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Autore: nainai    19/06/2010    2 recensioni
Il tempo, Cody, ti darà la capacità di sopravvivere ma nessuna risposta alle tue domande.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brian Molko, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per tutte le mie paure che hai dissipato”
Brian

 Nebbia. Nebbia grigia che rende grigi i suoi occhi. Nebbia inconsistente che copre il mondo e toglie spessore alle cose. Vorrebbe gridare, ma non ha voce.
La nebbia si è presa anche quella.
Cody sta appoggiato al finestrino della macchina, il viso quasi incollato al vetro, il fiato che si condensa in una macchia più opaca ancora della realtà fuori dall'auto. Non ha detto più nulla da quando sono scesi da casa. In realtà, non ha detto più nulla da quando lui si è alzato da tavola – dopo quell’annuncio buttato al vento – è uscito dalla stanza, ha raccattato Karine ed ha fatto quello che aveva in progetto di fare da settimane, ormai. L’ha buttata fuori. Fisicamente. Tra le proteste di lei, le recriminazioni che non si è preso il disturbo nemmeno di ascoltare e gli insulti a cui ha fatto un’abitudine che gli rende impermeabile la pelle.
Cody era seduto allo stesso posto quando è tornato in sala vestito e con il cappotto già addosso, le chiavi della macchina in una mano ed un giubbotto leggero per lui, uno di quelli che deve avergli lasciato in casa in una delle innumerevoli visite “mordi e fuggi” a cui lo costringe sua madre.
-Alzati.- gli ha detto soltanto, allungandogli l’indumento senza una parola di più.
Se lo è infilato con tutta la rassegnazione di un copione già visto e di battute già scontate. Prima ancora di salire in macchina sapeva dove erano diretti e non ha fatto domande di cui non voleva sentire la risposta. È come se dopo averla confessata, il peso di una verità fastidiosa sia riuscito finalmente ad abbattere le spalle di Cody, di un ragazzino ostinato in lotta contro la propria vita.
Per cui il viaggio in macchina passa nel silenzio della nebbia e di Londra che sfila via in fretta da sotto le ruote e lungo l’asfalto.
E’ Brian il primo a scendere, dopo aver parcheggiato in fondo al vialetto ordinato. Non ripete l’invito al figlio, lui spalanca la portiera, mette i piedi a terra e recupera dal fondo della macchina lo zaino sgualcito in cui sono infilati i suoi vestiti della notte prima, quelli che portano ancora l’odore di una bravata che gli costerà cara. Si avvia a passo lento dietro l’adulto che lo precede.
Brian non si volta per assicurarsene, sosta sotto il porticato della villetta e preme il campanello, guardandosi attorno con sospetto.
Saranno in tutto quattro le volte che è venuto fin lì in sei anni, ed ancora non riesce ad abituarsi all’idea che Helena possa essersi arresa a vivere così. Lei che è un animale sociale molto più di quanto sia lui, lei che è abituata a respirare la confusione della City, ad immergercisi con la fierezza e l’eleganza di un animale metropolitano… Condannata senza appello – e da sé stessa – ad un esilio volontario fatto di casette a due piani, giardini assettati, silenzi bucolici e tendine fiorite alle finestre. Storce il naso involontariamente, la fila composta di case gli ricorda un’altra “caserma” analoga, in un altro luogo d’Europa, un altrettanto ordinatamente piatto Lussemburgo in cui la sua adolescenza è stata sprecata a contare paletti uniformi lungo steccati di giardini tutti uguali.
Poi la porta si apre ed il carnefice delle aspirazioni di Helena si affaccia sulla soglia.
Patrick è come sempre: preciso come un’aiuola in boccio. Ed altrettanto insulso.
-…Brian…?- mormora.
Il suo sguardo è catturato quasi subito dal ragazzino che arriva alle spalle dell’altro. Brian, invece, non si gira, mette su una faccia inespressiva e comincia a sparare a zero le banalità convenzionali del caso.
-Buongiorno, Patrick, mi spiace piombare così all’improvviso.- sciorina incolore, per proseguire senza soluzione di continuità.- Helena è in casa?
Cody si fa strada tra di loro, spintona via il padre con indifferenza e Patrick con una punta di fastidio che gli riserva ad un’occhiata di sbieco. I due adulti registrano la cosa e passano oltre. Mentre Cody si arrampica sulla scala che porta al piano di sopra, abbandona lo zaino al proprio fianco e siede sui gradini, Brian scivola elegantemente all’interno della casa, spiazzando Patrick abbastanza perché faccia un passo indietro e gli lasci campo libero del tutto.
-Brian, ci hai colti un po’ impreparati…- ci tiene comunque ad informare. Il suo interlocutore non lo ascolta, sfila il cappotto dalle spalle ed entra in salone inseguito dal sorriso impacciato e rigido che lui rivolge alle sue spalle.- Sei ci avessi avvisati che saresti venuto…
-Sì, mi rendo conto.- scorcia Brian asettico, guardandosi attorno con attenzione.
Quattro volte, ed ognuna di quelle ha sempre avuto la stessa sensazione di disagio, rimandata indietro amplificata da milioni di atomi compatti: quelli dei mobili di legno tirati a lucido, dei pavimenti profumati di cera, dei servizi di porcellana in mostra nella vetrina di fianco allo sparecchiatavola e dei cuscini imbottiti con la federa di cotone grosso, bianco e spesso come quello che si usava un paio di secoli fa. Sia lode alla Morte delle Aspirazioni.
Sbuffa nel lasciarsi cadere a sedere sul divano, rigorosamente ricoperto da un telo ricamato tono su tono, accavalla le gambe, punta gli occhi su di lui e sfila le sigarette dalla tasca della giacca.
-Credimi, - inizia affabilmente. – non fosse una cosa importante, non vi disturberei in un momento delicato come questo. Tra l’altro… – continua colloquiale, interrompendosi il tempo che gli serve a posare la sigaretta tra le labbra e prendere la mira con la fiamma sottile dell’accendino.
Patrick freme appena. Scocca ancora un’occhiata in direzione di Cody perché ha intuito da dove arriverà il problema, ma il ragazzino lo ricambia con un’indolenza indifferente che lo lascia disarmato. Così torna al proprio avversario, incrocia le braccia al petto e cammina fino a trovarsi di fronte al divano.
-Intendevate dirmelo, prima o poi, che avete intenzione di sposarvi?- sorride sornione Brian, sbuffando soddisfatto il fumo.
La nuvola spessa ha il tempo di dissiparsi prima che Patrick decida esattamente come vuole reagire a quella situazione. Quando torna ad avere gli occhi dell’altro puntati addosso è comunque a disagio, gli ricambia il sorriso con ancor meno convinzione e si gratta nervosamente la testa, passando le dita distratto tra i capelli biondi e corti.
-…Brian…è stata una decisione un po’ affrettata, lo ammetto. Diciamo che le circostanze erano tali per cui…- inizia a borbottare.
-Sì, vi deve essere sfuggito.- scocca impietoso l’altro, fissando con attenzione la punta della sigaretta. Un nuovo tiro, il tempo di assaporare il tabacco, poi quella domanda che viene espirata assieme al fumo.- Dov’è Helena?
-Temo che sia impegnata.- si affretta a spiegare Patrick- Ci hai davvero beccati in contropiede!- ribadisce allegramente- Sai, siamo piuttosto presi dai preparativi e…
-Cody è stato arrestato dalla polizia stanotte.- riferisce Brian senza ascoltarlo.- Furto di alcolici e vandalismo. E pensa un po’, me lo ritrovo fuori dalla porta con questo agente alle spalle che mi fa “ha chiesto lui di essere portato qui”.- riassume spiccio, sollevando gli occhi in faccia a Patrick.- Dici che Helena li trova due minuti?
La faccia di Patrick è uno spettacolo. Cody deve trattenere una risata e nascondersi frettolosamente nel giubbotto quando si volta a guardarlo, pallido come un cencio e con un misto di disgusto e sgomento sul viso. La cosa più bella, però, è vederlo annaspare nell’indecisione, mentre tenta di stabilire in un tempo congruo l’ordine delle priorità: buttare fuori Brian, afferrare il ragazzino per il colletto e scuoterlo fino a che non pianga lacrime di sangue, afferrare per il colletto anche la propria futura moglie e farle una lavata di capo su “quanto avevo ragione io a dirti che sarebbe venuto su come un delinquente!”. Ha appena finito di mettere in fila quei pensieri che Brian riprende la parola.
-Credevo che i patti fossero chiari.- scandisce lento.
Patrick si volta come se lo avesse schiaffeggiato. Si gonfia, come un orso in assetto da combattimento, ed è…davvero…enorme a confronto con la calma mingherlina e serafica di Brian, seduto tra i cuscini della nonna come un sovrano sul trono.
-Patti?!- ripete istericamente. Quando sente il tono della propria voce stridere e graffiare si contiene, riprende fiato e si rimette composto.- Di quali “patti” stai parlando, Brian?- interroga secco e deciso.- Del tuo accordo con Helena circa il fatto che ti saresti lavato le mani di Cody e della sua educazione? Non mi pare che ci sia mai stato un patto al riguardo, quanto più la buona volontà da parte nostra di farci interamente carico di tuo figlio.- ritorce asciutto, riacquistando fiducia man mano che parla.- E stai sicuro che non mi tirerò indietro proprio ora. Anzi! – ci tiene a precisare, scoccando uno sguardo sferzante al destinatario mediato di quelle parole. Cody aguzza le orecchie.- Ti posso assicurare che una volta che io e sua madre saremo sposati, sarà mio preciso compito quello di fare in modo che Cody diventi una persona per bene. E per prima cosa, ragazzino,- minaccia puntandogli un dito contro.- aspetta che la cerimonia sia finita e fai i bagagli, c’è una bella scuola militare che ti aspetta!
-Co…!?- inizia indignato Cody.
Ma è la risata di Brian ad interrompere sia la sua protesta che la tiritera di Patrick. L’uomo si volta a fissarlo, sgranando gli occhi offeso da tanta insolenza, ma Brian non si lascia spiazzare, si allunga verso il tavolino da caffè, preleva il posacenere in cristallo e lo appoggia sulle gambe con tutta l’accortezza del caso, scuotendo la cenere all’interno mentre prende tempo a discapito della pazienza dell’altro.
-Una scuola militare?- ripete quando vede che, ormai, Patrick è al limite ultimo della propria sopportazione.- Andiamo!
-Andiamo?!- è lo scatto irato dell’altro.- E’ un piccolo…deliquentello!
-E’ mio figlio.- lo corregge Brian bruscamente.- Non ti permettere.- avvisa poi.
-Di fare cosa? Io e sua madre abbiamo cercato disperatamente di inculcargli un po’ di buon senso e tutto quello che abbiamo ottenuto cos’è stato? Che inevitabilmente seguisse il tuo esempio e…
-Cosa vorresti dire?!- sibila Brian interrompendolo e sollevandosi di scatto dal divano.
È uno scontro un po’ grottesco, si ritrova a considerare Cody, rannicchiato sul gradino, suo padre è basso e magro e Patrick è un uomo imponente, eppure...
-La verità, Brian, ho sempre detto ad Helena che frequentare te non avrebbe portato nulla di buono a Cody!- gli grida contro Patrick.- E se lei si fosse decisa prima a diventare mia moglie, io avrei potuto…
-Cosa?! avresti potuto cosa, Patrick?!- ringhia Brian ferocemente.- Sai, mi spiace svegliarti dal tuo bel sogno, ma Cody è figlio mio e di Helena! Tu non sei compreso nel pacchetto!
-Oh, spiace a me svegliarti dal tuo bel sogno, Mr. Superstar! – ghigna Patrick in risposta, cattivo - Helena è incinta di mio figlio ed è me che sta sposando! Fine dei giochi, Brian, non sei più il centro del suo universo, né tu né il vostro bastardello selvaggio!
Ed è una doccia gelida. Cody vede suo padre incespicare sotto il peso di quella rivelazione, ritrarsi un attimo, spalancando sull’altro quello sguardo troppo grande che è rimasto il suo marchio di fabbrica anche ora, quando ormai è solo ridicolo e patetico sul viso di un uomo fatto e finito. Forse avrebbe dovuto dirglielo, prepararlo tutto per intero a quella verità. O forse ci sperava anche di vederlo abbattuto…una volta tanto.
Peccato non sia poi così divertente come credeva.
Si aggrappa con le dita al corrimano, appendendo le spalle fino a sentirle far male, e si concentra su quello, sul dolore fisico, per ricacciare indietro le lacrime che sente pungere agli angoli degli occhi.
…poi però suo padre dice l’ultima cosa che si aspetterebbe.
-…come ti sei permesso di chiamare mio figlio?
Patrick esita. Ha ripreso a sufficienza il controllo da voler rimangiare quelle parole, si volta ancora a cercare i suoi occhi e Cody non gli nega quel contatto, in attesa senza sapere nemmeno di cosa.
-…noi…vogliamo bene a Cody…- biascica, quasi a mo’ di scusa.
E’ vero?
Il pugno di Brian nemmeno lo sente, con tutta probabilità. Lo incassa con uno sbuffo, si piega sullo stomaco ma poi è in piedi come se niente fosse.
Solo che a Brian non interessa. Non lo ha colpito per fargli male, lo ha colpito per altro, per chiudere una pratica aperta da troppo tempo – cazzo, sono sei anni che quel pugno aspetta di trovare il proprio bersaglio! – gli ha dato le spalle l’istante successivo, nessuna rabbia, solo la delusione di quegli stessi sei anni a pesargli addosso e lo schifo. Ma nemmeno per lui.
Cody sente la mano abbattersi sul suo braccio, Brian lo stacca di peso dal corrimano, lo rimette in piedi a forza e lo sta già spingendo fuori senza neppure dargli modo di prendere lo zaino da terra. Inciampa, inforca la porta più per errore che per reale volontà e fissa sorpreso la faccia stravolta di suo padre.
-Brian?!- li insegue la voce di Patrick, allarmata. Cody lo vede arrivare dietro di loro, suo padre lo butta fuori casa e si volta di scatto a fronteggiarlo.- Che stai combinando?- chiede ancora lui, pressante.- Che intendi fare?
-Non ci resta un secondo di più in questa casa.- puntualizza Brian asciutto, puntando un dito ad indicarlo. E Cody crede di aver capito male e resta immobile, arricciato ed indeciso sull’uscio della villetta.- Non ti azzardare ad aprire bocca, non ti azzardare nemmeno a guardare nella sua direzione. Se ti vedo girare intorno a casa mia, ti denuncio. E ci si rivede in tribunale.- elenca pianamente.
-…sei pazzo.- è la constatazione asettica di Patrick.- Io ti rovino, Brian.
-Tu – sottolinea freddamente – non avrai mio figlio.
Gli gira le spalle. Afferra Cody per il braccio un’altra volta, se lo trascina vicino, avvolgendolo così stretto che per un momento lui si sente quasi soffocare e se non protesta è solo perché suo padre sta tremando e questo a lui fa una paura fottuta. Lo segue docile, in silenzio, voltandosi solo quando sente la voce di Patrick inseguirli furente.
-E’ che ti rode troppo che io sia già riuscito ad avere la tua donna, vero?!
Nessuno dei due sente Helena. Nessuno dei due è abbastanza vicino.
Nessuno, solo Patrick quando si volta e se la trova davanti.
Avvolta nel vestito da sposa che stava provando, i capelli raccolti nell’imitazione alla buona dell’acconciatura che porterà il giorno della nozze e quel sorriso disincantato sul viso color caramello.
-Vedi. – sussurra dolcemente - La differenza tra te e lui, Patrick, è che Brian nemmeno ci ha provato ad avermi. Ed è per questo che sarà sempre migliore di te.
-…Hel…Helena…- mormora strozzato, deglutendo a vuoto quel groppo che sente alla gola.
 
-Brian! Aspettami!
Si volta che sono già alla macchina. Cody sorride nel riconoscerla, lui no.
Helena viene verso di loro, veloce, traballando incerta sui tacchi bassi delle scarpe di raso quando s’incastrano nei ciottoli sconnessi del vialotto. È la cosa più diversa dall’immagine di una Helena sposa novella che avrebbe mai potuto formarsi nella sua mente – se pure ha mai permesso alla sua mente di farsi una simile idea – ha i capelli raccolti, la veletta, un vestito bianco con lo strascico… Dio! lo strascico! Vorrebbe ridere.
Lei gli si ferma davanti. Lascia cadere la coda dell’abito e si sistema dritta e compita come una scolaretta davanti al maestro. Gli viene voglia di scuoterla forte per una spalla, ma si limita ad inarcare un sopracciglio davanti al suo sguardo sornione. Helena ha sempre avuto questa cosa che, quando è incinta, risplende. E lui proprio non riesce a resisterle.
-Aspetto un bambino,- annuncia- ed amo un uomo che non è il padre di mio figlio.
Non si aspetta niente. Proprio niente. Nemmeno il gridolino entusiasta che Cody si lascia scappare e che poi nasconde frettolosamente dietro una mano quando loro due – entrambi – si voltano con aria di rimprovero – ed un sorriso identico negli occhi.
Ed è questo non aspettarsi niente che fa la differenza, lo sanno, è sempre stato questo.
È sempre stato il fatto che, semplicemente, c’erano, ci sono stati e ci saranno.
-Non mi sembra un gran problema.- afferma Brian.
 
Cody, per dispetto, aveva detto che era certo che suo fratello avrebbe avuto un nome orribile. Una cosa tipo “Berthold” o “Geoffrey”... Sarebbe stato meglio, molto meglio, per lui se Patrick, alla fine, avesse deciso di prendersi le proprie responsabilità ed avesse riconosciuto il bambino.
-Barry Molko.- chiama la donna, allungando il collo da sopra la massa di bimbetti seduti nell’autobus, alla ricerca di una testina bionda in particolare.
Il bambino salta giù dal proprio posto, squillando un “eccomi!” entusiasta e ruzzolando in corsa verso la donna e la portella del bus, già schiusa per lui su un Lussemburgo colorato di tutti i toni dell’estate.
-Grazie, Miss Pringle.- saluta Cody nell’afferrare al volo il fratello che gli si lancia tra le braccia con un urletto felice.
-Grazie, Miss Pringle!- gli fa l’eco il bambino, scattando sull’attenti e strappando alla donna una risata divertita.
-A domani, Barry.- lo saluta a mano aperta.- Cody.
-A domani!- trilla il bambino.
E poi si incammina in marcia davanti al fratello, allungando i passi il più possibile e muovendo rigido le braccia nude come un bravo soldatino.
-Ma ti piace così tanto il campo estivo?- chiede Cody andandogli dietro con più flemma, una smorfia, mani nelle tasche dei jeans e sguardo scettico.
Barry annuisce.
-Ci fanno fare un sacco di disegni e di esperimenti e poi ci portano a vedere gli animali della fattoria che sta vicino alla casa di nonno.- argomenta dettagliatamente.
-Uhm…dovremmo dire a Miss Pringle che, allora, può pure lasciarti dal nonno invece di costringermi a venire a ripescarti fin qui tutti i giorni.
Barry si volta a lanciargli un’occhiata offesa, fermandosi di scatto ed incrociando le braccia al petto.
-Sei uno stronzo!- sbotta.
E suo fratello pensa bene di tirargli uno scappellotto dietro la nuca.
-Bada di non farti sentire da papà mentre dici una di queste belle paroline qui, ché poi lo so che pensa che te le insegni io!- lo redarguisce malamente.
-…infatti me le insegni tu.- osserva Barry perplesso.
Cody avvampa e riprende a camminare a passo rapido, costringendo il bambino a trotterellargli di fianco per stare al passo.
-Ma quando mai?!- protesta intanto.- Non ti ho mai detto niente del genere!
-No, ma lo hai detto dopo che Judith ti ha chiamato ieri sera!- esclama Barry prontamente.
-Ascolti le mie telefonate!?- ribatte indignato il più grande. Barry ride e corre via prima che lui possa prenderlo.- Barry, ascolti le mie telefonate?!- lo interroga ancora Cody andandogli dietro.- E’ inutile che scappi, a casa te ne do tante che te le ricorderai per tutta la vita!
-Ed io mi nascondo fino a quando non te ne torni all’Università!- strilla il bambino facendogli la linguaccia- E poi dico a Judith che hai la foto di Christine ancora nel cassetto del comodino! E che ti sei visto con Amelia l’altro giorno e…
-E sei una piccola peste!- sbuffa Brian quando Barry gli rimbalza addosso entrando nel vialetto di casa.
Il bambino ride e solleva lo sguardo su di lui.
-Ciao, papà!- saluta scompigliandosi nervosamente i capelli.
-…che state combinando tu e tuo fratello?- indaga Brian, sforzandosi di mantenere un tono semiserio.
-Giochiamo ad “indovina chi uccide Barry oggi”.- risponde Cody arrivando alle spalle del più giovane e gettandogli uno sguardo tutt’altro che rassicurante.
Barry strilla e ricomincia a correre in direzione della casa, mentre Helena, da sotto il porticato, lo guarda venirle incontro e sorride.
-Brian, tuo fratello ha detto che siamo pronti per andare a tavola.- annuncia pacatamente, accogliendo il figlio più piccolo in un abbraccio quando cerca rifugio tra le sue gonne.
Brian passa un braccio attorno alle spalle di Cody e s’incammina da quella parte.
-Riguardo a Judith…- inizia in tono affabile.- avrei due o tre cosette da suggerirti.
E Cody rabbrividisce e lo fissa implorante.
 
“Lullaby in bloom – Assenzio in fiore”
MEM 2010
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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