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Autore: Globulo Rosso    24/06/2010    7 recensioni
Bulma sfida Vegeta senza alcun pudore, rischiando di cadere dritta dritta nelle fauci del leone. Ma a lei, non importa nulla. Perché lei é Bulma Brief, colei che tutto vuole e tutto ottiene.
Peccato però, che all'altro angolo non ci sia un uomo normale, ma qualcuno molto più pericoloso.
Mai svegliare il can che dorme!
Rating: arancione per via del linguaggio molto colorito e per via di allusioni lungo tutta la storia. Se le scene diventeranno meno allusive e più concrete, aumenterò il rating.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goku, Trunks, Vegeta, Yamcha
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4:

Separazione forzata

 

 

 

“Cazzo!” trattenne le bestemmie mordendosi la lingua, strinse i pugni nervosa e batté un piede rumorosamente sul pavimento del salone.

Il tacco largo delle sue decolté nere risuonò echeggiante nella sua testa, acuendo il suo dolore alle tempie. Non andava per niente bene. Quella giornata era iniziata con un vaso di ceramica antica rotto e con un ricordo asfissiante di un bacio tanto desiderato quanto odiato.

Sì, è possibile amare e odiare allo stesso tempo, Bulma ne era certa, poiché nel preciso istante in cui lui aveva poggiato le labbra sulle sue, la giovane donna aveva provato una miscela di vari sentimenti, e poteva esserne certa, in mezzo c’erano il disprezzo, la rabbia e il desiderio.

Strano, vero?

Si chinò per raccogliere i cocci sparsi per la stanza, dopo un respiro atto a ritrovare il controllo, e con la mente tra le nuvole, si dimenticò del tacchino in forno.

Ora i problemi erano due, dato che dopo il vaso, anche la carne era inservibile.

“Che si fottano!” gridò, la voce incrinata dalla rabbia e da un insolito vittimismo “che mangino qualcos’altro!” gettò malamente il vassoio sul lavandino, lasciando il povero uccello bruciacchiato lì dov’era, e uscì di corsa arraffando la borsetta sul divano.

Uscire, ecco, andarsene da quella casa.

Stare alla larga dalla sala conferenze, da quel corridoio e da lui.

Chi se ne frega del patto. A lei importava poco niente!

Lasciamo che se lo dimentichi senza mai più menzionarlo.

Gettò una capsula in giardino, e quella fece apparire un velivolo di modeste dimensioni. Sospirò, vedendolo. Le ricordava un po’ i vecchi tempi, quelli con Goku.

“Tesoro mio, dove vai?” La voce squillante di Bunny – in mano aveva un vassoio pieno di stuzzichini e il sorriso tipici di lei stampato in faccia – la fece innervosire ancora di più.

Bulma si trattenne, di nuovo la rabbia che le intasava il cervello e la testa che le doleva.

“Il tacchino è bruciato, ho rotto il vaso di papà e ora esco!”

La madre inclinò il viso un po’ a sinistra, interrogativa.

“Hai le tue cose, tesoro caro?” Bulma divenne paonazza, ma la madre non comprese il repentino cambio di colorito del suo viso. Imbarazzata, Bulma fece cenno di diniego con la testa, e montò a bordo del suo mini-aereo, inorridita dall’ingenuità di sua madre.

Ad alta quota vide Vegeta, accanto alla stanza gravitazionale, il capo alzato verso il cielo.

“Fanculo.”

Questa volta non si trattenne.

Non sapeva dove andare, quindi volò da West City verso l’unica persona che in quel momento poteva considerare abbastanza amica e che potesse aiutarla. Sì, state pensando a Goku, e sì, vi state sbagliando.

Goku ne sapeva meno di chiunque altro per quanto riguardava certe faccende, dunque Bulma si voleva rivolgere a sua moglie, Chichi, magari senza dirle apertamente cosa era capitato o i suoi sentimenti e dubbi in proposito.

Avrebbe sfruttato tutta la sua capacità di retorica per far risultare vago il suo discorso, senza però che esso sembrasse tanto confusionario da non ottenere alcun aiuto dalla risposta dell’amica.

Amica poi, non che ci fosse tutta questa complicità! Però o Goku, o Chichi, o il figlioletto, Gohan.

Scrollò la testa, ridendo al solo pensiero.

Crillin e il Maestro Muten, per non parlare poi di Yamca, erano già stati scartati dal principio.

Ci mise circa un’ora ad arrivare alla loro casa. In mezzo alla foresta, lontano circa due miglia dal villaggio a loro più vicino. Bulma non sarebbe stata capace di vivere così distante dalla città, senza vita sociale e folle brulicanti e rumorose.

Goku e la famiglia sembravano così genuini, con gusti così semplici!

“Ehi, Pà! C’è Bulma!” Goku alzò la testa, in direzione della macchina volante, un faccione bonario e sorridente, la mano alta in quella direzione per salutarla.

La loro semplice visione la fece sorridere, sollevando il suo umore.

Quando atterrò Gohan si avvicinò a lei per primo, trascinandola dentro casa. Anche Chichi parve contenta di vederla.

“Bulma, da quanto tempo!”

“Sono mesi che non ci vediamo!” affermò Chichi, sorridente.

“Vivete sperduti in mezzo alle montagne, è normale.” Ironizzò lei, sedendosi a capotavola, in cucina.

“State mangiando? Posso venire un’altra volta.” Goku la trattenne, sempre con quel suo ingenuo modo di fare.

“No, mangiamo più tardi, io e Gohan dobbiamo allenarci ancora per un’ora.” Chichi si voltò di scatto, la fronte aggrottata e un cucchiaio di legno in mano. Pareva minacciosa.

“Vorrai dire che tu ti allenerai ancora per un’ora, e Gohan studierà.”

Goku si affrettò a cambiare programma, assecondando la moglie e rabbonendola con un bel Certo amore, era quello che volevo dire.

Bulma rise di gusto, a quella scena. Solo allora si rese conto di quanto quella famiglia le era mancata.

“Bulma, sei ingrassata, per caso?” Rubò il cucchiaio dalle mani dell’amica e lo infilo in bocca a Goku, quasi strozzandolo.

“Come osi dirmi certe cose! Brutto scemo che non sei altro! Ma come fa Chichi a stare con un idiota simile!” lo disse tutto d’un fiato, tanto velocemente da non far carpire alla moglie di lui  nient’altro che la parola iniziale e la parte conclusiva. Gohan li divise, ridendo, Chichi si rese conto di quanto fossero legati, quei due, nonostante le vite completamente diverse. Dopotutto, doveva ammetterlo anche lei: quando voleva suo marito non era solo insensibile, era pure ingenuo. Come poteva credere che dopo un simile insulto a una donna, quella non cercasse di ammazzarlo?

“Tornando al discorso…” riprese il cucchiaio che Bulma le porgeva, lo sguardo ancora risentito che fissava l’uomo che tossiva in modo convulso “come mai questa visita?”

“Sono venuta a portarvi i miei saluti.” Disse, frettolosamente “ e vi ho portato un ragalo…” aggiunse, cercando nella sua borsa tutta concentrata l’oggetto a cui si riferiva.

Estrasse una bella capsula colore platino, e gliela porse a Chichi. Guku e Gohan si sporsero verso di lei, curiosi.

“Questo serve a te, Chichi, non dovrai più farti camminate chilometriche per andare dove ti pare e piace.” Lei s’illuminò, ringraziandola.

“Non vai a vedere cos’è?”

Sembrava diversa Chichi, più ammorbidita. Con lei era sempre stata fredda e non le era mai costato nulla insultare la Brief o sbatterle in faccia la sua antipatia verso quel mondo mondano e verso il suo stile di vita.

Si ricordava delle sue scenate isteriche, delle sua voce perennemente usata per rimproverare i suoi due maschi. Forse in casa propria si comportava diversamente, magari era più conciliante.

Uscita in giardino, seguita dagli altri tre, Chichi aprì la capsula, la quale rivelò una bellissima macchina rossa, coupé, nuova fiammante.

“Se vuoi fare la spesa, puoi farla in pochissimo tempo. Se vuoi venire in città, ci metterai circa un’ora.” Affermò Bulma, incrociando le braccia. Goku e Gohan ammiravano la cromatura e gli alettoni, tutti presi da quel gioiellino inscatolato nella capsula.

“…così compenserò la negligenza di Goku.” Sospirò la donna, facendo sparire la macchina da sotto gli occhi dei suoi due ragazzi.

“Sì, se la vuoi vedere così!” sorrise Bulma, vedendo l’espressione risentita di Goku.

“Ehi, sei ingusta Chichi! Io non ti trascuro mica!”

“No, tu salvi il mondo.” Ammise lei, le mani sui fianchi e un’espressione rassegnata. “D’altronde è questo il prezzo per aver sposato uno dei combattenti più forti della terra.”

Bulma annuì, seguita dagli altri due.

“Bulma, mangi con noi?” chiese Gohan, che era rientrato in casa per andare a studiare, dopo che un’occhiata minacciosa della madre e un dito che tamburellava sull’orologio da polso di lei, gli avevano ricordato i suoi doveri.

La donna fece per rispondergli, ma venne preceduto da Goku, tutto divertito, che rispose al posto suo: “Certo, ma mangerà poco, perché di questo passo diventerà obesa!”

Fu Chichi a salvare il marito, questa volta, e gli permise di volare via ridanciano, verso la sua meta di allenamento.

“Ringrazia Goku per l’invito, ma non mi sembra il caso di farti lavorare anche per me.” Con un sorriso inquietante, Chichi non accettò il fatto che lei non rimanesse a pranzare da loro.

“Ovviamente mi aiuterai Bulma.”

E si ritrovò a spiattellare, un grosso pesce da ripulire e le carote da sminuzzare.

Però erano rimaste sole, in cucina, poteva iniziare il suo discorso.

“Chichi…” iniziò, titubante.

“Dimmi” disse lei, un po’ distratta dalla cipolla che stava maneggiando.

“Quando litighi con Goku come reagisci?” Lei scostò la cipolla, asciugandosi le lacrime che quella le aveva procurato.

“Vorrai dire come lo punisco.” La voce di lei era ferma, proprio come la sua mano che si accingeva ad affettare i pomodori. Le fece quasi paura.

“A parte che non lo guardo minimamente, quasi come se non fosse al mio livello, e poi non gli preparo la cena, mi scordo casualmente di essere sua moglie quando si tratta bè, sì…” le sue guance s’imporporarono un poco, ma continuò a tagliare la verdura.
Bulma comprese e sorrise, cercando di sdrammatizzare.

“Perché me lo chiedi?” questa volta poggiò la carota sul tagliere, e si rivolse a lei, poggiandosi sul lavello chiaro, incuriosita.

“Qualcosa non va con Yamca?”

Bulma deglutì, sentiva improvvisamente caldo.

“No, cioè, io e lui ci siamo mollati da un mesetto circa.” Si pizzicava il pollice nervosamente, guardando per terra.

“Oh, mi dispiace.” Le diede un abbraccio,  ma dopo quel gesto torno immediatamente seria.

“Comunque non hai perso molto. Era un fallito.” Sentenziò, tornando a concentrarsi sulla carota.

Bulma sospirò.

Quella giornata era iniziata male e sembrava continuasse peggio. Odiava le persone che la commiseravano, odiava sentirsi preda della compassione degli altri. Sospirò ancora, ma questa volta fu molto più lungo, liberatorio. Sentiva il respiro interrompersi, come quando si è succubi di un copioso pianto, che non si riesca a fermare in alcun modo.

Mordendosi le labbra, tagliò energicamente la testa del pesce. Chichi non si era rivelata utile, per così dire. Non le aveva dato risposte e non l’aveva aiutata ad alleviare il peso che sentiva sullo stomaco. Tagliò la coda, le mani le tremavano.

La moglie di Goku canticchiava allegra una melodia, tutta intenta a controllare la bollitura delle verdure.

“Comunque, alla fine facciamo pace.” Disse Chichi, pulendosi le mani sul grembiulino azzurro.

“Perché anche se è un Sayan, dopo un po’ lo addomestichi, se capisci cosa intendo.”

“E come?”

Lei ridacchiò, rossa in viso.

“Devo spiegarti come?” l’allusione sessuale raggiunse i neuroni di Bulma in pieno, che iniziarono a macchinare qualche piano o ipotesi.

Il pranzo con gli amici durò più a lungo del previsto. Si trattenne fino a tardo pomeriggio, conversando e scherzando con loro.

Ovviamente aiutò Chichi nelle pulizie di casa. Mai che se ne andasse senza ringraziarla in qualche modo!
E anche se la macchina che le aveva regalato non era in programma, decise che per una tale ospitalità era il minimo.

Li invitò a casa sua, e si assicurò che passassero il lunedì seguente.

Li lasciò con un sorriso, e con un po’ d’invidia.

Tornare a casa sua ora non era la cosa più bella dell’universo, non con quel parassita di una scimmia selvaggia che girava lì intorno. Prima di scendere dalla navetta si assicurò che lui non fosse tra i piedi, e scese sollevata quando si rese conto che Vegeta non era nei dintorni.

Di fatto non le dava fastidio la sua presenza, quanto quell’aria arrogante che sembrava essersi appiccicato addosso, o che sembrava far parte dei suoi occhi neri dalla nascita.

Era qualcosa di innato che le faceva montare la rabbia. Inoltre, il contatto che aveva subito –subito, sì- non le era né dispiaciuto né tanto meno il contrario.

Attraversando il cortile, l’aria fiera e la schiena ben eretta, si chiese perché una donna come lei non avesse ancora trovato un marito adeguato alle sue qualità. Oltre ad essere bella, era anche ricca.

Quando arrivò in salone notò immediatamente il nuovo vaso di porcellana sul comodino, molto simile a quello che aveva rotto, e dirigendosi in cucina, vide la madre canticchiare in procinto di bere una tazza di latte.

Quando Bunny la vide, sorrise di gioia.
“Cara! Non sai quanto io e tuo padre fossimo preoccupate per te!” corse aggraziata verso di lei, stampandole un bacio sulla guancia e stringendola in un abbraccio fin troppo materno, e dunque, esageratamente affettuoso.

Liberatasi dalle sue braccia, Bulma chiese scusa per il comportamento della mattina, e chinò il capo in avanti, in segno di rispetto.

E’ difficile immaginarsi l’orgogliosa Bulma in quello stato, ma ciò era dovuto dal suo scombussolamento emotivo. Un po’ quando si mescolano le carte nel mazzo: era successa la medesima cosa con le sue certezze.

“Non temere, piccola mia, papà ne ha comprato un altro.” Indicò il vaso sul comodino del salone, che peraltro Bulma aveva già visto.

“Qualcuno ha chiesto di me?”

“Sì, tesoro. Avevi degli impegni lavorativi, te li ho spostati tutti a domani.”

Bulma la ringraziò nuovamente, in modo sentito. Si congedò con un bacio, e si diresse alla ricerca del padre.

Uscì dalla stanza, con un sorriso di vittoria stampato sul viso.

Vegeta era seduto sul divano, l’asciugamano umido sulle spalle e un’espressione indignata sul volto. Quella donna non aveva solo osato ignorarlo, bensì aveva avuto la faccia tosta di conversare con altri prima che con lui.

Quello era puro oltraggio, un comportamento eccessivo, irrispettoso.

Grugnì, osservandola uscire dalla stanza.

Chichi era stata più utile del previsto, e anche se non aveva potuto osservare la smorfia appena accennata di lui, immaginava quanto il principino disprezzasse il suo comportamento.

Bè? A lei che importava?

“Ehi, donna, dovresti portarmi rispetto.” Le si era piazzato davanti, burbero. Nella sua mentalità di viziato erede al trono, quello appena subito era qualcosa di grave. I principi non si rispettano, si venerano. Secondo le sue teorie, lei avrebbe dovuto caderle ai piedi dopo il bacio di ieri.

Era un onore.

Di fatto, Vegeta era molto tardo quando si trattava di certe cose.

“Facciamo così, Vegeta, riscuoto la mia parte del patto. Stammi alla larga. Fai finta che io non esista. Non mi conosci, non esisto per te. Hai capito?” E proprio come quell’uomo l’aveva fermata poco prima comparendole davanti, lei scomparì –decisamente più lentamente- da davanti ai suoi occhi.

Istinto, forse, chiamatelo come volete, ma Bulma se ne andò con l’orgoglio che le gonfiava i polmoni e che le portava la morte nel cuore.

Si chiamano effetti collaterali.

Il nodo in gola si fece più spesso, e lei corse velocemente – per quanto le sue scarpe glielo permettessero-  cercando di allontanarsi il più possibile da lui.

Stupida umana.

Pensava Vegeta, scrollando la testa e le spalle. Si riteneva indifferente, e a quel tempo lo era. Forse iniziava già a sentirsi indispettito da quel suo atteggiamento nei suoi confronti. Certo, per quanto riguardava il suo orgoglio ne abbiamo già parlato, eppure c’era qualcosa che gli pungeva l’animo e che lo rendeva furioso. Non si trattava né di rispetto, né di onore.

Stupida umana.

Pensava Bulma. Oramai ragionava come lui. Quella stupida umana qual’era si era innamorata di uno scimmione come Vegeta.

Pazienza, intanto avrebbe dovuto starle alla larga.

Intanto, già, ma quanto avrebbe resistito Vegeta senza le sue labbra rosse, questo non poteva saperlo.

E lei continuava ad evitarlo.

Quindici giorni di puro lavoro, di contratti, di soldi, di commissioni accettate e non. Clienti entravano e uscivano, nulla di più.

Si era isolata e si sentiva decisamente meglio. Il bacio era lontano, chiuso ermeticamente in un cassetto della sua memoria.

Non si metteva più il rossetto rosso, comunque, tanto per non rischiare.

Vegeta aveva notato che le sue labbra erano di un rosa perlato o al naturale, e chissà perché si compiaceva di se stesso per averle procurato tanto dolore.

Rispettava la sua richiesta, ma iniziava a innervosirsi.

Rispettava la sua richiesta, ma vederla ridere lo faceva arrabbiare.

Rispettava la sua richiesta, sì, ma tutto aveva un limite.

 

E dopo un mese di corridoi evitati da parte di lei, di orari diversi per non incontrarlo, quasi come se quella fosse una separazione domiciliare, il confronto arrivò.

Sì, proprio quello. Quello dei nove mesi di pancione, del mal di schiena, del seno pieno di latte, di serate passate a vomitare e di Trunks.

Perché quel maledetto giorno, Bulma aveva lasciato a casa il cellulare.

Capita a tutti, no? Peccato che le sue meticolose previsioni fossero errate, dato che secondo i suoi calcoli i genitori sarebbero arrivati casa alle tre, e Bulma si era procurata il necessario per starsene a lavorare. I vecchietti, invece, avevano optato per un’uscita post-pranzo, per digerire meglio.

Lei era tornata a casa, un numero impresso bene nella memoria e il bisogno immediato di chiamare il suo cliente, per concludere la pratica.

Invece del cellulare, Bulma aveva trovato Vegeta seduto sul divano, madido di sudore e il suo solito asciugamano sulle spalle. Poi aveva scorto il telefonino, poggiato sul tavolinetto di fronte a lui. Evitò di guardarlo negli occhi. Si diresse al cellulare, ostentando la sicurezza che aveva perso già nel momento stesso in cui era entrata nella stanza. Si chinò per prenderlo, decisa. Sentiva gli occhi di lui fissi sulla sua nuca. Quello sguardo non la inquietava, la rendeva addirittura inerme.

Lo colse, le mani tremanti ma il mento e alto.

La stretta di lui la costrinse a fermarsi, ora si guardavano negli occhi, l’una furiosa, l’altro compiaciuto.

Malizioso, provocatorio, arrogante, perverso.

“Perché non ti metti più il rossetto che mi piace tanto?”

Il resto è storia.

 

 

…continua…

 

 

 

 

 

 

Note Glob:

Ehilà! Scusate il ritardo e l’incostanza nell’aggiornare, ma io sono una di quei poveri disgraziati che si vedono costretti a studiare per l’esame di maturità.

E sono in semi-lutto, data la quasi sconfitta della nazionale italiana. Ormai è fuori.

Facciamo schifo. Sono disperata. ç_ç

Ad ogni modo, c’ho messo tanto e sì, state tranquilli, continuerò. La prossima scena sarà a rating rosso, e sarò costretta ad aumentare il rating, almeno che io non faccia lime, quindi lime più soft ù-ù

Ci penserò, e vedrete.

Concepiranno Trunks, insomma. L’ultima frase di Vegeta non è da interpretare come OOC, bensì come una frase perversa e cattiva. Non è detta in modo ingenuo, se questo è quello che pensato.

 

Left Eye, ma io e te ci siamo già viste da qualche parte? Mi sembra di ricordate il tuo nick, sai? Comunque, ti ringrazio per i complimenti! E’ bello sapere che non è la solita solfa, anche se credo prima o poi lo diventerà. Cercherò sempre di rimanere il più IC possibile, e per quanto mi riguarda, sono d’accordo con il tuo giudizio di Vegeta. In generale intendo. E’ proprio un figo.<3 Alla prossima! : D Luna_07, grazie! Yep! Spero di continuare così, a giudicare dalla tua recensione me la sto cavando benissimo. Sei sicura di non essere troppo gentile? No, perché mica mi offendi, eh? Grazie ancora per la tua recensione, uii! Sese87, grazie per la recensione e per l’in bocca al lupo. Crepi, maledetto, crepi! Domani ho la terza prova, speriamo in bene!  The_black_moon, ti sei letta tutte e tre i capitoli? Cavolo, che coraggio! : D Grazie per i complimenti, e mi raccomando, se hai critiche, fammele pure. Giusiemo291, così mi fai arrossire. Davvero credi tutto questo? Ho sempre paura di andare OOC, temo sempre che i miei personaggi non siano come dovrebbero e non mi stanco mai di dirmi che le mie location/setting non sono sempre molto logici. Bo, poco adatta, sì. Ancora più snervante è la paura che le mie frasi siano troppo lunghe e il periodo sia confusionario. Però certe recensioni mi fanno dimenticare per un attimo i miei difetti. Quindi, grazie! : D Maya74, grazie mille, maya! Spero che questo capitolo non deluda le aspettative che ti sei creata. Non vorrei mai causare delusioni, sai com’è… BulmaMiky, addirittura in modo accattivante? Bè, mi considero onorata. Contenta che la mia storia ti piaccia e che ti abbia preso, sì! Grazie per la recensione! Lady Lexy, ehi, grazie per la recensione che hai fatto in quel pomeriggio libero! Come ben vedi Bulma ha deciso di espellerlo dalla sua vita, adottando la così detta “psicologia inversa”. Invece di sfogare la sua rabbia, la reprime eliminando quell’uomo dalla sua esistenza. Personalmente agirei così anche io. Comunque, grazie ancora! Mi fanno molto piacere i tuoi complimenti sì! : D FaNnY sOnNy, è stato complicato scrivere il tuo nome. Prima di azzeccare la giusta combinazione di lettere minuscole e maiuscole c’ho messo un po’ xD Poi ho capito, non temere! Grazie mille per la recensione, e ho notato che hai recensito tutti e tre i capitoli in una botta sola! Cacchiolo, wow! Mi hai reso molto felice. Grazie per i complimenti sullo stile, è un fattore che mi da parecchi problemi.

 

Quindi, cercate di non scandalizzarvi per il prossimo capitolo, eh? Grazie ancora, al prossimo aggiornamento!

Glob ç_ç

  
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