III.
Latte di
bantha
‹‹Ti
ho portato un po’ di latte,›› dice Beru
Whitesun, e
sembra che non faccia altro che portare del latte in giro tutto il
giorno. È
sempre attaccata a quel dannato dispenser del latte. Latte qui, latte
là. ‹‹Del
latte e dei biscotti. Sono un po’ secchi, ma spero
che…››
Sta per
seppellire sua madre, e Beru pensa davvero che in
quel momento gl’importi di un po’ di latte di
bantha?
La ragazza
sembra capire. Lo guarda come se capisse – ma
non può, non davvero.
Beru Whitesun
non è brutta, anzi, ha una certa bellezza
già un po’ usurata, come se non mancasse molto
prima che l’effetto dei soli scavasse
i suoi solchi sulla sua fronte e agli angoli degli occhi. Tatooine ha
quell’effetto sulle persone.
‹‹Grazie,››
riesce solo a gracchiare lui, cercando di non
guardarla per non mostrarle le cose segrete e terribili che ha
seppellite in
fondo agli occhi.
Beru posa il
vassoio sul tavolo, annuisce e va via. La
sente ritornare a passi piccoli al suo dispenser del latte. La sente
che se ne
versa un po’. Riesce quasi a vederla mentre se lo beve,
tenendo la coppa con
entrambe le mani e suggendone minuscoli sorsi, lasciando che il liquido
denso e
zuccherino riempia di melassa la sua bocca e scivoli giù in
una pista
caramellosa verso la gola. Il latte di bantha era molto dolce, e il
migliore
era quello di Tatooine – lo sapevano tutti. Padmé
non ama il latte di bantha,
pensa casualmente mentre è alla ricerca disperata di
qualcosa a cui pensare che
non sia il sacco.
Avevano uno
di quei dispenser anche loro. Anakin lo aveva
pure riparato, una volta. Doveva aver avuto sei, o sette anni, e la
galassia
era ancora lontana. Allora importava soltanto il dispenser del latte, e
fare
contenta la mamma. Il piccolo dettaglio - il ricordo di lui che
sostituisce la
valvola del dispenser tra un pezzo e l’altro del suo
embrionale droide
protocollare - ne richiama altri in fila indiana. Bussano ed entrano.
Non può
dire di no. La sua infanzia scorre davanti ai suoi occhi in un minuto
– non fa altro
che ricordargli che sua madre riposa in una fossa, per sempre.
Beve quasi a
malincuore. Non è sete, ma desiderio di fare
qualcosa.
Da piccolo
era stato un bambino intenso. Qualche
marachella, qualche rissa, a volte emotivo, a volte spaccone, di colpo
turbolento, ora malinconico. Quando ne aveva combinata una delle sue e
scoppiava in lacrime Shmi gli metteva un braccio sulle spalle e gli
offriva una
coppa di latte blu. Anakin beveva il liquido zuccherino a piccoli
sorsi,
tenendo la coppa con tutte e due le mani. Era più buono, se
si lasciava che
aggredisse con la sua dolcezza i denti e la lingua, a suo tempo, senza
fretta.
Beru doveva
essere piaciuta un sacco a Shmi. Era la
persona tranquilla e di buon cuore delle quali sua madre aveva sempre
approvato. Non era in nessuna maniera simile a Padmé,
perché Padmé era
incomparabile, ma era abbastanza per Tatooine e per la sua vita. Beru
era stata
quanto di più vicino ad una nuora nella vita di Shmi. Il
pensiero era strano, e
sbagliato, in qualche modo. Forse era solo geloso – ma cosa
importava, ormai.
Si alza. La
trova lì, accanto al dispenser del latte, che tiene
il bicchiere alle labbra con tutte e due le mani. Aveva ragione
– anche lei lo
beve così.
‹‹È
buono questo latte. Posso averne un altro
po’?››
Beru pare
sorpresa, poi forse un po’ lusingata. Gli versa
il latte, e tutti e due bevono per un minuto in silenzio. Ma mentre
beve,
durante quel minuto di quiete in presenza di Beru Whitesun, Anakin si
rende
conto che il latte di bantha c’è, col bicchiere e
col rituale – ma dove sono le
braccia calde, i baci affettuosi, le carezze di una madre?
Erano in una
fossa, morte per sempre, ed era stato lui a
non essere in grado di salvarli.
Poi arriva
Clegg, lo chiama ‘figliolo’, gli dice che sono
pronti. Pronti per cosa, poi? Beru lo guarda come se capisse
– e forse capisce
qualcosa, almeno un po’. Posa
il suo
bicchiere, gli mette una mano sulla spalla e stringe. Poi china il capo
ed
esce.
Padmé
arriva vestita di bianco, gli prende la mano, lo
guarda negli occhi e vede le cose segrete e terribili che ha seppellite
in
fondo agli occhi, e quando le vede una ad una i suoi occhi si riempiono
di
lacrime per lui, e lo abbraccia e lascia che lui appoggi la fronte
sulla sua
spalla.
Il latte di
bantha sulla punta della lingua d’un tratto è
amaro. I Lars scorrono via, fuori nel deserto – lasciano ai
loro ospiti un
momento privato.
Beru rimane
sulla soglia, come se volesse aspettare. Gli
lancia un’occhiata.
Chissà se anche per lei il latte era diventato amaro, in quel momento.
ﺥ
Grazie a tutti coloro che leggono, e a pingu79 in particolare per aver commentato :)