Capitolo 1
Conflitto interno
“Azurill! Colpocoda.
Adesso!”
Misty
era riuscita a trovare qualcuno su cui sfogare la sua frustrazione. Era
inesperto lo si capiva subito dal livello dei suoi pokemon: Staryu
non aveva avuto problemi col primo sfidante. Quel Ratata
non era durato molto ed ora contro il suo Charmender
aveva schierato il suo Azurill. Se avesse vinto anche
il secondo round, non ci sarebbe stato bisogno di evocare un terzo pokemon e Misty era più che mai determinata a finirla. Il piccolo
drago, però, era un osso più duro del previsto, nonostante i suoi attacchi
d’acqua l’avvantaggiassero.
Era stanco dopo l’attacco bolla del pokemon azzurro
e Misty non attese riprendesse fiato. Senza pietà
aveva impartito l’ordine che stava per essere eseguito. Un attacco che sperava
lo mettesse al tappeto.
“Azuuuuu …” facendo leva
sulla sua coda, il pokemon si era alzato in aria, iniziando a roteare su se
stesso per impartire maggiore vigore al suo attacco. “… rill!”
concluse, sferrando un poderoso colpo con la sua coda elastica. Il Charmender avversario volò contro il tronco di un albero e,
dopo il forte tonfo, non si mosse. L’Azurill
riatterrò e subito esultò per la vittoria, saltellando. Avvilito, il pokemon-master perdente richiamò il suo compagno e
ringraziò l’avversaria per la bella sfida. Misty si
limitò a sorridere e a salutare. Non era in vena di conversazione, anzi, voleva
solo che quello sconosciuto sparisse con tutti i suoi deboli pokemon. Come
poteva riuscire a sfogarsi con sfidanti tanto deboli? Il nervosismo era solo
aumentato. Possibile il livello degli allenatori di nuova generazione fosse
così bassa?
Sospirò. Odiava i suoi pensieri maligni, ma non
aveva bontà o gentilezze da elargire.
Accarezzò Azurill non
troppo affettuosamente e lo spedì a riposare. Le dispiaceva i suoi malumori li
dovessero pagare i suoi compagni di tante battaglie, ma proprio non riusciva a
non esternarli. Il motivo, causa di tutto, non tardò a tornarle in mente. Era un
qualcosa che era parte di lei, qualcosa che con l’andare dal tempo si sarebbe
mostrato prepotentemente e che non poteva ignorare per molto. Si toccò
istintivamente la pancia scoperta. Era piatta come sempre, ma per quanto
ancora?
Poteva fingere non fosse vero, ma la realtà si
sarebbe presto gonfiata per smascherare le sue bugie e curare la sua cecità. Era
confusa. Spaesata come non mai.
Alcune vertigini, dovute ai nervi, la costrinsero a
reggersi sul tronco più vicino. Si tenne la fronte, mentre assorta si levava il
fagotto rosso dalla schiena e si sedeva ai piedi di quell’albero. Aveva già
abbastanza peso da portarsi addosso per i suoi gusti e crollò sfinita da tutto.
Fece scorrere le falangi fra i capelli,
togliendoseli dal viso e, con una forza che non credeva di avere, aprì lo
zainetto. Lo estrasse quel maledetto responso.
Positivo.
Nonostante
il luogo e il momento fosse cambiato, il risultato era lo stesso.
Si sentiva così stupida ad averci sperato, anche per
un solo momento, ma in fondo era un’inguaribile sognatrice. Pregava davvero si
sarebbe svegliata in una pozza di sudore e con il pigiama addosso, reduce da
quell’incubo terribile. Lo voleva davvero. Si sarebbe fatta quattro risate,
raccontandolo come storiella alle amiche magari, oppure lo avrebbe dimenticato
come spesso succede e la sua vita sarebbe normalmente continuata.
Sospirò. Un sospiro infinito. “Cosa devo fare?”
mormorò fra sé, abbandonando la testa contro il tronco. Non lo sapeva e
chiederselo di continuo non sortiva effetti. Guardare il cielo azzurro fra le
fronde e sperare in un qualche miracolo le parve patetico. Smise e si
rannicchiò nelle ginocchia.
Non ci si poteva svegliare da quell’incubo, doveva
rassegnarsi. Presto sentì la pelle bagnarsi e le labbra seccarsi a causa di
quel sapore salmastro.
“Dannazione.
Dannazione! Dannazione! DannazioneDannazioneDannazione!”
si
strinse con maggior forza e anche se soffocati i suoi primi singhiozzi si
poterono udire. Erano le lacrime che non poteva più trattenere e con cui mai
aveva dovuto fare i conti.
Ci fu un fascio di luce improvviso e Psyduck, come suo
solito, uscì dalla pokeball senza permesso. “Psy-y?”
Le si presentò col suo solito sguardo confuso, ma Misty non parve intenzionata a lasciare andare le gambe. Il
papero si avvicinò lento, protendendo il becco verso la sua master. “Psy-y-y?” cercò di nuovo di farsi notare.
“Non ora Psyduck!”
singhiozzò lei, rannicchiandosi nella direzione opposta al pokemon.
Per tutta risposta questo si spostò in fretta,
incespicando sulle sue zampe palmate, ripetendo i medesimi gesti. “Psy-y?”
Non aveva la forza per scacciarlo. Anche se era
fuggita per non mostrarsi in quello stato la solitudine non faceva per
lei. Misty non
ce la fece più, lo afferrò in un impulso fulmineo e lo abbracciò forte. Aveva
bisogno di stringere qualcuno e sfogarsi senza che la giudicassero. “Oh, Psyduck.”
Le prime lacrime iniziarono a bagnare il suo
piumaggio e per la prima volta il papero non si lamentò, nonostante il mal di
testa che si acuiva.
***
“Misty è strana
ultimamente non trovate?” Lily si era decisa a tirar fuori quell’argomento a
cena. Ovviamente l’interessata mancava come sempre, da ben una settimana.
Ultimamente era uno straccio e la nausea non le dava tregua. Si limitava a
brodini e decotti, restando serrata in camera da letto.
“Strana?” sbuffò Daisy. “Se non si riprende chi lo
spiega a tutti gli allenatori che abbiamo rispedito a casa?” Violet sbadigliò.
“Pensi solo agli affari sorella. Rilassati!”
“Se non ci pensassi io la palestra sarebbe sul lastrico
da un pezzo.” Commentò gelida, infilandosi un pezzo di carne in bocca. Terminò
di masticare e subito guardò Violet severa. “Sta
composta. Giù i gomiti!”
“Quanto sei noiosa sorellina.” Replicò l’altra,
accontentandola. “Comunque sarebbe da precisare che senza Misty la palestra sarebbe sul
lastrico!” Daisy smise di affettare al carne per perforarla con lo sguardo.
Lily sospirò. Come al solito avevano trovato una nuova scusa per litigare e se
non se ne andava subito, di certo l’avrebbero tirata in mezzo. “Io vado a
vedere come sta.” Mormorò, cercando di non dare troppo nell’occhio, mentre si
allontanava da quell’atmosfera tesa.
***
Stava malissimo. La testa le girava come mai prima e
lo stomaco continuava a muoversi. Quelle terribili nausee la sfinivano e si
sentiva debole in ogni muscolo. Con il peluche di Squirtle
stretto fra le braccia e con la ferma intenzione di smettere di pensare alla
causa di tutto ciò, chiuse gli occhi in cerca di un po’ di sollievo. Esausta
cadde addormentata di sasso.
Era da diversi minuti che appariva tranquillamente
avvolta nel sonno, quando con lentezza la porta scricchiolò e la testa di Lily
diede un’occhiata alla stanza buia. C’era una forte puzza di chiuso, perciò
decise di spalancare la porta, inclinandola in modo da evitare che la luce del
corridoio la infastidisse. Si avvicinò al letto della sorella e la vide. I
capelli scompigliati le nascondevano il viso e raggomitolata come una bambina
stritolava quel vecchio giocattolo. Le scostò i ciuffi ribelli, fissandoli
dietro all’orecchio. Badò a non svegliarla, mentre le rimboccava le coperte. La
fissò per alcuni stanti in meditativo silenzio e sospirò. La sua fronte
corrucciata e le labbra strette, fin troppo confermavano i suoi timori. “Che
cosa ti turba, Misty?” bisbigliò preoccupata. Era da
quel giorno che era silenziosa e continuamente distratta. La testa era
perennemente altrove ed ora ci si metteva di mezzo pure la salute. Possibile le
sue sorelle non se ne fossero accorte?
Daisy era troppo presa a controllare il bilancio e a
pagare i conti, probabilmente, e Violet troppo
preoccupata di che vestito indossare per la festa di compleanno di …, per il
concerto del …, per la lezione di piano, aerobica e chi più ne ha ne metta.
Quello che Daisy riusciva a far loro risparmiare l’altra trovava il modo per spenderlo.
Lei era quella che poteva definirsi una via di
mezzo. Non troppo bacchettona ne troppo spendacciona, mentre Misty …
A volte non pareva nemmeno la loro sorella minore,
anzi, spesso non pareva neppure loro parente, ma quella freddezza … Non era mai
stata una estranea, ma ora era come se stesse cercando di divenirlo. Lily era
preoccupata e aveva paura. Uno strano legame, fatto di sangue, le suggeriva di
badare a lei e starle accanto.
Anche se non lo ammetteva apertamente Misty ne aveva bisogno. Lo sentiva. Lo vedeva in quell’espressione
tirata.
La salutò con lo sguardo e richiuse la porta.
“Buonanotte Misty.”
***
Lily non era mai stata così insistente, se non per
strappare un parere su un colore di rossetto. Eppure si era fissata con la
storia di spedire Misty dal medico o viceversa,
tartassandola fino lo sfinimento. Almeno aveva avuto la decenza di parlarne con
l’interessata, sarebbe stato un vero trauma trovarsi faccia a faccia con l’unico
che poteva trasformare una verità in certezza. Il solo immaginare la serie di
spiegazioni che avrebbe dovuto dare la sfinivano. Se fosse stata Daisy al posto
di Lily avrebbe di certo approvato l’idea e senza consultarla, anzi, immersa
nelle scartoffie, avrebbe derogato la fatidica telefonata a Violet.
L’importante per lei era la palestra si rimettesse in attivo e di certo come
avrebbe mai potuto Misty opporsi al bene familiare? Sarebbe
stato egoista da parte sua e Lily, come lei, conosceva fin troppo Daisy per non
prevedere i suoi paternali discorsi. Li aveva saggiamente evitati. Violet, poi … La sua preoccupazione per la sorella si
manifestava con pomeriggi interi concentrata a trovare nuove assurde malattie
su internet. Incredibili le sue conclusioni e in nessuna si ipotizzava una
gravidanza. Misty era ancora sconvolta quando le
aveva parlato della possibilità di avere contratto una strana e rara malattia
tropicale ed a nulla serviva il fargli notare le mai avvenute vacanze in tali
luoghi. Ormai si rendeva conto non sarebbe riuscita a tenere segreto ciò che le
stava accadendo, ma voleva ritardare le confessioni il più possibile e poi …
forse non sarebbe mai stato necessario lo venissero a sapere.
In sostanza, anche se la portavoce era Lily, Misty sapeva di dover soddisfare quella richiesta generale.
Trovava inutile farsi visitare, sapendo già a che era dovuto il suo stato, ma
era pure consapevole che sarebbe stato saggio averne conferma e di non poter
evitare la decisione ancora per molto. Aveva preso appuntamento con la sua
ginecologa, spacciandolo per il loro vecchio dottore di famiglia e sotto gli
sguardi soddisfatti delle sorelle si era recata all’appuntamento.
Doveva sapere. Doveva chiedere. Doveva … decidere!
Doveva scegliere, con tutto ciò che comportava. Doveva
accantonare le sue paure e anche se non le piaceva … doveva mentire.
*continua*
Angolino Autrice:
Ebbene ho cercato di dare un certo spessore alle
sorelle di Misty. Non mi piaceva averle solo come
soprammobili.
Mi sono presa alcune libertà concesse da dama
fantasia che spero abbiate gradito. ^^
Ringrazio infinitamente Misty_Pan96, a cui auguro
buona fortuna per gli esami, e a sesshy_91, il cui nick
mi rallegra irrimediabilmente (adoro Sesshomaru =P).
Vi sono grata per le recensioni dello scorso
capitolo. Siete state molto gentili a dirmi la vostra; sono felice l’idea vi
sia piaciuta e che siate curiose di sapere come evolverà la situazione di Misty. Non posso spoilerare nulla
sul padre, ma verrà rivelato a tempo debito. Vi posso solo dire che non è un’immacolata
concezione. XD
Vi saluto ora e mi auguro mi diate un’opinione anche
sul secondo capitolo. ^^
KissKiss
KiraKira90