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Autore: kymyit    11/06/2010    2 recensioni
Una nota casa discografica americana decide di lanciare una band giapponese visual kei: gli Shunkashuutou.
Una dei dirigenti invita nella sua villa, insieme agli ospiti asiatici, il suo amico d'infanzia italiano Iyv, il ragazzo di lui e la sua sorellina, Hogan ed Helena Russell.
Quando poi Haruka, la cantante, verrà trovata morta spetterà proprio all'italiano e al suo socio rimboccarsi le maniche e venire a capo del complicato mistero.
Perché niente è come viene fatto sembrare.
Se poi ci si mette un medico legale con cui Iyv ha un conto in sospeso, la situazione non è certo delle migliori.
Il resto dei presenti, eccetto Mafuyu, e forse Emily, rimase confuso a quella rivelazione. Persino Iyv restò a bocca aperta, perché aveva certo sospettato una soluzione così romanzesca, ma era troppo… romanzesca, appunto, e l’aveva accantonata nella sua mente per ricercare le prove ed evitare di seguire immediatamente una pista che avrebbe potuto rivelarsi fasulla.
La sua regola principale era: non concentrarti mai su un qualcosa, vaglia le varie ipotesi, prendi tutto per plausibile e solo dopo sfoltisci le idee, quando sarai sicuro che alcune possano essere scartate.
E prove ce n’erano a favore di quella verità, mancava il movente, e temeva di saperlo. Era in casi come quelli che bisognava puntare il fascio di luce teatrale sul colpevole e farsi spiegare, raccontare, ogni cosa.

[Rat: arancio, rosso al terzo capitolo, ma non troppo rosso]
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iyv & Hogan'
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Capitolo 2: Gli ospiti

Entrati nel salotto, Iyv poté constatare che tutto era rimasto identico nel corso degli anni.
C’era sempre il caminetto di marmo di fronte alla porta, i due divani di pelle bianca e due poltrone dello stesso materiale disposti intorno ad un tavolino rettangolare basso, dalle forme eleganti e sinuose. C’erano le solite tende rosa in tono col tappeto dello stesso colore e il pavimento di legno, ancora lucido, come nuovo.
Mancava solo una cosa, o meglio, una persona.
Arnold Bloomfield si era spento due anni prima, a causa di un attacco cardiaco che l’aveva stroncato nel suo studio all’età di sessant’anni. Essendo vedovo e non avendo altri parenti se non Emily, la sua fortuna era toccata alla preziosa figlioletta e in parte ai suoi dipendenti più stretti, come il cuoco di famiglia Hugh Hench, il maggiordomo Leonard Hopkins e la cameriera Michelle Hudson, che aveva lasciato la villa dopo un po’ di tempo, causa problemi personali.
Trascorreva le sue giornate davanti al camino, a leggere antichi manoscritti sulla mitologia e le credenze popolari, li considerava la base per comprendere le persone. In base alle loro credenze, fondate o meno, poteva scoprirne le paure, guardare nel loro essere. Per Iyv era stato come un secondo padre. Inutile dire che aveva pianto la sua scomparsa per giorni e giorni.

-Bene, ragazzi.- la voce squillante di Emily ruppe il filo dei suoi nostalgici pensieri –Voglio presentarvi un mio caro amico.- si voltò verso Iyv –Il suo nome è Virgil Nightingale.- poi Helena –Sua sorella Leda- e infine Hogan –e il suo amico, Patrick Varsittart.-
A sentire quel nome, due degli ospiti sussultarono un poco.
-Varsittart?- chiese una ragazza un tantino sovrappeso, seduta in una delle poltrone –Quel Varsittart?-
Hogan annuì, scurendosi appena in volto.
Iyv era una persona parecchio conosciuta, almeno di nome. O meglio, di soprannome, perché nessuno lo conosceva di persona. E lui preferiva così, dopotutto era un personaggio scomodo a molti.
Perché avesse voluto fare scambio d’identità con lui, però gli era ignoto.
“Glielo chiederò più tardi.”
-Lasciate che vi presenti gli altri ospiti.-
Cominciò dalla ragazza grassa.
-Lei è Salomè Portman. E’ il nostro direttore artistico.-
-Molto piacere.- disse l’interessata.
Hogan annuì e le strinse la mano –Piacere mio.- si limitò solo a questo, anche per tutti gli altri.
Il seguente fu Thomas Bowen, il responsabile del marketing, poi quattro ragazzi giapponesi, la causa di quell’affollamento.


Facciamo un passo indietro.
Emily Bloomfield, grazie a suo padre, aprì un’importante casa discografica: la Bloom House of Music o BHM.
La ragazza grassa, Salomè, era da principio la sua segretaria, ma si rivelò un ottimo investimento come direttore artistico, tanto più che aveva gusto nel vestire, idee brillanti ed era una ragazza di mondo, informata su i mezzi di comunicazione, mode del momento e chi più ne ha più ne metta. E dire che aveva solo trent’anni, mascherati alla perfezione dal viso paffuto e lentigginoso, dai capelli rossi e ricci e dall’incredibile quantità di accessori spiritosi con i quali si agghindava. In più aveva un nasino all’insù davvero molto grazioso. Indossava un abitino nero fiorellini gialli e una giacchetta bianca di cotone.

Thomas Bowen, trentotto anni, era anche lui un collaboratore stretto di Emily, precisamente si occupava del marketing. Aveva i capelli castani, lisci, con l’attaccatura alta, pettinati in maniera seriosa. Era l’esatto contrario della collega. Infatti, portava gli occhiali e vestiva un completo impeccabile in gessato. Gli occhiali scivolavano spesso lungo il suo naso aquilino, costringendolo a tirarli su di continuo.

Il terzo ospite era giapponese, come i restanti quattro. Si chiamava Shinnosuke Mitsutani.
Aveva il viso squadrato, i tipici zigomi alti e gli occhi neri sporgenti. Portava anche lui gli occhiali, tondi, e indossava una semplice polo azzurra, abbinata a pantaloni neri. Era sulla quarantina e aveva la fronte alta. I capelli neri lucenti erano pettinati ordinatamente. Una persona abbastanza comune, all’apparenza. In realtà era il manager dei quattro ragazzi che stavano seduti nel divano, intenti a mangiucchiare dolcetti e bere il caffè offerto.

Il piano della Bloomfield era semplice.
Indagando sulle mode giovanili, aveva scoperto che andavano molto di moda i gruppi giapponesi, in particolare le così dette band visual kei, in cui si presta molta attenzione al look dei membri e quindi all’apparenza oltre che alla sostanza.
Si era detta “Perché non lanciare una band del genere?”
Così si era recata nel paese del Sol Levante con i suoi due fidi colleghi e altri addetti ai lavori e aveva scovato quei quattro.

Si facevano chiamare: Shunkashuutou. Le quattro stagioni.
Semplice in quanto a significato e complesso da pronunciare allo stesso tempo.
La ragione era che, casualmente, tutti avevano nei loro nomi i kanji delle varie stagioni o di termini affini. Ed era su questo che avevano lavorato fin a quel momento.

Mafuyu Yukimura, di anni ventuno, era il leader e fondatore del gruppo.
Non era molto alto, né aveva particolari qualità fisiche che lo mettessero in risalto.
Occhi a mandorla, zigomi alti, folta zazzera nera, un piccolo neo sotto l’occhio sinistro. Un classico giapponese, insomma. Certo però che aveva una voce molto dolce e calorosa. Nel gruppo si occupava di cantare, suonare il basso e scrivere alcune canzoni. Indossava una maglietta a maniche corte azzurra e dei pantaloni in gessato, niente di particolare. Era una persona che non amava gli eccessi e anche sul palco, si distingueva per essere il più normale fra i quattro.

La ragazza seduta accanto a lui, si chiamava Shuukako Sekizan, di anni venti. Era la chitarrista del gruppo. Una ragazza molto affascinante e fisicamente matura per la sua età. I lunghi capelli castani, tinti in realtà, presentavano diverse tonalità dal marrone scuro al biondo cenere e i suoi occhi erano scuri e grandi. Indossava una canottiera bianca, coperta da una t-shirt a rete bordeaux e pantaloncini color cachi. I lobi delle orecchie erano decorati da due graziosi orecchini composti di foglioline dai caldi colori autunnali e le labbra contornate da un rossetto scuro, sempre sulle tonalità calde della terza stagione.

Accanto a lei vi era un ragazzo con i capelli rossi scuri. Tinti da un pezzo evidentemente, perché presentavano una fastidiosa ricrescita scura di almeno due - tre centimetri. Il suo nome era Natsuya Minami, anni ventuno, batterista della band. Era più alto di Mafuyu di una buona spanna ed era il più eccentrico del gruppo, insieme alla compagna seduta al suo fianco, non Shuukako. Infatti, aveva espansori neri in entrambi i lobi delle orecchie e lenti a contatto verdi. I capelli erano scompigliati persino più di quelli di Hogan, ed era evidente che aveva del fondotinta sul viso. Indossava una canottiera nera e pantaloncini rossi e neri a fantasia scozzese.

Infine Haruka Sakuragi, anni venti. Se Natsuya era eccentrico, lei lo era certamente in misura maggiore. Essendo la voce principale della band era quasi d’obbligo per lei mettersi in mostra maggiormente, ma per quell’occasione si era vestita con gli abiti più normali che possedeva.
Una magliettina verde con le maniche a sbuffo e la scollatura del collo chiusa da laccetti, minigonna nera e sandali dello stesso colore con le cinghie rosa abbinate nientemeno che ai suoi capelli. La prima cosa che una persona notava in lei, infatti, erano proprio quelli. Una massa liscia e morbida rosa confetto, ora raccolta ordinatamente in due trecce e decorata da un piccolo fermaglio con due cuoricini verde e rosso e la frangetta che superava appena le sopracciglia.
Come Mafuyu si occupava di scrivere i testi delle canzoni per il gruppo.


Il contratto era stato firmato da poco e bisognava discutere altri dettagli quella sera.
-Meglio farlo dopo cena.- propose Emily –Il viaggio è stato lungo e faticoso per tutti, perciò, mettetevi a vostro agio e riposatevi fino alle… Leonard, a che ora?-
Il maggiordomo ci pensò su qualche secondo, poi rispose –Direi verso le otto signorina.-
-Molto bene, allora se volete scusarmi, ci vediamo in sala da pranzo per quell’ora. Virgil, la tua camera sai dov’è.-
Iyv annuì, ma non si recò subito nella sua stanza. Gli piaceva chiacchierare e si fermò nel salotto con gli ospiti.
Anche Helena non n’era per niente dispiaciuta, anzi aveva già rotto il ghiaccio con le asiatiche e stava facendo loro il terzo grado. Inutile dire che durante la sua degenza in ospedale si fosse consolata parecchio con fumetti e televisione, perciò era rimasta colpita dal fascino orientale.

Riguardo a Hogan, rimase in silenzio in un angolo, arrovellandosi il cervello, senza accorgersi di essere al centro dell’attenzione. Infatti, mentre perso nei suoi pensieri si chiedeva se ci fosse un motivo particolare per cui Iyv avesse nascosto agli ospiti la sua falsa identità oltre a quella vera, la signorina Salomè e il signor Thomas lo fissavano sottecchi.
Quando finalmente se ne accorse, capì che era soprattutto la benda ad incuriosirli.
-Beh? Che avete da guardare?!- ringhiò scontroso. Se avesse creduto all’esistenza degli angeli custodi, avrebbe sicuramente immaginato Iyv come uno di quelli, posato sulla sua spalla con cetra e aureola, intento a straziarlo affinché si comportasse bene. Cantando.
Iyv cantava in maniera orribile e si ostinava a farlo sotto la doccia per provocarlo e costringerlo a bagnarsi anche lui pur di tappargli la bocca.

Trattenendosi dallo sbraitare o dall’incenerire con lo sguardo i presenti si alzò, e lasciò la sala.
-Vado a riposare un poco.- disse secco.
Helena lo osservò leggermente dispiaciuta per lui, sapeva quanto poco stesse a suo agio in mezzo alla gente, ma non lo seguì.

Il trentenne fece qualche passo veloce, poi si fermò all’imboccatura delle scale del terzo piano.
Il signor Hopkins, che l’aveva seguito, lo raggiunse.
-Le mostro la sua stanza?-
-Aha.- rispose, scostandosi appena e seguendo l’uomo.
Il piano di sopra era un lungo corridoio, con circa dieci stanze da letto con servizi (era pur sempre una villa antica e poi Emily amava invitare persone per far lunghe feste). Hopkins lo accompagnò alla penultima porta in fondo.
-Siamo arrivati, signore.- poi indicò la porta accanto a quella, che era l’uscio sul lato corto del corridoio, di fronte alle scale –Questa è la stanza della signoria, mentre quella di fronte alla vostra è la mia, per qualsiasi cosa, non esitate a bussare.-
-Hai detto la nostra?-
-La sua, di sua sorella e di Iyv.-
-Ah…-
Hopkins gli sorrise –Signor Hogan, so perfettamente come stanno le cose e Iyv parla sempre di lei e della piccola Helena alla signorina Emily, ormai è come se foste di famiglia.-
Hogan fece schioccare la lingua e sorrise amaramente –Già… io però sono sempre l’ultimo a sapere le cose.-
Hopkins alzò le spalle –Che vuole che le dica… sappia che il signorino Iyv non si diverte a nascondersi al mondo intero.-
Il trentenne annuì ancora. Salutato l’anziano, entrò nella sua stanza, in silenzio.
Iyv era ancora al secondo piano, ma stava congedandosi dagli ospiti per riposare un poco prima di cena.
“Quello… quando si diverte davvero? Il suo sorriso… quando è reale e quando è la solita maschera?” Hogan si buttò supino sul letto, senza neppure dargli un’occhiata. Incrociò le braccia dietro la nuca e chiuse l’occhio.
Ignorò Iyv che entrava silenziosamente. Lo ignorò mentre si adagiava accanto a lui.
-Scusa.- disse piano l’italiano –Sono così egoista. -
Sorrise appena Hogan. Il tono contrito dell’altro, quello non riusciva a ignorarlo proprio.

Fine Capitolo 2


Aggiornamento record!!!
Ringrazio Echo per avere recensito e chi mi ha dato consigli riguardo ai personaggi, anche se privatamente *cough* Devilyogurt *cough*. Fra poco si entra nel vivo, mi sembrava doveroso descrivere i personaggi in modo da farveli conoscere. Nel prossimo capitolo ne conoscerete meglio il carattere.
Ehm... perdonate il troppo fan servicismo tra Iyv e Hogan, ma non ne riesco a fare a meno =_=
Infine... mah nulla.
Nel caso vi stesse chiedendo perché ci sono personaggi giapponesi, il motivo è che a furia di guardare Detective Conan, l'idea di giocherellare con gli ideogrammi dei nomi mi attizzava, anche se non so se lo farò >_> ora vediamo come gira, c'è sempre un punticino interrogativo. Non voglio anticiparvi nulla, perciò, bacioniiiii!


Echo, quasi dimenticavo: Iyv sotto la doccia non lo vorresti proprio, fidati. XD



   
 
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