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Autore: Murkiness_    24/06/2010    1 recensioni
Lei, Emma. Una ragazza sedicenne con un presente reso difficile dal passato. Vive nella solitudine e nell' angoscia: l'ambiente scolastico non è per niente adatto alla sua personalità, timida e molto fragile; perde un amico a cui teneva molto quando era appena undicenne; non riceve l'affetto di una vera e propria famiglia. Un episodio importante le stravolge la vita. Realizza il sogno: tutto sembra fantastico, stupendo fin quando si accorge che. . .
Genere: Triste, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era solita avvicinarsi al letto, accarezzarmi delicatamente la fronte e pronunciare dolcemente il mio nome. Quella mattina, a differenza delle altre, rimase sull’orlo della porta e con un filo di voce mi chiamò. Riuscii a sentirla e aprii gli occhi, che cercavano ancora le tenebre. Dopo avermi svegliata era scappata via. La sua ombra attraversava il corridoio. Era insolito ma non diedi importanza a quel particolare e, con grande fatica, infilai le ciabatte. Erano le sette e, come sempre, non avevo voglia di andare a scuola. Era impossibile entrare in classe. ‘’ Emo di merda!’’ urlavano ogni volta che davanti ai loro occhi appariva la mia immagine; quella di una ragazza riservata e silenziosa, con matita nera e abiti scuri.’’ Quelli come te a noi non piacciono, vai via!’’ dicevano. Non ricordo quante volte io abbia ripetuto loro che non lo ero ma purtroppo questo stupido modo di pensare, questa maledetta società, fatta di schemi ed etichette, non permise ai miei ‘’compagni’’ di ragionare e di capire la mia vera personalità. Nessuno si avvicinava a me, ma non ero sola. Avevo un’amica, una vera amica: l’oscurità! Era con Lei che io vivevo, l’unica che mi accompagnava in ogni istante della mia vita, ovunque. Alle amiche si da l’affetto e la sincerità, io a Lei ho dato di più: la mia anima! Dopo essere andata in bagno, mi precipitai in cucina. Strano ma vero, avevo fame. Erano anni che la colazione era già pronta quando io mi svegliavo. Quella mattina la tavola era vuota e la cucina pulita. Lei non c’era. Mi aspettava sempre seduta sul divano a cucire o a guardare la televisione. Ma quel giorno no, non era lì. Iniziai a girovagare per casa: camera da letto, cantina, garage, giardino. Non c’era. Tutto era strano ma, convinta che fosse una casualità, ritornai in cucina e preparai un tazza di latte. Accesi la TV. Forse ero troppo grande per vedere i cartoni animati ma, nonostante ciò, li amavano. Trasmettevano qualcosa di fantastico e nello stesso tempo reale. I personaggi avevano delle aspirazioni, dei desideri; cosa che avevo anche io. C’era una sola differenza : i loro sogni si avveravano, i miei no! La tazza era ormai vuota. La lasciai sul tavolo. Stavo andando nella mia cameretta quando, passando davanti ad uno specchio, mi accorsi che le mie labbra erano diventate bianche. Allora afferrai con delicatezza un tovagliolo che si trovava sul comò e le pulii. Per pochi secondi rimasi a guardare il mio volto. Era chiaro, quasi bianco; i lineamenti delicati lo rendevano simile a quello di una bambina. I miei occhi rispecchiavano il dolore che io avevo dentro. Una fitta al cuore mi rendeva sofferente. Causa di tanto male? Mio padre; colui che, nonostante tutto, amavo ancora. Era una sera d’estate. Eravamo stati ad una festa di compleanno e stavamo per tornare a casa. Era ubriaco. Mia madre gli aveva consigliato di non guidare ma lui, dicendo di stare bene, non ascoltò sua moglie che, preoccupata salì in macchina. Eravamo a metà strada quando improvvisamente i suoi riflessi vennero meno. Non capii cosa fosse successo, l’unica cosa che riuscii a vedere furono i loro corpi lì, immobili e senza vita. Mia madre, mio padre e mio fratello mi avevo abbandonato per sempre. Avevo nove anni. Dopo aver guadato di nuovo il mio viso, decisi di andare nella mia stanza. Ero in pigiama. Dovevo vestirmi per andare a scuola. T-Shirt nera, felpa, jeans blu e converse nere: quello che indossai. Mi sedetti sul letto per allacciare le scarpe. Alzai lo sguardo e vidi il poster, il Loro poster. Mi sollevai quasi stupida e rimasi a guardare i loro volti finché non decisi di vedere che ore erano: 7.50! Cavolo! Dovevo sbrigarmi. Avrei perso l’autobus. Stavo per andare via quando alzai di nuovo gli occhi e con un sorriso sulle labbra esclamai, quasi come se loro potessero sentirmi: “ Grazie, grazie di tutto”.
  
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