Beneath a moonless
sky
«Once there was a
night, beneath a moonless sky,
Too dark to see a thing, too dark to even try…»
Dalle grate che solitamente filtravano i raggi di
luna, facendoli
posare sulla superfice piatta dell’acqua e creando delicati
giochi di riflessi,
ora non proveniva nessuna luce: era una notte di luna nuova, e
l’oscurità
avvolgeva ogni cosa tra le sue spire.
Christine Daaè avanzò
lentamente verso il grande organo a
canne, ormai completamente distrutto, che ancora troneggiava sulla
Dimora del
Lago in ricordo della sua trascorsa magnificenza. Si
artigliò i bordi della
camicia da notte, trattenendo le lacrime; era esclusivamente colpa sua
se il
regno sotterraneo del suo Maestro era andato distrutto – non
avrebbe mai potuto
perdonarselo.
Come non si sarebbe potuta perdonare il suo frenetico fuggire con Raoul – il suo caro Raoul – senza prima aver salutato degnamente l’uomo che l’aveva amata sopra ogni cosa, osando andare contro ogni desiderio infernale e divino. Lui non meritava un simile trattamento; le doleva il cuore all’idea di separarsi per sempre dalla sua voce, dalla sua compagnia.
Eppure, avrebbe dovuto farlo.
Il cuore le diceva di lasciarsi andare ai sentimenti e provare a seguire quelli, per una volta, mentre la sua mente, il suo raziocinio, le suggeriva di essere lucida nelle sue decisioni e pensare al suo futuro, invece di limitarsi al presente. Raoul le offriva stabilità e serenità, e una vita ricca di tutti gli agi che poteva desiderare, una vita alla luce del sole… Mentre Erik cosa poteva offrirle, se non il suo sconfinato amore?
La soluzione sembrava così semplice… Ma ancora lei dubitava.
Lui era lì. Come ogni notte che avevano trascorso insieme, dalla sera dell’incendio, non era mai riuscito ad addormentarsi al suo fianco dopo aver giaciuto con lei, preferendo lasciarla sola nell’immenso letto e andare ad attendere l’alba seduto al suo organo.
«I couldn’t see your
face, but sensed you even so…»
Christine non riusciva a vederlo – il buio era troppo fitto – ma aveva imparato a conoscere ogni angolo di quella dimora, in cui avrebbe potuto muoversi anche ad occhi chiusi. Lo raggiunse, piano, per timore di svegliarlo qualora egli stesse dormendo, ma una volta arrivatagli alle spalle si accorse dal ritmo del suo respiro che l’uomo non aveva chiuso occhio.
Gli posò le mani sulle spalle, in una muta carezza, e chinò il viso su di lui, facendo piovere sul suo capo una morbida cascata di capelli castani. «È tempo che vada, Erik.» Mormorò, reprimendo un singhiozzo.
Egli si appropriò della sua mano, portandosela alle labbra e ricoprendola di teneri baci. Non andare, sembrava supplicarla, non ancora.
«And I touched you…»
Gli posò i palmi delle mani sul volto, privo di maschera, e benchè non potesse vederlo in viso si accorse che aveva socchiuso le palpebre, come se avesse voluto meglio godersi le sue carezze. L’uomo si alzò senza lasciarla andare, stringendola al petto con le sue forti braccia e cullandola – Christine potè sentire una dolce nenia fuoriuscire dalle sue labbra, e lacrime di nostalgia le pizzicarono gli occhi.
«And I heard those ravishing
refrains.
The music of the past…»
Persino il sangue nelle sue vene sembrava rispondere a quel canto, e il battito del suo cuore si fece tanto veloce che sembrava volesse quasi esploderle nel petto. Si aggrappò con furia alla camicia dell’uomo, bagnandola con le sue lacrime, consapevole che quella sarebbe stata forse l’ultima volta in cui avrebbe potuto godere del calore del suo corpo e delle sue carezze su di sé. I loro respiri e i loro singulti sostituirono la melodia sussurrata da colui che un tempo era conosciuto come Ange e Fantôme, e presto anche questi lasciarono spazio a dolci gemiti e sospiri.
Non vi era più terrore, né paura, né disagio.
Christine sapeva che l’uomo che teneva abbracciato non era un mostro, non lo era mai stato – tutto ciò che era in quel momento era uno spirito puro e infinito, capace di abbracciare tutta l’umanità se solo glielo avessero permesso, e costretto invece a godere di un minuscolo spiraglio di luce nascosto nella sua eterna oscurità.
«Cloaked under the night with
nothing to suppress
A woman and a man
No more, and yet no less.
And
I kissed you…»
Le sue labbra si chinarono voracemente su quelle di
Christine, attirandole in un bacio carico di bisogno e disperazione che
fece
scomparire in un battito di ciglia tutto quello che poteva esserci
intorno a
loro. Le mani di Erik affondarono nei suoi capelli, strappandole un
gemito e
portandole via il respiro.
«We said
things in the dark we never dared to
say...»
«Amami…»
Sussurrò Christine, sottraendosi al bacio per
riprendere fiato.
«Fin quando ci sarà vita nel
mio corpo, Christine, io ti
amerò.» Mormorò Erik, prima di
catturare ancora le sue labbra in un bacio, e un
altro, e un altro ancora.
«With a need
too blatant to deny
And nothing mattered then
Except for you and I
Again and then again beneath a moonless sky…»
Erik la prese tra le braccia, stringendosela al
petto e
dirigendosi con passo reso malfermo dall’emozione verso la
sua camera da letto
– unica stanza rimasta intatta dopo le razzie che i gendarmi
e i curiosi
avevano fatto nella sua Dimora. La posò con dolcezza sul
morbido materasso, chinandosi
su di lei e ricoprendola di baci, in quel rito che ripetevano ormai
ogni notte
da quando Christine l’aveva supplicato di perdonarla per il
suo tradimento.
La liberò con malcelata impazienza dei
suo abiti e fece lo
stesso con i propri, sentendosi in cuor suo grato per
l’assenza della luna –
che gli permetteva di stare accanto alla sua amata senza che ella fosse
troppo
terrorizzata dal suo aspetto mostruoso.
Christine allargò le braccia e
lasciò ch’egli si rifugiasse
nel suo seno, accarezzandogli dolcemente i capelli e trattenendo il
respiro
quando lo sentì scivolare con delicatezza dentro di
sé. Avvolse le gambe
intorno a lui, seguendo docilmente i suoi movimenti lenti che divennero
presto
altrettanto disperati dei suoi ardenti baci. L’aveva amata
con una passione che
solo lui possedeva, e con un ultimo sospiro compiaciuto si strinse a
lui,
mentre il sonno rapiva entrambi.
«And when it
was done
Before the sun could rise
Ashamed of what I was, afraid to see your eyes…
I stood while you slept and whispered a goodbye
And slipped into the dark beneath a moonless sky…»
Erik si svegliò molto prima di lei
– ma forse non si era del
tutto addormentato.
Volse il capo verso la giovane fanciulla
addormentata – i lunghi
e morbidi boccoli castani, sparsi in modo alquanto disordinato sul
cuscino, gli
riportarono alla mente gli eventi di quella notte, e di quelle
precedenti – e non
potè fare a meno di sentirsi un mostro,
sia nel fisico che nello spirito. Come poteva, una creatura delle
tenebre quale
era lui, osare vivere insieme ad un raggio di sole?
Si portò la mano a coprirsi il volto
straziato, in un gesto tanto
abituale che inorridì nell’accorgersi di essere
privo della sua maschera. Se la
sua musa lo avesse visto in quelle condizioni
sarebbe fuggita da lui per l’ennesima volta,
terrorizzata… E la colpa sarebbe ricaduta
ancora su di lui. Come sempre.
Scivolò giù dal letto,
silenzioso come un’ombra, e si rivestì
frettolosamente. Non poteva rimanere un minuto di più in
quella stanza con lei,
non se avesse voluto trovare la forza di lasciarla andare
definitivamente. Se avessero
continuato in quel modo, infatti, egli era certo che non le avrebbe
più permesso
di abbandonarlo.
E l’amava troppo per condannarla ad una
vita di dolore e oscurità.
Si trovava già sulla soglia della stanza
quando un suo gemito
lo immobilizzò. Si voltò verso di lei, correndole
accanto benchè sapesse che lei
non avrebbe potuto accorgersene; Christine aveva le sopracciglia
aggrottate nel
sonno e le labbra imbronciate, quasi stesse facendo un brutto sogno, e
il cuore
dell’uomo non potè che fermarsi, disperato, al
pensiero di poter essere lui la causa
del suo sonno agitato. Non si sarebbe mai perdonato di farla soffrire
ancora, e
l’unica soluzione era che tornasse dal suo Visconte
– per quanto l’idea lo ferisse
più di cento pugnalate.
Allungò una mano verso di lei,
trepidante, e con due dita leggere
le sfiorò i lineamenti del suo perfetto volto di porcellana,
indugiando su quelle
labbra arrossate dalla furia con cui l’aveva baciata. Non
potè resistere alla tentazione
e si chinò su di esse, rubandole l’ennesimo bacio.
«Addio, Christine…»
Sussurrò, mentre il suo povero cuore si frantumava
in mille pezzi.
Le diede le spalle e scivolò
nell’oscurità, fuggendo dalla sua
unica ancora di salvezza con la materna protezione di una notte senza
luna.
«And I loved
you, yes I loved you
I’d have followed anywhere you left.
I woke to swear my love
and found you gone instead…»
Christine si svegliò con la speranza di
trovare il suo amato
angelo accanto a lei, per la prima
volta.
Aveva deciso tutto all’improvviso: basta comportarsi da
sciocca bambina impaurita.
Avrebbe confessato a Erik di amarlo più di sé
stessa, e poco importava il suo aspetto
o gli ostacoli che si sarebbero frapposti tra loro e un futuro insieme!
Ma non poteva
accettare la proposta di Raoul quand’era perfettamente
consapevole di amare un altro
uomo – lo dimostrava la cieca passione e l’infinita
fiducia con cui si era concessa
a lui, mandando al diavolo ogni logica e senso di pudore. Sposare il
visconte, a
quel punto, sarebbe stato un gesto troppo infimo per lei,
perché gli voleva bene
come ad un fratello e un amico, e non poteva infliggergli un simile
trattamento. No, non lo meritava.
Ma Erik… Oh si, sarebbe fuggita in capo
al mondo insieme a lui,
se fosse stato necessario.
Dischiuse gli occhi e sorrise, certa che
l’uomo fosse sveglio
e la stesse osservando in silenzio facendo attenzione a non svegliarla.
Ma dovette
seppellire le sue aspettative nella delusione cocente causata dalla sua
assenza,
che oltretutto iniziava a farla arrabbiare. Si avvolse un lenzuolo
intorno al corpo
e scese dal letto, dirigendosi nella sala dell’organo
incurante del freddo e pronta
a gettarsi ai suoi piedi gridando il suo amore, qualora egli non
l’avesse ancora
capito.
Quando si accorse che di Erik non vi era alcuna
traccia, che
egli era scomparso senza dirle una sola parola, le crollò il
mondo addosso. Cadde
in ginocchio, non riuscendo a versare neppure una lacrima, e rimase a
lungo in uno
stato di apatia – prima che il pianto sgorgasse a dirotto,
frantumando le sue poche
difese. Erik l’aveva abbandonata, e quel che era peggio era
che non le aveva dato
la possibilità di scegliere.
Aveva deciso lui per lei, e questo non glielo
avrebbe mai potuto
perdonare.
Urlò, disperata, e il suo grido
risuonò come un tuono nel muto
sotterraneo.
«How I loved
you!»
Come aveva fatto a non piangere mentre il sacerdote
la univa
in matrimonio al Visconte de Chagny?
Come aveva desistito dal togliersi la vita dopo la
loro prima
notte di nozze, mentre immaginava le mani di un altro uomo su di
sé, e non certo
quelle del marito?
Oh, certo. Era chiaro.
Aveva scoperto di portare in grembo il frutto delle
sue peccaminose
notti trascorse insieme a Erik. Non poteva uccidere sé
stessa – non quando dalla
sua stessa vita dipendeva quella di quel piccolo essere.
«And yet I
won’t regret from now until I die
The night I can’t forget
Beneath a moonless sky…»
Non avrebbe mai potuto rimpiangere, fin quando
avesse avuto vita,
quelle notti di luna nuova – anche se proprio una di esse le
aveva portato via per
sempre l’unico uomo che avrebbe mai potuto amare.
Probabilmente non l’avrebbe mai
più visto. Ma avrebbe potuto
riversare l’immenso amore che nutriva per lui sul figlio che
stavano per avere e
di cui lui non avrebbe mai scoperto l’esistenza. Anche se si
sarebbe chiamato de
Chagny, lei conosceva la
verità.
Nulla avrebbe mai potuto cancellare le sue colpe,
ma lei non
aveva rimpianti – se non quello di non aver compreso prima i
sentimenti che provava
per lui.
«How can you talk of
now?
For us, there is no now.»
Per loro non ci sarebbe mai stato un futuro.
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AA - Angolo Autrice:
Niente di particolare. Si tratta di un esperimento, in realtà - è la prima volta che mi diletto con le song fiction - e inoltre è una di quelle che vengono chiamate "pazzie notturne". Insomma, una piccola one-shot senza pretese e interpretazione molto personale: riguarda il seguito de The Phantom of the Opera, e cioè Love Never Dies - in particolare la notte in cui venne concepito il piccolo Gustave.
Chissà se sono riuscita a rendere almeno in parte quello che è accaduto e quello che hanno provato? L'addio di Erik e il dolore di Christine, che ha perso una seconda volta l'unico uomo che poteva mai amare. Premetto che io non sono molto d'accordo con le storie in cui Christine lascia Raoul per tornare da Erik, perchè secondo me sia il film che il libro erano bellissimi nel loro finale straziante, ma comunque ci ho voluto provare. Dopotutto per poter criticare il nemico bisogna conoscerlo u.u
Ringrazio sin da ora coloro che leggeranno e commenteranno - fatemi sapere che ne pensate, se passate di qui ^^
Un abbraccio, alla prossima puntata (non si sa mai, magari farò altri "missing moments" su Love Never Dies, dopotutto le canzoni e le musiche sono splendide).
GiulyRedRose