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Autore: ShopaHolic    28/06/2010    4 recensioni
Estate 2009. Dopo quattro anni dall’uscita di American Idiot, i Green Day sono tornati con un nuovo album, e il tour è finalmente alle porte. Ma se le cose non andassero esattamente come erano state previste? Se un improvviso imprevisto li costringesse a rimandare la partenza, e la cosa avesse ripercussioni serie sull'animo di Billie Joe Armstrong? E se fosse l'incontro fortuito con una curiosa ragazza dal nome evocativo e dal passato misterioso, totalmente estranea al suo mondo, a portare scompiglio nella vita di tutti?
Dal capitolo 20:
«Mi rendo perfettamente conto che è sbagliato, e che è un errore essere qui adesso. Ed è anche rischioso, considerando l’accanimento mediatico che c’è su di te ultimamente, ma ci sono persone che si sono sacrificate tanto, per me, affinché io fossi felice, e pur sapendo che queste persone non approverebbero mai quello che sto facendo, io sento che è quello che voglio. Io voglio sentirmi viva e felice. E non so per quanto durerà tutto questo, ma io mi sento così, adesso, e se anche dovesse finire tutto nel giro di cinque minuti, io sarò lo stesso contenta di averlo vissuto.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Inutile spiegazione

Un sole pallido tingeva di rosa il cielo del crepuscolo mentre un venticello frizzantino spumeggiava nell'aria. Erano appena le sette del mattino, ma Billie Joe Armstrong era già sveglio da un pezzo, nonostante quello fosse un orario che, in altre circostanze, avrebbe senza dubbio definito improponibile.
L'acqua tiepida della doccia scivolava rapidamente lungo il suo corpo esile, liberandogli la pelle dalla fatica e dallo stress degli ultimi giorni. Non aveva dormito molte ore, quella notte, eppure si sentiva calmo e riposato come non mai. Forse aveva ragione chi diceva che un paio d'ore di sonno erano mille volte meglio di un intero pomeriggio passato a poltrire.
Una volta che si fu concesso quella mezz’ora di relax sotto il getto rinvigorente della doccia si asciugò rapidamente e dopo aver constatato che era il caso di fare un paio di lavatrici, indossò le prime cose pulite che trovò: una semplice maglietta a mezze maniche grigia e un paio di jeans scuri.Non perse nemmeno tempo ad asciugarsi i capelli, piuttosto filò dritto in cucina per cercare qualcosa da mettere sotto i denti, visto e considerato che l'ultimo pasto che aveva avuto era stato il pranzo del giorno prima, ma nella desolazione più totale del suo frigorifero, ormai quasi completamente vuoto, l'unica cosa commestibile che trovò fu una merendina al cioccolato, sicuramente di uno dei suoi figli, che comunque gettò via dopo appena un paio di morsi, trovandola davvero disgustosa. Quando capì che non aveva altro da fare lì in casa afferrò la giacca e le chiavi della macchina e uscì in giardino, dove era parcheggiata la sua automobile nera. Il rombo cupo del motore ricordò a Billie Joe che, se avesse voluto arrivare a destinazione, gli sarebbe convenuto passare al distributore più vicino e fermarsi a fare a benzina. Decise che era proprio quello che avrebbe fatto, visto che un distributore era proprio di strada per raggiungere la villa di Mike. Era curioso di vedere in che condizioni si sarebbero fatti trovare, lui e Frank. Avrebbe scommesso tutto quello che aveva che se l'erano spassata alla grande: Cool non era proprio il tipo da passare una serata intera senza combinare qualcosa di idiota. Era totalmente contrario alla sua indole, a maggior ragione se era in compagnia di Mike o di qualunque altro suo amico.
Si fermò al primo distributore che trovò sulla sua strada, e dopo aver rifornito di diesel la sua automobile e aver firmato un autografo a una cliente che l'aveva riconosciuto, partì in terza sulla lunga strada semideserta. Distrattamente afferrò un cd a caso tra i cinque o sei che stavano impilati sul sedile del passeggero -tutti rigorosamente senza custodia- e con gesto quasi automatico lo inserì nello stereo. Si trattava di una serie di dischi che aveva masterizzato dal pc -o meglio, che si era fatto masterizzare da suo figlio- e che contenevano una serie di canzoni miste dei suoi artisti preferiti, tra i quali i Ramones, i Beatles, Joe Cocker, gli Who e, naturalmente, gli U2. Di tutti questi, ovviamente, possedeva, originali, le copie dei loro album, e spesso e volentieri ne ascoltava uno a tutto volume, approfittando del suo meraviglioso nonché costosissimo impianto stereo, che gli dava l’impressione vera e propria non solo di sentire la musica pulsare nelle sue vene, ma di entrare letteralmente all’interno di quelle canzoni, di venire catapultato dritto nel bel mezzo di quel vortice di suoni creato dalla musica stessa. Quando era al volante, però, preferiva di gran lunga spaziare tra gli artisti e le canzoni che più gli piacevano. Preferiva ascoltare canzoni diverse, una dopo l’altra, senza che nessuna di esse avesse alcun tipo di legame con le altre. Gli piaceva il contrasto che si creava da questa discontinuità di toni, e proprio questa perenne tensione lo aiutava a tenersi concentrato durante la guida, gli impediva di immergersi totalmente in una determinata lunghezza d’onda che avrebbe potuto facilmente distrarlo e fargli perdere di vista la strada.
Il suo stomaco si attorcigliò quando partirono le note di !Viva la Gloria!, e il suo sguardo saettò verso lo stereo. Non che fosse sua abitudine inserire le canzoni dei Green Day nei dischi che si faceva masterizzare, ma quella, insieme ad altri cinque o sei brani, era una delle preferite di sue moglie, ed era stata proprio lei ad insistere affinché fosse nel cd. Nuovamente Billie Joe tornò con la mente a quella riflessione sulle coincidenze e il destino che il sonno aveva interrotto la notte precedente. Svogliatamente premette il piede sul freno fermandosi di fronte a un incrocio, dove un semaforo rosso concedeva il passo a un'anziana signora con un cane al guinzaglio che, se possibile, sembrava essere ancora più vecchio di lei. Il sui sguardo era rivolto, nell'attesa, alla sua destra, dove si snodava, lunga e circondata da una fitta schiera di villette, la strada che l’avrebbe condotto in pochi minuti alla via della casa di Mike. Il ritornello energico e coinvolgente di !Viva la Gloria! vibrava intanto nell'aria dell'abitacolo, e a ritmo di quella musica così familiare da sentirla parte di sé, vibravano anche i pensieri di Billie Joe Armstrong. Era un movimento così rapido, quello dei suoi pensieri, che la sua mente non riusciva ad afferrarli, non riusciva a districare la sottile rete disegnata dalle loro orbite.
Tre secondi.
Due secondi.
Uno.
Il semaforo diventò verde nello stesso istante in cui la sua testa riuscì a catturare finalmente una di quelle piccole particelle che ronzavano fulminee al suo interno seguendo il ritmo della canzone. L'impulso del colore verde gli raggiunse il cervello un istante prima che questo riuscisse a decifrare quel piccolo, folle e allo stesso tempo ingenuo pensiero, e quando davvero afferrò ciò che gli era passato per la mente, aveva già premuto il piede sull'acceleratore, e stava proseguendo il suo percorso sulla strada dritta dinanzi a sé.

Gloria aveva aperto il locale da poco più di mezz'ora, e se ne stava tutta sola a passare lo straccio sul pavimento di granito. Il sole era spuntato da tempo dall'orizzonte, e intiepidiva con i suoi raggi una mattinata già abbastanza calda.
In piedi dietro il muro di una palazzina che dava sulla piazzola, Billie Joe Armstrong osservava di nascosto i movimenti di quella giovane donna che, durante quelle ventiquattro ore, era stata la sua più grande ossessione.
Non indossava il grembiule scarlatto che aveva il giorno prima, e teneva sciolti i lunghi capelli corvini, che fluivano docili fino al fondoschiena, fasciato da un aderentissimo paio di blue-jeans che le mettevano in evidenza le gambe magre e non particolarmente lunghe. La maglietta, una semplicissima canotta color rosa pallido, lasciava in bella mostra le braccia sode.
Billie Joe Armstrong sentì l’impulso di ridere, al pensiero di trovarsi lì a spiare una ragazzina di vent'anni più giovane di lui, soprattutto se pensava che cose del genere non le aveva mai fatte neppure quando era un adolescente. L'idea di osservare di nascosto una ragazza non gli era mai passata nemmeno per l'anticamera del cervello, in fondo non era mai stato quel tipo di ragazzo che indugia di fronte al gentil sesso e, anzi, non aveva mai avuto alcun problema ad ostentare i suoi interessi, neanche di fronte alle dirette interessate.
Con discrezione sporse leggermente la testa oltre il muro, e poté vedere chiaramente Gloria poggiare lo spazzolone addosso alla parete e uscire dal locale per poi sdraiarsi sulla panchina di marmo bianco che era proprio accanto all’entrata. Vide vagare il suo sguardo lungo il cielo vuoto di nuvole, per poi chiudere gli occhi e godersi la piacevole sensazione della propria pelle inondata dai raggi del sole.
Billie Joe sorrise placidamente sotto i suoi occhiali da sole neri. Sembrava così calma, così senza fretta, in pace con il mondo.
Improvvisamente, però, una voce secca gracchiò alle spalle del cantante, facendolo quasi saltare dallo spavento.
«Giochi a nascondino o stai spiando le ragazzine?»
Affacciato alla finestra del secondo piano della palazzina sull'altro lato della strada deserta, un anziano signore rinsecchito osservava Billie Joe Armstrong con lo stesso sguardo di un padre che ha appena beccato un maniaco a importunare sua figlia.
«Svergognato, potresti esserle padre.» continuò il vecchio con voce aspra sotto lo sguardo interdetto del frontman dei Green Day.
«Vai a fare il maniaco da un'altra parte.»
Billie Joe fissò ancora per qualche istante quel mucchiettino di ossa parlanti per poi voltarsi come se niente fosse successo e dirigersi verso il locale mormorando tra i denti: «I pazzi capitano tutti a me...»
A passi lenti raggiunse la ragazza che sembrava non essersi accorta minimamente della presenza di qualcuno poco lontano da lei.
«Ciao, Gloria.»disse con voce calda una volta che l’ebbe raggiunta, osservandola dall'alto.
Lei aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre per proteggerli dalla luce del sole, e la sua bocca si socchiuse dallo stupore quando mise a fuoco il volto della persona che l'aveva appena salutata. Velocemente si tirò su e si alzò in piedi mormorando un timido «ciao.»
«Ti ho disturbata?» domandò Billie Joe notando che lei non accennava a dire altro.
Gloria scosse la testa con vigore.
«No. No, non mi hai disturbata.» Accennò un sorriso gentile.
«Sono sorpresa di rivederti qui. Non è esattamente il posto dove si riuniscono le celebrità, o no?» 
Il frontman soffiò una risata divertita.
«Wow, ieri non sapevi neppure chi fossi, e oggi sono diventato una celebrità?»
«Guarda che sapevo benissimo chi fossi, ci ho solo messo un po’ per rendermene conto.» rispose prontamente e senza indugio, sorridendo sorniona, per poi aggiungere, stringendosi nelle spalle: «E comunque, se tu esci di casa e vieni accerchiato da una schiera di fans che ti chiedono foto e autografi, sei una celebrità indipendentemente dal fatto che io lo sappia o no, non credi?»
Billie Joe Armstrong sorrise di rimando, rendendosi conto che il suo ragionamento non faceva una grinza.
«Come mai sei venuto?» domandò Gloria facendogli cenno con la testa di seguirla all'interno del locale.
Il cantante fece spallucce, seguendola.
«Ero nei paraggi.» dichiarò, ma appena mise piede nel locale si trovò faccia a faccia con lei, che lo guardava negli occhi con finta aria di rimprovero, costringendolo a fermarsi all'improvviso per evitare di andarle addosso.
«E anche oggi hai intenzione di scappare via all'improvviso?» Si voltò, poi, afferrando il grembiule rosso appeso all'appendiabiti alla sua destra e allacciandoselo dietro la schiena.
«Hai ragione.»rispose lui prendendo posto di fronte al bancone. «Mi dispiace per ieri, ma ero davvero a pezzi.»
Lei inarcò le sopracciglia senza mai rivolgere lo sguardo verso di lui.
«Sì, lo so. Si vedeva.»
«Ma oggi sto già molto meglio, non me ne andrò via... così.»
Gloria sorrise bonariamente, dicendo: «Guarda che stavo scherzando, non devi darmi spiegazioni.»
Una volta arrivata dietro il bancone si strinse nelle spalle.
«Comunque, mi fa piacere sapere che stai meglio.»
Billie Joe Armstrong si sentiva bene davvero, e si sentiva bene anche nonostante sapesse che l'essere lì in quel momento fosse sbagliato. Quegli ultimi giorni erano stati un inferno, per non parlare della giornata precedente, ma sembrava aver messo finalmente chiarezza tra i suoi pensieri. Sapeva che se si trovava lì in quel bar, in compagnia di quella ragazza, era perché era stato lui stesso a volerlo: voleva rivedere Gloria e quindi era andato da lei. Niente dubbi, niente attimi di confusione, niente perché. Solo la voglia di passare qualche istante con lei, parlarle, conoscerla un po’.
«Ho una cosa per te.» annunciò all'improvviso sollevando il sacchetto di cellophane che teneva nella mano destra.
«Ah, sì?» Gloria guardò confusa la busta che le stava porgendo: era di media grandezza e aveva stampata sul fronte l'immagine di un compact disc colorato.
«Sono capitato per caso in un negozio di musica, e visto che ti chiami Gloria...» le spiegò stringendosi nelle spalle,sorridendo per l'ennesima volta di quella singolare coincidenza. «Ho pensato di regalarti il cd.»
Era capitato per caso, mentre passeggiava in direzione del locale dopo aver parcheggiato l’auto in un box a pagamento. Stava percorrendo la via ampia e trafficata che si snodava parallelamente di fronte all’ospedale quando aveva visto un giovane ragazzo sollevare la saracinesca di un negozio che recava sull’insegna la scritta “Tutta un’altra musica”. Nella piccola vetrina che dava sull’esterno erano disposti una serie di biografie degli artisti più famosi, da John Lennon a Kurt Cobain, e diversi album appena usciti, tra i quali aveva individuato immediatamente 21st century breakdown. Era stato così che aveva avuto l’impulso di entrare e comprarle il disco, ed è inutile tentare di spiegare l’espressione che aveva assunto il giovane commesso nel notare che, nel suo negozio, Billie Joe Armstrong stava acquistando una copia del suo album.
«Avanti, prendilo. È tuo.» La sollecitò poi con un sorriso amichevole, vedendola esitante.
Dal canto suo, Gloria era completamente spiazzata.
«Ehm... grazie, non dovevi... » mormorò timidamente prendendo il sacchetto dalle sue mani senza mai alzare lo sguardo, troppo imbarazzata per riuscire a guardarlo negli occhi. Con dita incerte liberò il cd dal cellophane, osservando la copertina di 21st century breakdown.
«Immagino che questa sia Gloria...» azzardò indicando al cantante la ragazza disegnata sul davanti a mo' di graffito.
Questi annuì.
«E quest'altro invece...»
Il suo sguardo si spostò sull'altro ragazzo in copertina.
«È Christian.»
«Christian e Gloria.» ripeté lei continuando a fissare la custodia. «Mi piace come suonano insieme.»
Dopo alcuni istanti di silenzio alzò finalmente lo sguardo.
«Grazie mille.» ripeté sorridendo per quella piacevole sorpresa inaspettata. «Appena torno a casa lo ascolto.»
Nell'ora e mezza in cui Billie Joe Amrstrong si trattenne al Pit’s Cafè, lui e Gloria ebbero modo di parlare dei più svariati argomenti. Erano partiti discorrendo del caldo bestiale che stava inondando la città, e nel giro di pochi minuti lui era venuto a sapere che Gloria viveva da sola con la sorella maggiore da quando aveva sette anni, che lavorava al bar da quando ne aveva sedici, e che si era diplomata al liceo da poco meno di un mese, mentre a lei aveva raccontato degli ultimi mesi in sala di registrazione, di quanto fosse stato stressante il tour di American Idiot, ma anche delle emozioni indescrivibili che aveva provato ogni volta che era salito sul palco. Lei gli aveva parlato della sua decisione di non frequentare il college; lui le aveva esposto tutte le sue idee in riguardo alla politica americana, e si era accorto con una certa sorpresa che spesso lei era d'accordo con quanto diceva. L'abisso di differenze che c'era tra di loro sembrava essere svanito. Non erano più una comunissima barista diciannovenne che lavora per non pesare in casa e un cantante trentasettenne di fama mondiale, ricco sfondato. Erano solo Gloria e Billie Joe. Due persone qualsiasi che discorrevano e si scambiavano opinioni. Non c'era più il minimo imbarazzo, tra loro, e persino Gloria era riuscita a mettere da parte quella sottile soggezione che aveva provato inizialmente.
Nel lasso di tempo in cui avevano avuto modo di conoscersi erano stati interrotti soltanto un paio di volte, e precisamente da due simpatiche anziane che dopo aver preso caffè e brioches per la colazione se ne erano andate senza riconoscere il cantante.
Billie Joe le raccontò della brutta piega che stavano prendendo quelle vacanze e, mentre lei gli offriva il caffè, le parlò di tutto quello che era riuscito ad accadere nel giro di un paio di settimane, a partire dal polso ingessato del suo batterista, per poi arrivare alla posticipazione del tour e, ciliegina sulla torta, alla litigata con Mike per il mancato appuntamento della sera prima.
La ragazza rise di gusto, ascoltando interessata il discorso del suo, ormai, quasi amico.
«E così alla fine gli hai dato buca.» concluse al suo posto, sorridendogli da dietro il bancone.
«Te l'ho detto: stavo poco bene.» fu la giustificazione di lui, che le sorrise di rimando portandosi una mano al cuore come a volerle giurare di aver detto la verità.
«Però rimane il fatto che hai qualcosa da farti perdonare, adesso.»
«Naaa.» Si strinse nelle spalle. «Ho avuto cose ben peggiori da farmi perdonare, in tutti questi anni. Non può essersi veramente arrabbiato, Gloria, dai retta a me.» proferì sicuro di quelle parole.
«Beh, ovviamente: è un po’ difficile che qualcuno si incazzi sul serio per una stronzata del genere, però l'hai detto tu stesso che, dopo tutto quel che è successo ultimamente, anche solo uno starnuto basterebbe a fargli perdere la pazienza. Non so quanto ti conviene tirare troppo la corda...»
«Gli passerà.»  
Lei incrociò le braccia al petto, arricciando le labbra in un’espressione pensierosa. 
«Sai, se fossi al tuo posto cercherei di prenderlo per la gola.» annunciò pochi secondi di silenzio, e sorrise.
«Prova a portagli la colazione.»
Billie Joe aggrottò la fronte, non proprio sicuro di aver capito bene.
«La colazione?»
«Sì, a lui e al vostro amico. Hai detto che si chiama Trè, se non sbaglio, giusto?»
Lui fece segno di sì con la testa, esortandola ad andare avanti.
«Ecco, da quel che mi hai raccontato, quei due devono aver fatto le ore piccole, stanotte, ed è probabile che a quest’ora stiano ancora dormendo, perciò se ti presenti da loro con qualcosa di buono da mettere sotto i denti... dubito che continueranno a tenerti il muso.»gli spiegò stringendosi nelle spalle.
«Che ne pensi, ti piace come idea? E’ una cosa che ho imparato da mia sorella: quello di prepararmi la colazione è il suo modo per farsi perdonare quando litighiamo.» Sorvolò sul fatto che sua sorella fosse una cuoca di professione e che le colazioni preparate da lei comprendessero ben altro che ciambelle e cornetti.
Billie Joe Armstrong poggiò il gomito sinistro sul bancone e si prese il mento tra due dita, valutando la proposta della ragazza.
«Non è affatto una cattiva idea, ora che mi ci fai pensare.» concluse dopo aver brevemente valutato quella proposta. «E c’è una cosa importante che tu non sai: basta mettere una ciambella sotto il naso di Mike, che subito si dimentica di ogni altra cosa.» le rivelò poi agitando enfaticamente il polso, con la mano chiusa a pugno e il solo dito indice steso.
Lei ricambiò amichevole il sorriso.
«Un po’ come Homer Simpson
«Sì, una specie.» rispose lui, e nel dirlo soffocò una risata divertita.
Incredibile come quella ragazza riuscisse a farlo ridere anche delle piccole cose. Aveva qualcosa, dentro di sé, che lo attirava allo stesso modo in cui il miele attira le api. Il modo in cui strizzava gli occhi quando rideva, il modo in cui di tanto in tanto serrava involontariamente le labbra in un'espressione tenera ma allo stesso tempo sbarazzina, la sua stessa risata coinvolgente rendevano evidente, agli occhi di Billie Joe Armstrong, la semplicità unica di quella ragazza. Rimase a guardarla con la testa poggiata sulla mano mentre metteva in un sacchetto delle ciambelle zuccherate con tanto di tovagliolini e riempiva di cappuccino i bicchieri di carta. Anche il modo in cui si muoveva era semplice, senza fretta. Si vedeva che quel lavoro le piaceva.
Poco prima gli aveva raccontato di quanto fosse stanca quando tornava la sera a casa, ma anche di quanto le piacesse essere così a contatto con la gente. Gli aveva parlato di Rita e Peter, i simpatici proprietari del locale, amici di vecchia data di sua sorella, che le avevano offerto il posto di lavoro pur non avendo davvero bisogno di aiuto in più, semplicemente per fare un favore alla loro amica, dacché avevano saputo che la ragazza stava cercando un lavoretto per poter mettere da parte qualcosa e avere un po’ d’autonomia, qualcosa di semplice, che non la tenesse occupata troppo tempo e che non le sottraesse il tempo necessario allo studio.  Aveva iniziato lavorando solo un paio di pomeriggi a settimana e nei week-end, per poi passare a turni completi durante le vacanze natalizie e i periodi estivi quando, libera dagli impegni scolastici, poteva permettersi di trascorrere interamente le sue giornate al caffè. Durante l’ultimo anno, poi, Rita e Peter le avevano concesso più volte di occuparsi del locale autonomamente, senza che ci fosse necessariamente almeno uno dei due a controllare la situazione. Sapevano di potersi fidare di lei; le avevano dato una copia delle chiavi e il permesso di aprire e presiedere da sola il locale alla mattina, e anche se questo voleva dire doversi svegliare presto, Gloria non si lasciava scappare nemmeno un’occasione. Rimanere al locale da sola significava ricevere degli extra sul suo stipendio, e aveva capito ormai che, se i suoi datori di lavoro le affidavano il locale così spesso, non era più solo per fare un favore a lei o a sua sorella, ma anche perché in questo modo avrebbero avuto più tempo da dedicare a loro stessi e ad altri progetti, senza la frenesia di dover essere di turno al caffè in qualsiasi momento della giornata.
Gloria poggiò sul bancone la busta di plastica che conteneva i cappuccini e le ciambelle.
«Ecco qui...»
Lui afferrò il sacchetto e si alzò dallo sgabello sul quale era seduto, infilando una mano nella tasca dei jeans per tirare fuori il portafoglio.
«Stai fermo con quella mano.» lo ammonì scherzosamente.
Il cantante aggrottò la fronte senza capire ed estrasse il portafoglio, facendo per aprirlo.
«Billie, non pensarci nemmeno. Oggi offro io.» proseguì con voce decisa per poi aggiungere sorridendo: «Anche perché non immagini quanto tu mi abbia lasciato ieri nella fretta di andartene.»
Lui le sorrise di rimando.
«Grazie di tutto.»
«Grazie a te, anche per il cd. Sei stato gentilissimo. E, ovviamente, grazie per la chiacchierata.»
Già, la chiacchierata. Billie Joe sarebbe rimasto in quel bar a parlare con lei per tutto il giorno. Erano tantissime le cose che avrebbe ancora voluto conoscere di quella ragazza, ma sapeva adesso che ogni volta che avesse avuto voglia di vederla, avrebbe potuto trovarla lì, dietro il granito lucido di quel bancone che faceva da barriera tra i loro universi opposti, quello brillante e frenetico di una rockstar ricca e famosa, e quello più semplice e tranquillo di una ragazzina che passava gran parte delle sue giornate sul posto di lavoro.
«Mi ha fatto piacere parlare con te. Sei carina, tu.»
Anche Gloria sorrise, un sorriso sincero, senza malizia.
«È ora che vada, altrimenti andrà a finire che li trovo tutti e due già a tavola a pranzare. Semmai ci sentiamo, ok?»
Lei annuì silenziosamente, i numeri di telefono se li erano scambiati pochi minuti prima su suggerimento del cantante. Nonostante la confidenza che avevano assunto ognuno nei confronti dell’altro durante quella conversazione, lei non avrebbe mai osato domandare il numero di telefono a Billie Joe Armstrong.
«Ciao, Gloria.» Si sporse sul bancone e si salutarono da amici, con un bacio sulla guancia. La pelle della ragazza era morbida e liscia, e aveva un delicato profumo di vaniglia.
Lei lo guardò negli occhi e sorrise.
«A presto.»
Billie Joe Armstrong si voltò allora verso l'uscita, e nello stesso momento in cui stava per mettere piede fuori dal locale, una donna altissima sui quarantacinque, con lunghi capelli ramati e un paio di occhiali da sole sul naso, si fermò sulla porta del locale, rischiando di andargli a sbattere addosso.
«Salve.» disse lui sorridendo con nonchalance, facendosi di lato per lasciarla entrare per poi allontanarsi da quei momenti di magica semplicità che avevano riempito così piacevolmente le prime ore di quella mattina. La donna dai capelli ramati rimase per qualche istante ferma sulla porta a fissare con aria perplessa quell'uomo che l'aveva appena salutata.
«Rita... qualcosa non va?»
Questa si voltò verso la ragazza, sollevando gli occhiali da sole e fermandoli sulla nuca.
«Hai notato anche tu che quel signore che è appena uscito assomigliava in maniera pazzesca al cantante dei Green Day?»
Gloria si strinse nelle spalle e sporse all'infuori il labbro inferiore in una tipica espressione di finta innocenza.
«Ma dai...» e così dicendo si voltò appena in tempo per nascondere all'amica il sorriso divertito che le stava nascendo sulle labbra.

[Continua]

Capitolo revisionato il 26-02-12

   
 
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