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Autore: Lily_90    23/06/2010    5 recensioni
"E anche adesso che si era bruciato le labbra, che si era gelato il sangue al tocco di una pelle liscia e ambrata come il miele, aleggiava pensoso nella sua prigione di razionalità.
La strategia poteva essere attuata in guerra per vincere i nemici così come in amore per vincere le donne".
Una piccola one-shot incentrata sui pensieri e sul personaggio di Shikamaru.
Per lo Shikatema's day!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si sa come

Non si sa come…

 

 

 

 

 

 

 

Non si sa come, qualcuno una volta gli disse che bisognava scendere in battaglia solo quando si era sicuri di vincere. Ma Shikamaru Nara pensò che allora sarebbero state rare le battaglie condotte fra i vari villaggi del Paese del Fuoco. L’unico fattore certo in ogni scontro non era la sicurezza della vittoria, bensì la strategia per annientare il nemico. Se uno stratega avesse tenuto conto delle condizioni del clima, del terreno e, soprattutto, dello spirito del proprio avversario avrebbe vinto, se non se ne fosse curato sarebbe stato annientato.

“Sii prudente quando il tuo avversario mostra impazienza, simula una manovra d’attacco e lo condurrai a valutazioni ingannevoli” .

Queste erano le chiavi che, se soppesate e valutate attentamente, facevano prevedere quale parte sarebbe risultata vincitrice e quale soccombente. Suo padre Shikaku lo ripeteva durante le partite a shoji disputate nella tranquillità della canicola estiva, sotto la veranda coperta che si affacciava su un piccolo lago.

Per Shikamaru lo stratagemma da attuare era tutto, confondere il nemico era un’arte che ben pochi sapevano esercitare con maestria, e il maggior trionfo era quello ottenuto senza combattere, con il minimo spiegamento di forze e il massimo profitto possibile.

Non si sa come, tre anni fa era riuscito ad applicare correttamente questa strategia nel corso della seconda prova dell’esame di selezione dei chunin. Nell’arena polverosa la sua sfidante, Temari Sabaku, aveva manifestato impazienza e presunzione, lui, per contro, si era mostrato incapace e inattivo. Inviando al proprio avversario informazioni sbagliate, l’aveva indotto a trarre valutazioni ingannevoli. Temari Sabaku era stata il suo trionfo massimo, all’epoca: aveva vinto il nemico senza combattere. 

Lo sfiancato e riflessivo Shikamaru Nara era diventato l’asso nella manica del Team 10, a grande sorpresa di Asuma Sarutobi. D’altro canto, quest’ultimo sapeva che il suo ragazzo, nonostante si fosse sempre disinteressato alle lezioni, alle missioni affidate al gruppo e ad avanzare di grado, non era uno stupido. Il suo maestro aveva cominciato a sospettare che dietro quel languore abulico si celasse un’enorme genialità dopo aver esaminato il particolare modo in cui Shikamaru pianificava accuratamente tutte le manovre da far effettuare alle pedine dello shoji, con riflessi pronti ai cambiamenti di situazione qualora lo costringessero ad apportare aggiustamenti alla sua tattica, all’ultimo istante. Vinceva cercando di proteggere quei piccoli guerrieri intagliati nel legno e sacrificandoli laddove la morte di uno comportasse la salvezza della restante schiera.

Ma non si sa come, Shikamaru Nara non era ancora riuscito a sconfiggere suo padre.

La tranquillità e il freddo distacco erano gli elementi strutturali per una tattica ben riuscita, ed erano quelle predisposizioni d’animo che Shikamaru Nara conciliava per pensare. La calma languida che cullava le nuvole come grovigli di lana bianca contro uno sfondo azzurro e il freddo distacco che annichilisce il centro delle emozioni e tutti, intorno, diventano soltanto lignee pedine da muovere con esperta consuetudine. Aveva sempre amato quelle sanzioni, gli donavano la futile e sciocca convinzione di controllare tutto e tutti.

E anche adesso che si era bruciato le labbra, che si era gelato il sangue al tocco di una pelle liscia e ambrata come il miele, aleggiava pensoso nella sua prigione di razionalità.

La strategia poteva essere attuata in guerra per vincere i nemici così come in amore per vincere le donne.

Le dita scivolarono con una lenta agonia lungo la linea arcuata di una schiena eretta come l’arbusto di lillà che iniziava a crescere nel giardino della sua casa e dalle cui foglie Shikaku ricavava un infuso a fini curativi.

Non disse niente quando lei, soccombente, gli chiese per quale ragione la stesse baciando e toccando in quel modo.

Spostò lo sguardo dall’immenso palazzo a forma di giara che trovò incredibilmente ridicolo e mortalmente tedioso in mezzo a quella cascata dorata di sabbia. Fu investito dall’acquamarina dei suoi occhi. Trovò curioso il modo in cui lei iniziò a mordersi le labbra, come per frenare qualcosa di cui lui non doveva essere assolutamente informato.

Non si sa come, ma Shikamaru si era ritrovato rappresentante del Villaggio della Foglia e meno che mai si sarebbe aspettato di essere spedito dall’Hokage laggiù, nelle fosse delle Marianne, per “questioni di diplomazia a scadenza inderogabile”. Naruto era inciampato tre volte nell’espressione “questioni di diplomazia a scadenza inderogabile” prima di riuscirlo a pronunciare correttamente.

Trasse un sospiro profondo, che sembrava provenire dagli anditi più reconditi del suo silenzioso spirito, e improvvisamente il fruscio di una valanga di ricci ribelli contro il giubbotto verde gli ricordò di non essere solo.

Temari era tediosa come tutte le donne.

Odiava il modo in cui teneva la mano serrata intorno al manico laccato del ventaglio e la guardia sempre alta, come se qualcuno fosse sul punto di attaccarla da un momento all’altro.

Odiava il modo in cui poneva l’indice davanti alla bocca, con fare imperioso, per fargli cenno di stare zitto e rammentargli che lei era una “donna vissuta” .

Odiava quella voce che ogni tanto usciva “fuori dal coro” con un timbro squillante e che metteva a dura prova il suo apparato uditivo.

Odiava l’atteggiamento arrogante con il quale dichiarava “Avrei dovuto lasciarti ammazzare da Tayuya tanto tempo fa” .

Tuttavia anche l’odio era un sentimento pericoloso quanto l’amore.

Essendo un freddo stratega, si era coltivato l’intima illusione di poter controllare persino quel moto inesplicabile di odio che lei gli procurava.

Ma Shikamaru Nara non aveva calcolato una variabile indipendente nel suo rapporto con Temari, l’inconveniente imprevedibile che, a differenza delle azioni regolari, conduceva il nemico alla vittoria.

Si sorprese a scacciare le mani di lei dal suo petto, ad allontanare dalla mente il suo sorriso che spuntava meraviglioso come un’alba ogni volta che l’accompagnava, da bravo depositario dei rapporti diplomatici, alle porte del villaggio. Osservò le sopracciglia chiare scomparire sotto la frangia per quanto il suo piglio era aggrottato.

Shikamaru affondò le mani nelle tasche, emise un brontolio sonnolento e s’incamminò inespressivo nella direzione opposta, mentre le ombre delle solitarie case marroncine si allungavano su una cascata d’oro.

Vigliaccheria.

Non c’era altro modo per definire quella sensazione d’impedimento, l’impossibilità di sciogliere le catene della sua cara razionalità.

Se ciò fosse avvenuto, le sue difese sarebbero crollate come tante macerie, il suo prezioso orgoglio denudato.

Shikamaru.

Non ambizioso, non istintivo, ancor meno coraggioso.

Ma se solo si fosse guardato indietro un’unica volta avrebbe scorto quel bagliore acquamarina smorire lentamente.

Un pensiero fece capolino da un andito del suo cuore, come un’aurora si affaccia da dietro il picco di una montagna.

Così aranciata, straordinaria, disarmante.  

Non si sa come, ma era pazzo di lei.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

Buon Shikatema’s day ^__^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

           

  
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