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Autore: cartacciabianca    15/06/2010    2 recensioni
[Oblivion]
Due delle Gilde più potenti dell'Impero stanno per affrontarsi dopo secoli di scontri sotto tovaglia.
Elion, studentessa presso l'Università Arcana destinata a diventare la più grande Strega Bianca della contea di Cyrodiil, s'innamora un giorno di un giovane servo di Sithis, figlio eletto della Madre Notte, nonché membro e rampollo della Confraternita Oscura. Un triste gioco di tradimenti, congiure, bugie e passioni. Quando tutto sembra perduto e l’ultima battaglia giunge agli sgoccioli, tra il sangue di innocenti e l’acqua di purissime fonti, scorrono due vite intrappolate nel macabro disegno del destino. La verità verrà svelata ad ogni costo.
Il mio Romeo e Giulietta in versione The Elder Scroll, con un tocco di magia in più e l'aggiunta di qualche personaggio di mia creazione, sempre all'interno del gioco. Spero che abbia attirato la vostra curiosità.
[ Personaggi: Vicente Valtieri/Ocheeva (Confraternita Oscura) + Tar-Meena/Hannibal Traven (Gilda dei Maghi) + Nuovo personaggio x Nuovo personaggio ]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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5. Un disegno diverso e grandioso

Quando Gabriel varcò la soglia, che si richiuse con un lento movimento alle sue spalle, si ritrovò nell’ampia sala di ricevimento del Santuario. Nel mezzo un grande vuoto lasciato dalla volta bassa del soffitto e quattro tozze colonne portanti. Le fiaccole alle pareti erano accese. Qua e là penzolavano gli emblemi in tessuto con il simbolo della Confraternita Oscura: una mano inchiostrata di sangue in campo nero, assieme ad alcuni decori in oro e rame. In più punti del pavimento dormivano tappeti secolari appartenuti alle primissime generazioni di Assassini; non mancavano arazzi e dipinti celebranti le gesta dei grandi maestri Uccisori, che la storia della Fratellanza dipingeva come creature mitologiche. Avevano guidato per anni la Confraternita Oscura e per millenni le menti dei loro successori.
C’era stato Liteeth, un subdolo argoriano che aveva il buon vizio di avvelenare per uccidere le sue vittime. In tutta la carriera di Uccisore non aveva mai fallito un contratto e ed era ricordato come il Serpente. L’affresco dedicato alla sua vita copriva la parete di fondo, ove era situato l’accesso per le sale sotterranee dell’Alchimia e della Biblioteca.
Lhisa, lo Scorpione, era stata una femmina fatale non troppo attraente, ma che aveva ugualmente saputo meritarsi le due parti (tra le quali s’incastrava il portone d’ingresso) del muro meridionale. Lo scorpione rappresentava tutta la premura che aveva avuto dei bambini, sia in vita sia oltre la morte. I suoi canoni legislativi e le sue nozioni psicologiche erano rimaste tutt’ora. Quella particolare specie d’insetto aveva la caratteristica di abbandonare a se stessi i propri piccoli dopo averli viziati premurosamente. L’insegnamento che Lhisa aveva sempre insistito nel dare ai bambini era quello di apprezzare e vivere di sofferenza, così come Sithis aveva ordinato in una delle sue leggi. Compatire la vittima non era vietato, anzi. Immedesimandosi nella sua sofferenza l’Assassino entrava in contatto con Sithis personalmente, potendo assaporare sulla propria pelle l’escandescenza del sangue e del corpo. I bambini cresciuti da Lhisa e dalla sua dottrina erano costretti a vedere nel distacco dalla “madre” quel genere di sofferenza dell’anima. Non tutti però accettavano il cambiamento, non tutti uscivano indenni alla vista del sangue che veniva imposto loro di versare. Chi dava di stomaco, chi tentava di scappare o chi si rifiutava di uccidere veniva ucciso a sua volta. Così solo i più meritevoli e i più dotati andavano avanti, guidati dal disegno che Sithis aveva fatto del loro destino.
Karmiko, detto il Varano Lingua di Fuoco, aveva la forza paragonabile a quella di un Drago inferocito. Era ricordato con tal nome per la sua corporatura massiccia e la prodezza con lo spadone di rame arroventato, con il quale torturava e poi uccideva le sue vittime. Per il prestato servizio a Sithis si era guadagnato un ritratto onorario sulla parete settentrionale; da lì si accedeva alle stanze di allenamento.
In fine era venuta l’era di Harit col nome di Tarantola o Vedova Nera, due specie di ragno molto comuni ma altrettanto fatali per gli esseri umani. Il ragazzo non faticava ad immaginare che genere di contratti accettasse quella donna o che tecnica adottasse per le sue vittime. Gabriel aveva persino motivo di credere che Talaendril fosse stata una sua vicina discepola. Ma la Vedova non si era mai servita, secondo la leggenda, di arco e frecce come armi a distanza. L’unica punta di metallo che avesse sfiorato le sue vittime era stato lo stiletto appuntito, che tirava fuori dai punti più impensabili del proprio corpo.
A grandi linee la leggenda e gli affreschi raccontavano così. Questi quattro e molti altri si erano scambiati il trono sul quale ora sedeva Ocheeva, Custode del Santuario e sua Gran Sacerdotessa.
Gabriel si accomodò ad un tavolo lì vicino, appartandosi in un angolo della sala. Si appoggiò su un gomito e stese le gambe, esausto nel fisico per il viaggio e nello spirito per cosa lo attendeva. C’erano una caraffa con del vino rosso e alcuni bicchieri. Se ne gettò due sorsi in gola e presto dimenticò il motivo per il quale era ancora seduto su quella sedia, quando sarebbe dovuto correre ad avvertire Vicente del suo fallimento e del nemico a cui aveva dato in pasto la Fratellanza. Per essere stato visto in faccia dal Comandante della Legione, il minimo castigo sarebbe stata l’espulsione immediata dalla Confraternita. Non si poteva rischiare che la Legione assoldasse delle spie per pedinarlo quando Gabriel era in tenuta informale fuori servizio, momento in cui la sua grazia da Assassino lasciava il posto ad un ragazzo giramondo.   
Prima di poter accedere alle viscere del Santuario doveva essere convocato o deliberato a farlo da un suo superiore, ma l’ampio stanzone sembrava essere deserto. C’era un silenzio innaturale, rotto solo dall’eco di alcune voci molto distanti o dai sussurri del vento. Inizialmente Gabriel pensò che tanto silenzio era parte integrante della normalità quotidiana, lì nei bassifondi del Santuario, ma dovette ricredersi quando vide emergere dalle scale in fondo una piccola figura completamente vestita di nero.
Gabriel lo riconobbe subito per ciò che era: solo un bambino, che indossava come la sua Armatura Velata su misura come una seconda pelle. Si dirigeva a passi spediti verso il portone per agli alloggi degli Assassini, almeno prima di notarlo, pietrificarsi, e scappare nella direzione da dove era venuto.

Nikolò si era gettato nuovamente giù per le scale di gran corsa. Il fiato, per le sue capacità fisiche, non gli sarebbe mai mancato, ma il cuore aveva iniziato a battere fortissimo in petto appena aveva visto l’Eletto nel salone d’ingresso. Ora le sue gambette magre falciavano l’aria tersa del sotterraneo, ogni suo passo suonava amplificato dalla pietra e i suoi piedi mangiavano metri dopo metri di terreno. Era stato addestrato a correre fin da quando era stato capace di mettere un piede davanti all’altro, e dopo di allora non aveva più smesso. Respirava tranquillamente, il corpo allenato dagli intensissimi addestramenti voluti da Sithis rispondeva bene alle sue intenzioni.
M’Raaj-Dar lo chiamava cucciolo Imperiale. Nikolò aveva dodici anni ed era un pedinatore professionista: seguiva le vittime degli Assassini per giorni, settimane, mesi o anni, se necessario, e poi riferiva ai suoi superiori lo loro abitudini, così che l’Uccisore potesse compiere il volere di Sithis senza rischi. Era una fonte affidabile, un alleato prezioso nella Confraternita, allenato fisicamente sia mentalmente alle situazioni nelle quali la Madre Notte amava cacciarlo. Era un buon osservatore: i suoi grandi occhi azzurri vedevano tutto e tutti a metri di distanza, anche al buio, grazie al bacio benedetto che Sithis aveva dato alla sua culla quand’era ancora in fasce.
I corridoi sotterranei del Santuario erano forse il luogo più freddo, buio e di conseguenza meno ospitale di tutta la costruzione. Ciò nonostante alcune delle sale più importanti si trovavano tra quelle umide mura a blocchi di roccia squadrati. Una di queste stanze era la biblioteca e si diceva ospitasse volumi unici sulla Negromanzia, il culto degli spiriti notturni e della vita oltre la morte. Attraverso quei testi Sithis faceva un’allettante proposta a tutti i suoi adepti, promettendo un glorioso cammino eterno a chiunque, raggiunta la vecchiaia, avesse portato atto della sua voce in gioventù. Nikolò provava un’impulsiva curiosità per quei luoghi e non aveva mai avuto occasione di avventurarvisi per via del suo rango ridotto. In quelle zone del Santuario c’erano anche le stanze private del Vampiro Vicente Valtieri, nascoste chissà dove ancor più in profondità.
Come un principiante di atletica, Nikolò prese troppo larga la curva del corridoio.
-Ehi, attento a dove vai, ragazzino!- gli gridò l’Orco quando per poco meno di un centimetro il bambino non gli finì addosso.
-L’Eletto è tornato!- disse Nikolò, confidando nel fatto che quelle parole avrebbero azzittito l’Orco Gorgon meglio di una banale frase di scuse. Voltandosi, il bambino riprese a correre col doppio della foga, risparmiandosi di vedere l’espressione stupita comparire sulla pelle verde della bestia.
Gli spazi angusti e i vicoli stretti del Santuario erano un’infinita sequenza di muri, gradini e pareti mobili; bastava conoscere qualche trucco e si poteva arrivare dall’altra parte della costruzione risparmiandosi chilometri di labirinto. Nikolò tagliò altre due rampe di scale e finalmente giunse a destinazione con le gambe in fiamme, anche se sarebbe stato capace di correre per un’altra giornata. Le doppie ante molto spesse del portone che gli si parò davanti pesavano quanto davano a vedere, e Nikolò faticò un po’ a scostarne una.
Le stanze di Ocheeva non erano spoglie come quelle degli assassini, bensì cariche di oggetti magici, scaffali grondanti di libri, un comodo letto, uno scrittoio, tappeti e arazzi celebrativi. L’intera camerata era scavata nella pietra. Dal soffitto pendevano minacciose stalattiti come chiaro avvertimento. Si diceva che se Sithis avesse scoperto la Sacerdotessa tradire la Confraternita, una di quelle stalattiti appuntite come coltelli le sarebbe crollata addosso, trafiggendola nel sonno dolorosamente. Gli occhi della Madre Notte erano ovunque, e questo Ocheeva ed altre Sacerdotesse prima di lei l’avevano tenuto bene a mente.
L’argoriana sedeva allo scrittoio quando Nikolò comparve nei suoi alloggi. La sua lunga coda spinata si snodava con un movimento lento e ondulato, carezzando appena il pavimento coperto dal tappeto. Era molto presa da un libro sul quale stava annotando alcuni dati giornalieri relativi all’attività del tempio, e non si accorse subito di lui. Al contrario, il marmocchio non riuscì ad astenersi dal notare la grossa stalattite che pendeva esattamente sopra la testa dell’argoriana. Ingoiando il groppo in gola, Nikolò si fece coraggio e la chiamò con rispetto per nome.
Ocheeva girò la testa di lato, continuando a dargli le spalle seduta alla scrivania. –Dimmi, piccolo mio- acconsentì cordiale.
Un solo grande occhio della lucertolona bastava per tenerlo sotto stretta osservazione. Nikolò sapeva che Ocheeva non avrebbe tralasciato il sudore freddo che aveva iniziato a bagnargli la fronte. Forse la Sacerdotessa avrebbe potuto fraintenderlo come un segno di debolezza o stanchezza fisica e perciò condannarlo al doppio degli allenamenti, invece Nikolò era soltanto teso come un chiodo per la notizia che stava dando.
-Ocheeva, l’Eletto è tornato- annunciò sgonfiandosi il petto da un grande peso.
La Sacerdotessa si voltò del tutto. –Dov’è?- chiese serissima, alzandosi.
-Nella sala di ricevimento, Sacerdotessa- rispose il bambino chinando la testa.
Ocheeva si avvicinò a lui e gli carezzò i capelli biondi; in quel momento Nikolò temé che all’argoriana potesse davvero dar fastidio il sudore sulla sua fronte, ma invece lei non vi fece nemmeno caso.
Il bambino rilassò le spalle e si godé la mano di Sithis che lo benediva e lo ringraziava attraverso quella della Custode.
Ocheeva lo sorpassò a grandi passi e uscì dalla stanza per lo stretto spiraglio voluto poco prima da Nikolò per entrare. Il ragazzo, trovandosi solo nelle stanze private della Sacerdotessa, volle subito uscire guardandosi le spalle dalle minacciose stalattiti pendenti sulla sua ombra.

Adesso basta! Se vogliono cacciarmi, che lo facciano subito, dannazione! Preferirei che si risparmiassero queste messe in scena teatrali: il Santuario vuoto, il bambino che scappa! Crescete, per i Nove! Gabriel aveva ormai esaurito tutta la sua pazienza quando udì una voce squillante di donna.
-Gabriel!-.
Il ragazzo, in piedi in mezzo al salone, si voltò, ma in quell’istante una coppia di braccia sottili gli si avvolsero attorno al collo e un profumo dolcissimo di lavanda gli riempì i polmoni. Era Antoniette Marie, stretta a lui come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Gabriel esitò su dove mettere le mani, notando che la ragazza non osava staccarsi da lui nemmeno in cambio di oro. Erano d’oro i suoi capelli, sfuggiti dal cappuccio e spettinati nella foga di correre fino a lui. Gabriel poteva sentire il cuore di lei battere impazzito contro il suo petto, più per l’emozione che altro.
-Ho temuto davvero il peggio, Gabriel, lo temevamo tutti. Quando Talaendril è partita pensavamo che non sarebbe mai intervenuta in tempo! La lettera di Lucien in cui era predetta la tua morte è arrivata troppo tardi. Secondo alcuni eri già in prigione, secondo altri invece potevi esserti fermato in una locanda prima di iniziare la missione: semplici pretesti pur di alimentare la nostra speranza, votata all’unica causa di vederti tornare vivo. E adesso sei qui, grazie a Sithis- lo strinse più forte. –Ti ha salvato, Gabriel, ti ha salvato come ha salvato tutti noi-.
Antoniette Marie e chissà quanti altri nel Santuario erano trovatelli, ladri o abitanti delle fogne a cui era stata offerto un tenore di vita migliore in cambio di servitù eterna.
L’Eletto, spaesato da quel gesto, si scostò da lei giusto in tempo per vedere Ocheeva emergere sulle scale seguita dal bambino. L’argoriana e il piccolo pedinatore si fermarono di fronte ai due Uccisori. Poco dopo e prima che la Sacerdotessa potesse parlare, dalle stesse scale comparvero le figure distinte di Gorgon e il fratello di Ocheeva, Teinaava. L’orco e l’argoriano si unirono ai “festeggiamenti” stando a debita distanza e attendendo il proprio turno per “congratularsi” con lui. Entrambi indossavano una maschera di serietà per celare lo stupore e, probabilmente, l’invidia verso l’Eletto. Gabriel era fuggito senza un graffio alle Prigioni Imperiali con tanto di condanna a morte, e la sua vita era cara a gente di alto rango lì nel Santuario; chiunque avrebbe desiderato avere la sua fortuna o nascere sotto il suo stesso segno.
La Sacerdotessa Ocheeva indossava l’Armatura Velata come tutti i presenti, a parte l’Orco.
Gabriel e Antoniette s’inchinarono istintivamente nello stesso momento.
-Eletto Gabriel- cominciò Ocheeva, -pochi conoscono l’onore di essere prescelti da Sithis per intraprendere il cammino della Fratellanza. Tu sei uno di questi, e nessuno di noi ti vorrebbe tra le braccia della nostra dea troppo in fretta-.
A Gabriel sembrò di leggere le parole “parla per te” sulle labbra dell’Orco, che suggerì quella battutina alle orecchie di Teinaava. Questi, nonostante l’amico stesse prendendo in giro sua sorella, sorrise di gusto.
Gabriel tornò a guardare l’argoriana negli occhi, ignorando i due spiritosi confratelli. Antoniette al suo fianco chinò il capo, dispiaciuta che ci fosse ancora tutto quell’astio tra compagni.
-Ma forse devi aver frainteso il tuo reale compito nella nostra grande famiglia- Ocheeva, pur continuando a rivolgersi a Gabriel, attirò l’attenzione del fratello minore con un’occhiataccia. Teinaava si mise subito a braccia conserte dando le spalle all’Orco che, profondamente offeso dal gesto, aggrottò le folte sopracciglia e brontolò nel proprio stomaco.
-È vero: Sithis, così come sceglie, protegge i suoi figli, ma non sempre le visioni del suo futuro possono essere contrastate dalla mano che guida. Ci sono circostanze in cui il nostro Ordine si riduce ad un granello di sabbia in confronto al volere delle stelle. Con queste parole, sommate al rischio che hai vissuto sulla tua carne, mi auguro fortemente che tu abbia compreso gli errori commessi e non li ripeta in futuro-.
-Sia mai- ammise Gabriel fiero e consapevole.
-E se invece dovesse succede ancora?-.
Teinaava ridacchiò.
-Gorgon, basta- lo richiamò Ocheeva con durezza. –Tu e mio fratello non siete richiesti a presenziare. Piuttosto, rendetevi utili e andate ad avvertire Vicente, chiedendo di lui, qui, immediatamente- ordinò.
-Lascia che vada da solo, sorella- disse Teinaava precedendo le repliche dell’Orco.
La Sacerdotessa diede il suo consenso annuendo, e nel salone restarono solo lei, Gabriel, Nikolò e Antoniette Marie. Con un pretesto totalmente diverso e che la bestia non avrebbe potuto rifiutare, Ocheeva era riuscita ad allontanare anche Gorgon.
-Gabriel, vorrei chiederti di Talaendril: siccome non è con te, deduco che sia rimasta indietro ad occuparsi delle guardie-.
Gabriel annuì alla Custode del Santuario. –Sì, quando mi ha liberato ha richiesto che lasciassi la città senza voltarmi indietro. Durante il viaggio di ritorno, mi consolava l’idea che fosse uscita illesa da situazioni ben peggiori- ammise amaramente.
-Altrettanto, figlio mio, altrettanto- sospirò Ocheeva.
Marie Antoniette sembrava avere sul viso un sorriso, piuttosto che una smorfia dispiaciuta. Gabriel ricordò all’istante che tra lei e l’Elfa Assassina non c’erano mai stati buoni rapporti proprio per quelle differenze caratteriali che facevano di entrambe le donne più desiderabili a questo mondo. L’una suadente e persuasiva, l’altra timida e forse troppo orgogliosa per dichiararsi. Eppure l’aveva abbracciato, eppure si era stretta a lui in quel modo che lasciava intendere tante dolci parole. Gabriel provò una stretta al cuore. Si stava davvero innamorando di Marie? No, non poteva essere, a meno che non fosse Sithis in persona a volere quell’unione. Allora sarebbe stata una cosa meravigliosa.
Come in risposta ai suoi pensieri, Antoniette sollevò il volto e lo guardò negli occhi, sorridendo ora davvero dispiaciuta. Doveva essersi accorta del velo di tristezza del confratello e desiderava restargli vicino, dimostrandogli la compassione tipica degli umani. L’eventuale coinvolgimento di Talaendril nella missione e la sua presunta morte avrebbero eliminato la concorrenza: non ci sarebbero più state donne belle, potenti e disponibili che Sithis avrebbe potuto scegliere per l’Eletto al dì fuori di Marie. Gabriel non sapeva cosa pensare a riguardo.
Vicente Valtieri apparve sulle scale e venne incontro ai tre con passo tranquillo. Appena fu abbastanza vicino, Gabriel chinò il capo in segno di rispetto e sprofondò negli occhi dorati con venature rosse del vampiro. Ebbe quasi l’impulso poco carino di abbassare lo sguardo sui canini affilati che spuntavano dalle labbra sottili. Vicente vestiva di un completo nero, con una camicia bianca a maniconi e dei calzari scuri, lunghi fino alle caviglie. Ai piedi aveva dei sandali di cuoio. Con sé portava sempre un pugnale dei Nani legato alla cintola e qualche boccetta di sangue (in caso forti astinenze lo colpissero all’improvviso) che teneva in una tasca interna del giubbetto slacciato sul davanti. Un tempo doveva essere stato un bell’uomo, ora l’anzianità gli deturpava il volto, assieme a pesanti occhiaie e un pallore glaciale. Gabriel ricordò istintivamente la prima volta che l’aveva visto, trovandoselo di fronte appena si era svegliato. Aveva trattenuto a stento un grido e per poco non era svenuto di nuovo. Fino a quel momento aveva pensato che vampiri e licantropi fossero leggende per tenere lontani i bambini dai mercanti di bestie selvagge che ogni tanto si accampavano nel distretto del Mercato di Imperial City. Quando aveva compreso la vera natura del suo mentore aveva temuto di essere spacciato, costretto a trasformarsi rispettivamente in un vampiro, oppure a finire nel menù della cena. Ma poi aveva notato che molti nella Fratellanza avevano preservato la loro incolumità a quel genere di trattamento, oltre ad un profondo rispetto per il vampiro, e lui non si era più lasciato intimorire. Vicente era diventato il suo padre adottivo e si prendeva cura di lui personalmente, senza intermediari. Si era offerto disponibile a parlare col ragazzo e conoscerne i segreti e i dubbi più oscuri: se Gabriel avesse riscontrato problemi durante il cammino che Sithis aveva tracciato per lui, Vicente sarebbe stato il primo con cui confidarsi.
Adesso, l’uomo che aveva di fronte era tornato ad incutergli terrore come la prima volta che l’aveva visto.
A differenza di Ocheeva, un gradino sopra nella gerarchia della Confraternita, Vicente aveva potere di vita e di morte sui tutti confratelli. Se l’argoriana gestiva la spiritualità degli Assassini, Vicente aveva la responsabilità fisica e morale degli stessi. Ad un tratto, però, Vicente non sembrava più il vampiro gentile che gli aveva offerto di unirsi alla loro numerosa famiglia. Agli occhi tristi di Gabriel era di nuovo un completo estraneo pronto a decidere di lui e del suo destino come di un qualsiasi giocattolo vecchio. L’Eletto pregò con tutto se stesso che una sentenza pubblica venisse posticipata il più tardi possibile. Per espellere un membro dalla Fratellanza era necessario il verdetto divino di Sithis; e l’unica lettera arrivata alla Confraternita da Lucien Lachance risaliva a dodici ore prima.
Nonostante i tanti pensieri che gli annebbiarono la vista per un lungo istante, Gabriel si costrinse a mantenere onore e compostezza fino all’ultimo. Mostrarsi dignitoso quel tanto che bastava per purificarsi l’anima dai peccati era la sua preoccupazione maggiore in quel momento.
-Ti ringrazio per avermi messo al corrente del suo ritorno, Ocheeva, ma vorrei il tuo consenso per conferire con l’Eletto- disse Vicente con grande stupore dei presenti. –In privato- si apprestò ad aggiungere.
Ocheeva annuì fredda. –Va bene, a patto che si tratti di una cosa rapida e indolore. Immagino che Sithis sia impaziente di ascoltare la voce di suo figlio- ghignò scoccando un’occhiata al ragazzo. Gabriel la ignorò suo malgrado.
-A più tardi, allora- Ocheeva tornò nelle proprie stanze pronunciate quelle parole.
-Antoniette Marie- Vicente si rivolse alla fanciulla.
-Ditemi, mio signore-.
-Recati nella mensa e ordina per mio conto che venga preparato del cibo per il tuo confratello, mentre saremo via. Porta con te Nikolò- aggiunse carezzando la nuca al bambino.
Antoniette Marie chinò la testa prendendo congedo; si avviò alla mensa passando per le scale e seguita dal pedinatore.
Appena furono soli, Vicente fece gesto all’Eletto di sedere con lui al tavolo vicino, lo stesso dove Gabriel si era accomodato al suo arrivo. Il vampiro notò il boccale mezzo pieno dimenticato dal ragazzo e glielo fece scivolare fin sotto al naso. –Abbi la grazia di finirlo- disse.
Gabriel gettò in gola il vino che restava e posò il bicchiere vuoto sul tavolo senza fare rumore. Con sua grande sorpresa, Vicente prese la brocca e gliene versò dell’altro, riempiendo anche un secondo boccale per sé.
-Vederti illeso mi fa una gran gioia, Gabriel- approvò il vampiro. –Davvero non immagini quanto la previsione della tua morte abbia annientato i nostri cuori-.
-I cuori di chi, se posso?- insinuò il ragazzo, ma si rese conto troppo tardi di aver fatto dell’ironia con fini ambigui, l’uno più tagliente dell’altro. Irrigidì la presa attorno al vetro del bicchiere. Pensò che Vicente, il cui cuore non pulsava da tempo immemorabile, avesse inteso le sue come parole d’offesa.
Il vampiro sorrise tristemente, ma ciò che disse poi fece intendere al ragazzo di essersi creato tanti complessi per nulla. –I rapporti personali con i tuoi confratelli devi gestirli da solo, Gabriel; neppure io posso aiutare i tuoi compagni a comprendere il peso che porti sulle spalle e il dovere che esso compete. I rapporti personali è cosa su cui Sithis non si assume responsabilità, mai, se non ad un unico fine-.
-L’unione- lo precedette Gabriel.
Vicente annuì. –Esatto. Solo in quel caso la divinità sfiora le nostre vite e intercede per noi e la persona destinata ad affiancarci. Tutto il resto è un’ampia circostanza dipinta dall’istinto e dalla tua capacità di oratoria, naturalmente- ridacchiò posando con grazia le labbra sul bicchiere e bevendo un lungo sorso.
Sono quasi sicuro di aver sentito battere i canini sul vetro…Gabriel rabbrividì. –Di cosa volevate parlarmi?- chiese portandosi il bicchiere alla bocca. Non era sicuro che sarebbe stato in grado di vederci chiaro ancora per molto, con tutto quel vino che Vicente voleva fargli ingerire.
-Hai ragione, ti sto trattenendo su tematiche inutili, perdonami- si scusò Vicente tornando serio. Dopo un silenzio che parve durare un’eternità, il vampiro posò il boccale sul tavolo e fissò un punto indistinto all’orizzonte, sferzando la penombra del salone coi suoi piccoli occhi dorati. –La Confraternita sta passando un periodo troppo luminoso. Le candele che credevamo di aver spento stanno tornando a far luce sui nostri misfatti. Formiche curiose s’insinuano tra le venature del tronco del nostro albero arrancando di bubbone in bubbone. Il terreno su cui ci stiamo avventurando scricchiola ad ogni passo e rischia di sgretolarsi sotto i nostri piedi. Dobbiamo essere cento volte cauti e mille volte rapidi per difenderci da questi misteriosi assalitori… anche se non sappiamo chi siano o cosa stiano cercando di preciso-.
-Se volete che indaghi, maestro, non dovete far altro che ordinarmelo; e la mia lama, guidata dal volere e la benevolenza di Sithis, scaverà a fondo nei loro cuori- si offrì Gabriel, avvertendo nello stomaco l’euforia del vino.
Vicente scosse la testa. –No, Gabriel, non è questo che voglio da te; almeno non ora. Mentre i bravi Assassini falliscono sempre più spesso, i Santuari sparsi nell’Impero implorano che questa crisi finisca, che l’oscurità torni ad occultarci. Vogliono che Sithis si riprenda il suo regno, lo chiamano. Forse chiederti di uccidere Valen senza destare i sospetti delle guardie è stato pretendere troppo dalle tue capacità. La Dea ha permesso il tuo arresto per darci questo messaggio: ti abbiamo sopravvalutato, Gabriel-.
Al suono di quelle semplici parole il ragazzo tremò sulla sedia. Guardò a lungo il vampiro negli occhi, senza riuscire a distrarsi con altro che non fossero le venature rosse nelle sue iridi dorate. Danzavano attorno al pozzo scuro delle pupille, vive come nastri nel vento. Aprì bocca, ma la voce gli era morta in gola prima di poter toccare il palato asciutto. Gabriel tentò invano di schiarirsela: improvvisamente aveva un estremo bisogno di bere.
Sotto lo sguardo serio e indagatore di Vicente, che sapeva lo stesse studiando in ogni gesto, l’Eletto afferrò la caraffa e si versò nuovamente del vino nel bicchiere.
Vicente proseguì: -Le tue azioni compromettenti, in altri tempi e in altri luoghi sarebbero equivalse a firmare le carte per l’espulsione dalla Fratellanza. Ma noi non possiamo permettercelo. Tu ci servi, Gabriel, sei il diamante in punta alla lama, sei il coltello che dividerà le carni e servirà colazione, pranzo e cena agli dèi. L’Ordine sa di non poter fare a meno di te, nonostante già da tempo molti, prima di me, di Ocheeva, di Lucien, dubitavano che saresti riuscito a risollevarci. Ignorare le loro voci è stato un grosso errore. Queste persone sanno cosa sta succedendo, sanno delle spie, dei traditori che crescono in numero e spuntano come funghi. Mettere da parte il loro ruolo, assecondando il tuo, è stato gettarci nelle braccia del nemico, immaginando che un Re, da solo, potesse sgombrare la scacchiera per la sua Regina-.
Vicente amava molto gli scacchi. Una volta aveva pure provato ad insegnargli regole, tattiche e trucchi, ma nelle partite ufficiali Gabriel perdeva dopo le prime quattro mosse del vampiro. Quel riferimento al gioco, un confronto a parole simile ad una partita di scacchi, gli dava i brividi.
-Il culto di Sithis è la fede che troppi di noi stanno abbandonando schierandosi con i nostri avversari. Per questo motivo ho riposto in te tutta la mia fiducia: sei l’Eletto, colui che rafforzerà i rapporti tra i terreni e i Divini, l’intermediario che la Confraternita attendeva da secoli, nelle cui mani affidare il destino del nostro Ordine e la salvezza dell’Impero dalle anime corrotte-.
Gabriel distolse lo sguardo respirando piano. Socchiuse gli occhi e ripensò alla consapevolezza di avere una simile responsabilità sulle spalle. Se ne sentì schiacciato come la prima volta che Vicente lo aveva chiamato l’Eletto, e provò un immenso senso di vertigini. Non disse nulla che potesse aiutarlo a confidarsi con Vicente, non perché non sentisse di averne bisogno, bensì perché temeva inopportuno parlare al vampiro dei propri bisogni ora che era tornato ad essere un completo estraneo, diffidente, per altro, delle sue capacità.
-Mi dispiace per ciò che stai passando, Gabriel, ti compatisco, ma non posso più darlo a vedere. Potrà sembrarti egoista, da parte mia, un simile gesto nei tuoi confronti, ma non posso permettermi di bruciare la reputazione che difendo a suon di torture e punizioni con i miei allievi. Se in passato sono stato per te un supporto, vorrei che d’ora in avanti mi considerassi unicamente una guida, un tuo semplice superiore. Purché sia preservata l’uguaglianza, ti saranno negati privilegi e diritti, e spesso ti verranno imposte sofferenze peggiori degli altri. Proprio per via del destino a cui sei legato, Gabriel, Sithis esige che tu venga trattato con fermezza, rigore… e non il contrario. Sei d’accordo?-.
Il ragazzo annuì automaticamente. In quel momento non desiderava altro che mettere qualcosa nello stomaco e stendersi a letto. Chiudere gli occhi e crogiolarsi tra le braccia della Madre Notte.
Vicente sembrò prendere accettare la sua risposta, ma ostentò lo stesso una faccia cupa e seria dicendo: -Veniamo ai fatti, allora: per via del tuo parziale fallimento, dovrai scontare la redenzione come tutti. Dopo cena sarai scortato nel Santuario da Ocheeva che ti istruirà su cosa fare una volta all’Altare. Vorrei che quando sarai nel Santuario, tu ti dedichi veramente alla preghiera nonostante io ti stia parlando di un perdono già certo. Lucien non spedirà mai una lettera di espulsione e tu non tornerai a dormire sotto i ponti, posso giurartelo. Da te chiedo in cambio la tua completa dedizione nel prossimo contratto che ti affiderò. Con umiltà, se è possibile-.
Gabriel tacque pensieroso. Non sapeva quanto la Confraternita guardasse in rosa al suo futuro e quasi non desiderava saperlo. Però c’era da tener conto che Vicente non conosceva gli ultimi sviluppi della missione, ovvero che presto o tardi un suo bel ritratto sarebbe stato appeso in tutte le taverne dell’Impero.
-Certo. Con umiltà. Per Sithis- dichiarò. –Ma… signore, proprio con umiltà vorrei confessarvi…- tentò, ma il vampiro lo fece tacere con un gesto della mano.
-E’ tardi, ed io ho del lavoro urgente che richiede la mia supervisione. Va’ alla mensa, sfamati e poi raggiungi Ocheeva nelle sue stanze. Riferisci lei che sei pronto a chiedere il perdono e dimentica questa conversazione appena sarai nel Santuario. Domani vieni da me, e parleremo del tuo nuovo incarico. Di fronte alla supremazia di Sithis siamo servi e peccatori. Pentiti, ragazzo, ma trova la pace-.
Vicente finì il vino in un ultimo sorso. Si alzò per primo e lasciò il salone.
Gabriel rimase da solo al tavolo per un tempo indefinito.
Portò indietro la testa e si tolse il cappuccio, che in quel momento percepiva opprimente come le sbarre di una gabbia. Gli mancava l’aria, quella  fresca e genuina dell’esterno che si respirava sulle coste del lago. Senza rendersene conto, Gabriel tornò con la mente allo scontro con la maga. Immaginò quegli occhi strafottenti che lo studiavano curiosi, i capelli e le vesti intime appiccicate al corpo umido. Non riuscì a trattenere un principio di erezione, nonostante si fosse trattato di una completa estranea adoperata al meglio per distruggere tutto ciò che la Confraternita significava per lui.
Scacciando inutili ricordi, Gabriel preferì voltarsi al presente.
Vicente gli aveva parlato di un perdono già certo, ma il ragazzo non capiva cosa volesse dire. Alzandosi dal tavolo e avviandosi per la mensa rifletté sulle sue parole e scoprì che il Vampiro si era limitato a fargli una cronologia dettagliata del suo futuro prossimo. Sithis l’aveva scelto, l’aveva protetto a lungo, poi un giorno aveva lasciato che finisse in prigione per colpa di una maghetta da strapazzo. Era grazie a Sithis se tutti nella Fratellanza lo guardavano con occhi diffidenti. Era grazie a Sithis se si stava innamorando di Antoniette Marie.
Gabriel aveva dei dubbi sulle parole di Vicente.
Il vampiro gli aveva confessato un grande peso che gravava sulle sue spalle, ovvero quello di non potersi permettere di trattarlo in modo privilegiato semplicemente perché Sithis aveva impedito la sua morte o predetto la sua venuta. Gabriel non pensava che dietro alle intenzioni di Vicente ci fosse l’unico scopo di avvertirlo, metterlo in guardia ad un dovere verso la fede. Gabriel stentava a credere che Sithis si fosse svegliato una mattina dalla tomba e avesse ordinato chiaro e tondo che Gabriel si occupasse di riunire gli infedeli, scacciare e uccidere i traditori.
In realtà, il disegno che Sithis aveva fatto del suo destino era nettamente più incisivo di quello che tutti avevano in mente. Se era stato chiamato l’Eletto c’era un altro motivo, più oscuro, tormentato e intrigato di quanto si potesse immaginare. Ma nessuno sembrava conoscerlo a parte Sithis stesso e forse i suoi cinque interpreti più fedeli, uno dei quali era Lucien Lachance. Gabriel capì che Sithis non gli aveva messo i bastoni tra le ruote affinché la Confraternita decidesse di trattarlo meno da privilegiato. Sithis non stava facendo della sua una vita spericolata, piena di ostacoli e difficoltà senza un fine ultimo migliore dell’aprire gli occhi ad un branco di eretici ciechi. Sithis lo stava preparando a qualcosa, ad un cambiamento, e stava usando tutti i mezzi a sua disposizione per avvicinare il figlio prediletto al suo destino.











.:Angolo d’Autrice:.
Eccomi! Su questo capitolo ha da chiarire, per ora (poi vediamo se me ne vengono in mente altri) tre punti fondamentali.
1.    I quattro Mitici Uccisori, Leggende, come preferite, citati all’inizio del capitolo, sono di mia invenzione. Nel Santuario non troverete mai riferimenti a queste quattro figure che, a mo’ di “Santi” cattolici, ricordano potenziali, principi e doveri della Confraternita stando semplicemente dipinti o appesi ai muri.
    2.    Nikolò, come membro e pedinatore della Fratellanza, è inventato da me. Il grado, ecco, di “pedinatore” non esiste, ma, nella dimensione della mia fan fiction, è prevalentemente attribuito a bambini o ragazze.
    3.    Ho intenzione di cambiare il nome dell'Assasino da Gabriel in Lennard. Tra questo, Gabriel, Lucas, Marcus o Alec quale preferite? XD
    4.    Altro? Hmm… penso di no! Veniamo ai ringraziamenti.


X Burdok 95: in una nota remota presa mentre giocavo ho trovato scritto che si chiamava Gorgon o Gorgog Bro Bolmog. Puoi confermare che (Grogog) come me l’hai consigliato tu è esatto? O, giuro, impazzisco! Comunque grazie, le tue recensioni m’invogliano a scrivere e mi lusingano anche troppo. Per quanto riguarda la storia, sì, era proprio questa l’idea di fondo: due vite che scorrono parallele per poi incontrarsi in (inizialmente) pochi e fatali momenti. ^^  In fine, ti ringrazio molto per l’ulteriore consiglio sul nome dell’Assassino, ma adesso sono io a porre dei canoni: che ne pensi di Lennard? :D
P.S. Te che vivi anche nella sezione AC… Wuhahahahah! Hai visto il nuovo trailer di Botherhood? *w* Perdonami, devo pur condividere con qualcuno la mia gioia! XD

X SnowDra1609: wuahahah! Sono troppo felice che ti piaccia sempre di più! :D Anche a me la storia sta prendendo molto, e detto da una scrittrice che si fomenta alla sola idea di veder crescere l’attenzione dei lettori, vuol dire molto! ^-^ Non so come ringraziarti, anzi, forse lo so! Accontentandoti con la morte dell’Assassino! Muhahahah! èOé Be’, questo… vedremo, dopotutto, sbaglio o Romeo e Giulietta è una “tragedia”? ;D Idee sempre nuove mi affollano il cervello ed è solo colpa tua! XD Allora ci becchiamo al prossimo aggiornamento. ^^
P.S. Non so quanto dovrai aspettare per vedere aggiornata la mia ff su Prototype, mi premeva parlartene. A causa di tempo e “forza di volontà” sto riscontrando parecchie difficoltà nel portare avanti quella e altre fan fiction sparse un po’ ovunque. A presto!
   
 
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