8. Touch
The Sky
Non avevo mai raccontato a nessuno la storia di mio
fratello. Avevo provato ad ignorarla, avevo provato a continuare a vivere, come si dice in questi casi. Così facile a
dirsi. Ma dio, se era difficile a farsi. Come avrei potuto continuare a vivere senza l’ossigeno di cui i miei polmoni avevano
bisogno? Mi sarei dovuta accontentare di un surrogato, di un’aria sporca e
malsana, ma tuttavia respirabile, per mantenermi in vita e sopravvivere. E così
avevo fatto. E Greg era l’unico che lo sapeva.
Greg mi aveva vista distrutta, mi aveva vista mettere la
chitarra che Simon mi aveva regalato in uno scatolone a marcire in soffitta, mi
aveva vista piangere, mi aveva anche visto nel mio disperato tentativo di
buttare via tutti i dischi e tutti i libri di musica che avevamo... e poi aveva
cercato pazientemente di aiutarmi. Aveva ripreso i dischi, li aveva ascoltati
insieme a me. Aveva cercato di rendere la mia aria un po’ più respirabile.
«Puoi anche
smettere di suonare se vuoi», mi ripeteva imperativamente «ma non permetterò mai che tu smetta di
ascoltare musica.»
Aveva anche cercato di farmi suonare ad un certo punto,
ma quello per me era troppo doloroso, e lui l’aveva capito, così, seppur a
malincuore, aveva lasciato perdere.
Chissà, forse credeva che prima o poi, quando avrei
superato del tutto il mio dolore, avrei ricominciato a suonare di mia spontanea
volontà. O forse sperava proprio che prima o poi avrei incontrato qualcuno che
mi avrebbe fatto scoprire che la mia passione non era finita, ma era solo ben
nascosta sotto strati e strati di senso di colpa, paura, e ricordi.
Ed è stato proprio così. Se ora volevo ricominciare a suonare
e cantare, lo dovevo sì a Frank, ma in parte anche a Greg.
E forse è stato proprio per questo che subito dopo aver
raccontato tutto a Frank, e aver deciso di ricominciare a vivere della mia
passione, la prima persona a cui l’ho detto è stato proprio lui, Greg, il mio
migliore amico, che subito dopo è spuntato davanti casa mia trascinando uno
scatolone, lo stesso scatolone in cui quello che mi sembrava un secolo fa avevo
abbandonato la mia chitarra.
«Lo sapevo che
prima o poi avresti ricominciato a suonare, così l’ho portata a casa mia. Non
potevo lasciarla ad impolverarsi in quella vecchia soffitta!»
aveva esclamato.
E io gli ero saltata addosso, abbracciandolo e
ringraziandolo per non aver smesso di credere in me.
E così eccomi qua, strimpellando accordi che credevo di
aver per sempre dimenticato sotto gli occhi stupiti di Ellen.
«Non sapevo sapessi suonare!» dice, colpita. Poi il suono
del citofono la fa sobbalzare. «Uhm, aspetta qui il tuo principe azzurro, vado
io ‘che tanto devo uscire. Ciaao!»
Pochi secondi dopo sento la porta di casa aprirsi e lo
scambio di battute tra Frank e Ellen, e mi affaccio nel corridoio giusto in
tempo per vedere la faccia ancor più da bambino del solito che ha Frank.
«L’abbiamo trovato!»
Mi corre incontro, e io lo guardo stupita e divertita
mentre mi cinge i fianchi e mi solleva da terra, stringendomi in un abbraccio
stritolatore.
«Frank, cosa... non... respiro così...» tossicchio.
«Oh! Scusa!» esclama lui, sciogliendo l’abbraccio senza
smettere di ridacchiare. «E’ che... l’abbiamo trovato, abbiamo il
produttore e la casa discografica!»
Ora è il mio turno di stritolarlo.
«Cosa?! Oddio, Frank, è meraviglioso! Cosa...? Chi...?»
«Non ci crederai, è Geoff Rickly, dei Thursday, e la casa
discografica è la Eyeball Records!
Proprio come volevamo!» dice prima di abbracciarmi di nuovo.
Eh sì, sembra veramente un bambino, un bambino esuberante
e vivace. Ma è per questo che lo adoro. Mi fa ridere, mi fa stare bene. Dio, se
sto bene quando c’è lui. E vederlo così felice, così entusiasta, non può che
farmi stare bene. Ormai ho smesso di chiedermelo, e ho accettato l’evidenza:
Frank è contagioso. O almeno, su di me ha questo effetto.
Guardo quei suoi occhi luminosi mentre posa la chitarra
accanto alla mia scrivania, e finalmente sembra che tutto abbia un senso, che
io sia al posto giusto, che abbia trovato il mio posto nel mondo. Credo di
essere irrimediabilmente e incondizionatamente innamorata di lui.
«Sul serio?! È... è.... incredibile, e... Sono così
contenta per voi!»
Sull’argomento casa discografica e contratto i MyChem
erano stati categorici fin dall’inizio: nessuna grande casa discografica pronta
a sacrificare la loro musica a favore della loro immagine e di denaro a palate.
Gerard - ma non solo - non transigeva su
questo. Ecco perché, nonostante avessero ricevuto richieste anche da importanti
major, avevano educatamente rinunciato. La Eyeball Records era invece
quello che fa per loro: un’etichetta indipendente che li avrebbe lasciati
liberi di esprimersi ed apparire a modo loro, soprattutto con Geoff Rickly come produttore.
«Ho già detto che sono contentissima? Voglio dire, avete
tanto sperato in una casa discografica come questa, e ora finalmente l’avete
trovata, e sarà un album magnifico, me lo sento, davvero, e...»
«Ehy, shhh...» mi dice, con
quella sua espressione divertita, poggiandomi un dito sulle labbra e
avvicinandosi al mio viso. E, ok, ho i brividi. «Sbaglio o ero io il
logorroico, qui?» sussurra poi, sfiorando le mie labbra con le sue.
«Beh, dipende dai punti di vista... » dico, cercando di
ricompormi. Poi noto qualcosa luccicare dietro la sua spalla. La sua chitarra. Pansy. Ma non sono le lettere argentate viste già altre
mille volte che attirano la mia attenzione. È una lettera, una “J” contornata
da un cuore che risalta nera sul grigio della tracolla. Potrei giurare che fino
a poco tempo fa non c’era. «E quella?...» dico avvicinandomi alla chitarra.
***
Beccato. Ok, va bene, è una cosa stupida, lo so. È da
stupido ragazzino innamorato, esattamente come il cantare a squarciagola “Romeo
& Juliet” in macchina. Ma è stato più forte di
me. Mi sono ritrovato con un pennarello nelle mani, e poi ho visto Pansy, e tutt’un tratto la sua iniziale mi parsa la cosa
più ovvia da scrivere. Ecco, ora mi crederà un cretino ritardato. Oppure un
maniaco.
«Ehm... beh, è la “J” di Jersey, no? Sai quanto adoro
questo posto...» ma non suono molto convincente. Decisamente no.
«Mmm mmm...» ok, non è convinta, e mi guarda divertita.
Meglio optare per la verità.
«Ok, è la “J” di Julia. Mi arrendo.» dico poi alzando le
mani in segno di resa. Lei si avvicina di nuovo a me. «E’ che... » ma non
riesco a concludere la frase, perché mi ritrovo le labbra impegnate a baciare
le sue.
E poi di nuovo i suoi occhi puntati nei miei, in una
delle nostre mute conversazioni che ci hanno accomunato sin dall’inizio.
Questa ragazza... questa ragazza mi farà perdere la
testa. Non so cos’è stato, non so perché, ma dal momento in cui l’ho vista, ho
capito che aveva qualcosa di speciale. Una ragazza così semplice e come tutte
le altre in apparenza, ma basta soffermarsi a guardare i suoi occhi per capire
che ha un mondo dentro di sé. Un mondo nuovo, tutto suo, di cui ho scoperto di
voler far parte a tutti i costi. Un
mondo in cui c’è stata sofferenza, sì, ma in cui arde anche una passione
e una voglia di credere nei propri sogni che, anche se ben nascoste, non
possono sfuggire a chi le sta accanto.
E ora mi ritrovo qui, sentendomi felice quando lei è
accanto a me, e non vedendo l’ora di riabbracciarla e sentire il suo profumo quando
non è con me. Non mi è mai capitato prima, con nessuno. Potrei quasi definirla una... dipendenza. Se c’è lei, tutto è giusto;
quando lei sorride, il mio cuore sembra fermarsi per poi riprendere più veloce
di prima. E ho cercato così tanto queste sensazioni, le ho desiderate con tutto
il cuore, e adesso, finalmente, grazie a lei le ho ritrovate. Non so nemmeno
cosa sia esattamente, non so se l’ho mai provato prima, o se mi ero solo
illuso. Non trovo le parole per esprimerlo. Ma loro evidentemente trovano me,
perché mi ritrovo a sussurrare due parole, cinque lettere, che la fanno
sorridere e rabbrividire allo stesso tempo dalla sorpresa.
«...ti amo.»
E la bacio. La bacio come se non l’avessi mai baciata
prima, la bacio con la consapevolezza che quelle non sono state solo due parole
buttate lì, per riempire il silenzio. Quelle cinque lettere le ho sentite, sono
partite dal cuore, che in questo momento batte impazzito nel mio petto. E non
c’è tempo per pensare, non c’è tempo per meravigliarsi di quanto facile sia
stato.
La bacio sentendo i brividi lungo la spina dorsale quando
lei mi passa una mano tra i capelli e io le accarezzo delicatamente il collo. E
il cuore continua la sua forsennata corsa mentre i nostri corpi si avvicinano
sempre più, mentre le mani scorrono veloci sulle nostre pelli, mentre ci
avviciniamo al letto, come spinti da una mano invisibile.
Poi mi sorride. E non posso fare a meno di fermarmi
qualche istante a contemplare quel suo sorriso bello come non lo è stato mai,
che mi fa scoppiare il cuore. Solo dopo pochi istanti mi rendo conto del perché
questo suo sorriso mi appare più bello e luminoso del solito: finalmente ha
contagiato anche i suoi occhi.
Sento le sue dita posarsi sul mio collo e tracciare
delicate il contorno del mio scorpione. E scopre a poco a poco tutti i miei
tatuaggi, segnandone i contorni, restandone incuriosita, mentre io accarezzo la
sua pelle liscia, bianca, soffermandomi sul suo ombelico, ma senza mai perdere
di vista i suoi occhi, quegli occhi azzurri che adesso, anche al buio, sembrano
brillare di tutta la luce del mondo. I nostri cuori corrono impazziti, ma la
nostra non è una corsa: è una lenta scoperta dei nostri corpi, di ogni neo, di
ogni centimetro di pelle.
***
Qualcuno mi aveva mai detto “Ti amo” così? Me l’aveva mai
sussurrato dolcemente, quasi come se temesse di rompere un incantesimo? No. Non
era mai successo, ed è per questo che sono senza parole, ma con una voglia
matta di continuare a baciarlo per sempre. Ancora una volta in preda alle
emozioni. In così poco tempo Frank mi ha insegnato a mettere da parte la
razionalità, e a godermi la vita così come viene, senza rimuginarci su, senza
pensare ai “se” e ai “ma”. Spensierata.
Proprio come lui. Un attimo prima eravamo a ridere e scherzare, e ora ci
ritroviamo sul mio letto, a baciarci come se questa fosse l’ultima volta. E la
cosa più sorprendente è che non mi chiedo neanche insistentemente il perchè, non analizzo ogni particolare, perché finalmente ho
imparato ad apprezzare la spontaneità degli eventi. Frank mi sta insegnando a vivere.
Incontrarlo è stato come... come aver vissuto per anni
sotto terra respirando quell’aria malsana ed essermi ritrovata di colpo sulla
terra a respirare l’ossigeno che di cui i miei polmoni avevano disperatamente bisogno.
Lui è stata la mia prima, vera boccata di aria fresca, pulita, sana. E adesso non
voglio e non posso farne a meno, voglio
averne sempre di più, voglio respirare quell’aria fresca fino a farmi scoppiare
i polmoni.
Ed è per questo che lo bacio con più foga, con più
passione, cercando di fargli capire che per me lui è tutto, che senza di lui
sarei ancora nel mio mondo quadrato e senza curve, freddo, piatto e senza
emozioni vere, sarei sulla mia strada dritta e senza deviazioni improvvise. Lui è stata la mia deviazione
improvvisa. Una deviazione che mi ha fatto scoprire che il mondo vero, la vera
realtà, non è quella che mi sono prepotentemente costruita intorno a me, nella
vana e ingenua speranza di proteggermi; la realtà sta fuori dalla mia strada
dritta e a senso unico; sta nelle frenate brusche, nelle accelerazioni improvvise,
nell’adrenalina di affrontare una curva senza vedere né sapere ciò che ci sarà
dopo. La realtà sta nell’emozione di baciare la persona che ami, nel sentire la
sua pelle scottare contro la tua, nella voglia di sentirsi un unico corpo,
un’unica anima.
Esattamente ciò che sento in questo momento.
Mi ritrovo ad osservare affascinata ogni centimetro della
sua pelle, sulla quale spiccano quegli strani disegni che sembrano raccontare
una storia misteriosa, una vita intera.
Lui mi scosta un ricciolo davanti agli occhi, fissando il
suo sguardo nel mio, e sembra leggermi dentro, sembra capire perfettamente le
mie mute parole d’amore sussurrate con lo sguardo. E mi sento per la prima
volta nuda, di un nudità non tanto fisica, quanto dell’anima.
Potremmo restare così per ore, solo a guardarci, ad
intrecciare i nostri sguardi e a dialogare tramite essi.
Le sue mani esplorano la pelle della mia pancia, mentre i
nostri indumenti finiscono uno dopo l’altro a terra. Ed è strano, ma il tocco
delle sue dita, la delicatezza con cui mi sfiora la pelle attorno all’ombelico,
mi ricorda la sua chitarra. Esattamente come la sua chitarra mi tratta con
cura, come se fossi la cosa più preziosa e fragile. Esattamente come il vibrare
delle corde della sua chitarra, io rabbrividisco ad ogni suo tocco. E la musica
che ne viene fuori è anch’essa una musica fatta di sospiri e di sorrisi, di
respiri mozzati fra un bacio e l’altro.
E tutto quello che mi viene in mente nel momento in cui
ci uniamo è il cielo stellato, e la sensazione di esserci così vicina da
poterlo toccare con un dito.
«Frank... ti amo anch’io.»
Ooook,
io lo so, so di fare schifo, uno schifo di quelli megagalattici, ma sono stata
letteralmente sommersa di esami, e ancora me ne aspetta uno il 15 Luglio (già
già, Torosaurus’ B-Day!)...
Comunque,
tornando alla storia, vi annuncio che in questa ff
sto dando il peggio di me! xD Solo quando finisco mi
rendo conto delle mielosità che scrivo... e vi
assicuro che non è proprio da me! xD Oh beh, sarà
l’effetto Iero... o il caldo... o forse un eccesso di
mielosità repressa! xD
Su
questo chap non c’è molto da dire in effetti... ho
detto praticamente tutto riducendolo ad una semplice parola: MIELOSO... xDxD se quelli di prima vi sembravano dolci, questo è
proprio un inno al diabete... xDxD E poi la “J” su Pansy re-interpretata come l’iniziale di Jules, beh... non
ci sono parole, lo so -.- ...Tutta colpa dell’ EFFETTO IERO! xDxD Anche se la nostra Jules è la prova lampante che
all’effetto Iero non si può resistere, no no, sfido io! ;)
Mettendo
da parte i miei vaneggiamenti, passiamo alle recensioni e alle mie commentatrici
che non smetterò mai di ringraziare <3:
@dizzyreads: io spero che
tu mi perdonerai, perché dopo aver detto che non vedevo l’ora di leggere la tua
storia, non sono riuscita a leggerne neanche un capitolo! :( Tutta colpa di
questi fuckin esami! T.T ...Tornando
alla tua recensione dello scorso capitolo, mi ha fatto molto piacere che ti sia
piaciuto, soprattutto perché credo che tu abbia capito esattamente i sentimenti
di Jules dato che suoni la chitarra... Quanto ti invidiooo!
xD Mi piacerebbe da morire imparare a suonare la
chitarra come si deve e di smetterla di strimpellarla!... xD
Comunque, ti chiedo ancora perdono, e ti ringrazio ancora!
@Lady Numb: xD come avrai potuto
notare, avevi ragione, gli esami hanno letteralmente rubato ogni secondo a mia
disposizione, ma confido nella tua comprensione, perché tu sicuramente ne
saprai qualcosa! ;) Btw, grazie per la recensione, grazie
per apprezzare capitolo dopo capitolo la storia (te l’avevo già detto?? xD), ma davvero, lo dico sul serio, anzi, come direbbe
Gerard “I mean it” ...E
spero che sia riuscita a farmi perdonare almeno un po’ con questo capitolo
zuccheroso e mieloso e dolcioso! :*
@jessromance: mi dispiace davvero
per aver dovuto farti aspettare così tanto, ma spero che il chap
ti piaccia anyWay xD.
Grazie anche a te per la recensioneeee! :*
@MemiRock: nuova
commentatrice! xD, hai lasciato due recensioni e non
ho ancora risposto neanche a una... xD Perdonami!
Comunque, cosa dire?? Mi fa un immenso piacere che la questa ff ti piaccia, è sempre bello trovare nuove recensioni di
nuove lettrici che come me amano la musica, e in particolare la musica dei My Chem... Quindi ti ringrazio, e spero che il seguito non ti
abbia deluso! :*
@Hey There Delilah: xD
direi che stavolta in madornale ritardo c’è la sottoscritta! xD Ah, comunque non ti preoccupare del ritardo, l’importante
è che la storia ti piaccia! :) Cosa dire, le tue recensioni mi lasciano sempre
con la faccia tipo *ç* e mi fanno veramente piacere of
course! Mi fa piacere anche il fatto che ti sia
affezionata ad un personaggio come Simon, e soprattutto che il passato di Jules
non ti sia sembrato troppo esagerato... Btw, se devo essere sincera, anche io quando ho scritto “Juilliard” ho avuto una specie di brivido sinistro... Mette
ansia, vero?! xD Grazie per i complimenti, per la
recensione, e per il supporto! :***
Titolo
chap: anche se molto generico, mi è venuto in mente
ascoltando “I Like It”, dei
Lacuna Coil [ma ovviamente il contenuto della canzone
non c’entra col contenuto del capitolo... Tranne il chorus!
;)].
Grazie
anche a chi legge solamente! ;)
xo,
G