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Autore: Irina_89    17/06/2010    3 recensioni
“Ecco, lo vedi?” fece Simone.
“Cosa?” rispose brusca lei. Non era sua intenzione rivolgersi a Simone con quel tono, ma non sopportava che lei la trattasse così.
“Hai bisogno di riposarti.”
“No, ho solo bisogno di stendermi.” Replicò la rossa.
“E non è la stessa cosa?” alzò un sopracciglio la donna.
“No.” rispose decisa Inge. “Non è la stessa cosa.”
“Inge,” roteò gli occhi. “Perché non metti da parte la tua testardaggine e lasci che ti si aiuti?” il suo tono era leggermente più irritato.
“Perché non ne ho bisogno!” insistette lei, muovendo le mani scocciata.
“Scommetto che non l’hai ancora detto a nessuno.” Disse improvvisamente, senza, però, cambiare il contesto del discorso.
“E allora?” si stava arrabbiando. Le faceva sempre questo effetto stare con Simone a parlare di queste cose. Anche due settimane fa, quando venne per stare un po’ con Alex, le fece una paternale del genere ed Inge si dovette controllare per evitare di tirarle qualcosa addosso. Non che fosse insopportabile, anzi! Simone era una delle persone più belle al mondo. Disponibile, sempre carina… Insomma, era fantastica, ma quando entrava in questo argomento – e il più delle volte anche senza entrarci, bastavano i suoi occhi saccenti ed eloquenti in un qualunque momento della giornata – la ragazza si sentiva messa alle strette, come se non avesse altra scelta che fare come voleva lei.
[Sequel di Just A Kid]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Home'
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“Ragazzi!” esclamò Bill, zampettando verso il frigorifero per prendere la bottiglia di spumante che aveva portato Jost. “Dobbiamo festeggiare!”

“Prendi anche i bicchieri, Bill!” gli disse suo fratello.

“Per tua sfortuna ho solo due braccia, ne avessi anche solo quattro, però, sappi che invece di prendere i bicchieri le userei per prenderti a schiaffi!”

“Uhm, credevo che le donne in casa fossero mamma e Inge…” ridacchiò, dondolandosi sulla sedia.

“Tranquilli, li prendo io.” Si offrì Inge, alzandosi dalla sedia a capotavola.

“No, aspetta,” la bloccò per un braccio Simone. “Faccio io.”

“Mamma, tu sei un’ospite, smettila di fare la padrona di casa!” le ordinò Bill, posando la bottiglia su tavolo.

“Già, anche perché fai fare brutta figura alle buone maniere che loro non hanno.” Li schernì la ragazza.

“Sempre gentile, eh?” la rimbeccò Tom, sporgendosi verso di lei.

Lei sorrise e si alzò ugualmente per aiutare Simone a portare in tavola i sette bicchieri. Quella sera a cena era rimasto anche David, perché aveva annunciato a tutti la critica positiva che la rivista tedesca per eccellenza aveva pubblicato su di loro e il loro nuovo video. Avevano mangiato come al solito delle pizze ordinate un’ora prima e si erano dati all’alcool. Tutti tranne Inge, che diceva di avere mal di pancia per le sue cose. Bill avrebbe giurato che quelle esatte sue cose fossero già arrivate e andate via quel mese, ma non volle indagare.

“Forza, un brindisi!” Georg prese la bottiglia e la stappò, facendo finire il tappo sul soffitto con un rumore secco. Alex saltò dalla paura e tutti i presenti non poterono che ridere per quella scena. Dovettero però smettere all’istante, perché più cresceva, più Alex sembrava farsi permaloso, e non amava che ridessero di lui. Più volte Tom gli aveva dato la colpa, dicendo che lo stava influenzando con i suoi assurdi difetti, e Bill aveva reagito esattamente come da copione: si era immusonito.

“Inge, allunga il bicchiere, non ci arrivo.” Le disse Georg. La ragazza fece per afferrare il bicchiere, ma si bloccò. Il ragazzo vide fin troppo bene lo sguardo della madre, quel suo tipico sguardo: “ti conviene non fare ciò che hai in mente, o te ne pentirai”, era uno sguardo che lui e Tom conoscevano benissimo per tutte le volte che lei l’aveva usato con loro: il viso diventava inespressivo, tranne gli occhi, che assumevano la forma di due piccole fessure minacciose, quasi come quelle di Inge quando era arrabbiata.

“Oh, mamma!” intervenne Tom, che si era accorto dello stesso sguardo. Ormai loro due non potevano non cogliere ogni minimo movimento facciale della madre, la conoscevano troppo bene. “Va bene che Inge non si sente molto bene, ma un brindisi per noi potrebbe anche farlo!”

“No,” disse Inge. “No. In effetti è meglio che io non lo faccia.” Sospirò, afferrando il bicchiere con l’acqua davanti a sé. “Brindo con l’acqua.” Sorrise, versando con l’altra un po’ d’acqua anche ad Alex, affianco a lei, che ridacchiò eccitato.

“Ma porta male!” si allarmò Bill, togliendo di mano a loro due i bicchieri.

“Che palle! E poi porterebbe male a me, non a te, quindi dammelo!” e gli tese la mano con un gesto che non ammetteva evasioni.

E solo a quel punto Jost allungò il suo bicchiere in aria: “A questo disastrato gruppo di idioti!” E la cucina si riempì di vari tintinnii vetrati, che fecero sorridere ognuno dei presenti. Quello non era solo un brindisi per i ragazzi, ma un brindisi per tutti loro, per la felicità che avevano trovato in quel periodo e che sarebbe destinata a durare ancora a lungo.

 

***

Simone aveva lasciato casa da un giorno ormai, e si sentiva la sua mancanza. Soprattutto per quanto riguardava il cibo. Appena poteva, lei si metteva in cucina e dava prova delle sue qualità culinarie, preparando dei manicaretti davvero ottimi per tutti loro. Ora che se n’era andata, loro erano tornati a mangiare pizze, roba surgelata e appositamente scongelata… Al limite, ogni tanto qualcuno di loro tre si impegnava per preparare una frittata, un piatto di pasta, ma non di più. L’apice che potevano trovare in casa i ragazzi era quando Inge non andava a lavorare e si metteva con Alex a preparare qualcosa come stufati e torte.

Quel giorno, però, Inge doveva tornare in ufficio per finire un progetto che si portava dietro ormai da un paio di settimane e che per un giorno di ferie e l’altro, non era ancora riuscita a portare a termine. E il giorno della scadenza era vicina. Quindi Tom era dovuto rimanere a casa per badare ad Alex, perché ancora non avevano parlato a fondo di mandarlo in un qualche posto in cui potesse giocare con gli altri bambini. Ma era questione di tempo, Inge era contraria per la felicità che gli procurava avere un bambino in casa – da tempo ormai aveva capito quanto stesse bene con Alex, quanto si divertisse – mentre Tom riteneva che fosse anche giunto il momento. Però, fino a che anche Bill non gli avesse dato man forte – e lui sembrava proprio non averne intenzione – la questione non cambiava e a turno erano costretti a stare una giornata soli con lui, o al limite a portarlo con loro allo studio di registrazione, per poi lasciarlo con Ebel o Steffens, a seconda di chi aveva più tempo libero.

E proprio in quel giorno che toccava a Tom, a Alex venne la brillante idea di fare una torta. Ci aveva già provato una volta con Bill, che per poco non aveva dovuto chiamare i pompieri per aver quasi dato fuoco alla cucina. Quella si era salvata, fortunatamente, ma la torta no, perché una volta messa in forno, non ci era più uscita come tale, ma come un impasto nero e totalmente carbonizzato. Tom, per quanto il confronto potesse essere davvero pessimo, poteva almeno ritenersi un cuoco autosufficiente. Non aveva mai provato a preparare cose così elaborate come una torta, ma con una ricetta da seguire e confidando nella sapienza infantile e perennemente in cerca di divertimento di Alex, magari qualcosa di commestibile poteva seriamente venirne fuori.

Avevano preparato tutti gli ingredienti segnati su quella pagina stampata da internet, ora al centro del grande tavolo come se fosse oggetto di venerazione, per la sua funzione essenziale, e presto si sarebbero apprestati a mescolarli insieme in base alle indicazioni. Alex aveva già preso le uova e le stava agitando in aria, quando Tom ebbe la prontezza di riflessi di toglierle di mano appena in tempo perché non cadessero per terra, per poi dargli in mano il pacchetto della farina, in modo che potesse agitarla quanto voleva: al massimo avrebbe creato una nube bianca tutt’intorno a loro.

“Sali sulla sedia e aiutami, dai.” E aprì le uova per poi versarne il contenuto nella grande ciottola gialla. Diede poi il via ad Alex di versarne un po’ là dentro, ma non fece in tempo a fermarlo, che il bambino vi versò l’intero contenuto, facendo affogare le quattro uova in un mare di polvere bianca. “Ok, credo che ci servano altre uova, sai Alex?”

Dopo una decina di minuti Tom riuscì a togliere qualche strato di farina dalla ciottola senza il bisogno di aggiungere altre uova, e la mise in un altro contenitore, e visto che Alex si stava annoiando, non avendo più fatto niente, gli diede il permesso di impossessarsi del cucchiaio e di girare insieme i due ingredienti. Inutile dire che la maggior parte dell’impasto venne catapultato al di fuori del ciottolo in nemmeno cinque minuti. Fu così che le dosi della torta si ridussero a dosi per un bignè.

Passarono così quasi due ore, ed infine la torta venne messa in forno. Tom prese, poi, Alex in braccio e lo portò nel bagno superiore, dotato di vasca, per fargli un bagno, vista la quantità di farina, uovo, zucchero – che se non fosse stato per il suo tempismo, sarebbe stato sale – e altra roba che il bambino si trovava addosso, non solo sui vestiti. Fare il bagno ad Alex, tra l’altro, non era nemmeno la sua aspirazione maggiore, dal momento che ogni volta sembrava quasi più conveniente buttarsi anche lui nella vasca: praticamente alla fine era più bagnato lui che quella piccola peste. E quella volta non era differente. Solitamente ci pensava Inge, che persino si divertiva, ma lui preferiva piuttosto farlo addormentare la sera, leggendogli qualche libro di famose favole per bambini che Simone aveva portato loro da casa.

La giornata si concluse con una caccia al tesoro, certamente non voluta, visto che Alex gli aveva rubato i nuovi spartiti a cui stava lavorando con i ragazzi – che l’avrebbero soppresso, se non li avesse trovati entro quella sera. Purtroppo per il ragazzo dopo un’ora di ricerca, Alex si addormentò e Tom non se la sentì di svegliarlo per farsi restituire i fogli, così lo portò in camera e continuò la sua ricerca da solo.

“Cercavi questi?” Inge gli sventolò proprio i suoi preziosi fogli davanti agli occhi.

“Mi hai salvato!” li prese lui, alzandosi dalla sua posizione china, assunta per cercare sotto l’armadio di camera di Bill. “Quando sei arrivata? Non ti ho sentito.”

“Nel momento.” Rispose lei, raggiungendo la camera di Tom, dove posò la borsa sulla sedia e si tolse i vestiti seri che indossava per lavoro, sostituendoli con una comoda maglietta del ragazzo.

“Dove li hai trovati?” chiese lui, che l’aveva seguita in camera per osservare il suo rituale come avveniva ogni volta.

“Erano nel forno.” Rise lei. “Non voglio sapere il motivo.” E gli andò incontro, abbracciandolo da dietro e baciandogli una spalla. Lui si girò e la prese tra le braccia, sollevandola e sentendo le gambe della ragazza incrociarsi intorno alla sua vita. Si baciarono per salutarsi dopo non essersi visti per una giornata intera. Tom sapeva bene dove avrebbe portato quel caloroso saluto, ed infatti si sedette sul letto, per poi stendersi con lei sopra. Ma proprio mentre stava lavorando per toglierle il reggiseno, Inge si sollevò di scatto, lo sguardo spaventato. Scese da sopra di lui e corse fuori dalla stanza. Tom sentì la porta del bagno sbattere e ne dedusse la meta della ragazza. Quindi si alzò e preoccupato andò a bussare.

“Ehi, tutto a posto, Inge?”

Quello che sentì non fu proprio rassicurante.

“S-sì…” rispose con un lamento lei, da oltre la porta.

“Posso entrare?” non aspettò nemmeno la sua risposta, che ruotò la maniglia, varcando la soglia. Inge era in ginocchio davanti al water, che si stava pulendo la bocca con un pezzo di carta igienica. Lo guardò impaurita, gli occhi lucidi e il respiro affannato. Era pallida in viso. “Cosa hai?” le si avvicinò e le toccò la fronte con la mano, mentre con l’altra si tastò la sua.

“Non sto molto bene…” rispose lei, abbassando lo sguardo, per poi tentare di alzarsi con un po’ di fatica, le gambe sembravano tremarle.

“Vuoi che ti porti in camera?” e fece per sollevarla.

“No, tranquillo, ce la faccio.” Lo allontanò. Arrivò al lavandino e si sciacquò la faccia, per poi lavarsi i denti. “Ho solo bisogno di riposare.”

“Da quanto stai così?” le chiese. “È qualche giorno che mi sembri stanca.” Le posò le mani sui fianchi, guardandola attraverso lo specchio con aria ansiosa. “Vuoi che chiami un medico?”

“No, davvero. Sto bene.” Continuò lei.

“Ma se fino a pochi secondi fa dicevi il contrario!”

Lei gli sorrise, ora più colorita in viso.

“Tom, sto bene.”

Quel sorriso lo tranquillizzò e sorrise a sua volta.

“Non farmi più preoccupare così, eh.” E le baciò una guancia.

“D’accordo.” E gli carezzò il viso. “Vado a vedere come sta Alex.”

“Sì, è in camera sua che dorme.” Le disse. “Tra l’altro, senti, volevo ancora parlarti di lui.” Lei lo guardò, aspettando che le parlasse. “Lo so che non è il momento giusto, però, penso che si debba seriamente mandare Alex in un asilo – privato, s’intende. Ormai ha cinque anni, secondo me gli fa bene poter giocare con altri bambini della sua età.”

“Tom, io non so se è una buona idea.”

“Non capisco Inge. E poi anche noi abbiamo i nostri impegni, come possiamo continuare così? Tutti i bambini di quell’età hanno già le loro esperienze in luoghi del genere.”

“Sì, lo so cosa intendi, però Alex non è come gli altri. Voglio dire, è tuo figlio!”

“Appunto per questo vorrei che le mie scelte potessero essere prese come scelte che fanno il suo bene, e non come quelle di una persona qualunque.”

“Ehi, io non ho mai detto che sei una persona qualunque.” Si alterò, appoggiandosi al lavandino del bagno. “Voglio solo dire che da un po’ di tempo i giornalisti hanno annusato la sua presenza. Cosa credi che succederebbe, se lasciassimo che Alex se ne vada in altri posti in cui qualcuno potrebbe anche infastidirlo per questo.”

“Ah, certo! Quindi lasciamo che Alex viva per sempre dentro queste mura, non facciamolo mai uscire! Qualcuno potrebbe sempre riconoscerlo!” alzò lui la voce, smanacciando per aria.

“Tom, Alex sta dormendo nella stanza accanto, per piacere controllati.”

“No, non mi controllo, sono convinto che sei tu quella che dovrebbe controllarsi. Questo tuo attaccamento a lui non gli fa bene. È il momento che lui stia anche con altri bambini. È quasi un anno che non fa altro che stare dentro questa casa. Esce solo per andare da mia madre o in ufficio con uno di noi due. Non ti sembra che anche lui abbia diritto a conoscere altre persone?”

“Tom, Alex è un bambino! Non sa ancora cosa sia il mondo! Lasciamolo crescere senza fretta!”

“No, mi sembra che sia tu a non volerlo far crescere.” E si voltò per uscire.

“No, aspetta.” Lo prese per un braccio. “Non andartene. Finiamo il discorso.” Fece lei, determinata.

“Non finirà mai questo discorso, Inge. Non finché tu non capirai che Alex è una persona, non un gioco.”

“Cosa diavolo significa questo? So benissimo che Alex è un bambino! Credi che sia idiota?”

“Quando ti impunti così, sì.”

“Ah! Grazie per avermelo fatto sapere!” e questa volta fu lei a cercare di andare via.

“No, ora aspetta tu.” La bloccò. “Hai detto che volevi finire di parlare di questo discorso, no? E allora parliamo.”

“No, sembra che tu non voglia capire cosa mi preoccupa in tutta questa faccenda! Non sarai tu, invece, ad essere idiota? Non è che sei tu che non te la senti di stare troppo tempo con lui? Che c’è? Forse ti senti inadatto al ruolo di padre? Be’, sappi che pronto o non pronto è tuo figlio e ti devi comportare come tale! Non è che in questo modo vuoi scaricare tutte le responsabilità a qualcun altro?”

“Inge, ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? È praticamente un anno che Alex vive con noi e tu a questo punto ancora pensi che io non sia adatto a fare il padre?”

“Io spererei proprio di no! Anche perché sarebbe anche l’ora che tu crescessi! Dico solo che dai tuoi discorsi si deduce questo.”

“Non dire cazzate!” rise stizzito. “Io non sarò il padre più bravo del mondo, ma riesco a capire quando a mio figlio manca qualcosa. Lui non ha amici, non ha nessuna persona della sua età con cui possa giocare. E prima che tu dica qualcosa,” le mise una mano sulla bocca, bloccando il fiume di parole che lei avrebbe iniziato a far scorrere se lui non avesse avuto quella prontezza. “Sappi che tutti noi che giochiamo attualmente con lui non possiamo sostituire dei bambini. Alex ha bisogno seriamente di qualcuno come lui con cui stare.”

Inge sembrò arrendersi e sospirò, così Tom le tolse la mano dalla bocca. Sapeva di essere stato duro con lei, ma quella faccenda gli stava particolarmente a cuore. Capiva benissimo che Inge era preoccupata per la sicurezza di Alex, ma se fosse andato in un asilo privato, il problema dei giornalisti non si sarebbe verificato, perché si sapeva: più pagavi, più attenzioni potevi ricevere. E di certo a lui i soldi non mancavano. Sicuramente se avesse sborsato abbastanza denaro, sarebbe riuscito ad avere anche un occhio di riguardo per Alex, facendo sì che conducesse una vita normale di un bambino di cinque anni, senza risentire di quegli insulsi uomini che come lavoro amavano distruggere la vita privata degli altri.

“Vieni qui.” Sapeva anche di aver scelto il momento meno adatto per parlarne con la ragazza – si vedeva che non stava bene, che c’era qualcosa che non andava in lei – ma la questione era importante, ed era importante anche che ne parlassero il prima possibile. E nonostante tutte le altre volte avessero pure tirato in causa Bill per avere un suo parere, che indubbiamente lui non voleva dare per evitare inutili guai con uno di loro due, era ovvio che la questione in realtà comprendeva solo loro due.

La ragazza si lasciò avvolgere dalle sue braccia, ma ancora una volta sussultò e si allontanò in fretta, tornando china su water.

E vomitò.

 

***

 

“Sicura che vuoi andarci da sola?”

“Sì, certo, non ti preoccupare troppo.”

“Ok, allora fai come vuoi.” La salutò con un bacio sulla fronte. “Fammi sapere cosa ti dice.”

“Va bene, ora vado, che ho l’appuntamento alle cinque.” Lo salutò Inge, avviandosi al garage tramite il vialetto che tagliava il piccolo giardino davanti alla porta d’ingresso. Mise in moto ed aspettò che il cancello automatico le permettesse di passare, poi ingranò la prima e partì.

Il giorno prima Tom si era talmente preoccupato di vederla ridotta così che l’aveva obbligata a farle prendere un appuntamento dal medico. L’aveva minacciata di farlo lui al posto suo, se non avesse preso all’istante il telefono in mano e avesse chiamato, così l’aveva fatto. Aveva digitato il numero e si era segnata per una visita proprio il giorno dopo. Il ragazzo le aveva sorriso soddisfatto e aveva constatato che per quella notte, il sesso era fuori discussione. Quindi si erano addormentati accoccolati, sebbene Tom si fosse lamentato un paio di volte per il caldo di Luglio che già lo faceva sudare a cose normali. Inge però seppe ribattere e Tom non trovò le parole per replicare a sua volta: “Ah, però il sudore dovuto al sesso non ti dà fastidio, eh?”

L’unica cosa che Tom ancora non sapeva, era che il medico che lei aveva chiamato non era esattamente quello che intendeva lui, ma gliel’avrebbe detto a tempo debito. Ora sarebbe stato meglio evitare certi argomenti, almeno finché non fosse arrivata l’occasione giusta per rendere pubblica la cosa. Sempre che il momento fosse seriamente arrivato.

La clinica non era molto distante, bastò un quarto d’ora di macchina per raggiungerla. Parcheggiò sotto l’edificio ed entrò, mettendosi seduta nella sala d’aspetto. Mancava poco all’ora dell’appuntamento e oltre a lei c’erano solo un altro paio di donne, entrambe accompagnate dai reciproci compagni. Lei invece era sola e l’aria che respirava in quella stanza le sembrava sempre più tesa e pesante. Per un attimo pensò di aver fatto una cazzata a dirgli di non venire, ma dovette subito ricredersi perché se lui fosse venuto con lei avrebbe scoperto tutto una volta sottoposta a qualsiasi visita. La sua pancia si stava pian piano ingrossando e sinceramente trovava strano come Tom ancora non si fosse ancora accorto di niente. Nemmeno a dire che non la vedeva mai nuda… Il fatto proprio che il ragazzo sembrava del tutto ignaro della faccenda, mentre Georg, Gustav e pesino sua madre se n’erano accorti, le dava da pensare: e se forse lui non fosse pronto per avere un bambino? Un altro, ovviamente. Questo sarebbe  statotroppo piccolo, Alex almeno aveva superato la fase di allattamento, pianto notturno e ogni altro problema che avrebbe dato un bambino in fasce, ma tutto questo per il semplice fatto che Alex aveva già quattro anni quando entrò nella loro vita, mentre questo sarebbe stato un bambino da accudire dalla nascita. Un bambino loro.

“Inge Träne?”

La ragazza si alzò alla voce della signora che l’aveva chiamata. Si diresse verso di lei, che l’accolse con un sorriso cordiale e rassicurante, proprio quello di cui Inge aveva bisogno: essere incoraggiata ad andare fino in fondo a questa storia.

“Prego.” Le aprì la porta. L’interno della stanza era come se lo era sempre aspettato: bianco. C’era un grosso macchinario in un angolo, a cui era collegato uno schermo. Un lettino era posizionato lì vicino. “Vuole un camice? Sa, per non sporcarsi i vestiti con il gel.” Le sorrise.

“No, grazie, non importa.” Rispose la ragazza, timidamente. Si sentiva in soggezione in quella stanza. Non aveva mai pensato a come sarebbe stata la sua prima ecografia, ma di certo si sarebbe aspettata la presenza di qualcuno insieme a lei, e questo qualcuno non doveva essere il ginecologo.

“Allora si sdrai sul lettino e si scopra la pancia.”

Inge fece come le era stato detto e osservò la donna sedersi su uno sgabello e prendere un tubetto di gel dal cassetto di un mobile lì vicino. Il contatto con quella sostanza gelatinosa sulla pelle le procurò dei brividi di freddo e lei si contrasse.

“Stia tranquilla, mia cara, vedrà che andrà tutto bene.” Era gentile quella donna e Inge doveva ammettere di aver avuto fortuna a trovare un medico femminile, perché l’imbarazzo sarebbe aumentato esponenzialmente se fosse stato un uomo a doverla visitare. “Non c’è nessuno con lei, vedo. Posso chiederle il motivo?”

“Il padre non lo sa ancora.” Confessò Inge. Era la prima persona con cui era così sincera nel parlare di questa cosa. Nemmeno a Georg, Gustav o a Simone aveva parlato così apertamente.

“Ah, capisco.” Si pulì le mani dopo aver esteso il gel su tutta la pancia. “Forse però anche lui vorrebbe sapere cosa sta succedendo qua dentro.” E sorrise, indicandole il ventre.

“Purtroppo non credo.” Si fece triste, ma anche realista.

“E perché no? Tutti vorrebbero avere un bambino.”

“Dipende dai casi. Potrebbe anche essere il momento sbagliato per averne uno.”

“E questo per lei e il suo compagno è un momento sbagliato?” la stava guardando saccente, come se sapesse così tante cose al riguardo che niente di quello che avrebbe potuto dire Inge l’avrebbe fatta sbalordire. Be’, visto il lavoro che faceva, forse era anche più che normale.

“Già. Entrambi lavoriamo. E siamo giovani.”

“Magari l’età non è un problema. Basta essere abbastanza maturi per volerlo.”

“Credo che questo sia un altro problema.”

“Non mi piace dirlo, ma crede che sia stato un incidente?” chiese distogliendo lo sguardo, mentre afferrava uno strumento rotondo che poi appoggiò sulla sua pancia.

“Nemmeno a me piace dirlo, ma credo di sì.” Ammise Inge, senza guardare la dottoressa, fingendo di capire quello che veniva proiettato sullo schermo.

“Posso dirle il mio parere personale?” la fece voltare verso di lei. “Secondo me non ci sono incidenti. Gli incidenti ci sono solo se succede un aborto – quello sì che un incidente – o altre disgrazie del genere. Ma un bambino non è mai un incidente.”

“È incredibile come una persona che vede così tante donne incinte possa ancora pensare certe cose. Credevo quasi che i medici fossero tutte delle persone ciniche.” Commentò ironica Inge. “Scusi, con questo non volevo insinuare niente,” aggiunse, notando il silenzio che si era imposto tra di loro, mentre lei aspettava una risposta da parte della signora. “Ma vede, per certe persone i bambini portano solo guai.”

La donna la guardò dolcemente e la fece tacere.

“Le faccio una domanda: lei il bambino lo vuole?”

“Sì.” Inge si sorprese per la velocità con cui aveva risposto. Tante volte ci aveva pensato a questo bambino, ma mai aveva trovato una risposta a quella domanda, perché ogni volta che se la poneva, vedeva Tom, il suo lavoro, il suo futuro… E non le sembrava il caso di rovinare tutto con un bambino. Un bambino avrebbe voluto dire un cambiamento repentino di tutto. Già Alex aveva stravolto ben bene la loro vita, un altro bambino avrebbe complicato ulteriormente le cose.

“Allora il suo non è un incidente.” Le sorrise. Era un sorriso di congratulazioni, un sorriso che sembrava urlare quanto quella dottoressa fosse stata fiera di aver ricevuto quella risposta. E quel sorriso, fece sentire fiera della situazione anche Inge. “Anzi,” e si concentrò sullo schermò, muovendo un po’ la sonda sulla pancia. “Credo proprio che la sorpresa per il suo compagno non sarà una sola!”

Inge guardò lo schermo con quell’attenzione che ancora non aveva mostrato: tra tutta la confusione che poteva vedere proiettata sullo schermo, c’erano due macchie nere che pulsavano leggermente al centro. E il cuore della ragazza accelerò i battiti a quella visione, mentre il naso iniziò a pizzicarle per l’immensa voglia che aveva di piangere.

“Sono due?” chiese con voce flebile. Non sapeva esattamente come distinguere i vari sentimenti che stava provando: c’era della felicità per poter vedere per la prima volta quello che aveva in grembo, ma anche della paura per il suo futuro. E anche tanta voglia di piangere. Si sentiva il magone proprio in gola, pronto ad accendere quella miccia che l’avrebbe portata a versare lacrime di gioia. Ma un sentimento più di tutti si faceva strada dentro di lei: la voglia di avere Tom vicino a sé per potergli far vedere tutta quella meraviglia.

 

***

 

“Inge non è ancora tornata?” chiese Bill, affacciandosi dalla cucina.

“No, magari c’era molta fila.” Rispose Tom, mettendo a posto le bottiglie di birra che tra tutti avevano fatto fuori quel pomeriggio. Georg e Gustav se ne erano giusto andati per cenare, visto che erano le sette. Avevano parlato della musica che stavano componendo e Bill aveva provato a buttare giù le parole che quella musica suscitava in lui. Non era altro che una bozza, ma era piacevole, dolce, forse più per il fatto che fosse suonata con gli strumenti acustici, che con quelli elettrici. Anche Alex, che ora stava aiutando Bill ad apparecchiare, ne era entusiasta e aveva pregato Tom perché gli facesse suonare un po’ la chitarra anche a lui.

“Ma aveva appuntamento alle cinque, non credo che una visita possa durare così tanto.”

“Che sia qualcosa di grave?” mormorò Bill, temendo il peggio.

“Ehi, calmati! Non pensare nemmeno certe cose sulla mia donna! È solo stanca, tra poco varcherà la porta e si andrà tutti e quattro a mangiare.”

E così successe. La porta d’ingresso si aprì proprio in quel momento ed Inge entrò in casa di fretta. Salutò fugacemente tutti i presenti e corse su per le scale, per poi chiudere la porta dietro di sé.

Bill e Tom si guardarono perplessi. Cosa diavolo era successo per farla reagire così? Tom leggeva nello sguardo di Bill la sua stessa preoccupazione, così si precipitò al piano superiore e bussò alla porta.

“Ehi, come è andata? Cosa ti hanno detto?” chiese, entrando in camera. Inge si stava cambiando e si girò di scatto verso di lui.

“Tutto a posto, niente di grave, davvero!” e gli sorrise. Tom ebbe l’impressione che quel sorriso fosse falso, ma allo stesso tempo sembrava seriamente un sorriso di rassicurazione. “Il dottore mi ha detto che probabilmente mi sento così fiacca per lo stress – sai, devo finire quel progetto e la scadenza è vicina…”

“Sicura che sia tutto qui?” insistette Tom, andandole più vicino.

“Sì, te l’ho detto.” E gli diede un bacio sulla guancia, per poi superarlo e incamminarsi verso il corridoio. Ma fu quello l’errore di Inge: farsi vedere troppo da vicino. Tom notò infatti che i suoi occhi erano gonfi, e il velo di trucco che aveva prima di uscire ora non c’era più.

“Inge, sii sincera: cosa è successo?” la inseguì, prendendola per un braccio a metà scala.

“Niente, davvero.”

“Ti conosco da due anni, so bene come sei fatta.” La sfidò a dire il contrario. “C’è qualcosa che non vuoi dirmi, e per piacere fa che non sia qualcosa sulla tua salute.”

Lei si avvicinò a lui, i suoi occhi erano lucidi, come se si stesse per mettere a piangere da un momento all’altro. Alzò una mano e la posò sulla sua guancia, guardandolo negli occhi con dolcezza.

“Davvero, non c’è niente che non vada.” Gli sorrise. “Va tutto bene. Sto bene. Quindi rilassati.” E lo baciò, per poi continuare a scendere le scale.

Tom la seguì dopo qualche secondo, notando quanto in fretta si passò una mano sugli occhi, come per asciugarli. Si domandò il motivo di quel suo atteggiamento, ma non seppe rispondersi. Le era parsa totalmente sincera, così sincera che non poteva non crederle. Ma se fosse andato tutto bene, se lei stava bene, quale era il motivo delle sue lacrime?

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Eccomi! Stranissimo, vero, vedere già un aggiornamento a distanza di pochi giorni, eh? Be', purtroppo non fateci troppo la bocca perché non sarà sempre così... Prendete questo capitolo come un'eccezione :)

Eh, insomma, qui di vede un po' più da vicino i sentimenti della ragazza riguardo quello che sta succedendo in lei. E Tom ancora non sa niente. Cosa succederà quando lei si deciderà a parlare? Si vedrà...!

Ad ogni modo, passo velocemente ai ringraziamenti:

_KyRa_: Grazie infinite dei complimenti! Eh, sospettavo che a molti di voi venisse un colpo nel vedere questo sequel... Era un po' il mio obiettivo, se vogliamo essere sinceri XD E vedo che sono riuscita nell'intento! Mi domando come tu abbia fatto a scoprire la sua gravidanza ;) Ok, battute a parte, la reazione di Tom sarà... Non te lo dico: non voglio rovinarti la sorpresa, ma sappi che per qualche punto ci hai azzeccato. (So che dal momento che hai scritto di tutte le varie opzioni che ti sono venute in mente, la mia risposta ti ha lasciato esattamente come prima u.u Però sappi che "ci sono complicazioni", come disse Inge nel primo capitolo, quindi, a te l'interpretazione :3) Grazie ancora per la recensione, mi ha fatto molto piacere!

memy881: Eh, sì, anche tu hai magicamente scoperto il segreto della nostra protagonista :) No, Tom non ne sapeva niente. Era stato lasciato appositamente in sospeso quel punto in modo da permettere un eventuale seguito. Avevo solamente lasciato intendere quello che sarebbe successo, facendo dire al ragazzo delle parole su un probabile loro futuro del tutto casualmente. Mentre Tom le pronunciava non aveva la minima idea di quanto in realtà fossero vere. Era ignaro di tutto, e così sembra continuare ad essere. Comunque grazie mille per il commento! Sono felice che ti piaccia! :)

_no sense_: Oddio, sono onorata! Ma anche un pelino intimorita. Ho letto quanta fiducia riversate in me e nelle mie storie: spero di non deludervi per tutto il resto della vicenda! Farò del mio meglio! Per quanto riguarda il sequel, sarò sincera: nemmeno io pensavo che sarebbe arrivato questo terzo episodio della saga. Mi sono sorpresa quanto voi nel trovarmi a scrivere nuovamente delle avventure di questa coppia.

Inoltre, mi ha fatto uno strano effetto leggere che non sopportare Inge XD Ma in senso buono! E forse mi rende ancora più felice! Voglio dire: è raro che certe persone continuino a leggere delle storie sebbene uno dei protagonisti non sia per loro tutto quel che. Mi rende fiera del mio lavoro questa vostra recensione! :) Grazie mille! Per quanto mi riguarda, però, io sono più dalla parte dei tori incazzati che dei cuccioli. Mi piace maggiormente creare personaggi testardi, capaci di fare anche cazzate pur di difendere la propria posizione. Ad ogni modo, sono contenta che il piccolo Alex abbia trovato altre persone che lo adorano! ^^

Ahahaha, quando ho letto che mi temevate per i miei aggiornamenti mostruosamente lenti, mi avete fatto ridere per la verità che avete riversato in quelle parole! E' vero, purtroppo sono un disastro: la puntualità non è mai stata il mio forte, e penso proprio che mai lo sarà. Sorry... T.T Ma sappiate che mi metterò d'impegno anche in questo caso per non deludere le vostre aspettative! :D

Ok, stasera sono stata davvero logorroica! o.o Scusate, non era mia intenzione! Comunque, ora vi lascio, che stasera mi aspetta una bella seratina al ristorante cinese! *-*

Mi raccomando, lasciate dei commentini, eh? ;)

Bye bye!

Irina

  
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