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Autore: Maggie_Lullaby    21/06/2010    11 recensioni
Olive Monroe ha diciotto anni e da quando è nata vive nel Bronx, con una madre menefreghista, un padre assente e quattro fratelli a cui badare. Affoga i suoi dispiaceri nell'alcool, senza sapere che combinare della sua vita.
Poi, una sera, un'illuminazione, spontanea, come un fulmine a ciel sereno, un'idea che potrebbe cambiare totalmente la sua vita.
Nick Jonas è un diciottenne all'ultimo anno di liceo, chiuso in se stesso, senza nessuno con cui parlare, sempre chino sui suoi spartiti. Sì, perché lui scrive, scrive musica. Scrive vita. Scrive amore.
Joe Jonas è il cantante di una band hard rock della scuola, frequenta solo i membri del suo gruppo e a casa è assente, lontano. Vuole allontanarsi dal suo fratellino sfigato e dal maggiore pacifista.
Kevin Jonas va all'università, e sogna di rivedere a casa l'armonia di una volta. Ma, mentre aspetta, suona la chitarra.
Una storia d'amore, ma non l'amore che intendiamo noi. L'amore per una sola, unica, perfetta parte della vita di tutti noi...
La Musica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okay, eccomi. :)

Dunque, nello scorso capitolo avete avuto un assaggio di Liv Monroe, un personaggio completamente diverso dai miei soliti schemi. Avete potuto vedere dove abita, come affronta il mondo, la sua vita.

In questo capitolo ci spostiamo dalla realtà del Bronx (troppo Bronxerizzata da me xD) a quella della scuola. Qui potrete vedere la prima apparizione di Nick e Joe Jonas. Sarà un capitolo un po' più leggero, possiamo dire, ma spero di non deludervi, l'ho scritto con una tale ansia addosso! Ho paura di deludervi...

Ad ogni modo, grazie per i bellissimi 12 commenti *__* E, voglio dire, mi sono sentita onorata di ricevere delle recensioni da Minako_86 e Sheep. :D

Ringraziamenti?

_Kira_Perly_: mentre leggevo ero così O___o Non riesco a credere che tu riesca a vivere le storie che io scrivo... Davvero, ma è meraviglioso *__* *saltella per tutta la casa* Ecco a te, comunque, il secondo capitolo. Spero ti piaccia! :) Un bacio <3

_Crazy_Dona_: Mmh, Joe... Joe... Joe... *vaglia le possibilità* IoNonDicoNiente! E non scordiamoci che l'amore di cui si parla in questa fic è la musica, però, chissà, magari – non lo so devo ancora decidere u.ù – anche una storia d'amore ci sta... Mmh... Vedremo! Contenta che la fic ti piaccia! Aspetto un tuo aggiornamento (uno qualsiasi!)! :) Un bacio <3

Sheep: allora, premetto che le critiche le accetto più che volentieri u.u Ne ho bisogno, se voglio migliorare, e spero che tu voglia aiutarmi (a meno che questa fic non si riveli una catastrofe e ho paura che sia così -.-”). Spero di aver messo in pratica alcuni dei tuoi consigli, anche se in questo capitolo ci spostiamo in una scena un po' più... Mmh, normale? *tenta di trovare un vocabolo adatto*. Anyway, spero di non deluderti! Un bacio <3

Minako_86: come per la recensione di Sheep quando ho letto il tuo nickname credo di essere sbiancata mentre la mia faccia assumeva un'espressione simile a questa: O__o Dalla sorpresa e dalla gioia, che pensi! xD Prima di tutto grazie per i bei complimenti *arrossisce* e grazie altrettanto per le critiche, ne ho bisogno per migliorare e spero di riuscirci *convinta* Spero di non deluderti! E intanto aspetto un tuo nuovo capitolo di Gabrielle *o* Un bacio <3

noemi___lovelovelove: eccomi con questo nuovo capitolo!! *.* Grazie per le belle parole, hope you like it! :D Un bacio <3

FallInLove: ciao! Eccoti anche qui *o* *saltella felice per casa* Spero che questo nuovo capitolo ti possa piacere, allora *ansiosa* Anyway... Vado! Scusa la brevità ç.ç Un bacio <3

Marta: amoooore *ç* Okay, non ci siamo già parlate al telefono, quindi non so che aggiungere, se non... Un bicchiere di troppo? MALEFICA!! -.-” Ecco, ti faccio da mamma e so che lo odi xD Un bacio, ti amo <3

Sweetness: amooore! Da quanto non ci sentiamo?! Appena faccio la ricarica ti mando un messaggio *se lo appunta su un block notes* Non ti ho detto che l'avrei pubblicata perché ho scritto il primo capitolo la notte stessa che l'ho pubblicata, è stata una cosa alquanto istintiva u.u Spero che questo capitolo ti piaccia. Ti amo <3

Sbranina: amoree! Ahah, ti adoro anch'io <3 Appena so qualcosa ti dico con precisione quando sono a Pisa... ti rendi conto che tra 4 giorni non ci vedremo?!?! Waaaaaa!! Ya ba da ba doooo *ce l'ha con i Flinstones u.ù* Spero che questo capitolo ti piaccia, ci sentiamo presto. Un bacio, anch'io ti voglio bene <3

Melmon: me lo chiedo anch'io... Ma tanto è estate e non ho capiti *saltella saltella saltella* Oggi, dai, non fa così caldo, no? Oddio, per lo meno qui... u.u Spero che questo capitolo ti piaccia! Un bacio <3

Danger_Dreamer_93: allora spero che questo capitolo ti possa accontentare, anche se non succede nulla di particolarmente rilevante. Le cose si smuoveranno dal prossimo capitolo... Credo xD Un bacio <3


Capitolo 2}


«Allora, Liv, com'era Nick Jonas la prima volta che l'hai conosciuto?»

«Uno sfigato. Decisamente uno sfigato.»


Liv lasciò cadere la borsa stracolma di libri sul proprio banco dell'aula di scienze, in fondo alla stanza, il più nascosto di tutti. Era suo, le apparteneva dal primo giorno di scuola al primo anno, e nessuno aveva mai detto niente per reclamarlo.

Il posto accanto al suo era vuoto, ovviamente, Nicholas era uno di quei ragazzi che non arrivavano mai puntuali nella loro vita.

Se non fosse stato per l'appello Olive non avrebbe neanche saputo che si chiamava Nicholas Jonas; non si erano mai rivolti la parola in quattro anni di scuola, ma ad essere sinceri Liv non rivolgeva la parola quasi a nessuno.

La diciottenne si sedette sul banco, toccandosi i capelli corti e scuri quasi come se fosse un tic nervoso. Non era bellissima, così come non passava nemmeno inosservata: i capelli mori, che non le toccavano quasi nemmeno le spalle, erano spesso raccolti in una coda disordinata; gli occhi erano anonimi, castani chiari, ma a volte con la luce del sole assumevano dei riflessi grigio-azzurri; il viso sottile, i lineamenti troppo seri, adulti.

Forse una caratteristica che la faceva spiccare in quella scuola era la sua pelle: bianca. La sua scuola era principalmente costituita da neri, anche se, naturalmente, una piccola minoranza era di bianchi, tra loro c'erano Liv e Nicholas. E il fratello di Nick, ovvio, Joseph.

Dondolò le gambe avanti e indietro, guardando il soffitto, fischiettando un motivetto di cui non ricordava il nome.

Fu solo quando la campanella suonò che si mosse e si sedette sulla propria sedia, tirando fuori i libri di testo consumati dal tempo e dalle numerose mani che li avevano maneggiati, sfogliati.

La professoressa Armstrong fece il suo ingresso, mostrando il suo copro tozzo, i capelli tinti di nero catrame raccolti in una crocchia ordinata.

«Buongiorno professoressa», dissero, in coro, gli studenti, alzandosi. Liv gracchiò appena la prima parola e si risedette con un tonfo.

La professoressa fece segno loro di sedersi e si accomodò alla cattedra, sfogliando il registro per fare l'appello, come tutti i giorni.

«Beker, Annabeth», iniziò a recitare, come se leggesse un testo sacro, il tono di voce incolore.

Proseguì così, nel silenzio inverosimile della stanza, barrando con una biro gli assenti.

«Jonas, Nicholas?», fece, alzando gli occhi per la prima volta per scrutare l'aula. Liv sapeva perché; Nick era un ragazzo che nemmeno si notava, ed era anche distratto, rispondeva raramente quando lo chiamavano all'appello, se non fosse per Olive che picchettava con una penna sul banco, richiamando la sua attenzione dagli spartiti da cui non staccava mai gli occhi.

Ma Nicholas non era ancora arrivato quel giorno.

«Jonas assente», sbuffò la donna, facendo per barrare la casella, senonché in quel momento bussarono alla porta, e sull'uscio apparve la figura del ragazzo, i ricci scompigliati e la camicia a scacchi stropicciata. Era quella del giorno prima. E di quello prima ancora.

«Grazie per averci onorato della sua presenza, Nicholas», biascicò la professoressa, cancellando con una grossa X il punto in cui l'aveva segnato assente.

Il ragazzo chinò il capo, mimando qualche parola di scuse senza farsi sentire e si insinuò tra i banchi, fino a raggiungere il posto che gli spettava.

Liv alzò gli occhi al cielo e liberò la sedia del ragazzo su cui aveva poggiato la propria borsa.

Nick rischiò di cadere per due volte, con le risa convulse dei restanti compagni di classe di sottofondo, e quando giunse accanto ad Olive era rosso di vergogna.

La ragazza scosse il capo; non sopportava quella sua aria debole, pronta a farsi prendere in giro dagli altri ragazzi, non sopportava quell'aria innocente che dominava negli occhi di cioccolata di quel ragazzo.

La professoressa era tornata fin da quando aveva finito di deridere Nicholas al suo appello, e una volta concluso si alzò, distribuendo ad ogni banco dei fogli stampati.

Un lamento collettivo si alzò dalla classe. Test a sorpresa, fantastico.

Nick prese una penna e ripose i fogli scritti a matita che teneva sempre con sé in cartella, dentro a una copertina plastificata.

Liv gli lanciò un'occhiata, riconoscendo un paio di strofe di una canzone.

La professoressa Armstrong consegnò i fogli anche a lei e a Nick, poi si diresse a grandi passi verso la cattedra.

«Avete tempo fino alla fine dell'ora», stabilì, seccamente.

Olive grugnì, e lesse la consegna del compito.


Io per il mondo oggi non ci sono

(Fotoricordo; Gemelli Diversi)


L'ora di pranzo era, senza dubbio, il momento della giornata che Olive preferiva.

Non perché, dopo cinque ora di lezione, finalmente si staccava dallo studio e si potevano passare quarantacinque minuti di pace, ma per il semplice fatto che poteva staccare. Staccare dai compagni rumorosi, dai professori puntigliosi, il picchettare delle penne, lo squillo della campanella, gli avvisi della segreteria, poteva rimanere in silenzio e da sola, lontana dagli altri.

Al contrario di quanto pensava sua madre, e come continuava a ripeterle ogni volta che si ricordava di avere una figlia, a lei studiare piaceva. Non era la prima della classe, ma era nella media, non era mai stata bocciata e faceva tutti i compiti a casa, da brava studentessa.

Era colpa sua se non poteva andare all'università? Se non aveva soldi per pagarsi nemmeno la retta del primo semestre? Era colpa sua se avevano dato la borsa di studio e studenti più in gamba di lei, soltanto perché aveva saltato un test decisivo perché sua madre era sparita e sua sorella minore stava male?

No. Non era colpa sua, in teoria. In pratica, beh, lo era sempre.

Liv lanciò un'occhiata dentro alla palestra, luogo in cui di solito si sedeva in un angolo a mangiare il proprio panino che si era preparata la mattina, e imprecò ad alta voce quando la vide occupata da un gruppo di studenti come lei dell'ultimo anno. Ci sarebbero state a breve le gare di corsa e l'allenatore faceva sudare i suoi studenti anche nelle brevi pause che avevano.

Arretrò piano, scrollando le spalle esili. Non voleva mangiare circondata dal resto della scuola, con ancora più rumore del solito, l'aveva fatto raramente negli ultimi quattro anni e non aveva intenzione di cominciare ora.

Tenendo con una mano il sacchetto di plastica nel quale c'era il suo pranzo si diresse verso l'unica stanza a cui si poteva accedere durante l'ora di pranzo: la sala di musica.

Con passi brevi e silenziosi quanto il suo respiro attraversò i corridoi deserti, avvicinandosi sempre di più al vociare continuo della mensa, doveva attraversarla per arrivare nella sua destinazione.

Testa alta, il corpo rigido, aprì le porta dell'aula, immergendosi nel rumore di piatti che cadevano, risa, urla, forchette che tintinnavano, acqua che veniva versata. In mezzo alla mensa, che spiccava fra tutti, c'era un tavolo più rumoroso degli altri.

Olive gli lanciò appena un'occhiata. Come al solito era occupato dagli stessi cinque individui: tre ragazzi neri, due con i capelli a rasta raccolti in un codino e il terzo con un orecchino brillante all'orecchio destro, e altri due erano bianchi. Il più basso aveva una muscolatura possente, da giocatore di football, mentre l'ultimo era solo bellissimo: i capelli corti e scuri, un accenno di barba sul viso giovane ma troppo adulto per trovarsi ancora in un liceo, gli occhi marroni pieni di arroganza, il corpo muscoloso ma scultoreo.

Liv lo conosceva, come tutti gli altri, lui era Joseph Adam Jonas, il fratello di Nick, quello bello.

Non si erano mai rivolti la parola, perché avrebbero dovuto? Lui era tra i ragazzi più desiderati della scuola, sempre con una bella ragazza accanto, lei, invece, era quasi anonima, solitaria.

Joe teneva un braccio attorno a una ragazza di carnagione scura, i capelli corvini che le accarezzavano la schiena, un sorriso finto e le belle curve non di certo nascoste.

Olive scosse il capo, quasi disgustata. Joseph era fra tutti il ragazzo che meno le ispirava simpatia fra i tanti nella scuola; forse per la sua aria da strafottente, quella sua arroganza di essere il più importante della scuola, forse addirittura dell'intero quartiere, tanto da allontanare quella persona che avrebbe dovuto trovarsi accanto a lui per diritto, suo fratello Nicholas.

Ma, ovviamente, Nick non era lì. Era uno sfigato, e gli sfigati non potevano stare con Joseph Jonas. Non era nemmeno a mensa, quel giorno. Liv lo cercò con lo sguardo mentre continuava a camminare, poi lasciò perdere, annoiata, che le importava di dove si trovava lui?

Uscì senza che nessuno si accorgesse di lei, come sempre, e girò a destra, svoltando in un corridoio vuoto. Entrò nell'ultima porta, in fondo, senza fare rumore.

La sala di musica era un grosso auditorium, una delle stanze più grosse della scuola. C'era un grosso palco con vari strumenti sopra, a lato, affiancato dalle quinte, che a fine anno veniva allestito come scenografia dello spettacolo di teatro finale, mentre circa un centinaio di sedili erano allestiti in quella direzione.

Era tranquilla, silenziosa, e soprattutto vuota. Non c'era un anima. Olive tirò un sospiro di sollievo e si sedette su una delle tante poltroncine, tra le ultime file, prendendo il proprio panino e una bottiglietta d'acqua.

Nella sua mente iniziò a canticchiare il motivetto di quella mattina, per non spezzare il silenzio.

Rimase così per un tempo che non seppe misurare, completamente estraniata dal mondo esterno; c'era solo lei.

Chiuse gli occhi.

Le note di una canzone sconosciuta la riportarono alla realtà, riscuotendola. Imprecò a bassa voce a lanciò un'occhiataccia verso la fonte del rumore, pronta a dirgli di andarsene, ma rimase in silenzio una volta visto il musicista.

Nick era chinato sul pianoforte, completamente beato dal suono della canzone che stava suonando.

Olive non fece un verso, non si era nemmeno accorto che lei era lì.

Suonava con una tale vivacità, con una tale finezza ed eleganza, che Liv stentò a credere che fosse lui a suonare. Sapeva che Nick scriveva canzoni, ne aveva una prova ogni giorno, eppure non sapeva che creasse anche una melodia, per di più che la suonasse lui stesso.

In quattro anni nessuno l'aveva mai visto prendere in mano uno strumento.

Ed era anche bravo.

Liv fece per dire qualcosa, ma si trattenne, e rimase ad ascoltare ancora qualche istante. Nick, tanto, neppure lo sapeva, che lei era lì.


Continua...

  
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