Fanfic su attori > Cast Twilight
Segui la storia  |       
Autore: whitevelyn    28/06/2010    7 recensioni
Ovunque finirò, chiunque incontrerò, qualunque donna crederò mai d'amare, da me non ti farò mai uscire.
Robert amava Severine. Severine amava Robert. Ma era facile amarsi, era facile tutto, tra le familiari pareti della Harrodian School di Barnes.
Poi quel che è stato di Robert, tutti lo sappiamo. Quello che è stato di Severine invece no.
Solo che fuori dalla Harrodian, niente era più stato facile e niente era più stato bello.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SEVERINE POV

Andrè è partito per la Provenza.
Sono qui seduta sul nostro letto che in verità è il suo e mi chiedo in che modo potrei mai sentire la sua mancanza, quando tutto s'annulla nel vuoto immenso lasciato dalla tua.
Ti stai insinuando nel gomitolo ingarbugliato dei miei pensieri, un po' troppo spesso, ultimamente. Pungi.
Anche se tu tornassi a casa per questo Natale, io non lo saprei perchè non ti verrei a cercare. La mia vita non puoi più essere tu.
Ho anche rifiutato l'ennesima offerta di venirti ad intervistare, perchè ora lavoro per un giornale vero, sai? E' molto più stimolante di quando alla Harrodian dovevo recensire le sceneggiature degli spettacoli scolastici. Ti ricordi, quante ne stroncavo? Dicevano che l'inchiostro che usciva dalle mie stilografiche era veleno.
Mi ricordo quando per ultimare una critica restavo in piedi fino alle tre della notte e tu mi portavi in redazione tutti quei sandwich alti come castelli e pendenti quanto la Torre di Pisa.
Mi ricordo l'amore dentro i tuoi occhi e quanto non lo potevamo ancora sapere cosa significasse davvero amarsi a quel modo.
Mi ricordo che pensavamo succedesse e basta, amarsi e farlo per sempre, oppure amarsi e poi, semplicemente smettere.
Mi ricordo di non aver mai preso in considerazione l'idea di potermi ritrovare un giorno in un limbo, in cui sarei stata sola, ad osservare le rovine di tutto quell'amore incosciente e temerario. Perchè all'epoca, pensare al giorno in cui qualche agente t'avrebbe finalmente notato, faceva così male che mi ero convinta sarei morta nell'eventualità.
Morire, sarebbe stato perfetto. Morire, non mi avrebbe costretta ad andare avanti, a fare finta di farlo. Morire, ti avrebbe spento.
Ma le cose non vanno mai come te le saresti aspettate, e quando infine te ne sei andato, quando non sei più tornato, io non sono morta.
Giorno dopo giorno, son restata viva a far fronte al dolore di un amore che non finiva, ma che soltanto, se ne andava scomparendo oltre un oceano, trasformandosi nell'orizzonte.
Era così il nostro amore. Come un orizzonte. Come una cucitura tra il cielo e la terra, ci teneva cuciti l'uno all'anima dell'altra.
In ufficio non riescono a capire come mai io rifiuti ostinatamente d'incontrarti, delegando l'incombenza -se così si può chiamare- alle colleghe.
Vorrei dir loro che non ho bisogno di sottoporti a delle domande per conoscere le risposte che mi daresti. Non sei cambiato, Robert. Non ti ha cambiato la fama.
Lo so perchè a volte non resisto alla tentazione di cercarti tra i video di You Tube e sei sempre tu, meraviglioso bimbo sperduto dell'isola che non c'è. Il mio ragazzo.
Quello che alla Harrodian stava in stanza con Tom Sturridge. Quello che d'estate, quando si rientrava a casa per le vacanze, lo andavo a trovare e lui, quando poi il sole calava, restava a fissarmi la schiena, finchè, in sella alla mia Graziella rosa spumino, non svoltavo l'angolo in fondo alla strada.
Quello che mi dava sempre corda, anche quando era palese, che le mie folli trovate, c'avrebbero messi nei casini.
Quello che aveva paura della mia vicina di casa, la vecchia signora Smith, che ogni giorno impiegava un'ora del suo tempo, -ingiallito dalla solitudine in cui l'aveva lasciata a galleggiare il marito morto- a girovagare senza meta per tutto il quartiere, chiamando a gran voce, ma una di quelle voci vuote e cantilenanti, l'invisibile fantomatico gatto che, per quanto se ne sapesse in giro, non aveva mai posseduto. Lilac, invocava lei senza sosta e tu ti agitavi e t'irrigidivi tutto come al cospetto di uno spettro. Non nego che lei ci somigliasse, ad uno spettro intendo.
Sei sempre tu. Non ti sei perso. Probabilmente continui a non credere in te stesso, non lo hai mai fatto. Ci ho sempre dovuto credere io al tuo posto. Mi hai sempre dato i nervi per questo e adesso invece, è semplicemente indescrivibile, sapere che sei sempre lo stesso, invariato così, umile, rispettoso, schivo, riconoscente. Sempre cucito alla mia anima in un ricamo d'amore.
Con Andrè non parlo mai della mia adolescenza, lui non insiste, ma sono io, io per prima a non tollerarlo. A te raccontavo ogni cosa, a te volevo consegnare ogni cosa, ogni grammo di me.
Lui non mi conosce, perchè non riesco a fargli conoscere te e la nostra adolescenza trascorsa in comunione.
Quell'adolescenza tutta intinta dell'odore dell'erba. Erba tosata di fresco un sabato sì ed un sabato no, fuori dalla Harrodian.
Erba innaffiata ogni sera, alle otto in punto, e quante volte le fontanelle ci hanno colto in flagrante, inzzupandoci tutti i vestiti, fuori dalla Harrodian.
Erba stagliuzzata, rollata e fumata, dispersi da qualche parte nei meandri del campus, fuori dalla Harrodian.
Erba che ti macchiava i jeans, erba che mi toglievi dai capelli, erba che nessun vicino avrebbe mai visto crescere più verde, di quella su cui noi facevamo spesso l'amore, fuori dalla Harrodian. Erba che ci circondava ovunque lungo le sponde del Tamigi, nel cuore del Barnes Green, nel giardino soleggiato di mezzogiorno di casa mia, nel campo sconfinato sul retro di casa tua, e fuori dalla Harrodian. Erba che si specchiava nei tuoi occhi, quando ti sdraiavi sopra di me per sbottonarmi la camicetta.
Erba sempreverde, come il nostro amore.
E nessuna, dico nessuna, delle tue innumerevoli ammiratrici, ti ha visto, o ti vedrà mai, sexy come lo sei stato, ognuna di quelle volte, su ognuno di quei prati, tra tutta quell'erba.
Perchè nessuna, fino a prova contraria, ti ha visto, o ti vedrà mai, attraverso i miei occhi.
Che sono gli occhi della prima ragazza che ti ha amato e della prima ragazza che hai amato.
Io e te che abbiamo chiuso il mondo in una scatola a forma di stella. Io e te che avevamo progetti su tutto tranne che sul nostro amore.
Io e te che innamorarsi è stato facile come bere un bicchier d'acqua e che poi, in un bicchier d'acqua, ci siamo persi.
Io e te che quando a sedici anni abbiamo scoperto il sesso, spesso abbiamo bigiato la scuola restando chiusi in dormitorio, inghiottendo la chiave.
Io e te che spesso perdevamo la congizione del tempo ed arrivavamo in classe con l'aria trafelata ma beata. E il sorriso sornione di Tom dal fondo dell'aula.
Io e te che un giorno senza riflettere ci siamo baciati, guidati da una forza mistica, ingovernabile e celeste come i tuoi occhi.
Io e te senza mai riflettere. Io e te stupidi ragazzini innamorati senza senno e senza logica. Io e te solo sogni.

Qualcosa, in questi giorni, si è misteriosamente incrinato nella muraglia cinese che negli anni ho innalzato tra me e la mia adolescenza. Tra me e il ricordo di noi due.
Sei ormai un'interferenza di fondo al flusso sterile e distaccato delle mie riflessioni quotidiane, sei un disturbo impercettibile fin quando mi ostino ad ignorarlo e ad arginarlo in un anfratto d'indifferenza artificiale. Spendo così tante energie per perseverare in questa indifferenza, che alla fine, crollare è matematico. E nel crollo, tu la muraglia la radi al suolo.
Tutto il mondo che avevo alla rinfusa ripiegato e riposto nuovamente dentro quella scatola a forma di stella, dopo l'ultima sofferta sbirciata, si riversa adesso su di me, seppellendomi e massacrandomi. Ogni ricordo è una goccia di sangue che stilla via, e non ricordavo, ne avessimo raccimolati così tanti da poter persino morire dissanguata.
Mi viene in mente quando da ragazzina m'ero arrampicata fin su in soffitta, preda della nostalgia, ed in cima ad una scaletta di legno ammuffito, finii col rovesciarmelo tutto addosso il contenuto di quella vecchia cesta coi giocattoli d'infanzia.
Ma l'adolescenza fa più male.
Non bastano i cerotti e le pomate, non basta la torta Paradiso di mia madre per guarire.
Mi guarivi tu, quando ero triste e la competizione dentro la Harrodian mi spossava e mi affliggeva.
Mi guarivi tu, quando i temporali dentro la Harrodian facevano saltare la luce, e tu, come me ti spaventavi, ma non lo davi a vedere.
Mi guarivi tu, quando dentro la Harrodian, Michelle Fetherson e le altre galline del club delle bionde, mi prendevano in giro per le mie stranezze.
Mi guarivi tu, sempre. Dentro la Harrodian. Negli anni della Harrodian, gli anni della nostra adolescenza. Quella che ha iniziato a fare male nel momento in cui l'hai fatta finire, andandotene.
Sei in tutti i frammenti. Ma non so se ti senti ancora mio.
Come ti senti adesso che siamo lontani? Come ti senti adesso che hai ridotto ad un incendio il cuore di centinaia di ragazzine?
Come ti senti non lo so più e non so più fare a vivere, che il tuo respiro era la mia bussola. Dopo di te è stato tutto finto.
Finti gli orgasmi, finti i minuti, finta anche la pioggia che non mi ha più bagnata sul serio. Che mi sono imposta di smettere di sentire, per non dover resistere al dolore.
E la mia vita si rifiuta di essere vissuta, da quando non ci sei, da quando non siamo più quei due ragazzini in preda all'adrenalina della Harrodian, e per questo, il mio, è un limbo.
Isolata in un deserto di nebbia, a metà tra la vita e la morte.
Una nebbia tanto fitta che neppure Caronte riesce a distinguermi, e non c'è speranza, che io venga traghettata verso l'una o l'altra sponda.
Andrè è partito per la Provenza, ed io non ho più scuse per non piangere, ora che da lui non mi devo neppure nascondere.
Da quell'ultima telefonata che sembrano ormai trascorsi secoli, non è cambiato niente. Sei il solo ed unico motivo che ho per piangere.
Che quando penso ai tuoi occhi, ricordo di che colore era la vita. E com'era sentirla.
Sempreverde.


ANGOLINO DELL'AUTRICE
Beh ecco qui un altro tassello aggiunto a questa stronzata galattica in cui mi sono imbarcata. Una giornata di autocommiserazione per la piccola Severine (non chiamiamola Sevie che si irrita T_T) che è restata sola a Londra, mentre il suo compagno Andrè s'è imbarcato per la Francia, pronto per le sue vacanze di natale in famiglia. Secondo voi, lei non lo sa, ma quanti giorni dovrà attendere ancora, prima di rivedere il suo amato Robert? Vabbè, io non lo so eh, ditemi un po', su.
Ora vi saluto e ringrazio chi mi segue, chi si dispera e si esalta leggendomi, chi anche legge e non gliene frega un cazzo, ma almeno perde il suo tempo intrattenendosi con le mie storiucole.<3 Un bacio a Human, Little dreamer (ho letto il tuo sfogo in una recensione che mi hai lasciato oggi in Let Juliet die, e guarda, non ti devi scusare, hai anzi tutta la mia comprensione ed il mio sostegno T_T), la Katy e l'Anna, le mie gemelline telepaticamente dolcissime, la LYO (tanto love e delirio per te ahah <3), Miss, Ginevra, e la Doddie. (piccina ho bisogno di leggere un po' di Puzzle T_T) Ok, mò vado. Mercoledì ECLIPSE, fibrillazioneeee! *_*
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Twilight / Vai alla pagina dell'autore: whitevelyn