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Autore: Mauro Raul    28/06/2010    2 recensioni
Questa racconto breve è uscito tutto d'un getto, e si è creato da solo, mi sono divertito tanto a scriverlo e non intendo porre la mia interpretazione personale traete le vostre personali conclusioni. Spero vi piaccia.
(Mi scuso per gli errori di ortografia che ho già provveduto a correggere)
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uscì dal bar come ogni mattina e l’occhio venne sedotto da una folla non indifferente davanti alla banca situata dall’altra parte della piazza. Non fece in tempo ad arrivare che, dalle grida rabbiose, venne a conoscenza del fallimento di tale banca… solo in un secondo momento capì che i suoi risparmi di una vita risiedevano dentro le casseforti di quell’edificio. Era un lunedì e il signor Hope vide cinquanta anni di lavoro volatilizzarsi insieme la certezza di avere una vecchiaia serena. Due mesi dopo venne operato di ulcera gastrica.

Ricevette una lettera dalla banca:

Egregio sig. Hope,

Poiché lei è sempre stato uno dei nostri più fedeli risparmiatori, ci impegneremo a risarcirle entro un minimo del 75% e un massimo del 100%, i suoi risparmi. La preghiamo di essere paziente finché i problemi di natura legale non saranno risolti.

Distinti saluti.

La Banca.

 

Quel giorno il signor Hope dopo mesi di angoscia dormì sereno. E cosi fu per le seguenti settimane, e i seguenti mesi. Ma ogni mese la buchetta della posta alimentava il fuoco della speranza, infatti, la banca dopo la prima lettera ne aveva mandate altre, ma con una piccola modifica:

 

“I nostri problemi legali si sono dimostrati più duraturi del previsto, ci scusiamo e la preghiamo di avere ancora un poco di pazienza. I suoi risparmi torneranno”

 

- D’altronde la bancarotta non è mica come mungere le mucche- e con questa provinciale scusa si consolava, giustificava la banca e tornava nella dolce speranza.

Chissà quant’era dolce quella speranza che neanche col passare degli anni si esaurì, anzi crebbe! La lettera era diventata una delle poche sicurezze nella vita di quel solitario vecchietto ai margini della città! Normalmente la Busta era di un giallino schiarito ma per Natale diventava rossa e c’erano gli auguri; quando fu nominato il nuovo papa, la Busta si fece bianca, e per il suo compleanno c’erano sempre due palloncini disegnati, uno era bianco che a malapena si vedeva visto il tenue contrasto col colore della lettera, e l’altro verde. Il signor Hope iniziava a pensare che questi della banca fossero delle belle persone!

E fu cosi che passarono i decenni. Chiaramente il signor Hope non era più un giovanotto, aveva passato già da diversi anni la soglia dei 100 ma più il tempo invecchiava più si affezionava a quella lettera, che era la sua ultima compagna. Le volte che ritardava per esempio andava tutto arrabbiato a reclamarla alle poste, ma stranamente non ne sapevano mai nulla di questa “fantomatica lettera” come dicevano loro. Il signor Hope era sicuro che le poste ce l’avessero con lui. Cosi come ce l’avevano con lui il postino (perché era veramente scortese, lasciava la Busta ma non si faceva mai vedere), i ragazzini che passavano vicino alla buchetta e le macchine che secondo il signor Hope quando passavano per la sua strada andavano piano per vedere o per rubargli la Busta!

Il tempo cancella la memoria e infatti, il signor Hope, non ricordava più cosa ci fosse scritto dentro quella cara Busta, ma non gli importava, dopo tutto neanche si ricordava più come si apriva. L’unica cosa davvero essenziale era che arrivasse e che nessuno la toccasse.

Era un tardo pomeriggio di un freddo e precoce autunno, il signor Hope sedeva sulla solita sedia fuori di casa e vagheggiava col pensiero quando vide l’ultima foglia arancione del suo fico cadere vorticosamente. Quel fico fu piantato il giorno della sua nascita e gli fu chiaro che quella foglia era l’ultima dell’ultimo autunno della sua attesa. Quel pomeriggio toccava a lui fondersi con l’echeggiante oblio.

Cosi prima che la foglia raggiungesse l’erba, si precipitò sotto la sua traiettoria e goffo si sedette per terra, cosicché la foglia gli cadesse sulle mani. E infatti la Busta gli cadde sulle mani. Non era stupito dello strano fenomeno bensì del fatto che le sue mani aprirono la Busta, rompendo la sacralità di un’attesa che mai avrebbe pensato sarebbe finita. Dentro c’era un foglio con scritto quanto segue:

 

Egregio sig. Hope,

La banca si scusa per l’attesa, ma è feli...

 

E la chiuse.

   
 
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