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Autore: Haydee    13/09/2005    9 recensioni
...Nella digradante calura del tramonto, mentre il disco rosso del sole spariva tra i palazzi di stucco, colorandoli insieme all'atmosfera di un romantico rosa pastello, si fronteggiavano nel giardino interno, mentre nell'aria aleggiava il profumo degli aranci e il silenzio era rotto dallo zampillare di una fontana... ...Quando vide la sottile falce di luna apparire delicatamente nel cielo rosa, capì che il suo mondo incantato iniziava da lì...
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Bimba provocante o scocciatura colossale

Bimba provocante o scocciatura colossale?

 

Eliporto, notte fonda

 

Meno di mezzora dopo Mitja era arrivato all’eliporto e vide in lontananza una lucetta nel cielo avvicinarsi rapidamente:

- Stanno arrivando. – disse rivolto a Madian. Non ottenendo risposta si volse per controllare la situazione e lo vide intento a stringere Haydée con la tenerezza di un innamorato. Gli sfuggì un sorriso divertito. Ci sei dentro fino al collo amico!

Infine smontarono proprio mentre l’elicottero atterrava. Ne scesero due uomini con una lettiga e presero il corpo inanimato della ragazza in consegna dal figlio del loro datore di lavoro. Madian salì sul velivolo accanto a lei:

- Raggiungeteci alla villa in auto per favore, non abbiamo posti sufficienti per tutti. – urlò per farsi sentire sopra al rumore delle pale. Mitja gli fece un cenno affermativo e alzò una mano in segno di saluto, mentre con l’altro braccio cingeva le spalle di Winter.

Quando infine l’elicottero prese il volo si volse a guardarla: era sconvolta, probabilmente non si era mai trovata in una situazione del genere, e sicuramente si stava colpevolizzando per non aver raccontato ad Haydée tutta la storia del cinese. La riscosse dolcemente, accarezzandole una guancia:

- Andiamo? – chiese con un sorriso. Lei annuì e si lasciò guidare come un automa, troppo spossata per porre domande.

Ci pensò Mitja a darle tutte le informazioni del caso dopo aver appurato che il silenzio tra loro pesava troppo:

- Dunque, come ti ho già accennato ci stiamo dirigendo alla villa dei genitori di Madian. Devi sapere che suo padre è ricco sfondato, faceva il ladro pure lui! Forse lo sai già, ma io te lo dico lo stesso: si chiama Maximilian, e sua moglie si chiama Rachel. Sono persone squisite, vi troverete benissimo con loro, vedrai! A proposito della casa, preparati a rimanere letteralmente a bocca aperta: è una villa infinita, immersa nel verde, e davanti hanno costruito una piscina olimpionica! – la osservò per vedere se lo stava a sentire, ma Winter guardava fuori dal finestrino e sembrava non ascoltarlo. Scosse le spalle e decise di continuare: - Abbiamo un bel tratto di strada da fare, sono più di 250 km, ma il paesaggio che avrai davanti agli occhi quando arriveremo ti ricompenserà!! È una villa incredibile, bianca, con un ampio colonnato in stile coloniale. Inoltre a qualche centinaio di metri si trova una spiaggia privata e un piccolo porto per le loro barche. Ti ho già detto che sono ricchi come pascià? – cominciava a scoraggiarsi e a ripetersi di fronte all’evidente stato di depressione della ragazza. Dopo alcuni istanti di pausa però fu lei a rompere il silenzio:

- Quei medici – sussurrò – come mai sono arrivati così in fretta? Chi sono? – Mitja le posò una mano su una gamba per confortarla, facendole un sorriso rassicurante:

- Sono alle dipendenze di Maximilian. Non temere, sono estremamente competenti. Scommetto un centone che la tua amica si è già ripresa alla grande! – esclamò sdrammatizzando. Winter annuì leggermente sollevata, ma ancora non era tranquilla:

- Mi dispiace Mitja… -

- E di cosa? – chiese lui perplesso:

- Di non averti detto prima che ero una ladra. Volevo solo tenermi le mie cose per me, sai che non sono mai stata troppo espansiva, ma ora mi è chiaro che farei meglio a non nascondere certe verità. – il ragazzo vide una lacrima brillare sulla sua guancia. Accostò l’auto e le prese il viso tra le mani:

- Ascoltami bene Winter, non hai nessuna colpa in quello che è successo, e non devi scusarti per avermi tenuto nascosto la verità. Dopotutto l’ho fatto anch’io! Per Haydée non devi preoccuparti, starà bene ne sono certo, e allora ci penserà lei a prenderti a scapaccioni nel sedere, ok? – fece sorridendo. La ragazza annuì sciogliendosi dalla sua stretta e soffiandosi rumorosamente il naso: - Va un po’ meglio? – chiese gentilmente, sfiorandole i capelli biondi in disordine. Lo notò e non poté fare a meno di trattenere una battuta: - Con quella pettinatura però rischi di spaventarla la tua amica quando arriveremo! – sghignazzò ripartendo con una sgommata. Winter gli diede un colpetto sulla spalla, ma era più un ringraziamento per le parole di conforto che una sberla indignata.

 

~~~~~

 

Nel centro della città, ancora a notte fonda

 

Una volta giunto alla palazzina Arkel entrò con le chiavi che la stessa Winter gli aveva dato.

Vagabondò per l’appartamento immerso nel buio e aprì tre porte. Una era quella del bagno, mentre le altre due erano camere da letto vuote. Al quarto tentativo trovò quello che cercava.

Phénice era profondamente addormentata: visto il caldo dormiva scoperta e indossava un baby-doll rosa, composto di canottierina e culottes. Arkel la osservò imbambolato per alcuni istanti, deglutendo a vuoto e tentando disperatamente di distogliere lo sguardo dai seni sodi che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro regolare.

Alla fine riuscì ad allungare una mano e a coprirla con un lenzuolo, almeno per rendere il suo risveglio meno imbarazzante. Infine le sfiorò delicatamente i capelli con la punta delle dita, sussurrando il suo nome.

Phénice mugugnò qualcosa nel sonno e si girò, riprendendo a dormire indisturbata. Il ragazzo si spazientì e decise di passare alle maniere forti. Individuò l’interruttore e accese la luce:

- Mmmh… Lasciami dormire! – brontolò la ragazza pochi istanti dopo:

- Spiacente ragazzina ma non posso. Ci aspetta un viaggio in moto piuttosto lungo e tu faresti meglio a lavarti il viso e a infilarti una tuta da motociclista. – fece perentorio incrociando le braccia. Vide la ragazza alzarsi di scatto, guardarlo con gli occhi sbarrati, coprirsi fino al mento col lenzuolo e spalancare la bocca per lanciare un acuto da far crepare i vetri del vicinato.

Con notevole prontezza di riflessi, e di spirito, Arkel le tappò la bocca appena in tempo per evitare il disastro, facendole segno di tacere con un dito:

- Calmati bimba!! Sono Arkel, dannazione, non mi riconosci? – sibilò scocciato. Dopo alcuni istanti di smarrimento lei fece segno di sì e la lasciò andare:

- Che succede? Che ci fai qui? – chiese tremante:

- Le tue amiche hanno combinato un pasticcio e le stanno portando al sicuro. Se ci tieni alla pelle dovresti seguirmi senza troppe storie. – borbottò prestando attenzione per un attimo ai rumori che provenivano dalla strada. La ragazza però rimase immobile e lui sbuffò: - Beh? Che diavolo stai aspettando?? – chiese esasperato:

- Che ti volti!! – strillò lei indignata, avvampando fino alla radice dei capelli. Arkel la guardò per un istante con la bocca aperta, poi si volse con un grugnito e uscì dalla stanza, lasciando la porta socchiusa. Attese per quella che gli parve un’eternità, ma che in realtà non erano stati che pochi minuti, e intanto aveva risposto alle domande della ragazza, anche se piuttosto vagamente:

- Muoviti ragazzina, non abbiamo tutta la notte! – in quel momento Phénice emerse dalla sua stanza con addosso una tuta imbottita e un casco sottobraccio:

- Mi perdoni altezza, ma dovrei anche lavarmi il viso! – protestò piantandogli il casco tra le braccia e allontanandosi per raggiungere il bagno: - E comunque non sono né una bimba né una ragazzina!! – precisò infuriata. Lui ridacchiò:

- Sì certo, come no! A 18 anni siete donne ormai, vero? – una testa riccioluta sbucò dal bagno:

- Ma quali 18! Ho 24 anni compiuti da mesi!! E se il tuo era un complimento, non mi è piaciuto!! – sbraitò offesa sparendo di nuovo alla vista. Arkel boccheggiò per la seconda volta nel giro di un quarto d’ora. 24?!?? La ragazzina ha 24 anni??! Ma allora non è così ragazzina…

Quando realizzò appieno cosa comportava il fatto che non era poi così giovane rispetto a lui si diede mentalmente del maniaco. Maledizione, non sono più un 16enne arrapato che si fa i filmini osé in testa!! Riprenditi Arkel!!

Quando qualche minuto dopo Phénice uscì dal bagno lui aveva ripreso il controllo di sé. Più o meno.

Le porse il casco e la precedette lungo le scale, poi la aiutò a montare sulla moto ordinandole di tenersi salda:

- Perché la tua amichetta non è la sola a sapere il fatto suo sulle due ruote! – borbottò con l’orgoglio ancora vilipeso da quella volta in pista. La rossa ridacchiò:

- Sì, come no! Haydée è la migliore e faresti meglio a ficcartelo nella testa anche tu! -

- Vedremo! – sibilò l’altro a denti stretti, dimenticando immediatamente i suoi propositi omicidi quando sentì il seno della rossa premere contro la schiena. Questa ragazza è un attacco in piena regola alla mia virtù!

 

Quando un’ora più tardi fecero una sosta Phénice faticò ad alzarsi dal sellino:

- Perché diamine non ci mettono un po’ più di spugna su quei cosi?!? La mia schiena rimarrà bloccata per una settimana!! – protestò indignata, muovendosi con l’eleganza di un’anatra. Arkel la guardò divertito:

- Non mi venire a dire che non ti sei mai seduta prima su un sellino del genere!! Che diavolo te ne fai allora di quella tuta? – la punzecchiò sghignazzando. La ragazza lo fulminò:

- Non sarebbero affari tuoi, ma per tua informazione io non ho mai fatto più di un’ora filata seduta su quel coso!! – esclamò additando indignata il retro della moto: - E questa tuta me l’ha regalata Haydée per spronarmi a provare l’ebbrezza della velocità, con scarsi risultati, lo ammetto. Senti, sa ancora di nuovo! – fece allungandogli un braccio per farlo annusare:

- Ah, non ne dubito… allora facciamo così: ogni volta che senti di essere troppo stanca per proseguire faremo una pausa, accentuerai la stretta attorno alla mia vita e io mi fermerò alla prima piazzola libera. D’accordo? – la ragazza annuì soddisfatta:

- Ci sto!! – cinguettò terminando di sgranchirsi le gambe e infilandosi nuovamente il casco.

 

Ripartirono poco dopo, ma dopo meno di 5 km Arkel fu costretto a fermarsi di botto.

Si tolse il casco respirando a fatica, mentre la ragazza si era già catapultata giù dalla moto:

- Ma dico, ti ha dato di volta il cervello?! – sbraitò infuriato alzandosi e sovrastandola minaccioso in tutta la sua mole: - Ti ho detto di accentuare la stretta, non di farmi sputare lo stomaco!! – Phénice non sembrava minimamente impressionata:

- Devo andare al bagno! – protestò lei. Il ragazzo sbuffò, facendo sforzi inumani per mantenere la calma:

- Allora prego: quel cespuglio dovrebbe andare bene. – disse indicando una macchia poco distante dalla strada. La ragazza spalancò gli occhi:

- Io non la faccio dietro a un cespuglio come una selvaggia!! Esigo un bagno! – fece indignata incrociando le braccia. Arkel credette di esplodere:

- Non ho mai trovato una femmina più insolente, viziata e dispettosa di te!! – sbraitò ormai fuori dai gangheri:

- E io non ho mai conosciuto uno più bisbetico, antipatico e… brutto di te!!! – quell’ultima offesa lo disarmò completamente:

- Brutto? – chiese incerto. Phénice ci pensò su un secondo, lei non lo trovava affatto brutto, anzi dovette convenire che era veramente un gran bel pezzo di ragazzo, soprattutto per quegli occhi così strani, ma in quel momento non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura:

- Di più: sei sgraziato e abominevole!! – Arkel la osservò con un’espressione che lei non riuscì a decifrare, poi tornò ad indossare il casco e si mise in arcione alla moto: - C-che fai? -

- Sali, cerchiamo una stazione di servizio. – rispose lui in un borbottio sommesso. Phénice annuì obbedendo, leggermente dispiaciuta per quello che gli aveva appena detto. Oh, al diavolo!! Lui non fa che prendermi in giro e trattarmi come una stupida!

Arkel era immerso in pensieri analoghi. Altro che attentato alla mia virtù, questa è una scocciatura colossale! E io che mi sono lasciato imbambolare dal telaio… Insensato! Ma figo, checché ne dica questa… questa!

 

~~~~~

 

Un paio d’ore (e una ventina di soste) dopo

 

Quando Arkel imbucò uno stretto viottolo di terra battuta si sentì stringere lo stomaco a più non posso e si fermò immediatamente, giusto per istinto di sopravvivenza:

- Allora, che c’è adesso. – lui e la ragazza avevano stabilito una tregua un paio di soste prima. Visto che dovevano stare a così stretto contatto ancora per un po’ era meglio evitare di strapparsi i capelli a vicenda, almeno per ora. Phénice si tolse il casco e scosse vigorosamente i suoi poveri ricci appiattiti:

- Sei sicuro che la strada sia questa? Mi avevi detto che era una villa vicino al mare e io qui non vedo mare! – fece puntigliosa guardandosi attorno: si trovavano nel bel mezzo di un bosco fittissimo, all’ombra dell’inizio di una bassa catena montuosa. Arkel sospirò stanco:

- Sempre così puntigliosa bimba? Certo che sono sicuro, ho fatto questa strada più di una decina di volte e sono certo che alla fine sbucheremo in una baia che, Dio volendo, ti toglierà il fiato anche per protestare. Vogliamo muoverci? Ho fretta di fare una doccia. – la ragazza incrociò le braccia sotto il seno:

- Cosa ti fa credere che io voglia fare anche solo un altro metro seduta su quella specie di bauletto?? – Arkel si sedette sulla moto, incrociò le braccia sul manubrio e vi appoggiò la testa sbuffando stancamente e rispondendo con voce arrochita dallo sfinimento:

- Fammi solo questo piccolo favore Phénice, poi ti giuro che ti lascerò in pace per tutto il tuo soggiorno in quella casa, ma ora, ti prego… - non riuscì a finire: sentì alcune dita sottili e calde sfiorargli delicatamente i capelli e scendere fino alla nuca. Quando alzò il viso la ragazza lo guardava con un sorrisino dolce e prese a sfiorargli anche la fronte. Possibile che sia sempre la stessa creatura insopportabile di pochi istanti fa?

- Hai mal di testa? – chiese con una vocetta da bambina innocente. Arkel annuì incantato, ricordando cosa lo aveva colpito così profondamente di lei: quella sua naturale purezza: - Mi spiace, devo avertelo fatto venire io! Me lo dice sempre anche Haydée che sono una terribile scocciatrice, e per giunta incontentabile! – il suo viso divenne improvvisamente triste e ritrasse la mano con enorme dispiacere del ragazzo: - Spero che stiano bene. Poi mi spiegate cos’è successo, vero? – chiese con un tremolio nella voce che lo sciolse. Annuì nuovamente, senza soffermarsi a pensare che non aveva nessuna voglia di raccontare i fatti della mora e di Winter alla ragazza. Ma quel problema poteva aspettare ancora un po’: allungò una mano e aiutò la rossa a issarsi sul sellino.

Le strinse affettuosamente un ginocchio, come a infonderle coraggio, poi si mise il casco e ripartirono lentamente.

Ora finalmente aveva capito cosa l’aveva resa così scontrosa e rompiscatole: aveva intuito che era successo qualcosa di grave e aveva reagito furiosamente, prendendosela col primo malcapitato, cioè lui! Comunque sia aveva avuto la prova che la ragazza che lui aveva cominciato ad osservare con interesse era dolce e gentile, una che sicuramente sarebbe riuscita a tirare fuori il lato migliore di lui.

 

Phénice si era stretta a lui con gratitudine: quella leggera stretta al ginocchio era stata come una risposta al suo gesto di pace, e anche un conforto. Da quando l’aveva svegliata, alcune ore prima, aveva avuto un’orribile sensazione, confermata dallo sguardo velatamente preoccupato che gli aveva visto poco prima.

L’alba era passata da un pezzo, ormai la luce aveva invaso anche la boscaglia attorno a loro, e d’un tratto divenne accecante.

 

Quando riuscì ad aprire gli occhi non riuscì a capacitarsi di essere veramente sveglia e che quello davanti a lei non era un sogno: in un’insenatura naturale stava perfettamente incastonata una villa degna di essere confrontata con la Casa Bianca di Washington. Interamente bianca, con le imposte delle grandi finestre verde scuro, era una delle più belle abitazioni che la ragazza avesse mai visto. L’alto colonnato ombreggiava una luminosa veranda che si immetteva con uno stretto viottolo nel giardino meravigliosamente curato, con tanto di piscina privata. Volgendo lo sguardo alla sua sinistra scorse il mare, distante poco meno di 4-500 metri, e un piccolo porticciolo semi-nascosto dagli alberi rigogliosi. Tutto attorno le montagne:

- Wow… - mormorò ruotando lentamente su sé stessa come una trottola. Quando posò lo sguardo su Arkel si accorse che la guardava con un sorrisetto carino che non gli aveva ancora visto:

- Ero sicuro che saresti rimasta senza parole! – ridacchiò ancora in arcione alla moto. Phénice si avvicinò con occhi brillanti:

- Avevi ragione, è bellissimo qui!! Ora posso sapere dove sono le mie coinquiline? – chiese con aria preoccupata. Arkel si guardò attorno.

Nello spiazzo di fronte alla casa c’era il fuoristrada di Madian, e certamente anche l’elicottero era arrivato da tempo:

- Entriamo. – fece cupo abbandonando il motociclo e conducendola all’imponente ingresso.

  
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