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Autore: _Mary    27/06/2010    8 recensioni
La pioggia ticchettava contro la finestra della stanza, mentre la bambina cercava senza successo di trovare un ritmo comune a quella sequenza di suoni che si ripeteva da ore, ormai. Tic tac tac tac.
Fanfiction partecipante al 2010: a year together indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Gocce di pioggia'
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Fanfiction partecipante al 2010: a year together indetto dal "Collection of Starlight", said Mr Fanfiction Contest, "since 01.06.08".

Il prompt era ‘Saluti in cartolina’.

 

DISCLAIMER: i personaggi, nonostante la Rowling non ci abbia fatto praticamente niente, non sono miei, ma di chi ne detiene i diritti. La fanfiction non ha scopo di lucro.

 

Di nuovo a Silvia,

senza le cui note questa cosa non sarebbe mai nata <3

 

 

 

Cartoline – 27 giugno

 

 

La pioggia ticchettava contro la finestra della stanza, mentre la bambina cercava senza successo di trovare un ritmo comune a quella sequenza di suoni che si ripeteva da ore, ormai.

Tic tac tac tac.

Sbuffò, decidendo di smettere di provare. Non avrebbe mai trovato un ritmo a quella musica che aveva sentito da quando poteva ricordare; eppure, secondo suo padre in tutto c’era un ordine, qualcosa che unificava ed impediva il caos. Forse, però, la pioggia faceva eccezione.

Bellatrix le scoccò un’occhiataccia, imponendole senza parlare di tornare a leggere. La bambina annuì controvoglia. Fossero almeno stati i libri dello zio Alphard! Ma perché i suoi genitori le avevano dato quel tomo? Lei avrebbe preferito i sultani, gli orchi… non la storia della magia e le rivolte dei folletti! Bellatrix, poi, le aveva rivelato che quelli erano i libri di Storia della Magia di quando i loro genitori erano a Hogwarts, e che quindi avrebbero dovuto studiare di nuovo quelle cose, una volta arrivate lì. Andromeda si era sentita prendere dallo sconforto: perché le cose dei grandi erano così noiose?

Bellatrix chiuse seccamente il suo libro, lasciando la stanza. Andromeda la seguì con lo sguardo. Temeva di averla fatta arrabbiare, continuando a distrarsi, ma cos’altro poteva fare? Quel libro era così noioso…

Andromeda decise di imitare la sorella. Chiuse il libro e lo rimise al suo posto, mentre la piccola Narcissa la osservava. Beata lei, pensò Andromeda, che era ancora piccola per i loro genitori! Dall’anno seguente avrebbe cominciato anche lei la preparazione a Hogwarts, ma nel frattempo avrebbe potuto continuare a fare quello che più le piaceva.

Andromeda si affacciò cautamente alla porta della biblioteca, controllando che non stesse arrivando nessuno. Sapeva che i suoi genitori non sarebbero stati contenti di sapere che, ancora una volta, aveva evitato la ‘preparazione a Hogwarts’, ma pensava che forse non se ne sarebbero accorti, se fosse stata molto brava ed avesse fatto attenzione. E poi, neanche Bellatrix aveva finito il suo capitolo.

Sgattaiolò in tutta fretta nella sua stanza, sperando che non la vedesse nessuno. Il tragitto da percorrere per arrivare nella sua stanza era davvero lungo, e i corridoi vuoti facevano rimbombare i suoi passi in maniera incredibile. Accelerò, cominciando a correre. Quando si chiuse la porta della sua stanza alle spalle si sentì finalmente al sicuro: la pioggia continuava a cadere tranquillizzante con il suo ritmo indecifrabile, la luce grigiastra della mattinata illuminava l’ambiente ed i mobili antichi la accoglievano di nuovo tra loro, coi loro colori caldi contro la pietra biancastra e fredda del palazzo.

Andromeda si avvicinò al letto, pensierosa. Non avrebbe potuto giocare con nessuno, dato che sicuramente Bellatrix era arrabbiata con lei e Narcissa… beh, Narcissa stava disegnando, pensò storcendo il naso. E quando disegnava non voleva giocare. Non sarebbe neppure potuta uscire in giardino, con quella pioggia. Gli anni precedenti a fine giugno lei e le sue sorelle potevano uscire, col sole ed il caldo, ma la mamma si sarebbe arrabbiata se si fosse sporcata, giocando nel fango. Che peccato che per quell’anno l’estate non volesse arrivare.

Sbuffò, facendo forza sulle braccia per sedersi sul letto troppo alto e grande. Cosa le avrebbe detto di fare zio Alphard in giornate come quella?

D’un tratto, le venne in mente qualcosa. Si lasciò scivolare lungo il bordo del letto e sgusciò sotto di esso a prendere il libro che aveva ricevuto per il suo ultimo compleanno – ovviamente, un regalo dello zio: solo lui avrebbe potuto farle avere di nascosto un libro di racconti babbani. Ai suoi genitori non piacevano quelle storie, per quella ragione aveva dovuto nasconderlo lì. Altrimenti l’avrebbe messo insieme a tutti gli altri.

Si rialzò e superò il letto imponente, andando a nascondersi lì dietro in modo che nessuno la potesse vedere, entrando; si sedette, cercando una posizione comoda sul pavimento freddo, e aprì il libro alla prima pagina.

L’aveva imparato a memoria, ormai. Quei libri erano gli unici che le piacesse leggere, anche quando sapeva già come sarebbe andata a finire. Era da un po’ che non ne riceveva uno nuovo, da quando suo zio era partito. Era da tanto che non si faceva sentire, in effetti.

Sospirò, chiudendo il libro e rannicchiandosi contro il letto. Ci mise un po’ a notare un altro tipo di ticchettio alla finestra, diverso da quello della pioggia.

Andromeda alzò lo sguardo, sospettosa, e per poco non si lasciò sfuggire un urlo quando vide il grosso uccello che cercava di farsi notare, lì alla sua finestra.

Si cacciò in tutta fretta sotto il letto: quel coso era molto più grosso di lei, avrebbe potuto mangiarsela in un sol boccone!

Andromeda azzardò un’occhiata verso la finestra: l’uccello era ancora lì, appollaiato sul davanzale. Però, rifletté, non sembrava troppo pericoloso, e le piume bagnate sembravano avere dei bei colori. Oltretutto sembrava stremato, poverino, doveva aver fatto un lungo viaggio. E cos’era quella cosa che aveva legata alla zampa?

Andromeda uscì cautamente dal suo rifugio, incerta se fidarsi o meno. L’uccello continuava a picchiettare contro il vetro, tentando di farsi notare. Andromeda notò che la cosa legata alla zampa aveva tutta l’aria di un foglio molto stropicciato, così decise di far entrare quell’animale. Qualunque cosa fosse.

Non fece in tempo ad aprire più di uno spiraglio che si trovò sbattuta per terra dalla foga di quell’affare piumato, tutto contento di poter finalmente entrare all’asciutto.

“Ahia!” si lamentò, cadendo. Andromeda si massaggiò la testa, rivolgendo all’uccello una linguaccia offesa.

Quello, per niente impressionato, si andò ad appollaiare sul tavolo, porgendo la zampa con la lettera. Andromeda gli scoccò un’occhiata sospettosa, poi richiuse la finestra e gli si avvicinò.

“E tu cosa dovresti essere, un gufo? Ma i gufi non hanno i tuoi colori, e sono molto più simpatici di te” disse, squadrandolo.

Quello voltò la testa.

“Forse sei un pavone?” ipotizzò Andromeda. “O forse un fagiano”.

Alla parola ‘fagiano’, l’uccello beccò la mano di Andromeda incautamente sporta verso di lui.

“Ahi, mi fai male!” esclamò Andromeda, allontanandosi. Quello emise un verso stridulo.

La bambina rifletté.

“Facciamo così” propose. “Io non ti dico più niente ma tu mi dai quella lettera. È mia”.

L’uccello sporse di nuovo la zampa, e Andromeda cominciò a sciogliere lentamente il fiocchetto verde smeraldo che, si rese conto con emozione, solo suo zio Alphard usava per mandare lettere. Aprì la busta stropicciata con mani tremanti, e si accorse che quella che vedeva era una foto magica scattata probabilmente dal suo stesso zio, che ritraeva una costa al tramonto: il mare rifletteva i colori del cielo come uno specchio grande e prezioso, e le nuvole all’orizzonte erano tinte dei colori del sole; i gabbiani volavano bassi mentre le onde bagnavano placidamente la riva, carezzandola.

Andromeda si accorse con sorpresa che suo zio aveva scritto qualcosa sul retro della foto.

 

Bonjour, Princesse!

Questa che stai leggendo è quella che i Babbani chiamano ‘cartolina’, cioè una foto con dietro delle parole. Si invia per salutare amici o parenti che non sono con noi nel momento in cui vediamo un paesaggio bello come questo.

Sai dove mi trovo, Princesse? Nel cuore del tuo regno. Infatti, secondo quello che gli antichi Greci dicevano, Andromeda era la figlia di Cassiopea, regina di Etiopia – una regione che oggi corrisponde ad una terra tra Palestina e Mar Rosso. Proprio qui dove mi trovo, Andromeda sarebbe stata salvata dalla minaccia di un terribile mostro marino mandato da Poseidone per punire sua madre.

Vuoi sapere come finisce? Ho comprato un regalo che penso potrebbe interessarti: non mi sembra che tu abbia un libro di mitologia, e quella greca, in particolare, è molto interessante; potresti capire molte cose sui nomi dei tuoi parenti, e scoprire qualcosa su come Andromeda fu salvata da Perseo. Ad ogni modo, potresti sempre relegare quel libro in un angolo insieme a quello di Storia della Magia, non è vero?

P.S: considera il pennuto strano come il tuo regalo di compleanno. Molto anticipato o molto in ritardo, fai tu.

 

Andromeda sorrise. Non sapeva che la sua illustre omonima fosse la figlia di una regina babbana! E la storia di Perseo l’aveva incuriosita: perché Cassiopea avrebbe dovuto essere punita?

Quando alzò lo sguardo dalla lettera, si accorse che lo strano uccello si era messo a suo agio, appollaiandosi in cima ad un armadio.

Andromeda alzò gli occhi al cielo. Stese per bene le pieghe della ‘cartolina’ e la mise nella scatola in cui conservava le altre lettere che suo zio le aveva mandato. Ogni tanto viaggiava e tornava con qualche pensiero per lei e le sue sorelle, ma scriveva solamente a lei.

La pioggia continuava a cadere, mentre Andromeda cercava senza successo di far scendere il pennuto da lassù.

Tic tac tac tac.

 

::

 

Il ticchettio dell’orologio era l’unica cosa che Alphard potesse udire nella sua casa nuova, fin troppo silenziosa. Forse l’aveva scelta troppo isolata: Parigi era rumorosa, piena di attrattive; quel suo ritorno in patria gli aveva causato non pochi problemi, tra i quali l’accettare di nuovo di essere vicino al clan Black.

Alphard borbottò qualcosa in francese, guardando il cielo: una delle infinite cose che non gli era mancata era stata la dannata pioggia inglese. Parigi sembrava un’assolata metropoli equatoriale, al confronto.

La nebbia della campagna smorzava l’oro del grano di giugno, sfumandolo lievemente col grigio del cielo. Alphard guardava fuori dalla finestra, senza niente da fare: non gli restava che aspettare che la nipote tornasse dal suo viaggio di nozze, cioè che la causa principale della fine del suo amato esilio si rendesse conto che starsene da qualche parte in medio-oriente con il regale consorte stancava, a lungo andare.

“Che razza di cocciuta” borbottò con un mezzo sorriso, alzando lo sguardo alle nubi. Andromeda era la persona più testarda che avesse mai conosciuto, e non avrebbe mai ammesso davanti a nessuno di essere compiaciuto del fatto che parte della colpa fosse sua. In fondo, l’aveva praticamente cresciuta lui.

Ci mise qualche istante a notare l’uccello che si stava avvicinando rapidamente.

Alphard assottigliò gli occhi, cercando di riconoscerlo: era sicuro di non averlo mai visto. Sembrava qualcosa di esotico: ciò di cui era sicuro era che fosse gigantesco, ma Alphard non riusciva a capire di chi fosse.

Alphard si spostò dalla finestra appena in tempo per consentire l’atterraggio dell’uccello sulla sua poltrona preferita. Era così grande e sgraziato che quasi si incastrò nella finestra. Alphard gli si avvicinò incuriosito, slegando la lettera dalla zampa. Lo osservò con più attenzione: era sicuramente l’animale più brutto che avesse mai visto.

Lo scacciò dalla poltrona senza tanti complimenti, prima di sedersi.

All’interno della busta c’era una foto: Alphard sapeva di aver già visto quel paesaggio, ma sul momento non ricordò quando né dove. Era un ricordo piuttosto sbiadito, niente a che vedere con quella foto così nitida.

Ghignò quando riconobbe le due figure sulla sinistra: Ted abbracciava Andromeda da dietro, mentre quella faceva le smorfie all’osservatore, interrompendosi solo per scoppiare a ridere e voltarsi a guardare Ted.

Alphard girò la foto, notando poche righe scritte sul retro.

 

Caro zio,

tanti anni fa mi hai mandato una cartolina in cui mi facevi vedere ‘il cuore del mio regno’ – ricordi? L’antica Etiopia. È stata con quella scusa che hai potuto convincermi a cercare di scoprire chi fossero quei due personaggi dai nomi strani di cui mi avevi scritto.

Ebbene, eccoci qui, Andromeda e Perseo! Ti mandiamo i saluti dal cuore del nostro regno, sperando che tu non sia ancora scappato dall’Inghilterra per imbarcarti in un’altra delle tue epiche imprese.

Dromeda

e

Ted

P.S.: non so se ricordi il pennuto che hai usato per mandarmi quella cartolina,definendolo il mio ‘regalo di compleanno’: ci ho messo due giorni per convincerlo a scendere dal mio armadio, e puoi immaginare in che condizioni me l’abbia ridotto. Ti restituisco il favore, ah-ah.

 

Alphard girò nuovamente la cartolina: Ted e Andromeda salutavano dalla foto, felici.

Ghignò. Andromeda era davvero la più grande testarda che avesse mai conosciuto. Ricordarsi di quell’animale, addirittura.

Alphard alzò lo sguardo dalla cartolina facendolo vagare per la stanza. Notò che l’uccello si era andato a posizionare sul davanzale della finestra. Quando provò ad avvicinarsi, quello spiccò il volo.

Alphard si sporse dalla sua finestra per seguirlo con lo sguardo: si era appollaiato sul tetto, nel punto meno più difficile da raggiungere.

Imprecò tra i denti. Qualcosa gli diceva che ci avrebbe messo due giorni a farlo scendere da lì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che dire, a parte che Alphard non vuole davvero farsi da parte e quindi voi poveri lettori dovrete continuare a sorbirvelo un altro po’? <3

Storia scritta sempre e comunque per il CoS, col prompt che avete letto in alto. Non è tragggica neanche questa, sto facendo progressi *-*

 

Un ringraziamento stramega-speciale a whateverhappened: avete letto la sua bellissima storia Il Nome del Narciso? Se non l’avete fatto, vergognatevi! E filate a leggerla – sì, è un ordine u.u Se sì, invece, non so se ricordate le note esplicative alla fine: incuriosita dalla storia di Andromeda, quella della mitologia, sono andata a cercarmi la sua storia, e da lì -zac!- la folgorazione *-*

Quindi, cara, grazie mille per le tue storie bellissime, per le note esplicative alla fine e per la disponibilità che hai avuto nel concedermi di pubblicare questa cosa che, se non avessi letto quelle note, non sarebbe mai venuta fuori <3

Bon, io colgo sempre l’occasione per consigliare tutte le fic della donzella sopraccitata, perché sono bellerrime <3

 

E dopo questo smacco alla lingua italiana mi eclisso, ma non prima di aver ringraziato quelli che hanno messo tra Preferite/Ricordate/Seguite le mie precedenti one-shot – al solito, risposte alle recensioni via e-mail *sparge cuoricini*

 

Un abbraccio,

Ilaria

   
 
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