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Autore: MizzGreen93    21/06/2010    1 recensioni
Un risveglio abbastanza tranquillo per il front-man dei Green Day: un risveglio accompagnato da un forte mal di testa a causa di una sbronza. Eppure si respira aria strana in quella casa. Come se mancasse qualcosa... o qualcuno. One-shot molto breve, spero vi piaccia. ^^
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don’t play with the fire…

 

 

 

Il ticchettio della sveglia posta sul comodino diventava ad ogni secondo che passava sempre più persistente e fastidioso. Billie Joe si girò nelle candide lenzuola matrimoniali portando svogliatamente il braccio verso quel dannato aggeggio. Tentò di afferrarlo nella semioscurità palpando con la mano la superficie liscia del suo costoso comodino di legno pregiato. Dopo dieci secondi di ricerca senza risultati finalmente toccò qualcosa: l’afferrò e lo portò lentamente a portata del suo campo visivo. I numeri fluorescenti segnavano le otto di mattina passate. L’uomo gettò la sveglia per terra e si voltò dall’altro lato del letto col braccio teso nell’ intento di abbracciare la figura distesa accanto a lui. Ma l’unica cosa che percepì al contatto con la mano fu il freddo materasso. Si alzò di scatto e si mise a sedere combattendo contro il forte mal di testa accusatore che per l’ennesima volta era lì a ricordargli cosa aveva fatto la scorsa sera. La stanza era vuota, nella casa non si udiva alcun rumore al di fuori del suo respiro e del suo battito cardiaco regolare. Preso dall’agitazione, balzò in piedi e per poco non si tagliava i piedi a causa dei cocci di un vaso rotto. Il vaso preferito di lei. Perché era terra?

Un brutto presentimento s’annidò nella sua dolente mente. Percorse il corridoio che lo separava dalla camera dei suoi ragazzi.

“Jakob? Joey?”

Nessuna risposta. I letti erano in sfatti ma soprattutto vuoti. Corse a perdifiato giù per le scale, in soggiorno. Lì per terra,  un gruppo di lattine di birra vuote erano pronte da fargli da corte giudiziaria. L’aveva fatto di nuovo. Si fece spazio tra quell’immondizia calciando le lattine e si sedette sul divano. Con aria assorta, cominciò a massaggiarsi le tempie. Spezzoni di ricordi, come un film, cominciavano a farsi strada nella sua mente che pian piano si offuscava sempre meno. Billie Joe chiuse gli occhi. Il volto sbiadito di una donna con le lacrime agli occhi gli si proiettò dinanzi. La donna urlando lo pregava di smettere. Il frammento di ricordo finiva con una mano che si scontrava contro la candida guancia bagnata di quella maledetta acqua salata. La mano aveva qualcosa sull’anulare. Cos’era? Un tatuaggio. Il tatuaggio col simbolo dell’Adeline Records. Quel dannato tatuaggio che aveva lui. Billie Joe trasalì e si guardò la mano con fare pentito. La verità gli si parò davanti bell’e cruda: la mano era la sua. E non ci voleva tanto per capire chi fosse quella donna. Balzò in piedi e corse in cucina. Nel portacenere i rimasugli di due canne erano lì in bella mostra. Maledizione! Si guardò intorno. Non c’era nessuno. Il suo sguardo cadde su un qualcosa luccicante messo in bella mostra sul davanzale della finestra. Col cuore in gola e le lacrime che cominciavano a far pressione sui dotti, Billie Joe cominciò ad avvicinarsi al davanzale e ad ogni passo sperava sempre più che si trattasse solo di un sogno, che quell’oggetto non fosse ciò che sembrava. Si fermò e con i battiti cardiaci accelerati guardò la fede dorata della moglie lasciata lì. Sua moglie non usciva mai senza la fede. Ciò voleva significare solo una cosa. Un biglietto con la scritta “Addio” accompagnava il gioiello che ormai aveva solo valore commerciale. In preda alla disperazione pura, Billie Joe buttò a terra l’anello e corse verso lo stanzino dove avevano le varie cianfrusaglie: la valigia di Adrienne e quella dei ragazzi era scomparsa. Il dolore nella sua forma pi dura s’impossessò del suo animo, le lacrime cominciarono a rigargli il volto. Il rumore del motore di un auto lo fece scattare. Avrebbe riconosciuto ovunque il rumore di quell’auto... la SUA auto. Oltrepassò la porta di casa e si vide passare davanti agli occhi la sua auto con sua moglie… ex moglie  e con i suoi figli. Piangendo a singhiozzi e pregandola di non andar via, cominciò a seguire l’auto per strada a piedi nudi per una decina di metri. La distanza tra di loro aumentava sempre di più finché, ingranando la terza, Adrienne la portò tanto lontano che Billie Joe non riusciva a scorgere che un puntino che si rimpiccioliva sempre di più. L’uomo si gettò a terra e cominciò a piangere l’anima,  o meglio quel po’ che l’alcool e la droga non avevano ancora ucciso. Tra i singhiozzi pregava qualcuno che ormai non poteva più sentirlo di tornare indietro, di ridargli i suoi figli. Avrebbe imparato dai suoi errori, sarebbe stato il padre e marito sempre presente di una volta, non quello che torna a casa sbronzo e fatto e mette le mani addosso alla moglie spaventando i figli. Ma le parole ormai non servivano più. Lei era andata via. Lei l’aveva privato di quelle persone che lo rendevano fiero e orgoglioso. Lei gli aveva portato via la sua vita, lei che faceva parte della sua vita. Non se la sentiva di incolparla, non se la sentiva di darle torto. Era stato lui a sbagliare. Era stato lui a non saper cogliere le occasioni di perdono da lei offerte. Era stato lui a giocare col fuoco.

  
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