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Autore: Benzina    14/06/2010    10 recensioni
“Coprile il viso; abbaglia i miei occhi: è morta giovane“; Viaggio introspettivo nei ricordi di un giovane amante ferito...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti! Vi propongo una one-shot nata durante una notte insonne. Niente di particolare, sembra un mix fra Romeo e Giulietta di Shakespeare e La signora delle camelie di Dumas. Spero vi piaccia, fatemi sapere se ho soltanto perso delle preziose ore di sonno XD Buona lettura e ... a proposito.. quasi dimenticavo... questa one-shot è dedicata ad una certa persona da poco iscrittasi su efp. Vorrei ringraziarla di commentare le mie storie da anni, di sopportarmi sempre e comunque ( Santa pazienza!) e di essere la mia MUSA (Unica e sola). Ti voglio bene, anche se non te lo dico spesso <3

 

SEPOLTA VIVA

 

“ Coprile il viso; abbaglia i miei occhi: è morta giovane “ (Anne Rice)

 

La prima volta che la vidi fu una sera a teatro; davano Antonio e Cleopatra di William Shakespeare e il suo sguardo triste e i suoi occhi lucidi per via delle lacrime mi lasciarono un’impronta indelebile nell’animo.

In quella confusione spiccava come un fiore in una campo di erbacce, meravigliosa nel suo abito di seta bordeaux che evidenziava ancora di più l’eleganza delle sue forme e la raffinatezza dei suoi modi.

Sedeva in un palco privato accanto un vecchio gentiluomo, probabilmente, pensai allora, il padre o il marito.

Per tutta la sera non riuscii a staccare gli occhi da quella figura snella e aggraziata, dai capelli color dell’oro e le labbra rosse come il vino. Quando la rappresentazione si concluse sentii il mio cuore battere tanto furiosamente che mi costrinsi a seguirla, ovunque si stesse dirigendo. Ero già innamorato.

Non so dire se quella si rivelò la decisione migliore o peggiore della mia vita poiché quando si dona se stessi è per sempre e non vi sono possibilità di ritorno. Io l’amai e l’amo ancora intensamente, senza riserve, con tutto me stesso, ma se il nostro amore avesse avuto un esito felice, oggi non sarei qui a scrivere su ciò che è accaduto. Lei era la cosa migliore che mi fosse capitata, era la mia vita, il mio primo ed ultimo desiderio, la mia casa. Lei morì improvvisamente il 4 agosto del 1894, esattamente un anno dopo il nostro primo incontro.

Morì risparmiandosi il dover vedere, senza poter far nulla, la propria giovinezza scomparire inesorabilmente: aveva solo diciotto anni.

Il giorno delle esequie si svolse nella sua dimora, la grande Rochefort, dove mi sembrò che il tempo si fosse fermato. Nel salotto un feretro aperto e poche persone intorno ad esso. Al funerale erano presenti solo i domestici e l’anziana vicina a porgere l’estremo saluto. Non ne rimasi stupito : l’unico vero amore della mia vita, Vivianne Monfort, era pur sempre una puttana e di conseguenza, quando il suo spirito allegro e la sua travolgente bellezza non potevano più allietare le serate di qualche ricco signore, era caduta nell’oblio.

Io me ne stavo da parte, lasciandomi straziare dai pianti e dai lamenti delle domestiche.

Negli ultimi due giorni mi ero crogiolato nel dolore, nella tristezza, senza consolazioni ed ora l’unica cosa che mi sembrava capace di scuotere il mio cuore da quella stasi giaceva morta in quella stanza.

Mi avvicinai al feretro e feci scorrere le mie dita lungo il mogano. Lei era lì, in tutto il suo candore, le mani giunte e la bocca esangue. La vista di quella pelle diafana mi fece rabbrividire e subito una lacrima scese furtiva dai miei occhi. Tremavo e il dolore impazzava ceco dentro me.

La osservavo : adagiata nel velluto, nel suo abito bianco, immobile per l’eternità. Mi chinai su di lei e unii le nostre labbra in un ultimo casto bacio di morte. Le lacrime ora scendevano copiose e non mi vergognavo neppure più di nasconderle. Le misi fra le mani una splendida rosa rossa e le sussurrai tutto il mio amore con un filo di voce. Poi uscii dalla casa… mi presi la testa fra le mani e mi gettai a terra, in ginocchio.

Perché? Era tutto ciò che riuscivo a chiedermi. Perché?!

Vivianne venne sepolta nel giardino di Rochefort, terra sconsacrata per una puttana suicida.

Alla fine della funzione tornai a casa e passai una lunga notte insonne, la peggiore della mia vita.

Il mattino dopo ero di nuovo a Rochefort, dopotutto non avrei saputo dove andare per far rivivere ancora davanti ai miei occhi le visioni della mia Vivianne. La rivedevo leggere ore ed ore sotto il porticato o passeggiare nel parco. Quel breve momento di serenità venne interrotta dalla vista di una donna che mi correva incontro: la signora Taylor era l’anziana governante di casa Monfort. Arrivò di fronte a me con aria affannata e sconvolta.

“Oh, signor Vernier!Oh, Dio!” esclamò “ Non può credere a quel che è accaduto… che Dio mi biasimi per ciò che sto per mostrarle! Oh, poveri noi…”

“ Parlate, signora! Ditemi tutto! “ dissi io preoccupato.

“ Dovete venire a vedere…”

La seguii nel retro della proprietà dove era stata sepolta Vivianne col cuore che batteva all’impazzata.

Lì trovai due uomini chini sulla sua tomba; il feretro era stato scoperchiato.

“Fermi, profanatori!” urlai “ Che state facendo di grazia? Nemmeno i morti ora meritano la pace?!”

Ero fuori di me. Così tanto che non mi accorsi delle espressioni grevi lungo i volti dei due uomini.

Guardavo solo quello della mia povera Vivianne. La sua bocca orribilmente spalancata e gli occhi…oh! Aperti, freddi, glaciali, spaventosi. Piansi a quella vista e continuai a cercare di capire cosa diavolo le fosse accaduto.

“ Sono addolorato, signor Vernier, di dover essere io a spiegarle tutto ciò “ disse un uomo che identificai come il medico del paese.

Tacqui. Incapace di proferir parola. Annuii e basta.

“ La signorina Monfort non era morta “

Urlai. Cos’altro potevo fare? Urlai ancora e ancora, con tutte le mie forze. Un urlo gutturale, mostruoso, folle, arrabbiato, sconvolto, profondamente infelice e ferito. Afferrai il medico per il colletto della camicia.

“ Cosa diamine vuol dire che non era morta? “ gridai.

Ero incapace di reggere questo nuovo dolore.

“ La signorina Monfort ha assunto un veleno con  la funzione di concedere una parvenza di morte ma non la morte vera e propria. Chiunque glielo abbia fornito deve aver confuso i veleni”

Lei si era destata dalla morte ed io non avevo potuto salvarla. Il senso di colpa mi colpì come un proiettile e oh, Dio! Pensai a come dovettero essere state terrificanti le ultime ore della mia amante!

Rinchiusa in un’orrenda situazione claustrofobica  e assolutamente terrificante.

Rinchiusa in una bara e metri di terra sopra! E la consapevolezza di morire! Morire asfissiata… sola.

Chissà quante grida aveva lanciato per farsi udire da qualcuno. Ed infatti l’avevano udita… solo che quando avevano recuperato il suo corpo… lei era già morta. Di nuovo.

Andai via, distrutto nella mente e nell’animo. Vagai per quattro giorni e quattro notti senza meta, ubriaco fradicio, sporco e indicibilmente triste.

E adesso, adesso, mi trovo qui… a scrivere questo racconto del terrore… non so per quale motivo!

Forse mi terrorizza il fatto di essere dimenticato come lo sarà Vivianne.

Forse volevo solo lasciare una traccia di un sentimento che nonostante la morte vivrà per sempre.

Ma dopotutto… non importa. Queste sono le mie ultime parole prima di raggiungere la mia amata nel suo sonno eterno. Sarò l’ultimo a profanare la sua tomba. Dormirò accanto a lei, per sempre.

Addio.

 

“Negli occhi tuoi il mio viso, il tuo nei miei, mostrano cuori semplici e sinceri. Dove meglio li trovi due emisferi senza ovest declinante o freddo nord? Solo muore ciò che inegualmente è commisto, ma se i nostri due amori sono uno e noi ci amiamo in modo tal che nessuno sia da meno, mai morranno” (Tristano e Isotta)

 

 

   
 
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