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Autore: Kicca    23/06/2010    2 recensioni
Un Orchetto rovinò a terra ai piedi di Monica che osservò disgustata il ventre lacerato. Alzò lo sguardo e quello che vide la pietrificò. Il cuore iniziò a batterle ancora più velocemente. Non riusciva a credere ai suoi occhi. “Sto sognando! E’ l’unica spiegazione plausibile!” pensò non staccando gli occhi di dosso all’individuo davanti a lei. Nonostante l’oscurità riusciva benissimo a vedere due orecchie a punta che spuntavano tra la lunga e folta chioma nera.
Spero che la storia vi piaccia! Mi raccomando recensite! :D
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J. R. R. Tolkien, mentre i personaggi inventati sono di mia proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto, prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

ERINTI

CAPITOLO 11: CHI É ERDIE?

Monica fissava confusa e frastornata la freccia: aveva colpito il bersaglio conficcandosi nel fantomatico collo del fantoccio. Ci era riuscita, contro ogni previsione. Aveva appena vinto la sfida, ma non riusciva a spiegarsi come. Sentiva gli sguardi di tutti puntati sulla sua schiena e avrebbe desiderato scomparire. Ma non era in grado di muovere un muscolo.
- Non sapevo che anche tua sorella avesse preso lezioni di tiro con l'arco. - commentò interdetto Mirco all'improvviso, rompendo il silenzio.
- Ti sbagli... questa è la prima volta che lo fa... ne sono più che sicuro. - replicò Alessandro mentre la guardava allibito.
- La solita fortuna del principiante! - esclamò Leonardo.
- Non è fortuna. Nemmeno un Uomo, anche se bravo arciere, potrebbe arrivare a colpire quel bersaglio... solo un Elfo esperto ci può riuscire... è troppo lontano per la vostra vista! - mormorò Alyon sconvolto.
A quelle parole tutti si misero a parlare all'unisono: erano increduli ed agitati. Elrond cercò di riportare la calma, ma con scarso successo.
"E allora perché io ci sono riuscita?" si domandò la ragazza ancora più disorientata. Abbassò lo sguardo e osservò il palmo della destra come se potesse darle una risposta, nella sinistra stringeva ancora l'arco. Nel sentire una mano sulla sua spalla sobbalzò, alzò lo sguardo smarrito su Elrohir che la osservava con espressione indecifrabile.
Poi questo spostò gli occhi grigi sull'Elfa lì accanto che non aveva detto ancora niente, ma fissava sbigottita la freccia; lei che su quel volto gelido e statuario, fino a quel momento, non aveva mai fatto trasparire la benché minima emozione. La sua maschera si era frantumata in mille pezzi come se fosse fatta di vetro. - Se non sbaglio qualcuno deve scusarsi! - ricordò lui.
Morwen girò di scatto la testa stringendo i pugni lungo i fianchi lanciando a Monica un'occhiata collerica e di disprezzo.
Un brivido percorse la schiena della ragazza. Aveva percepito benissimo l'intento malsano dell'Elfa: era durato una frazione di secondo, ma le era bastato a capire che se in quel momento fossero state sole, l'altra non avrebbe esitato ad ucciderla. Questo la terrorizzò. Deglutì a fatica. Intanto si era fatto di nuovo silenzio: erano tutti in attesa.
"Nessuno si era mai preso gioco di me fino ad ora! Nessuno aveva mai osato mettermi in ridicolo davanti a tutti!" pensava furibonda l'altra tremando "Questa piccola insolente... me la pagherà cara!" continuò mentre un ghigno agghiacciante le si formava leggero sul viso pallido - Ma certo... vi porgo le mie scuse... e ritiro quello che ho detto prima. - proferì con tono velatamente ironico mentre, ripreso il controllo di sé, si riformava quella maschera inespressiva e falsa sul suo viso - Siete davvero brava, complimenti! Anche se, devo ammettere, mi stupisce molto che una ragazzina alle prime armi come voi l'abbia spuntata così facilmente contro di me, che sono un'Elfa... - proseguì muovendo alcuni passi verso i due - io non penso sia stato solo un colpo di fortuna... - dichiarò trafiggendola con gli occhi di ghiaccio - e credo di non essere l'unica a pensarla così... giusto? - domandò infine voltandosi verso gli spettatori.
Un brusio si sollevò rapidamente dagli astanti.
- Cosa intende? - chiese Diana non rivolgendosi a qualcuno in particolare spostando gli occhi verdi sul viso di alcuni dei presenti.
- Ora smettila! - irruppe Elrohir fulminandola con lo sguardo.
- Suvvia caro, non vorrai venirmi a dire che tu non la pensi così. - lo stuzzicò.
La compostezza dell'Elfo sembrò vacillare per un instante.
Monica lo guardò frastornata: stava cercando di dare un senso a tutto quanto, ma la cosa le risultava impossibile.
- Cosa c'è? Sei turbato, forse? - domandò Morwen avvicinandoglisi lentamente, quindi gli posò una mano sul braccio.
- Vattene! - gli ordinò con tono fermo e perentorio scostando sprezzante l'arto dal contatto con la sua mano.
- Certo, tolgo subito il disturbo. - affermò, ma invece di allontanarsi si voltò verso la giovane - Posso darvi un consiglio? - chiese sorridendo beffarda, ma non attese una risposta e proseguì - Credo che il nome più adatto a voi sia Erdie, non trovate? - dichiarò ad alta voce.
Monica non ebbe nemmeno il tempo di poter assorbire appieno quello che le era stato appena detto, che Elrohir si era avventato sull'altra come una furia. E se non fosse stato per il repentino tempismo con cui il fratello lo aveva prontamente trattenuto per le spalle, non si sarebbe fatto scrupoli ad alzare le mani sull'Elfa.
Gli angoli delle labbra le si arricciarono in un sorrisetto compiaciuto mentre lo guardava come per incitarlo a provarci. Ma alcuni istanti dopo, senza aggiungere altro, si voltò e si allontanò.
- Non osare mai più pronunciare quel nome... hai capito?! - la minacciò furioso divincolandosi e seguendola con lo sguardo.
- Calmati Elrohir! - gli gridò contro il gemello - Non ne vale la pena! Così peggiori solo le cose! - cercò di farlo ragionare mentre continuava saldamente a tenerlo.
La ragazza era rimasta a fissare il punto in cui fino a qualche momento prima aveva indugiato l'Elfa, poi si girò verso i due fratelli senza aprir bocca, gli occhi marroni che chiedevano una spiegazione. Il fragore che si era sollevato la stava infastidendo, mentre continuava a ripetersi cosa avesse voluto dire l'altra e perché Elrohir avesse reagito in quel modo. Sembrava che l'affermazione di Romenwen li avesse scossi. Tutti stavano parlando animatamente e in modo concitato tra di loro. Intanto Elladan aveva liberato dalla sua presa il gemello la cui rabbia si era leggermente pacata.
- Ormai dovrai darle delle spiegazioni... volente o nolente! E se per te non è un problema... fallo il prima possibile! - gli consigliò a bassa voce, in elfico, dandogli una pacca sulla spalla, quindi si voltò verso Melime che stringeva Elveon e osservava Monica preoccupata.
L'Elfa spostò lo sguardo incrociando quello di lui e in un attimo capì quello che le stava chiedendo mentalmente. Così si avvicinò alla giovane e le sorrise dolcemente - Venite... credo che per oggi abbiate fatto abbastanza. - mormorò.
L'altra affermò con il capo: la proposta l'allettava molto. Non voleva rimanere lì un attimo di più. Fece per muovere un passo quando si ricordò di essere ancora in possesso dell'arco e della faretra che le aveva prestato Elrohir. Si voltò titubante verso di lui mordendosi il labbro inferiore e, dopo essersi sfilata la faretra, gli porse entrambi gli oggetti, tenendo accuratamente lo sguardo basso. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. Quando lui li afferrò riuscì a sussurrargli solo un fugace "grazie".
Questo restò ad osservarla allontanarsi insieme ai suoi amici, sotto lo sguardo inquisitorio dei presenti che dopo un po', piano piano, lasciarono anche loro il luogo.

Melime aveva accompagnato i ragazzi nelle loro stanze e gli aveva consigliato di riposarsi un po' fino all'ora di cena. Loro avevano accettato l'invito volentieri: erano molto stanchi e anche indolenziti.
Monica raggiunse la sua stanza senza dire una parola per tutto il tragitto, lo sguardo basso a terra. Gli amici le avevano lanciato occhiate impensierite, se ne era accorta, quello che era successo li aveva turbati e anche loro si stavano ponendo delle domande a cui però non riuscivano a dare risposta, ma non era riuscita a dire niente per rassicurarli. Si era chiusa in camera e si era seduta sul pavimento del balcone ad osservare il cielo che via via cambiava colore con il passare del tempo. Dal rosa era sfumato all'arancione, dal rosso fuoco al rosso cupo. L'aria si era fatta pungente e le prime stelle erano comparse.
"Erdie!" pensò ad un tratto. Quel nome non le era nuovo, ma non ricordava dove l'avesse sentito. "E poi cosa significa? Perché ha detto che per me è più adatto? Non capisco." continuò scuotendo la testa e sospirando. Poi le tornò in mente la reazione di Elrohir e si domandò cosa lo avesse infastidito. "Non osare più pronunciare quel nome... ha detto..." ricordò "E perché tutti si sono agitati in quel modo?" si chiese corrugando la fronte, poi sollevò le mani che aveva tenuto in grembo fino a quel momento e le guardò perplessa "Ma sopratutto... come diavolo ho fatto a centrare il bersaglio? Alyon ha ragione... non avrei mai potuto riuscirci... ma lo vedevo benissimo... ho visto perfettamente il fantoccio... e poi era la prima volta che tiravo con l'arco... non dovrei nemmeno avere la forza per tendere la corda... ma non ho dovuto fare nessuno sforzo... come è possibile?". Posò sconsolata la testa sulle ginocchia sbuffando. I rintocchi della campana che annunciavano la cena riecheggiarono per tutta la valle. La ragazza si alzò e si diresse controvoglia verso la porta sapendo che l'avrebbe attesa una lunga serata dove lei sarebbe stata al centro dell'attenzione di tutti.

E infatti, varcata la soglia del salone in compagnia degli amici, con cui si era congiunta poco prima, si ritrovò gli occhi di tutti i presenti puntati addosso. "Evviva!" esultò fra sé con ironia. Il suo umore non fece che peggiorare di minuto in minuto e il silenzio che aleggiava nella loro tavolata non l'aiutava di certo. Ogni tanto sentiva i ragazzi che cercavano di instaurare un discorso, ma questo non si prolungava oltre due o tre battute. Iniziò a giocare con un pezzo di patata nel piatto, anche l'appetito l'aveva abbandonata.
Elisa la guardava angosciata. Voleva darle una mano, ma non sapeva cosa dirle. Era la prima volta che non riusciva a trovare parole di conforto per la sua amica e vederla in quello stato la stava straziando.
Alessandro era nella stessa situazione. Osservava la sorella agitandosi sulla panca. Ogni tanto si sporgeva in avanti con l'intenzione di dirle qualcosa, ma ci ripensava subito e ritornava alla sua posizione iniziale. Voleva tornare a casa: da quando erano in quel posto, in quel Mondo, sua sorella le stava passando di tutti i colori e questo non lo sopportava proprio. Pregò che quei "mostriciattoli" neri si ritirassero il prima possibile per dar loro la possibilità di andarsene. Aveva paura che altrimenti sarebbe crollata psicologicamente da un momento all'altro.
A rompere il silenzio pesante fu Alyon che si avvicinò al tavolo sorridente. Aveva intuito lo stato d'animo dei ragazzi e si era proposto di fare qualcosa - Come va? - domandò allegro alle spalle di Sabrina e Leonardo.
- Potrebbe andare meglio! - rispose Alessandro lanciando uno sguardo veloce alla sorella che aveva accennato un flebile sorriso all'Elfo e ora era ritornata concentrata sulla sua patata e sui suoi pensieri.
Anche lui le lanciò un'occhiata leggermente risentita, poi riportò l'attenzione sugli altri - Vi è piaciuto il tiro con l'arco? - chiese ritornando allegro e sorridente.
- Sì, è davvero molto bello... anche se impegnativo. Richiede molta concentrazione e precisione. - riferì Michele.
- E pensare che voi ne fate uso in battaglia... io non ci riuscirei... probabilmente verrei annientato in pochi secondi! - dichiarò Stefano.
- Per non parlare del fatto che abbiamo le spalle e i muscoli delle braccia indolenziti. - rivelò Leonardo massaggiandosi il braccio destro con una smorfia sul viso.
Alyon scoppiò a ridere - Tutto sta nell'allenarsi assiduamente... vedrete che poi non avrete più problemi ai muscoli e sopratutto vi verrà molto più naturale scoccare frecce anche durante una battaglia senza perdere la concentrazione. Ma di questo non vi dovete preoccupare perché non ne affronterete mai una. - spiegò.
- Davvero è così complicato? Non mi sembra che Mony abbia avuto problemi oggi... - ribatté Milena che venne fulminata da otto paia di occhi e Stefano, che le sedeva accanto, le sferrò una gomitata fra le costole - Ahio! - si lamentò abbassando lo sguardo con aria afflitta poi si massaggiò il fianco mettendo il broncio.
- Alyon perché non vi sedete con noi? - cercò di rimediare Stefano, quindi chiese alla sua ragazza di scorrere un po' per fargli posto.
- Grazie, volentieri! - acconsentì questo felice e fece per raggiungere l'altro lato del tavolo, ma Monica gli posò una mano sul braccio e lo trattenne.
- Vi cedo il mio posto. - dichiarò alzandosi e scavalcò la panca.
- Ma hai mangiato pochissimo... - cercò di replicare Elisa che la guardò preoccupata.
La ragazza scosse la testa sorridendole - Sono a posto così! - ammise provando a tranquillizzarla.
- Ne siete sicura? - le chiese l'Elfo scrutandola con i suoi occhi verdi.
Lei affermò con il capo e, dopo averli salutati, si diresse fuori del salone. Prima di uscire incrociò lo sguardo con quello di Melime, che la stava anche lei osservando impensierita, ma subito lo spostò. L'Elfa si voltò verso Elladan e lo guardò con aria abbattuta. Lui le strinse la mano per rassicurarla.
- Doe a Tilwen? - domandò il piccolo Elveon dopo che l'aveva seguita con lo sguardo.
- Probabilmente nella sua stanza. - gli rispose la madre carezzandogli la testolina bionda.
- Pecché? Ta male? - rincarò corrugando la fronte.
Lei guardò di nuovo Elladan tristemente e poi ritornò ad osservare il figlio - Non lo so. - dovette mentire, poteva percepire benissimo il turbamento della ragazza.
- Potto andae a tovala dopo? - chiese fissandola speranzoso.
Elladan si sporse verso il figlio sorridendogli - É una buona idea! - acconsentì - Ti ci accompagnerò io. -
Il piccolo batté le manine felice mentre un largo sorriso gli illuminò il viso.
Melime sorrise amorevolmente dandogli un bacio sul capo mentre Elladan spostò gli occhi grigi sul posto vuoto di Elrohir e sospirò.
Quella sera non si era presentato. Mancava anche Romenwen, ma lei aveva l'abitudine di assentarsi spesso e sinceramente non importava a nessuno. Non sapeva cosa fare. Era preoccupato per la ragazza e avrebbe voluto poterle dare lui delle spiegazioni, ma aveva concordato con il padre che l'unico adatto a quel compito fosse il fratello. Nel riportare lo sguardo davanti a sé incrociò quello di Elrond.
Rimasero a fissarsi per alcuni istanti, poi questo affermò quasi impercettibilmente con il capo - Dagli tempo. - mormorò.
Lui acconsentì. "In verità, qualcun altro potrebbe benissimo prendere il suo posto... ma è assente in questo momento." Elladan sorrise "Se fosse qui probabilmente lo avrebbe già insultato di brutto!" pensò.
Melime lo guardò interrogativamente - Che cosa c'è? - gli domandò curiosa.
- Stavo solo pensando a lei... e a quanto potrebbe farci comodo un suo intervento in questo momento. - rivelò con aria divertita.
- Posso sempre inviarle un messaggio... - gli propose intuendo subito a chi si stesse riferendo.
Lui la osservò alcuni secondi in silenzio - Vuoi farmi litigare di nuovo con mio fratello? Ti ricordo che l'ultima volta non mi ha rivolto la parola per due mesi... e solo perché avevo chiesto l'aiuto di lei quando eravamo in difficoltà con quel gruppo di Orchetti! -
- É con me che se la dovrebbe prendere, questa volta... non con te. - lo corresse lei.
- Meleth nin... lo sai che con te non riesce ad arrabbiarsi... sfogherebbe la sua ira su di me! - ribatté convinto sorridendole.
- Anche se così facendo gli facessi un favore? -
- Sì... tanto non lo ammetterebbe mai! -
Un dolce sorriso le incurvò le labbra rosa - Mi manca. - ammise ad un tratto con aria malinconica.
- Anche a me. -
- Chi? - domandò curioso Elveon alla madre, la testolina leggermente inclinata.
- Lastie. - gli rispose la dama.
- Anche a me manca motto. - si lamentò lui.
- Lo so. Manca a tutti, tesoro. - disse la madre sospirando.
- Elveon, hai finito di mangiare? - gli domandò il padre dopo un po', il piccolo affermò con il capo - Vogliamo andare da Silwen? -
L'altro esultò entusiasta, scese dalla sedia con un balzo e si avvicinò al padre che lo prese in braccio e insieme uscirono dal salone.

Monica era sdraiata sul letto, gli occhi marroni fissavano le travi del soffitto come se queste potessero darle le risposte alle domande che continuava a formularsi nella mente. Sbuffò irritata girandosi su un fianco e, appoggiando la testa sul braccio, iniziò a giocherellare con l'orlo del vestito. "Stare a pensarci in continuazione non mi porterà a nulla... solo a un forte mal di testa, già lo so!" rifletté con aria crucciata "Forse è meglio se mi svago un po'." si disse mettendosi a sedere "Una passeggiata mi farà bene!" decise alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta "Spero solo di non incontrare Romenwen..." pensò rabbrividendo mentre inclinava la bocca da un lato in una smorfia "Ho come l'impressione che non ci penserebbe due volte a mettermi le mani addosso!" decretò aprendo la porta. Un'esclamazione di sorpresa le uscì dalla bocca ritrovandosi davanti Elladan con in braccio il piccolo Elveon.
- Tilwen! - gridò quest'ultimo sorridendole, sulle guanciotte gli si formarono due fossette. Allungò le braccine verso di lei e quando lo prese in braccio le si avvinghiò al collo contento.
- Vi adora! - constatò Elladan ridendo divertito.
- Oh beh... la cosa è reciproca! - rivelò lei sorridendo dolcemente al piccolo stampandogli un bacio sulla fronte. Le era bastato vederlo per ritornare di buonumore.
- Stavate andando da qualche parte? - le domandò con aria stupita l'altro.
- Non in particolare... volevo fare due passi. - gli spiegò.
- Capisco. - mormorò questo - Allora possiamo offrirci come vostri accompagnatori? - propose sorridendole.
- Con molto piacere! - acconsentì chiudendosi la porta alle spalle, poi spostò lo sguardo su Elveon che la stava fissando da un po' con gli occhioni verdi velati di preoccupazione - Cosa c'è? - gli chiese interdetta.
- Tai bene? - proferì spiazzandola - Tembavi titte! Anche naneth ea peoccupata! - dichiarò.
La ragazza arrossì imbarazzata. Solo in quel momento si era resa conto che con il suo comportamento doveva averli angustiati un poco. Ma non ci poteva fare niente se era completamente confusa. - Sì, sto bene. - mormorò solamente accennando un sorriso.
Elladan la guardò sconsolato. Voleva fare qualcosa per tirarle su il morale, ma non sapeva proprio come poterla aiutare. O meglio, l'unico modo era parlarle di quella cosa, ma si era riproposto Elrohir di farlo e non avrebbe interferito. Sperava solo che il fratello si desse una mossa. Ad un tratto gli venne in mente qualcosa e un sorriso gli illuminò il viso - Venite... voglio portarvi in un posto! - dichiarò incamminandosi per il corridoio.
La giovane rimase interdetta ad osservarlo allontanarsi, ma poi lo seguì incuriosita mentre si chiedeva dove volesse condurla.

Dopo alcuni minuti si fermarono dinanzi una porta di legno intarsiata con ghirigori e foglie. L'elfo appoggiò una mano sulla maniglia e l'aprì. Si ritrovarono in una grande stanza illuminata dalle torce alle pareti e alle colonne. Le pareti di sinistra e quella di fronte erano occupate totalmente da scaffali ricolmi di libri; mentre la parete destra era aperta e delle arcate conducevano su una grande terrazza. Nella stanza erano presenti, in ordine sparso, vari tavoli di legno provvisti ognuno di alcune sedie dello stesso materiale e di candelabri. Dalla terrazza proveniva la luce tenue della luna che contribuiva ad illuminare il posto e creava un'atmosfera surreale.
- Spero che vi piaccia leggere. - mormorò Elladan sorridendole.
Monica era a bocca aperta e sembrava che nessun suono volesse uscirle da essa. Era rimasta di stucco, piacevolmente colpita. - S-sì! - farfugliò. Spostò poi il suo sguardo sui libri. Si avvicinò lentamente agli scaffali e iniziò ad osservarli rapita. Ve ne erano di tutte le dimensioni. Alcuni dovevano essere veramente vecchi perché la copertina era lacerata in vari punti. Provò a leggere qualche titolo, ma erano tutti scritti in lingua Elfica e lei non la conosceva. Ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per far sì che potesse essere il contrario.
- Se vi interessa, negli ultimi due scaffali sono presenti i libri nella vostra lingua. - le rivelò l'altro.
Lei lo ringraziò e con passo celere raggiunse il penultimo scompartimento. Iniziò a leggere i titoli dei libri, ma non ne conosceva nessuno. Fino a che uno attirò la sua attenzione. Era un libro di grandezza media, ma molto spesso, color marrone scuro e sul dorso vi era scritto in oro "Copia Del Libro Rosso". Il fiato le si mozzò in gola. Rilesse più volte il titolo incredula, ma a quanto pare si trattava proprio di "quel" libro. Quindi posò dolcemente Elveon a terra scusandosi e, di nuovo in piedi, allungò la mano e afferrò l'oggetto. Lo estrasse dalla fila e, aiutandosi con l'altra mano, lo posò sul tavolo più vicino. Per un attimo le fiammelle dei candelabri tremarono a causa dello spostamento d'aria. Era molto pesante. La copertina era fatta di cuoio e sul davanti vi era la stessa scritta sempre in oro.
- Siete andata sul "classico"! - commento Elladan con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Nel frattempo le si era avvicinato e ora osservava il libro da sopra la sua spalla.
- Non potete nemmeno immaginare cosa stia provando in questo momento... - dichiarò con la voce rotta dall'emozione - Trovarmi qui... dopo aver creduto per anni che fosse tutta opera della fantasia di Tolkien e aver scoperto che invece è tutto vero... con questo fra le mani... è... - si bloccò cercando di trovare le parole giuste - Qualcosa di indescrivibile! - dovette ammettere mentre un sorriso le si formava sul volto illuminandolo, gli occhi marroni che le brillavano per la felicità.
- Tei contenta? - le domandò Elveon aggrappandosi alla gonna del vestito.
Lei abbassò lo sguardo sul piccolo e si chinò per poter raggiungere la stessa altezza - Sì, moltissimo! - rispose accarezzandogli la testolina bionda.
L'altro ricambiò il sorriso compiaciuto.
Elladan ed Elveon rimasero con lei diversi minuti ancora. Poi il primo, intuendo che la ragazza aveva voglia di mettersi a leggere quel libro, decise di lasciarla sola e auguratole entrambi la buonanotte se ne andarono. Era riuscito a farle tornare il sorriso e ne era soddisfatto.

Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando aveva iniziato a sfogliare quel libro. Un'ora? Due? Di più? Non se ne rendeva conto. E in fondo non le importava. Si stava divertendo a rileggere degli spezzoni dei diversi racconti saltando da una pagina all'altra. Sonno non le era ancora venuto e quindi ne stava approfittando. Era immersa nella lettura quando un pensiero le affiorò nella mente improvvisamente. Si domandò se nel libro erano presenti anche gli eventi accaduti dopo la disfatta di Sauron. Subito raggiunse le ultime pagine, ma notò con disappunto che il libro terminava con la Guerra dell'Anello. Alzò lo sguardo sugli scaffali incerta. "In fondo mi piacerebbe sapere cosa è successo ultimamente." pensò alzandosi e si avvicinò ai libri. Ma non sapeva nemmeno lei cosa cercare. "Forse posso provare a vedere se vi è qualche Annale." rifletté facendo scorrere rapidamente le iridi sui titoli in cerca di qualcosa di simile. Con suo grande stupore trovò proprio un tomo con su scritto "Annali: dalla Terza Era ai giorni nostri". C'era un unico problema: era situato più in alto della sua testa. Una smorfia di disappunto le incurvò le labbra, ma non si fece intimidire. Si alzò sulle punte e allungò il braccio il più possibile. Mancavano pochi centimetri e ce l'avrebbe fatta.
- Volete questo? - domandò una voce nello stesso istante in cui una mano toccava il tomo.
Monica sobbalzò spaventata mentre un gridolino le fuoriuscì dalle labbra. Si portò una mano alla bocca e una al petto. Poteva benissimo sentire il suo cuore martellare sotto di essa. Si voltò lentamente e rimase di stucco nel ritrovarsi davanti Glorfindel.
- Perdonatemi, non volevo spaventarvi! - disse questo, ma alla giovane non sfuggì il sorrisetto divertito che gli si era appena formato.
- N-niente! - balbettò agitata, arrossendo. Abbassò lo sguardo. Non c'era niente da fare, la sua presenza le causava, come al solito, soggezione. Forse anche più di Elrond. Sentiva distintamente le iridi grigio-verdi dell'Elfo puntate su di lei intente a scrutarla attentamente. Le ritornò in mente quando lo aveva visto per la prima volta tre giorni prima e in quel momento le riaffiorò alla mente un dettaglio che aveva completamente rimosso. Ora ricordava benissimo le parole che le aveva rivolto un attimo dopo che l'aveva vista: "Non può essere... Erdie!". Ancora quel nome.
- Volete che ve lo prenda? - le chiese.
- Come? - fece lei guardandolo frastornata non avendo sentito la domanda.
- Il libro. - le rispose indicandoglielo con un dito.
- Oh, no... no... non mi serve. - mormorò confusa "Perché anche lui mi si era rivolto con quel nome? Che cosa significa?" si chiese. L'altro vedendola turbata le chiese se andasse tutto bene. Lei affermò con il capo, poco convinta - Sì. É che si è fatto tardi... è meglio che io vada a dormire! - proferì incamminandosi agitata verso la porta.
- Aspettate! - la richiamò Glorfindel. Monica si bloccò e si voltò incerta verso di lui - Avete impegni domani mattina? - Lei scosse la testa domandandosi cosa avesse in mente l'altro - Allora vorrei che mi raggiungeste al campo di allenamento. Manderò qualcuno a svegliarvi. - dichiarò.
- Mh... va bene. - farfugliò lei ancora più confusa di prima, quindi lo salutò e riprese ad avviarsi verso l'uscita.
- Ah... dimenticavo... indossate qualcosa di comodo... dovrebbe esserci qualcosa nell'armadio. - aggiunse prima che lei si chiudesse la porta alle spalle. Si voltò verso il tavolo su cui fino a poco prima era intenta a leggere l'altra. Vi si avvicinò e chiuse il libro leggendo il titolo. Le labbra gli si curvarono in un sorriso.

Con passo spedito, Monica, si diresse nella sua stanza e una volta dentro si lasciò cadere sul letto ansimante. Aveva voluto svagarsi un po' per calmarsi e invece adesso era più confusa di prima. Come al solito i suoi problemi andavano peggiorando, invece che migliorando. Sbuffò seccata e si chiese perché tutto quello stava succedendo proprio a lei. "Perché mi ha chiesto di vederci domani mattina? E perché io non ho rifiutato?" pensò, poi ricordò di nuovo le prime parole che le aveva rivolto tre sere prima. Subito dopo quello che le aveva detto Romenwen quella mattina e una domanda le si formò nella mente. Una domanda a cui avrebbe voluto dare volentieri una risposta in quel momento: "Chi è Erdie?". Si alzò dal letto e si diresse all'armadio che aprì lentamente. Lo scrutò alcuni istanti e iniziò a frugare fra gli abiti. Solo in quel momento, abbassando lo sguardo, si era accorta del baule appoggiato allo schienale. I vestiti lunghi le avevano ostruito la vista, ecco perché non se ne era ancora accorta. Lo afferrò per le due maniglie e lo trascinò fuori con uno sforzo immane: era pesantissimo. Provò ad aprirlo, ma invano: era chiuso. Rimase a fissare alcuni istanti la serratura, poi alzò lo sguardo e fece vagare le iridi per la stanza fino a che queste non si posarono sulla scrivania. La raggiunse in pochi passi e iniziò ad aprirne i cassetti e a rovistarci dentro, ma non trovò nessuna chiave. Stava per abbandonare la ricerca, quando, involontariamente, fece scattare un meccanismo di un cassettino e il fondo si sollevò appena. Allora lo tirò su del tutto e sotto vi trovò l'agognato oggetto: le stava comodamente nel palmo della mano. La prese fra le dita sorridendo soddisfatta e ritornò al baule. Girò la chiave nella serratura che scattò con un "clic", sollevò il coperchio convesso con il cuore che le batteva veloce per l'eccitazione. All'interno vi trovò camicie, casacche, pantaloni e mantelli tutti ripiegati con cura. Appoggiata per lungo sul fondo vi era una spada riposta nel fodero. La afferrò e la osservò attentamente: questo era di cuoio marrone, l'elsa era in legno di noce scuro e striature dorate formavano vari ghirigori. Mise la mano sull'impugnatura e la sfoderò. La lama lucente rifletté i bagliori delle torce dandole un colore rossastro. Era leggera e lunga all'incirca un metro. Sulla lama vi erano incise una scritta in elfico e altri ghirigori. La rinfoderò e l'appoggiò a terra ritornando a guardare nel baule. Vi erano anche una faretra piena di frecce dall'impennaggio bianco e un arco scordato, entrambi arzigogolati. In più vi erano anche una cotta di maglia, degli stivali e due parabraccia di cuoio. Restò a rimuginarvici sopra per un po'. Poi, ricordandosi che probabilmente la mattina dopo si sarebbe dovuta alzare presto, rimise tutto a posto e se ne andò a dormire. Nonostante le mille domande che le frullavano in testa, crollò dopo pochi minuti a causa della stanchezza.


NOTE DELL'AUTRICE:
Questa volta vi è andata meglio, gente! Sono riuscita ad aggiornarla in meno tempo dell'ultima volta! :) Lo so... potrei fare di meglio. Perdonatemi! Spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto.
Ramona37: Ho provato a fare il prima possibile, mi dispiace di averti fatta aspettare tanto! Ma eccoti il capitolo! Fammi sapere come ti sembra!
naog94: Grazie per il complimento! Sono contenta che ti sia piaciuta la mia storia! :) Ti ringrazio di aver commentato e spero che tu continui a farlo! Baci
Ringrazio di nuovo tutti i lettori, coloro che hanno aggiunto la storia fra quelle seguite e chi continua a tenermi fra i preferiti. Ringrazio di cuore a chi commenta, mi fa sempre un grande piacere. Sono ben accette anche le critiche, purché costruttive, quindi non fatevi problemi. :)
Baci, baci!
Kicca 
   
 
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