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Autore: Leslie and Lalla    28/06/2010    4 recensioni
[Seguito di Drawing a SongAttenzione: può essere letta senza alcun problema anche da chi non ha letto il primo]
Sono passati sedici anni dall'incontro di Lori e Cleo, e ora tocca alle loro figlie fare i conti con il primo amore e le complicazioni che ne derivano.
Madelyn e Michelle sono due cugine adolescenti inseparabili eppure, alle volte, diverse: la prima è la fotocopia del padre, capelli castani, occhi verdi, terribilmente protettiva nei confronti della sorella più piccola e senza i libri, i quali le permettono di viaggiare di fantasia e quindi staccarsi per un po' da un mondo che sembra avercela con lei, non vivrebbe; la seconda il padre lo ha a malapena conosciuto, ha viaggiato in giro per il mondo armata di macchina fotografica e ora si sente un po' stretta nella piccola città di montagna dove l'hanno relegata.
A confronto di Michelle, Mad reputa indispensabili i ragazzi: le volte in cui ha preso una cotta per uno stronzo che aveva fretta di buttarla via senza curarsi dei suoi sentimenti sono incontabili, tanto che ora ha perso ogni speranza di trovare uno con la testa a posto ed è convinta che siano tutti come i suoi ex, cioè dei luridi vermi senza uno straccio di cuore. La cugina, invece, non ha mai pensato ai ragazzi come più che amici, non si è mai innamorata e dopo aver sentito le storie di sua madre, sua cugina e della sua migliore amica, ha paura che accada anche a lei.
Tuttavia le due ragazze, nonostante tutto, nel loro più profondo continuano a sognare la propria anima gemella, che sembra non essere poi così irraggiungibile...
[Scritta a quattro mani, con due punti di vista diversi: quello di Madelyn e quello di Michelle]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All of Drawing a Song and Sequels'
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capitolo 11

11. I'm not alright




Sabato 20 aprile

Madelyn's Pov.

«Non si preoccupi, signorina» afferma con sicurezza l'infermiera davanti a me, mentre io sono seduta sul lettino in ospedale. «Non è niente di grave.»
Le mostro un sorriso, sollevata. «Bene.»
«Però devo fasciarle il piede sinistro, ha preso una storta molto forte. Eviti di fare movimento per qualche giorno, va bene?»
Oh no, tra poche ore ho la partita.
«Ehm.. okay» borbotto, urlando nella mia testa ottomila parolacce diverse.
«E per il fianco è abbastanza questa crema. La spalmi con delicatezza due volte al giorno.»
«Okay» ripeto per la seconda volta, con un forte sospiro.
Porco cazzo.
Un quarto d'ora dopo esco dalla stanza, con le scatole girate a mille.
Gianluca è seduto sulle sedie a pochi metri di distanza da me con il capo abbassato e si sta tormentando le dita delle mani ansiosamente.
Quasi sembra preoccupato per me.
Appena vede la mia fasciatura, scatta in piedi spalancando la bocca.
«E' grave?! Non riesci a camminare?» esclama, catapultandosi verso di me.
Scuoto leggermente la testa. «No, però non posso muovermi troppo per un paio di giorni.»
Lui tira un sospiro di sollievo. «Per fortuna.»
«No, oggi ho una partita importante.»
«Non avrai mica intenzione di andarci lo stesso?!» sbotta, allargando gli occhi.
Distolgo lo sguardo e faccio finta di osservare un bambino che fa i capricci in braccio a sua madre. «E' importante» sussurro poi.
«Sì ma non puoi farlo! Peggioreresti solo la situazione!» obietta lui, alzando la voce.
«Sssh» faccio io, tappandogli la bocca. «Non urlare.»
«Va bene» borbotta, appena stacco la mano. «Però non ci andrai, non è vero?»
Alzo le spalle, cercando di prendere tempo. «Non lo so.»
«Ma Madelyn...»
«Ascoltami» sbotto, con irritazione. «Tu non hai idea di che partita si tratti. E' la semifinale, e l'allenatore conta su di me, non posso mancare proprio oggi. Ci giochiamo il campionato, cazzo! Ti rendi conto che se passiamo questo campionato, d'estate andiamo una settimana in trasferta in Austria a fare un torneo con delle altre squadre?»
Gianluca spalanca la bocca e resta immobile per alcuni secondi, visibilmente scioccato.
«E io ho un ruolo importante, insomma, faccio l'alzatrice. Alzo la palla per fare in modo che le mie compagne riescano a schiacciare e fare punto. Hai presente cosa vuol dire?! Se manco io chi è che alza la palla alla Bea e alla Giulia?!»
Okay, sto delirando.
«Oddio, sto per avere una crisi isterica» mormoro dopo pochi istanti, cercando di respirare regolarmente, ma non ci riesco. Maledizione.
«Hey, stai tranquilla» dice lui, facendomi una delicata carezza sulla guancia.
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi neri. Una strana sensazione mi invade, come un'ondata di aria fresca in una calda giornata d'estate.
«No è che...» balbetto, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. «Non posso mancare...»
«Lo so, ho capito» afferma lui, in un sussurro, poi mi sorride. «Però adesso calmati, va bene?»
Annuisco, senza staccare gli occhi dai suoi.
Mad, cosa diavolo stai facendo?! Staccati immediatamente, è un ordine. Ma il mio corpo si rifiuta di obbedirmi. Dannazione!
«Quando inizia la partita?»
«Oh Dio!» grido, guardando l'orologio. «Tra un'ora! E adesso dovrei essere dal mio migliore amico, cazzo!»
«Beh, chiamalo e digli che hai avuto un contrattempo.»
«Giusto» e detto questo, tiro fuori il cellulare dalla tasca destra dei jeans e compongo velocemente il numero di Raffaele. «Raff!» esclamo, appena sento la sua voce dall'altra parte della cornetta.
«Dove sei finita?» chiede lui, e dal suo tono di voce direi che è abbastanza preoccupato.
«Sono...» inizio, poi appena realizzo dove sono veramente, scuoto la testa. Non posso certo dirglielo. «...a casa.»
«E perché?»
«Ehm, scusami, è che non riesco a venire. Sto studiando storia e sono stra indietro» improvviso poi, respirando affannosamente.
Certo che come attrice faccio proprio pena.
«Ah, okay. Nessun problema» risponde lui, calmandosi un poco. «Ma tu sei sicura di stare bene? Ti sento agitata.»
«Sì, tutto a posto» dico, vedendo con la coda dell'occhio che Gianluca ha appena alzato gli occhi al cielo. «Solo che sì, sono un po' agitata. Domani mi interroga.»
«Domani? Mad, è domenica domani!»
Mi colpisco la fronte con il palmo della mano. «Volevo dire lunedì» mi correggo poi.
«Mmmh» fa Raffaele, incerto.
«Tranquillo, non c'è nessun problema, davvero» insisto io.
«Okay. Comunque dopo forse riesco a venirti a vedere alla partita.»
«Oh, che bello!» faccio finta di essere felice. Anche se non so il mio risultato quanto sia credibile.
«Va bene, Mad, è meglio che ti lasci ai tuoi libri. E mi raccomando, non preoccuparti per la partita di dopo. Sei bravissima, ce la fai!»
Abbozzo un sorriso. «Grazie Raff, ti voglio bene» dico, quasi commossa, per poi interrompere la chiamata.
«Vedo che sei ben cocciuta» afferma Gianluca, incrociando le braccia.
«Non mi conosci ancora, tu» ribatto io, alzando un po' il mento.
Lui si limita a farmi un gran sorriso.
«Okay, mi potresti accompagnare a casa ora?»
«Certo, tanto non ho niente da fare oggi» risponde lui, sarcastico.
Assumo un'espressione sbigottita sul viso, poi cerco di controllarmi e affermo freddamente: «Va bene. Ciao allora. E grazie per avermi rovinato la mia carriera sportiva.»
«Stavo scherzando, Mad» si affretta ad aggiungere lui. «Dove ti devo portare?»
Tiro un sospiro di sollievo. Per fortuna non è così crudele da abbandonarmi qui.
«Beh, iniziamo a salire in macchina prima» rispondo poi, con un lieve sorriso.
«Sbaglio o mi hai appena sorriso?!»
Allargo un poco gli occhi. «Ti ho già sorriso, carino
«A me non sembra proprio.»
«Oh sì invece!» ribatto io.
«E va bene, però questa volta hai sorriso di più.»
«Capita» borbotto, vaga.
«Per fortuna, perché sei molto bella quando sorridi così.»
EH?!


Okay, niente panico, avrò sentito male. Sì, è andata sicuramente così. Forse ha detto una cosa come “Per fortuna, perché sembri mia sorella quando sorridi così” ed io ho frainteso. Ma certo, avrà detto sicuramente che sembro sua sorella. Insomma, a dire la verità io assomiglio a molte persone quando sorrido. E perché non potrei assomigliare a sua sorella? Ci saranno tipo novanta possibilità su cento che io assomigli a sua sorella... beh, forse un po' di meno.
«Per caso, tu hai una sorella?» butto lì con noncuranza, mentre siamo in macchina.
«Sì, più grande» risponde lui, perplesso. «Perché?»
Visto?! Lo sapevo, me lo sentivo. E probabilmente sarà una bellissima ragazza con le gambe lunghe, i capelli biondi e gli occhi blu come diamanti.
«Così» dico, alzando le spalle. «Ed è bionda?»
A questo punto Gianluca alza le sopracciglia, visibilmente sconcertato. «Sì, è bionda. Ma come mai mi stai tartassando di domande su mia sorella che, a quanto ne so, tu non hai mai visto?»
Oddio, mi sento una specie di veggente.
«Perché penso di conoscerla» abbozzo, sorridendo tra me e me.
Stai a vedere che adesso indovino pure il nome.
Nella mia mente me la immagino un'altra volta, adesso però cerco di vederla più chiaramente e nei dettagli. Sta indossando una maglietta a mezze maniche rosa e dei pantaloni neri. E' seduta al centro di un parco pieno di fiori e sta leggendo. La sua faccia mi ricorda una Serena... no, assomiglia di più a una Clara. Sì, si chiama decisamente Clara.
«Madelyn?»
Apro gli occhi di scatto e trasalisco un poco: Gianluca mi sta fissando con disorientamento. «E tu come faresti a conoscerla?»
«Non lo so, potrebbe essere un'amica di una mia amica, o di mia madre, o di qualcun altro» rispondo, gesticolando freneticamente. «Si chiama Clara, vero?»
«No, Simona.»
Beh, ha la stessa iniziale di Serena, che è stato il primo nome che mi è venuto in mente. Sono convinta che, dopo aver fatto un po' di esercizio, riuscirò a prevedere il futuro, a leggere nel pensiero e a conoscere il passato delle persone che mi guarderanno per almeno cinque secondi dritto negli occhi.
«Madelyn?»
«Sì?» faccio, facendogli un sorriso angelico.
«Stai continuando a isolarti, non mi ascolti nemmeno.»
«Scusa, stavo pensando...»
«Comunque siamo quasi arrivati.»
«Oh, bene» esclamo, guardando fuori dal finestrino. Effettivamente manca solo una via.
«Cos'hai deciso di fare alla fine?» domanda Gianluca dopo alcuni secondi, facendosi serio.
«Beh, ci vado lo stesso» rispondo io.
«Sei completamente impazzita, lo sai?»
«Ma dai, non è poi così grave secondo me.»
«Stai scherzando? Fai fatica a camminare, come diavolo pensi di riuscire a saltare?!»
Faccio spalline. «Mi passerà, dopo.»
«No, non ti passerà» insiste lui, con determinazione.
«Vorrà dire che cadrò sul campo stecchita, va bene?» ribatto, stringendo le palpebre.
«Non va bene, Mad, lo sai benissimo che non va affatto bene.»
A questo punto mi volto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo. «Senti, tu non sai niente di me e della mia fottutissima vita. Non hai il diritto di parlare!» lo accuso poi, alzando sempre di più la voce. «E vorrei ricordarti che è solo colpa tua se io sto così!»
«Sì, hai ragione, scusa» aggiunge, facendosi improvvisamente piccolo piccolo.
«Scusami tu» dico io dopo pochi secondi, rendendomi conto di quanto sono stata maleducata nei suoi confronti. «Non avrei dovuto accusarti in quel modo...»
«Tranquilla, me lo merito.»
«No, mi hai solo consigliato di non andare per il mio bene, e sei stato gentile.»
«Non mi riferivo a quello» obietta, guardandomi per un secondo negli occhi. «E' colpa mia se hai una caviglia slogata e una botta al fianco. Ed è anche colpa mia se non sei riuscita a vedere il tuo amico.»
Faccio un timido sorriso, sperando di rassicurarlo. «E' stato un incidente.»
«Sì, ma se non ci fossi stato non sarebbe successo. Cazzo, quanto mi sento in colpa. Non ho mai fatto del male a una mosca, te lo giuro, e adesso che...» inizia a parlare sempre più freneticamente.
«Ti credo» lo interrompo io, prendendogli istintivamente la mano.
Lui mi sorride e stringe con dolcezza le mie dita. «Grazie.»
«E di cosa? Di averti rovinato il pomeriggio?» affermo, ironica.
«No, grazie perché mi credi nonostante ti abbia investita poco fa» risponde lui, serio.
Io non so cosa dire, così distolgo lo sguardo verso la mia destra, in modo da sfuggire al suo. Sono nella macchina di un perfetto sconosciuto e ci stiamo stringendo (amorevolmente) le rispettive mani. E' strano. Insomma, lo conosco da a malapena un'ora eppure mi trovo completamente a mio agio in sua compagnia.
Dieci secondi dopo, Gianluca parcheggia la macchina qualche casa prima della mia.
«Eccoci arrivati» dichiara, spegnendo rapidamente il motore.
«Già» borbotto io.
«Tra trenta minuti hai la partita, allora» afferma lui, dopo aver guardato l'orologio.
«Sì, e devo ancora prepararmi» aggiungo, con un sospiro.
«Sei sicura di quello che stai per fare?» mi chiede, guardandomi attentamente.
Annuisco un paio di volte. «Sicurissima.»
«Mmh» fa lui, dopo pochi secondi. «Dove giocate?»
«Alla palestra in Via Bolzano» rispondo io, leggermente interdetta.
«Capito» afferma, con un leggero sospiro. Dopo alcuni minuti, dice improvvisamente: «Beh, ci vediamo allora...»
«Sì, certo» confermo io, forse con troppa convinzione.
Gianluca mi sorride un poco, poi rapidamente si avvicina al mio viso e mi scocca un bacio sulla guancia che mi fa salire i brividi lungo la schiena.
Oh porca vacca, e questo cosa può significare?!
«A presto, Mad.»
Io, non avendo la forza di sillabare alcuna parola, gli mostro un timido sorriso, dopodiché esco dall'auto, sbattendo forte la portiera.
Dannazione.
Faccio qualche passo incerto – e doloroso – verso il cancello di casa mia, e appena mi rendo conto che non so neanche quanti anni ha, mi giro velocemente sperando che non se ne sia già andato. Fortunatamente no, è ancora lì. E a dire il vero sembra che non si sia mosso di un millimetro.
«Mi sono dimenticata di chiederti quanti anni hai» borbotto, quando lui ha abbassato il finestrino, capendo che volevo dirgli qualcosa.
Lui scoppia a ridere di gusto. Poi, appena si ricompone, mi risponde guardandomi negli occhi: «Ventuno.»


Salgo le scale il più velocemente possibile, ma purtroppo la mia caviglia non mi permette di essere veloce. Anzi, sono lenta. Come diavolo farò a giocare alla partita Dio solo lo sa.
Quando apro la porta d'entrata, sento ancora l'adrenalina scorrermi nelle vene e non posso fare a meno di sorridere come una perfetta ebete.
Mi rendo conto che non mi sono tolta la garza, così mi affretto a rimediare, sperando che non mi veda nessuno.
«Eccoti, finalmente» Una voce tutt'altro che familiare mi fa trasalire.
Perché deve sempre comparire improvvisamente?
Alzo lo sguardo, ripetendomi sotto voce di stare calma. Non ha visto niente, a questo punto devi solo saper recitare bene.
«Nik.»
«Aspettavi qualcun altro?»
Faccio una risata nervosa. «Certo che no, stupidotto. Chi dovrei aspettare?»
«Non saprei» risponde lui, alzando le spalle. Poi continua, facendosi serio: «Oppure speravi di avere casa libera per stare qui sola con il tuo nuovo accompagnatore?»
Spalanco gli occhi, allibita. «Mi hai spiato?»
«Non rispondermi con un'altra domanda!» esclama lui, alzando la voce, spazientito. «Chi era quel tipo? Cosa ci facevi nella sua macchina? Non eri a casa di Raffaele?»
«Cos'è, un interrogatorio?» ribatto io, sulla difensiva.
«Sì, cazzo! Sei la mia ragazza!» grida lui.
Non l'ho mai visto così arrabbiato. E così possessivo.
«Non era nessuno» metto subito in chiaro io. «Solo un mio amico che mi ha accompagnata a casa perché ero in ritardo.»
Okay, non sono mai stata brava a mentire né tanto meno ora che ho i nervi a fior di pelle e sono pure stupita dal comportamento di Nicola.
«E non poteva farlo Raffaele?»
«Non aveva la macchina, sua madre era uscita» invento, dopo un attimo di esitazione.
Nicola sospira fortemente e poi alza gli occhi al cielo. «La prossima volta chiamami che ti vengo a prendere io, okay?»
Sorrido, intenerita. Che dolce che è quando è geloso.
«Okay, signor capitano» rispondo io, ironicamente.
«Dai, vieni qui» fa lui d'un tratto, spalancando le braccia.
Io mi rifugio nel suo abbraccio, sentendomi finalmente al sicuro e rilassata.
«C'è qualcuno in casa?» chiedo poi, in un soffio.
«No, siamo soli soletti» mi risponde lui, avvicinandosi lentamente al lobo del mio orecchio per poi mordicchiarmelo con dolcezza.
Mi salgono le farfalle alla pancia e il respiro si fa più affannato.
«No, Nik, devo...» borbotto, tra un respiro e l'altro. «Devo andare... a... prepararmi...»
Purtroppo non apparisco del tutto convinta, così Nicola continua a stuzzicarmi.
«Nik, veramente...»
«Non resisto» mormora lui, a un millimetro dal mio orecchio. «Mi ecciti troppo... non posso farci niente.»
Sorrido un poco, anche se so che non può vedermi in viso. «Sì, però ora devo andare.»
«Già, hai ragione» dice lui, staccandosi improvvisamente da me.
Io provo una fitta di delusione allo stomaco, dopodiché affermo: «C'è ancora stasera, no?»
Lui mi mostra un sorriso a trentadue denti. «Giusto.»


Sento il fiato corto, il respiro affannato, le dita tremare sempre di più.
Stringo forte le mani, chiudendole a pugno, come se questo potesse aiutarmi a qualcosa.
Bisogno di scappare, bisogno di rilassarmi, bisogno di sedermi, bisogno di prendere tempo, bisogno di prendere una sosta da tutto questo.
«Bea, chiama il tempo» dico in un sussurro.
Lei mi guarda con preoccupazione. «Tutto bene?»
«Devo solo sedermi un attimo» ho cercato di assumere un tono del tutto naturale, ma mi è uscito un gemito, ancora prima di aprire bocca.
Appena l'arbitro ha dichiarato ufficialmente il time-out, mi dirigo a passo spedito verso gli spogliatoi, dove ci sono i rubinetti dell'acqua. Apro il getto e bevo abbondantemente, dopodiché mi siedo su una sedia, stravolta.
Mi sforzo di fare respiri profondi, sperando di darmi una calmata.
La botta al fianco mi fa male, il sangue alla caviglia pulsa e ad ogni secondo che passa il dolore aumenta sempre più. Ora ho pure un mal di testa atroce.
Sei una stupida, non ce la farai mai a giocare per tutta la partita, mi accusa una vocina dentro di me.
Alzo il mento, con aria di sfida.
Invece ce la devo fare. Sono arrivata fin qui, non posso buttare tutto nel cesso. E poi le mie compagne hanno bisogno di me, in questo ultimo set. Siamo due set a zero per noi, ma basta che le avversarie vincano i prossimi per porre fine alla partita. Non posso assolutamente deludere la mia squadra e Alberto, il mio allenatore. Siamo in semifinale, dannazione. Non posso perdermi un singolo, stramaledetto punto.
Quindi mi avvio correndo verso il campo, ripetendomi nella mente “manca poco, resisti ancora per un po'.” Ma lo so che, in fondo in fondo, sarà molto difficile.
Quando sono tra le mie compagne, Alberto mi lancia un'occhiata torva e mi chiede come sto.
«Tutto okay» balbetto io.
«Mad, se sei stanca dimmelo, non possiamo permetterci di sbagliare un solo punto» fa lui, avvicinandosi a me con aria assolutamente seria. «Piuttosto riposati un po'. Ti vedo molto tesa, sei agitata?»
«Un po'» ammetto poi, sorridendogli imbarazzata.
«Te la senti di continuare?» domanda dopo pochi istanti, guardandomi dritto negli occhi.
Annuisco, cercando di apparire sicura. «Certamente.»
Quando sono in mezzo al campo e l'arbitro riavvia la partita con un fischio, sento le forze mancarmi totalmente. Dopo poco mi accascio a terra, chiudendo lentamente gli occhi.
E' tutto nero. E c'è silenzio, troppo silenzio.


Delle voci, delle voci lontane e allo stesso tempo vicine a me. E in contemporanea un dolore lancinante che parte dalla caviglia e arriva fino alle tempie.
«Secondo me è un abbassamento della pressione» commenta uno.
«Può essere» approva una voce maschile a me sconosciuta in tono esperto. «Dovremmo alzarle i piedi in modo che le arrivi il sangue al cervello.»
Poco dopo sento che mi prendono le caviglie e mi alzano le gambe verticalmente. Una strana sensazione, come un fiume in piena, mi invade il corpo. Poco dopo riconosco che è sollievo e successivamente benessere. Non sono mai stata così felice. Finalmente mi sento bene!
«Oh, respira regolarmente.»
«Sì, è stata di sicuro colpa della pressione. Tra poco si riprenderà.»
A questo punto l'unica cosa che voglio fare è aprire gli occhi e capire dove diavolo mi trovo, con chi sono e di chi sono queste voci.
Oh mio Dio.
Ho circa quaranta persone attorno a me che mi fissano preoccupate, tra cui mia madre, mia nonna, mio padre, mia sorella, Emanuele, Emma, Raffaele, il mio allenatore, tutte le mie compagne di squadra e le avversarie, Nicola e, con una stretta allo stomaco, noto che in un angolino seminascosto c'è anche Gianluca.
«Tesoro!» esclama mia madre, abbracciandomi con forza e quasi con disperazione.
«Mamma, mi fai male» mormoro io, cercando di respirare.
Lei si stacca e poi mi guarda negli occhi. «Ma cosa ti è saltato in mente?!»
Arrossisco all'istante. «Ehm, ci tenevo e...» borbotto, cercando una scusa che non suoni assolutamente ridicola. Ma tutto suonerebbe ridicolo. Insomma, un tipo che conosco da un paio di ore mi ha investito poco fa, così mi sono slogata una caviglia e ho preso una bella botta al fianco eppure io ho voluto comunque gioc...
«Sì, però se sapevi che eri così stressata avresti dovuto evitare. Hai visto cos'è successo?»
Stressata?
«Signora, è l'emozione» la interrompe Alberto, facendomi di nascosto l'occhiolino.
Perfetto, quindi non sanno che... beh, magnifico. Ancora mi chiedo perché ci sto qui a pensare.
«Sì, ero agitata perché... sì beh, è la semifinale e allora... insomma...» balbetto poi.
Lei mi guarda per un poco poi mi mostra un caldo sorriso che ha il solo scopo di rassicurarmi.
«E' meglio andare a casa ora» fa improvvisamente. «Sarai stanca e devi stare a riposo fino a, almeno, domani mattina.»
«Ma mamma...!»
«Niente “ma”! Non voglio assolutamente che tu svenga un'altra volta, dato che potrebbe benissimo accadere di nuovo!» replica lei, alzando sempre di più la voce.
«Mamma, rilassati, sto bene» dico io, guardandomi attorno in imbarazzo.
C'è solo mezzo mondo che sta assistendo al nostro classico dibattito madre-figlia.
«Lo so, ma non voglio che...»
«Ho capito» taglio corto io. «Andiamo a casa, va bene. Però calmati, okay?»
«Okay» fa lei, poi si alza e da un'occhiata allo stormo di gente che abbiamo intorno. «Mi dispiace aver interrotto la partita, riprendete pure.»
Alzo gli occhi al cielo. Dio, quanto mi mette imbarazzo mia madre, a volte.
«Bene Mad, allora ti faremo sapere com'è andata» conclude Alberto, sospirando forte.
Ecco, lo sapevo. E' deluso. Da me e dalle mie capacità. Forse contava troppo su di me e...
«Andiamo, tesoro» afferma mia madre, prendendomi per mano e tirandomi su a fatica.
Intanto la mia famiglia seguita da Emma, Emanuele e Nicola ci segue.
Prima di uscire dalla palestra, incontro lo sguardo di Gianluca: mi sta fissando sollevato e allo stesso tempo arrabbiato.
Io gli faccio un rapido gesto di mano in segno di saluto. Almeno essere cortese nei suoi confronti dopo tutto quello che ha fatto mi sembra il minimo.
Lui ricambia, e questa volta mi sorride.


«Hai preso l'aspirina?» mi chiede mia nonna Gabriella, alzandosi dal bordo del letto su cui era appena seduta.
Annuisco un paio di volte. «Sì, anche se non so quanto mi servirà.»
«Tua madre vuole che tu la prenda» risponde lei, alzando le spalle. «E' pur sempre un medicinale, qualcosa ti farà. Entro domani il mal di testa dovrebbe esserti passato.»
«Speriamo, sta diventando quasi insopportabile» sospiro io.
Lei mi da un affettuoso bacio sulla fronte. «Oh, mia cara dolce Mad. La mia piccola Mad che sta crescendo» mormora tra sé e sé con un sorriso.
Io ricambio il sorriso, questa volta quasi in imbarazzo. Cosa intende esattamente per “sta crescendo”? Non avrà mica scoperto qualcosa su me e Nik?
«Sì, Mad, ho capito subito che c'è qualcosa tra te e l'affascinante Nicola» mi anticipa lei, come se mi avesse appena letto nel pensiero.
A volte mia nonna mi fa paura.
«Ma...» balbetto io, esterrefatta.
Lei mi da un altro bacio, questa volte sulla guancia. «Attenta con i maschi, a volte sanno essere veramente sadici, io ne so qualcosa.»
Faccio una risatina. «Che ha combinato il nonno?» le domando, interessata e felice che abbia cambiato argomento.
«Di tutto e di più!» esclama lei, alzando gli occhi al cielo. «Era davvero un rubacuori, ai tempi che furono. Ti lascio immaginare quante ragazze gli facevano la corte! Non ti rendi conto di come mi sentivo! Quasi un verme, in confronto loro. Eppure lui tra tutte ha scelto me» conclude poi, in un sussurro.
Oh nonna, invece mi rendo conto perfettamente di come ti sentivi.
«Ti ha mai tradita?» chiedo, dopo una pausa di qualche minuto.
«Una volta» mi rivela lei, annuendo con convinzione. «Mi ero arrabbiata terribilmente e così ci siamo lasciati. Poi lui ha saputo farsi perdonare.»
Faccio un sorrisetto del tutto divertito. «Ah, sì? E che ha fatto?»
Perché sto scoprendo solo ora l'adolescenza di mia nonna?
«Beh, tutte le mattine al liceo mi portava dei fiori ogni volta diversi» inizia lei, socchiudendo gli occhi con aria sognante. «Poi una sera è arrivato a cantarmi la serenata con alcuni musicisti davanti alla mia finestra, molto stile Giulietta e Romeo.»
«No!» esclamo, strabuzzando gli occhi. «Che dolce!»
«Eh, sì, ammetto che gli ho fatto perdere la testa» dice lei, orgogliosa.
«Solo un pochino!»
Mia nonna scoppia a ridere di gusto.
«Quindi tu l'hai perdonato?»
«Oh, non subito. Prima l'ho fatto patire un po' anche io» racconta, continuando a ridere.
«Cos'hai fatto?!»
«Mi ricordo che una volta, ancora quando non eravamo più insieme, m'aveva vista baciare un altro.»
«Oddio, non ci credo! Tu!» commento io, alzando le sopracciglia.
«Oh beh, se l'è meritato.»
Mi metto a ridere sonoramente. «Giusto, nonna!»
«Comunque adesso è ora di dormire, sono già le undici e tu sei malata» fa, ad un certo punto.
«Non sono malata, ho solo un po' di mal di testa!» ribatto io.
Anzi, devo dire che, dopo le avventure di quando era giovane la nonna, il malore che sentivo prima m'è praticamente passato.
«Dai, non voglio che poi mia figlia mi si rivolti contro» obietta lei, sorridendo un poco. «Dovevo darti la medicina e la buonanotte, non raccontarti frammenti della mia vita.»
«E va bene, però promettimi che mi racconterai ancora le tue vicende amorose!»
«Sarà fatto, ora però dormi.»
«Okay, nonna. Ti voglio bene.»
«Anche io tesoro, tanto tanto» e detto questo, mi da un ultimo bacio sulla fronte, dopodiché esce dalla mia stanza, chiudendo bene la porta.
Ho sempre visto mia nonna solo dal punto di vista di donna che ha oltrepassato i sessanta. Mai come una ragazza alle prese con i primi amori. E' strano, e allo stesso tempo fantastico.



Domenica 21 aprile

«Madelyn!»
Spalanco gli occhi e mi metto di scatto a sedere. Poi guardo l'orologio preoccupata: sono le otto e mezza. Dannazione! Mi alzo e mi tolgo il pigiama più in fretta che posso. Porca merda, sono in super ritardo, se mia mamma non mi firma la giustifica per entrare almeno un'ora dopo sono fottuta. Speriamo che non si arrabbi, almeno...
«Sì, sono quasi pronta, scusa!» grido, trafelata. «Mi porti tu?»
«Cosa?!»
Sospiro e alzo gli occhi al cielo. Quando sono pronta, scendo di corsa le scale e mi ritrovo davanti mia mamma e mio papà, che sono seduti sul divano in salotto a sorseggiare tranquillamente un caffè.
Io non stacco un secondo lo sguardo dai loro visi, sconcertata.
«Allora, mi porti tu?» borbotto, non so bene a chi.
Mio padre alza perplesso un sopracciglio. «Dove?»
Mi guardo in giro, intontita. Ma... aspettate un momento, oggi...
«E' domenica!» realizzo poi, in un urlo.
A questo punto i miei genitori scoppiano in una sonora risata e non smettono di sghignazzare per circa due minuti. Io, per tutta risposta, gli lancio un'occhiata fulminante.
E dato che non si decidono a parlare, sbotto: «E allora perché diavolo mi avete svegliata a quest'ora?! Avevo anche stra sonno!»
«Ci sembrava strano che ti fossi catapultata qui subito» balbetta mio papà, ridendo ancora.
«Mi rispondi?!» esclamo, spazientita.
«Comunque» fa mia madre, finalmente ricomponendosi. «Ti abbiamo chiamata perché volevamo avvisarti che tra poco papà parte e va a trovare la zia Cleo a Merano» mi spiega poi.
Allargo un poco gli occhi. «Davvero? Quando lo avete deciso?»
«In realtà da non molto tempo, però abbiamo preferito dirtelo oggi, dato il casino di ieri.»
«Ah, okay. E quanto tempo stai via?»
«Un paio di giorni, domani sera dovrei essere a casa» mi risponde lui, con calma.
«Capito. Ma c'è un motivo particolare per questa tua partenza?»
«Sostanzialmente sì: tua nonna Marie è venuta a trovare la zia, e a me farebbe piacere rivederla.»
«Oddio, la francese?!»
«Sì, e non chiamarla “la francese”, dopotutto è tua nonna» replica lui.
«Una nonna che non ho mai visto in vita mia» puntualizzo io.
«No, una volta quando eri piccola è venuta qui» obietta.
«Ah, sì? E quanti anni avrò avuto, uno, forse?»
«Dieci mesi.»
«Ecco, appunto» sbotto, congiungendo le braccia. «Se lei non ha saputo assumersi le sue responsabilità e i suoi doveri da nonna con me e precedentemente da mamma con te e la zia, non può di certo starmi simpatica.»
«Non ho detto che deve starti simpatica, però almeno un po' di rispetto...»
«No papà, è qui che ti sbagli» lo interrompo io, alzando la voce. «Lei non si merita il mio rispetto!» E detto questo, torno in camera mia di corsa, con i nervi a fior di pelle.


Sento bussare alla porta un paio di volte con insistenza. Dopodiché la voce di mio padre che mi chiama prima per nome e che poi mi chiede se può entrare.
«Vieni.»
Lui, in cinque secondi, è già dentro e si sta avvicinando a me. «Ciao Carli» saluta mia sorella, che si è svegliata da poco.
«Ciao» grugnisce lei. A quanto pare anche qualcun altro stamattina non è esattamente di buonumore.
A questo punto mio padre si siede sul bordo del mio letto. «Scusami per prima, effettivamente non hai tutti i torti» inizia, guardandomi negli occhi.
«Non ho tutti i torti?!» ripeto, allibita. «Ho ragione, punto!»
«Sì beh, non si è comportata molto bene nei nostri confronti...»
«Infatti mi chiedo perché continui a trattarla come se non avesse fatto niente.»
«Non è questo, è che resta pur sempre mia madre...»
«Ma papà, non puoi negare l'evidenza! Lei vi ha abbandonato!» grido io, sperando di fargli capire dove voglio arrivare e in preda a una crisi isterica.
«LO SO!» tuona lui, scattando in piedi.
Rimango a guardarlo stupita per pochi secondi. Raramente mio padre alza così il tono di voce.
«Scusa» si affretta ad aggiungere, tentando di darsi una calmata. «E' che tu non puoi capire, quello che ho passato, quello che ho provato...»
«Per colpa sua» dico io, stringendo le palpebre. «E' che tu sei troppo buono, ammettilo.»
«A volte sì» balbetta lui, arrossendo un filo.
«A volte?!» sbotto.
«Okay, sono di carattere così.»
Io sospiro. «Solo che non si può esagerare. Insomma, non puoi trattarla come se non ti avesse rovinato l'infanzia e l'adolescenza, cioè i due periodi più difficili e importanti della vita.»
«Beh, avevo sempre mio padre e mia sorella Cleo.»
«E allora? Papà, stai solo cercando scuse.»
Lui sbuffa sonoramente. «Lasciamo perdere, ho già affrontato questa discussione con tua madre e sotto questi punti di vista tu sei identica a lei, quindi so benissimo come andrà a finire. Possiamo cambiare argomento?»
Annuisco un paio di volte, incapace di sillabare una singola parola.
«Non voglio partire senza aver fatto pace con la mia Mad» afferma, dopodiché si sporge per stamparmi un affettuoso bacio sulla fronte. «Pace, allora?»
Annuisco per l'ennesima volta. «Pace.»
«Ti voglio bene» aggiunge, prima di andare a salutare per l'ultima volta Carlotta e poi uscire dalla stanza, chiudendo dolcemente la porta.
«Io dormo ancora, eh» avverto mia sorella dopo alcuni minuti, e infine spengo la luce.
«Anche io.»


















*** Spazio Autrici ***

Heyyy, guys! Come va? Qui tutto abbastanza bene, anche se ultimamente sono piuttosto impegnata, come avrete sicuramente notato dati i ritardi nell'aggiornare xD Ieri ad esempio sono stata tutto il giorno al lago e quando sono tornata ero più morta che viva, e alle 22.30 ero già nel letto, figuriamoci se avevo il tempo di mettermi a scrivere le note >.<  Voi come state passando le vacanze?! Cavolo, io devo assolutamente abbronzarmi un po', non voglio andare al mare bianca come una mozzarella xDD

Prima di passare ai commenti di questo capitolo, ci tenevo a comunicarvi una brutta notizia: purtroppo sia io che Leslie partiremo per il mare tra poco (lei tra qualche giorno, mentre io il 17 luglio) e per ora siamo sicure di riuscire a fare un altro aggiornamento la prossima settimana con il suo capitolo, però per quanto riguarda il mio capitolo la settimana successiva, non abbiamo nulla di certo. Non sappiamo se ce la faremo, nè se Leslie riuscirà a guardarlo prima che io lo pubblichi (io mi occupo dei codici >.<). Boh, vediamo come va x)

Aaaallora, questo chap è abbastanza lunghettino, vero? ^^ Eh sì, gli ultimi capitoli che abbiamo scritto sono tutti molto più lunghi rispetto ai primi che abbiamo steso.
Beh, non ho moltissimo da dire a riguardo, solo una cosa: ci tenevo a dirvi che per me è stato abbastanza difficile immedesimarmi in Madelyn, dato che inizialmente volevo farla diversa da Loredana (quindi anche diversa da me). Però mi sono accorta che man mano che andavo avanti a scrivere, ha preso un sacco di miei comportamenti/reazioni/atteggiamenti (ad esempio la sua reazione quando il padre voleva che lei fosse gentile con la nonna Marie è identica a quella che avrei avuto io). Quindi forse... boh, ha un po' un carattere un po' indefinito. Magari se voi riuscite a dirmi il vostro parere e punto di vista riguardo questo, ne sarei felicissima, dato che un appoggio e commenti esterni mi aiuterebbero soltanto. Ringrazio anticipatamente chi lo farà (:

Per la stesura di Ds2 stiamo continuamente andando avanti con il nostro lavoretto (che non è un lavoro semplice e veloce da fare, e presto capirete il perché >.<) e ora siamo arrivate ai capitoli 15 (io) e 16 (Lindù). Complessivamente sono 99 pagine su Word *w*
E... abbiamo una (bellissima) novità... gliela diciamo o aspettiamo il prossimo capitolo, Lindù? (aspettiamo il prossimo capitolo, così li teniamo sulle spine :D NdLeslie)

Beh, di personaggi nuovi ce ne sono un po' (vedi la partita di pallavolo), però io ho deciso di scegliere solo l'immagine dell'allenatore Alberto, anche perché alla fine è quello che compare e interagisce di più ^^

Foto personaggi
Alberto

Come sempre, grazie di cuore alle 14 persone che stanno seguendo la storia, alle altre 5 che l'hanno aggiunta nelle preferite e alla 1 persona che l'ha inserita nelle ricordate! Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente ^^


LaIKa_XD  vero? Lo avevo detto io a Lindù che il capitolo precedente era perfetto u.u  Comunque lascio rispondere a lei per i dettagli ;) (ooooh, grazie ^^ in effetti ero preoccupata, io stessa ad un certo punto mentre scrivevo mi sono detta “okay, a questo punto saranno tutti diabetici” xD comunque concordo su Daniel, ma sappiate che non ho ancora scelto il paring finale, quindi attente a non affezionarvi troopo u.u ndLeslie) (Beh, sappi che se non scegli lui non ti parlo più, hai poche possibilità di scelta cara amia u.ù Ahah, come sono crudele =DDD) Comunque, sono super contenta di non liberarmi di te facilmente :D Ciao cara, alla prossima allora! ^^ Un bacioo <3

vero15star   quanto hai ragioneee *w* Daniel sarebbe anche per me il ragazzo perfetto, e anche io odio la lingua francese! xD E sì, Michelle è decisamente TROPPO fortunata u.ù  Comunque lascio a Lindù l'onore di risponderti (:  (sì, Michelle è fortunata.. xD e hai ragione, Michelle ha fatto bene a lasciar perdere Fabio… ma non tirerei conclusioni affrettate per quanto lo riguarda, la nostra Shelly potrebbe essere più importante per lui di quello che crede ;D comunque sono strafelice che il capitolo ti sia piaciuto *-* grazie mille per i complimenti ^^ ndLeslie) Beh, al prossimo capitolo, spero *incrocia le dita* E grazie un miliardo di volte per i tuoi bellissimi complimenti che non finiscono maiiii ** Un bacione stella (LL)

nana_86   grandeeee! Un'altra pro-Dan, ottimo! Dai che ce la facciamo a convincere Lindù a scegliere lui ;) Sentiamo che dice lei a sua discolpa, piuttosto u.u (ahah, non siate troppo fiduciose, infondo Dan è nato per essere solo una cosa passeggera… non lo è più, ma le cose potrebbero ancora cambiare u.u sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, in effetti è stato uno dei migliori da scrivere, per ora ^^ ndLeslie) (io la sto odiando, la mia socia, poi non so tu u.u) Ciao bella! Un mega bacio <33


A settimana prossima, carissimi (e questa volta saremo sicuramente puntali, dato che le note le abbiamo già pronte) =DD
Baciii, Lalla e Leslie


   
 
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