel punto gli occhi di Rouven si staccarono un istante dal volume che stava leggendo e si posarono su di lei. A salutare la ragazza, però, era stato un rompiscatole Guardia Rossa. La pulce fastidiosa che Elion si aspettava d’incontrare si era spropositatamente lasciato cadere seduto al fianco della ragazza.
Elion era balzata per la sorpresa e arrossita per lo stupore di vedersi gli occhi di Rouven puntati addosso. Solo quando il Bretone era tornato a leggere, la ragazza si era permessa di battere una pezza per nulla amichevole sulla spalla dell’amico.
-Mattiùs, dai, ti sembra il modo?!- sibilò a denti stretti. Oltre alla breve attenzione di Rouven, erano caduti su di loro gli sguardi pettegoli di tutti gli altri studenti attorno. Alcuni avevano anche iniziato a parlottare sommariamente sotto tono.
-Perché mi picchi? Cos’ho fatto ‘sta volta?- chiese quello con aria stupita. Il cestino di capelli che aveva in testa pareva soffice come un cuscino. Di fatti Mattiùs spesso dormiva senza.
-Devi smetterla di fare queste entrate teatrali, non ne posso più!- brontolò lei premendosi le tempie.
Il ragazzo sembrò abbassare le orecchie a mo’ di cane rimproverato dal padrone. –Pensavo ti avrebbe fatto piacere un po’ di compagnia prima di cena. Ti ho vista tutta sola, quelli parlavano di te…-.
Elion scattò dritta. –Chi?! Chi parlava di me?!- sibilò guardandosi attorno.
Mattiùs indicò un gruppo di alchimisti vicino ad un focolare viola. –Loro, però non fare movimenti bruschi: niente scenate prima di cena, rammenta le parole di Polus- l’ammonì.
-E adesso quella dalla bacchetta facile sarei io?- rise la ragazza.  
Mattiùs si adombrò. –Non ce l’avrai ancora a male per la battaglia di polpette volanti della scorsa settimana, spero!-.
-Avresti potuto benissimo evitarlo- lo rimproverò.
-Sono state Amina e Teresia ad eccitare la folla! E poi mi hanno provocato!- si difese il ragazzo.
Come ogni Guardia Rossa che si rispetti, Mattiùs aveva il brutto vizio di dar troppo peso al proprio orgoglio, spesso e non volentieri infangato da chi si credeva chissà chi. Di maghi e streghe con la puzza sotto al naso all’Università, soprattutto nella generazioni di novizi di quell’anno, ne giravano parecchi, e tutti sembravano aver cattivi propositi o atteggiamenti verso quel povero ragazzo dalla pelle ambrata.
Mattiùs era un fiero Guardia Rossa che in mente aveva solo una cosa: la magia della Distruzione. Voleva fare della sua passione la sua occupazione. Suo padre era uno Spadaccino. In segreto Elion aveva anche avuto occasione di conoscerlo al Tempio del Signore delle Nubi a Bruma, dove aveva condotto Martin e Jeffrey al sicuro dopo aver recuperato entrambi e l’Amuleto dei re. Lì la compagnia degli Spadaccini aveva il suo quartier generale e lì Elion aveva stretto la mano al padre di Mattiùs per l’unica volta, prima di voltare le spalle e affibbiare il destino di salvare l’Impero a qualcun altro…
Tutta questa storia è più grande di me, ed io non ci voglio entrare! Si era detta fuggendo al galoppo dal Tempio, una notte, mentre tutti erano ignari nei propri letti. Veramente non proprio tutti tutti. Elion aveva intravisto un’ombra affacciata alla balconata del Tempio, forse Jeffrey o lo stesso Re Martin che le auguravano un ultimo silenzioso saluto e, chissà, magari qualche profetica frase di buona fortuna. Alla mezz’Elfa non era importato comunque; la priorità era mettere più strada possibile tra lei e Bruma con un cavallo rubato, che poi avrebbe indirizzato sulla via del ritorno appena raggiunta la Capitale.
Il frenetico ritmo di Imperial City l’aveva letteralmente avvolta, fatta prigioniera tra stretti vicoli bui e agguati notturni. La gente più gentile era quella mendicante; per nobili, mercanti, pattuglie notturne o cittadini comuni indossava la sua come una pelle di miseria ed eterna povertà. Si era stabilita per qualche giorno sotto i ponti, poi Laenzio l’aveva trovata ed era cominciata per lei la vita tanto attesa.
Finalmente i battenti del grande salone comune sotterraneo si aprirono e gli studenti si riversarono sulle gradinate come un fiume in piena. Qua e là le vesti colorate di Evocatori, Illusionisti e Alchimisti spiccavano tra la folla, mentre i maestri e il resto dei docenti avrebbero cenato in un’altra stanza. Elion, al loro posto, non avrebbe agito diversamente: in mezzo a tutto quel trambusto, persino i cani o i gatti dei maestri si rifiutavano di mangiare, troppo infastiditi dai toni alti e dal chiasso degli studenti.
Il salone comune consisteva in una grande sala rettangolare. Le pareti più lunghe erano quella di fondo e quella d’ingresso, dove toccavano gli ultimi gradini della scalinata. Ai muri erano appesi dipinti e arazzi raffiguranti le varie arti accademiche (Distruzione, Misticismo, Alchimia, Illusionismo, Recupero ed Evocazione), dal soffitto e dal pavimento spuntavano bracieri magicamente fluttuanti assieme a qualche torcia alimentata di fuoco stregato. Il pavimento in pietra ospitava un complesso di tappeti finemente decorati che servivano ad attutire il suono di tacchi e scarpe, che in un ambiente tanto vasto avrebbe potuto rimbombare.
Come ogni sera Elion consumò di fretta la sua cena. Il forte desiderio di lasciare la sala comune il prima possibile e appartarsi nelle sue stanze precedendo i coetanei le premeva nello stomaco più della fame stessa. Mattiùs provava a starle dietro altrettanto frettolosamente, ma faticava a scartare parti del cibo che Elion evitava addirittura di mangiare. La ragazza era già in piedi e diretta fuori dal salone quando Mattiùs finì di ripulire il piatto con una mollica di pane. La Guardia Rossa corse per raggiungerla e lasciarono la mensa sotto gli sguardi curiosi degli studenti. Giravano già le prime voci sul perché quei due stessero sempre insieme, ma Elion decideva bene di ignorarle.

Gli alloggi dei Maghi erano una costruzione a due piani posta ai piedi della cinta muraria che delimitava i quartieri dell’Università. Oltre quel parabrezza ciclopico incombevano le acque calme del Lago e la scogliera frastagliata contro cui si abbattevano onde violente nei giorni di tempesta. L’Università Arcana sorgeva su un isolotto adiacente alla fetta di terra galleggiante su cui posavano le fondamenta della Città Imperiale, alla quale era collegata per via di un ponte in pietra massiccia. A rientrare nel complesso architettonico dell’Università Arcana c’erano diverse strutture, tutte disposte lungo le mura in quest’ordine: gli Alloggi dei Maghi, gli Archivi Mistici, il Planetario, La Sede degli Artigiani (detta Centro Praxografico ), il Chironasium (dove s’incantavano gli oggetti e dove Elion sapeva che l’attendeva il suo primo bastone ufficioso da mago), il Lustratorium (punto di ritrovo dei migliori Alchimisti), le Aule di Allenamento (gestite da un omone di nome Renald Viernis) e in fine le sale di studio, lettura e apprendimento. Là i maestri svolgevano i corsi regolari. Un grosso orologio magico incastrano nella pietra del pavimento del cortile interno scandiva le ore della giornata e quelle di lezione.
Elion entrò negli Alloggi dei Maghi e salì le scale che portavano al secondo piano, fedelmente seguita da Mattiùs che in realtà non era assegnato a quell’ala dei dormitori.
-Se ti vedono qui sei morto- disse l’Elfa lasciandosi cadere distesa sul morbido materasso del proprio letto, posto accanto alla finestra e vicino ad un mobile in mogano scuro, dove teneva alcuni vestiti ed effetti personali.
-Dimmi qualcosa che non ti abbia sentito dire tremila volte- rise Mattiùs sedendo alla scrivania ai piedi del letto. Cominciò a curiosare tra i cassetti sperando di trovare (molto probabilmente) qualcosa da mangiare.
Elion chiuse gli occhi. -Lì ci sono delle fragole- sospirò indicando un punto della stanza senza guardare. Mattiùs si voltò all’istante e individuò il cestello di fragole selvatiche, belle carnose, sul tavolo tondo in mezzo alla stanza.
-Che pacchia! Da noi c’è solo frutta secca!- commentò con stupore il ragazzo, avventandosi sul cestello.
-Ma se preferisci, Amina conserva sempre qualche ciliegia- Elion sorrise ricordandosi di quando lei e la sua amica Elfa dei Boschi si erano appena conosciute, quell’estate. Erano bastate due parole e subito era scoppiato l’interesse reciproco per la natura. Elion era un tutt’uno con gli elementi, Amina viveva parlando con gli animali e cibandosi dei frutti della terra. Sapeva dove trovare ciliegie, pesche e albicocche mature anche quando non era stagione.
Elion condivideva la stanza con lei ed altri sei maghi, tra maschi e femmine. I letti erano disposti lungo le pareti della camera. C’erano tappeti, arazzi, lanterne e candele. Il tavolo tondo nel centro ospitava quattro comode sedie di mogano scuro decorate in oro. C’era un ampio scaffale che arrivava fino al soffitto. Traboccava di libri, alambicchi, calcinatori, storte, pastelli e mortai per l’Alchimia da camera. Ma anche pile di pergamene, scrigni, contenitori di piume e boccette d’inchiostro. Il soffitto non era troppo alto, le finestre ampie e luminose ora coperte da drappi decorati lasciavano ugualmente intendere una magnifica notte stellata.
Al pian terreno c’era una piccola stanzetta riservata a Raminus Polus e alla Custode del Planetario. Quella che un tempo doveva essere stata una cantina, invece, era stata trasformata in un accogliente secondo dormitorio misto. Là dormivano Mattiùs, alcuni collegiali e due maestri di Misticismo, i gemelli Flaconis. Tullio era famoso per il suo rapporto amichevole con gli studenti. Aro preferiva tenersi in disparte, pur non tollerando l’idea di staccarsi dal fratello.
Per il resto gli Alloggi comuni dei Maghi erano accoglienti quel tanto da compensare casa, amici e famiglia. La frutta fresca era una premura di Tar-Meena, l’Argoriana responsabile degli Archivi Mistici. Per molti all’Università era come una seconda madre: rigorosa e ferrea in fatto di educazione, amorevole e dolce nell’apprendimento della sua materia, che riguardava unicamente lettura, comprensione, riflessione e traduzione di testi antichi.
Negli alloggi del seminterrato c’era della frutta secca perché Tullio aveva sviluppato una sorta di allergia per i cibi umidi; a studenti come Mattiùs questa cosa non andava giù, ad altri invece pareva un gesto ancor più premuroso da parte dell’Argoriana. Uvetta passa, cocco e banana secca avevano un gusto dolciastro molto prelibato.
-Davvero deliziose- commentò Mattiùs col boccone pieno. Ingoiò senza fatica e si riempì nuovamente le guance di carne di fragole. –Non è che avresti dello zucchero?- chiese.
Elion quasi dormiva e non faceva caso alle sue parole. Gli occhi si erano chiusi poco prima e adesso faticava a riaprirli. Era stanca, avrebbe voluto addormentarsi subito, ma la luminosità della stanza e la consapevolezza che una mandria di studenti doveva ancora raggiungere gli alloggi glielo impedivano. Si permise di tornare con la mente a quella mattina, sulle sponde del lago. Aveva lasciato là i suoi stivali stregati, ma non aveva la minima intenzione di tornare a riprenderli. Ormai quel luogo significava per lei solo infiniti guai e non ci sarebbe tornata mai più. Non perché temeva di incontrare di nuovo quel ragazzo (cosa impossibile, dato che era prigioniero nelle celle imperiali) piuttosto perché Laenzio aveva oltremodo sottolineato la pericolosità del girare da sola. Sarebbe dovuta essere più attenta. In quei tempi le terre fuori dalla Città Imperiale, giorno o notte che fosse, erano tutte meno sicure di sempre.











.:Angolo d’Autrice:.
Volevo annunciarvi che non so quanto riuscirò ad essere costante nell’aggiornare questa storia che, ammetto, mi sta facendo nascere sempre nuove idee. Ma voi direte: la scuola sta per finire, quanto tempo ti serve a buttare giù sei, sette pagine?! Ed io risponderò: non si tratta di tempo, ma di ispirazione! In questi ultimi giorni mi sto dando come una matta alla lettura di romanzi sempre nuovi (ne ho fatti fuori 3 in una settimana) e sono a secco per tutta l’estate. Essendo io una persona molto influenzata nel modo in cui scrivo da quello che leggo… ho scoperto di aver bisogno di tempo per elaborare un buon capitolo.
Ma ora basta parlare di me…
Queste sette pagine, incentrate su una prima parte delle magiche vicende dell’Università – accuratamente descritta grazie all’uso improprio di una mappa apposita pescata da internet - sarà parso un poco noioso ad alcuni di voi. L’entrata in scena di così tanti nuovi personaggi è stata tanto faticosa da scrivere per me quanto pesante da leggere per voi, e lo capisco. Dannìlus, il Mago Guerriero di pattuglia all’ingresso del Distretto Arcano è un pg di mia invenzione, come Prassitelo, Ubertos, Mattiùs, Rouven, Tullio Flaconis, Aro Flaconis, Amina e Teresia – queste due ultime le conosceremo in seguito-.
Raminus Polus, Hannibal Traven e un citato Renald Viernis sono riconducibili a quelli del gioco. Riguardo all’Università Arcana, non so quanto riuscirò ad essere fedele nell’uso dei personaggi del gioco, perché ho riscontrato le prime difficoltà nell’appuntarmi nomi, descrizioni o quant’altro possa tornarmi utile a scrivere, mentre gioco! XD Stessa cosa con la Gilda dei Ladri, dalle cui vicende vivo distante anni luce. Cercherò ugualmente di fare il possibile, sbirciando qua e là anche nei forum stranieri (mannaggia al mio inglese maccheronico!). Se vi è capitato di fare un giretto nei quartieri bassi dell’Arena, avrete senza dubbio avuto l’onore di stringere la mano (retoricamente) al Principe Grigio di cui annuncia Prassitelo nella scena iniziale. L’Orco di cui parla è il reale Campione dell’Arena che, nella mia fan fiction, diventa un presunto flirt dell’Orca che, aprendo parentesi, è un personaggio del gioco e gestisce le Scuderie Cavallo Sauro; non ricordandone il nome mi sono inventata Titch come un soprannome! XD Vedrò di aggiornarmi ^^’).
La storia di Akatosh e la Gilda dei Maghi protettori di draghi ammetto di essermela inventata. Quei pochi libri che ho avuto tempo di leggere nel gioco e che riguardano la storia della Fondazione da parte di Alessia – un’affascinante figura millenaria che m’intriga molto- non mi hanno istruita a sufficienza. Mi sento ancora ignorante per quanto riguarda le leggende, le religioni e la usanze dell’Impero, perciò, vi imploro, siate clementi se mi scappa qualche baggianata! XD
Detto ciò, penso di poter concludere quest’angoletto d’autrice cedendo il posto ai ringraziamenti. ^^

X SnowDra1690: per odiare così gli assassini devi avere i tuoi buoni motivi. Ebbene sì, Laenzio aveva davvero mal pensato che si trattasse di uno “stupratore”, ecco, sì, che termine carino. Eh, riguardo alla sua carriera da ladro e la sua ascesa scadente da assassino, come darti torto? Diciamo che la scrittrice aveva poca fantasia a riguardo e ha preferito non dilungarsi troppo nel flash back. Volevo che al centro del capitolo ci fosse il suo salvataggio da parte di Talaendril (la bonazza di turno, esatto! XD) che nella fiction saprà come far valere il suo ruolo. Riguardo alla maga non posso prometterti nulla. Se sarà l’assassino a tradire la confraternita schierandosi per amore dalla parte di Elion o viceversa, non penso di potertelo svelare già così presto: non perché si tratta di uno spoiler troppo grande, ma semplicemente perché ancora non ne ho idea nemmeno io! XD
Le vicende si tratterranno in tenori bassi giusto qualche altro capitolo, poi accadrà quello che in termini di linguaggio da poker si chiama cambio delle carte <.< penso, perché io di poker non me ne intendo affatto. Grazie mille per il tempo che spendi a leggere questa storia, ogni lettura o commento per me significa molto ^^

X Burdok 95: ah-ah! Ecco un altro fan di Assassin’s Creed, che potrà ben appoggiare la mia scelta di mettere al centro delle vicende un membro della Confraternita Oscura! XD Ho notato che hai aggiunto la fan fiction addirittura alle tue preferite… che onore, che onore davvero! E il tuo commento non fa altro che farmi salire le lacrime agli occhi. Corretto e scorrevole. Se la mia professoressa d’italiano leggesse queste due parole, si unirebbe a me nei canti corali in Chiesa! Forse sì o forse no… mi sfugge il membro della Fratellanza che dici mi sono dimenticata. Non sarà mica la guardia scheletro nell’androne? Ti prego, fammelo sapere al più presto o io impazzisco consumando i tappeti del Santuario finché non lo scovo! XD
Ti ringrazio immensamente anche per aver espresso un suggerimento per il nome di lui. Rick sarebbe davvero carino, ma forse poco appropriato per il volto che ho intenzione di dare al ragazzo.
Per il resto, salute e pace, confratello.
   
 
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