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Autore: Archangel 06     14/06/2010    3 recensioni

Sono terrorizzato. Ho una paura folle. Non c’è nulla nella mia mente. Nessun ricordo. Non un nome. Non un volto. Non un luogo. Niente. Niente di niente. Ho paura. Tanta paura.
seguito di "memories of an happines that does not fades".
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo Children of Bodom'
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Mi stavo preparando. Mancava un’ora al concerto, e stavo effettuando alcuni esercizi di stretching per le braccia. Con piacere osservai che le braccia e le spalle, ora coperte di tatuaggi, erano aumentate di volume. Indossavo una semplice canottiera, e un paio di pantaloni con varie lacerazioni, il tutto completamente nero. Ai piedi avevo i miei inseparabili anfibi, portati stretti sulla caviglia e aperti sulla gamba… e poi catene e borchie sparse un po’ dappertutto. Agli occhi, matita nera.
“Sei uno schianto” mi disse Janne abbracciandomi da dietro.
“Lo so” risposi con un sorrisetto strafottente.
“Però” continuò lui assumendo un’espressione maliziosa “una scollatura più profonda non ti starebbe male!” esclamò strizzandomi veloce un seno e scansandosi prima che potessi voltarmi per colpirlo.
“Janne Wirman, brutto porco, torna qui!! Userò il tuo cranio come rullante!!!” gridai ridendo, correndogli dietro. Alla fine riuscii ad afferrarlo, e rotolammo per terra ridendo come pazzi. Quando ci rialzammo, mi si avvicinò un uomo della sicurezza, parlandomi in italiano, sapendo che lo capivo perfettamente pur non sapendo che ero italiana naturalizzata finlandese.
“Signorina Liekki, mi scusi… ma all’entrata ci sono due signori che pretendono di parlare con lei… mi hanno chiesto di darle questa, per convincerla” di disse, tendendomi quella che riconobbi subito come una carta di identità della repubblica italiana.
“Che tipi sono?” chiesi.
“Un signore e una signora sulla cinquantina. La donna le somiglia abbastanza” rispose lui, impassibile.
Incuriosita aprii la carta d’identità, e per poco non feci un colpo. Non c’era dubbio. Era la carta di identità di mia madre. Il mio cervello iniziò a lavorare in tutta fretta. Alberto glielo aveva detto, e loro erano venuti li per... per cosa? Per convincermi a tornare a casa? Non aveva senso.
“Signorina Liekki?” la voce dell’uomo della sicurezza mi riscosse. Intanto avevo avuto una buona idea. Gli restituii il documento, chiedendogli di ridarlo alla donna.
“Falli entrare, ma non farli arrivare fino a qui. Portali davanti al palco. Io li raggiungerò li. Ricordati che devono uscire prima che entri la gente… sono sicura che non hanno un biglietto” dissi, correndo via e chiamando a gran voce Francesco e Janne.

“Dov’è lei?” chiese spazientito l’uomo, notevolmente più basso dell’uomo della sicurezza, che era il classico body guard taglia armadio a quattro ante per un metro e novantacinque per centodieci chili di muscoli, pelato, vestito in giacca e cravatta con gli occhiali neri e l’auricolare.

“Sono qui, carissimo!”
l’uomo e la donna si voltarono verso il palco, dove stavano tre persone, ben piantate. Riconobbero subito la ragazza.
“Angela! Come ti sei conciata??” esclamò la madre, inorridita vedendo i tatuaggi sulle braccia.
“Sto bene, grazie, e voi?” rispose lei con tono sarcastico. Si sedette sul bordo del palco, appoggiando i piedi alle transenne che erano a circa un metro di distanza, e facendo cenno all’uomo della sicurezza di allontanarsi. Intanto Janne e Francesco non si erano mossi, stando a braccia conserte e gambe larghe con lo sguardo più truce che riuscivano ad avere… ed era molto, molto truce. Nel caso di Janne, anche molto sexy, anche se dubitava che sua madre pensasse lo stesso.
Con tutta calma lei prese dalla tasca il pacchetto di Winston blu, le più economiche ma comunque le sue preferite, ne trasse una, e la mise in bocca.
“A cosa devo tanto onore?” chiese sarcastica.
“Tu… fumi?” la madre era allibita.
“Dall’inizio del tour ho preso il vizio, sai com’è, lo stress… anche se alle superiori elemosinavo qualche sigaretta ogni tanto” risposi, cercando nelle tasche un accendino. “Janne ei ole, että sinulla olisi kevyempi?” chiesi, ringraziandolo quando mi lanciò il suo.
“Ma non ti vergogni??” esplose il padre. “Guarda come sei conciata, e guarda con che compagnie giri!! Se tu fossi rimasta con noi, ora lavoreresti in una azienda!” alzai un sopracciglio, mentre Francesco aveva sciolto le braccia e stretto i pugni.
“Attento a quello che dici. Cezka l’italiano lo capisce benissimo. Ed è perfettamente in grado di tradurre in finlandese, a beneficio di Janne.” Feci una pausa, inspirando il fumo e sbuffandolo di nuovo. “Comunque, se siete venuti qui a farmi la reprimenda, lasciate stare. Non è proprio il caso… è un concerto importantissimo questo, l'ultima cosa di cui ho bosogno sono turbamenti esterni” dissi, prima di fare un altro tiro.
“Fumi, ti vesti come una barbona… magari ti droghi anche?” disse mia madre disgustata. Intanto Francesco si era messo a parlare rapido con Janne, traducendo dall’italiano al finlandese. A proposito dell’ultima frase Janne gridò incazzatissimo: “kodittomia nainen erittäin seksikäs!” mia madre lo guardò con disprezzo, mentre io ridevo.
“Cosa ha detto quel barbaro?” esclamò disgustata.
“Intanto quel “barbaro” ha un nome e un cognome, e si chiama Janne Wirman. Seconda cosa, è il mio ragazzo” e calcai particolarmente sull’ultima parola “perciò gradirei che gli portassi rispetto. Terzo, visto che Cezka gli sta facendo da traduttore istantaneo, ha detto che sono una barbona molto sexy!” esclamai, godendomi la loro reazione.
Mio padre si stava quasi strozzando per la rabbia.
“Non puoi stare qui! Non è posto per te!”
“Ma battiamo sonoramente i coperchi?? Certo che è posto per me, è il mio posto! Siete voi due che non dovreste essere qui. Io sto qui, e vi sfido a portarmi via, con loro due qui” dissi accennando a Francesco e Janne “e con gli uomini della sicurezza che sono tutti come quello che vi ha accompagnati…” dissi. Francesco e Janne scoppiarono a ridere.
“Come puoi voler vivere… così?” esclamò mia madre disgustata oltremaniera.

“Così come? Famosa, anche se per adesso solo relativamente? Con un ragazzo che molte ragazze vorrebbero uccidermi per scoparselo? Oppure semplicemente libera di fare quel cazzo che mi pare? A me va benissimo così. Vivo in un appartamento che è un buco e dove sembra sempre che sia appena passato un tornado dal disordine che c’è, ma è MIO, non ho praticamente orari o doveri, e ho degli amici e un ragazzo sempre pronti a darmi una mano… in definitiva, posso dire di essere contenta così come sto” dissi, tirando ancora dalla sigaretta e soffiandogli il fumo direttamente in faccia. “Non so se hai notato, ma il fatto di aver studiato o meno qui non conta niente… a quelli che sono qui per ascoltarci, non gliene frega un emerito cazzo” conclusi.
“luoksesi tänä iltana huoneessa, Angela! (stanotte vengo in camera tua, Angela!)” esclamò Janne ridendo.
“Muistutan, että me emme hotellissa viime yönä ... huomenna” (ti ricordo che questa notte non siamo in albergo… domani) replicai, con un sorriso rivolta verso di lui.

“sitten sinun kerrossängyt linja konsertin jälkeen! kun muut ovat mätä humalassa„... (allora nella tua cuccetta sul bus, dopo il concerto... quando gli altri saranno ubriachi marci…). Era proprio incorreggibile.
“Non potete parlare italiano?” esclamò mia madre seccata.
“Non lo sa parlare, e non credo che tu voglia sapere che cosa stessimo dicendo” dissi con un sorriso malefico.
“Parlava di qualcosa di molto poco casto che vuole fare con me stanotte…” i miei stavano inorridendo sempre più.

“Guardate” dissi indicando lo spiazzo che fra poco si sarebbe riempito di metallari urlanti “guardate! Noi e voi apparteniamo a due mondi diversi ormai… li avete visti benissimo i metallari all’ingresso. Io ho scelto questa vita, e mi va bene così.” Con un sorriso ancora più ampio aggiunsi, citando “in your face”: “It’s my world, it’ll take you down in a minuit...”
Con un gesto del braccio tatuato richiamai l’attenzione dell’uomo della sicurezza.
“Mi dica, signorina Liekki.”
“Liekki?” chiese mio padre stupito.
“È il mio nuovo cognome” dissi con un sorriso innocente, mostrando il dorso della mano dove campeggiava il mio tatuaggio preferito, un ghirigoro senza capo né coda di mia invenzione “Angela Liekki. Suona bene, no? Ho fatto un legatissimo cambio. Davide, accompagna i signori al cancello. Se ne vanno. Vi raccomando, cercate quella persona di cui vi ho dato la foto…”
“Tranquilla, signorina” disse prima di andarsene spingendo garbatamente ma fermamente i miei genitori.

“Tesoro, sei stata fantastica!!” Janne saltò giù dal palco e mi prese in braccio baciandomi. “Li hai lasciati senza parole, bravissima!! Mi è piaciuto soprattutto il commento sulle cose poco caste che voglio fare” disse ridendo.
“Perché” replicai con aria di falsa innocenza “Non è forse vero?” ci piegammo dal ridere tutti e tre, e allegramente ce ne tornammo nel backstage.

“Dunque quelli sarebbero i miei suoceri… tua madre aveva l’aria di volermi impiccare con le sue stesse mani, quando le hai detto che sono il tuo ragazzo…”
“Parenti serpenti, come si dice in Italia…”


capitolo divertente da scrivere, anche se mi sa che non è riuscito molto bene :) supplico perdono xD
   
 
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