Ciao a tutti!! Questa è una OS che ho scritto per un contest. Leggete e ditemi che ne pensate. Baci! Ely
<< Edward vuoi venire con me? >> La domanda di Carlisle, entrato in camera mia, si propagò in tutta la stanza, sovrastando la melodia che usciva dallo stereo. Ero disteso sul mio divano nero, avevo gli occhi chiusi e cercavo di non ascoltare i pensieri degli altri, tantomeno quelli miei.
Oggi Carlisle sarebbe andato a visitare un ospedale di una piccola cittadina chiamata Forks. Si trattava di una visita veloce, visto che si trovava a poche ore di macchina dal luogo in cui ci trovavamo, ossia Denali.
<< Non so... >> risposi . I pensieri dispiaciuti di mio padre erano inevitabili da ascoltare, allora mi decisi.<< Ve bene, vengo con te. >> dissi aprendo gli occhi e mi alzai dal divano. Carlisle mi regalò un sorriso che esprimeva tutta la sua contentezza.
Prendemmo la sua macchina e partimmo subito alla volta di Forks.
Avevo accettato si per fare contento mio padre, ma anche per sfuggire dalla noiosa quotidianetà. Arrivati all’ospedale, ci accolse un dottore sulla quarantina << Salve, sono il dottor Davis, e lei deve essere il famoso dottor Cullen >> si rivole a mio padre, tendendogli la mano. << Si dottor Davis sono io, piacere di conoscerla, ma la prego mi chiami Carlisle. >> gli rispose stringendogli la mano. Il dottore sorrise ed annuì << Ok Calisle, allora te devi chiamarmi Luke. >>
Dopo le presentazioni, il dottore ci portò a fare il tour dell’ospedale, illustrandoci i vari macchinari tecnologici di cui l’ospedale era in possesso e illustrandoci il vario personale. Tra qualche anno io insieme alla mia famiglia ci saremmo dovuti trasferire, e la meta scelta è stata appunto Fork, cittadina piovosa e sperduta.
Carlisle vuoleva sempre vedere in largo anticipo (in larghissimo anticipo) il luogo in cui avrebbe lavorato. Dopo circa due ore, chiesi a mio padre << Papà posso andare a fare un giro? >>
Lui si girò verso di me, mi sorrise e disse << Ok Edward, ma non recare disturbo a nessuno >> mi rispose divertito. Gli sorrisi di rimando e mi addentrai nei vari corridoi dell’ospedale.
Non pensavo a dove andare, non avevo una meta precisa, le mie gambe si muovevano da sole. Ad un tratto mi trovai in un reparto tutto colorato, con dei disegni sulle pareti; il reparto maternità. Automaticamente mi avvicinai al vetro, dietro il cui venivano esposti i neonati.
Guardavo questi piccoli e mi naque spontaneamente un sorriso sulle labbra. La maggior parte piangeva, anzi tutti. Tranne una neonata non lo faceva; lei teneva gli occhi aperti e si guardava intorno, curiosa di ciò che la circondava. Ciò che mi colpì di lei furono gli occhi; il colore non era ancora ben definito, ma penso che sarebbero stati scuri, ma la profondità di essi era indescrivibile. Mi attiravano, e non sapevo perchè.
Chi avrebbe mai pensato che quegli occhi mi avrebbero stregato un giorno. Che quel piccolo fagottino mi avrebbe sconvolto la vita e cambiato profondamente. Che mi avrebbe fatto uscire da un’oscurità durata tanti, troppi anni, portando la luce nella mia vita come sa fare solo un angelo.