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Autore: pizia    29/06/2010    2 recensioni
La donna che mi ha allevato diceva che io appartengo al Piccolo Popolo e che quindi non posso fare altro che avvertire il richiamo della Madre, e assecondarlo. Io non sono sicura di cosa questo significhi, ma qualcosa di vero ci deve essere per spiegare quello che sento
Prendete Merlin, prendete Le Nebbie di Avalon, mescolateli e stravolgeteli un po' entrambi, ed avrete l'ambientazione della mia storia.
Non ho idea se questa storia sarà lunga o breve, se sarà una commedia drammatica o una tragedia, se sarà bella oppure brutta, per cui non prendete per oro colato i generi o i rating che ora scrivo: potrei cambiarli in corso d'opera.
Per il momento ho iniziato a scriverla per il puro e semplice amore che nutro verso questi personaggi, Artù in primis.
Buona lettura... spero...
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Morgana, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PARTE SETTIMA

 “Viviana, stai mettendo a dura prova la mia pazienza” la aggredì Uther non appena le porte dello studio reale si chiusero alle loro spalle. “Cosa vuoi?”

“Per prima cosa, ricordati a chi devi la tua lealtà: il tuo regno è ormai in mano ai preti e mi hanno riferito che hai addirittura proibito i Fuochi di Beltane, ma è grazie ad Avalon che siedi sul trono di Camelot ed è ancora grazie ad Avalon se hai un…”

“Taci!” esclamò il re.

“Perché Uther? Artù non è più un bambino e tu non l’hai cresciuto come mi aspettavo che avresti fatto: è già sufficientemente incredibile che non sia addirittura un cristiano! Deve sapere che deve la sua vita ad Avalon e deve essere consapevole di ciò che dovrà affrontare prima di poter portare sul capo la corona di Camelot! E’ venuto al mondo con un compito troppo grande e a troppo caro prezzo perché tu ora mandi tutto all’aria, Non erano questi i patti Uther!”

“Padre, ma di cosa sta parlando?” chiese Artù. “Quali patti?”

“Prima di conoscere tua madre” cominciò a spiegare Viviana dato che il re non sembrava intenzionato a rispondere al figlio, “tuo padre aveva avuto altre due mogli, morte entrambe prima di riuscire a dargli un figlio”.

“Viviana, no! Basta!” ringhiò Uther, ma la sacerdotessa era di tutt’altro avviso.

“Fu allora che chiese l’aiuto di Avalon,e lo ottenne. Tua madre era già sposata con Gorlois, duca di Cornovaglia, ma con l’aiuto della magia di Avalon e del grande druido Taliesin lui riuscì prima ad uccidere il duca e poi, assumendone le sembianze, ad ingannare tua madre”.

Artù guardava la donna incredulo: gli sarebbe quasi venuto da ridere se non avesse avuto l’assoluta certezza  che la sacerdotessa non stava scherzando.

“Proprio così, Artù: tuo padre non è sempre stato l’acerrimo nemico della magia che hai sempre conosciuto. C’è stato un tempo, anzi, in cui non si faceva scrupoli ad usarla. Ed è stato solo grazie alla magia che sei nato, sia per l’inganno con cui tuo padre è entrato nel letto di tua madre, sia per il fatto di essere finalmente riuscito a concepire un figlio. Troppa magia, lo riconosco. Troppa magia che è stata fatale a tua madre, mia sorella”.

“Odi la magia perché ha ucciso mia madre?” chiese Artù, ma la risata di Viviana gli ghiacciò il sangue nelle vene.

“Neanche per idea, Artù! Attribuisci a tuo padre una nobiltà d’animo che non gli appartiene, ma non ti biasimo per questo: io stessa ho commesso lo stesso errore tanti anni fa”.

“Non crederle!” intervenne suo padre in un tentativo disperato. “Non credere ad una sola parola di quello che dice. Questa è la ricompensa per aver risparmiato lei e le sue streghe dal rogo! Capisci ora perché non ci si possa fidare di chi fa uso della magia? Io amavo tua madre”.

“Ipocrita!” urlò Viviana. “Non ti è mai importato nulla di lei e se ora odi tanto la magia è solo perché quando Artù è venuto al mondo tu hai deciso di non rispettare più nemmeno uno degli impegni che ti avevano fatto guadagnare l’aiuto di Avalon! Hai preso la morte di Igraine come pretesto per incolparci di tradimento e sentirti libero dai tuoi giuramenti”.

“Ma sera con voi che ce l’aveva , perché siete stati proprio gli unici che ha salvato nella sua guerra contro la magia?” chiese Artù scettico.

“Perché tuo padre è uno spergiuro, ma non è completamente stupido. Aveva visto ciò che Avalon poteva fare e sapeva bene che, come avevamo contribuito alla tua nascita, allo stesso modo avremmo potuto contribuire alla tua morte. Ha preferito non rischiare perché l’unica cosa vera e sincera che c’è in lui e il suo amore per te”.

Artù non voleva credere a quelle parole, ma suo padre ormai taceva sconfitto, senza più nemmeno provare a negare. Guardò verso Gaius supplicandolo con lo sguardo di sbugiardare la donna, ma l’anziano medico si limitò a dire: “E’ la versione di Avalon, ma i fatti che riguardano la tua nascita sono innegabili Artù”.

“E la notte in cui sei stato concepito mi porta al secondo motivo per cui sono giunta fin qui: mia sorella Igraine aveva già una figlia, di poco meno di un paio d’anni, che sarebbe dovuta crescere ad Avalon se, come supponevo, avesse dimostrato di possedere il dono della Vista. Quella notte, durante l’attacco, la piccola scomparve. A lungo l’ho creduta morta, anche se il suo corpicino non era mai stato ritrovato, ma qualche tempo fa una visione me l’ha mostrata sana e adulta, qui a Camelot. Io comincio ad essere anziana e a volte la mia Vista si dimostra meno affidabile di un tempo, e così non avevo dato molto peso a quella visione, ma quando abbiamo ricevuto un messaggio da palazzo in cui veniva detto che a Camelot c’era una ragazza che pareva possedere il dono della Dea alle sue servitrici, mi sono detta che forse non mi ero ingannata”.

“Una ragazza con la Vista qui a Camelot? Un messaggio da palazzo? Non so di cosa tu stia blaterando” rispose Uther acidamente.

“Questa non mi meraviglia di certo, mio caro!” lo sbeffeggiò Viviana. “Di certo conoscendo la tua proverbiale ed infinita ragionevolezza quando si tratta di magia, nessuna ragazza che sospettasse di possedere il dono verrebbe da te a chiedere un consiglio!”

“Stai forse insinuando che non solo delle streghe vivano tra le mie stesse mura, ma che ci sia persino qualcuno che le protegge?”

“Ho mandato io il messaggio” ammise Gaius facendosi coraggio.

“Che cosa?!?” urlò Uther: sembrava in realtà più deluso e ferito per il tradimento di una persona fidata che arrabbiato.

“Avevo solo il sospetto che potesse trattarsi della Vista, sire. Credevo che solo una sacerdotesse sarebbe giunta a Camelot, magari senza fare tanto clamore, e avrebbe esaminato la ragazza: se davvero avesse posseduto il dono sarebbe certo immediatamente partita per Avalon, ma era sciocco che io vi mettessi in agitazione senza essere certo dei miei sospetti. Ho creduto di agire per il meglio, mio signore, e certo non avevo alcuna intenzione di tradirvi”.

Uther lo fissò a lungo: avrebbe voluto credergli, ma in quel momento la cosa gli riusciva difficile.

“Ho appena affermato che non sei uno stupido Uther: non farmi ricredere anche su questo!”intervenne Viviana per prendere le difese del medico di corte. “Gaius ha davvero agito per il meglio e non poteva certo prevedere che io stessa mi presentassi a corte: non posso certo esaminare personalmente ogni singola ragazza che sostenga di essere stata toccata dalla Dea! Ma la speranza di poter ritrovare quella nipote che per quasi vent’anni ho creduto morta mi ha portata sin qui, e di certo non è colpa di Gaiius” concluse. Poi, rivolgendosi all’anziano uomo chiese: “Chi è la ragazza?”

“Signora, dubito che possa essere la figlia di Lady Igraine” disse il medico. “Non le somiglia nemmeno…”

Artù era stordito: la verità gli era stata rovesciata addosso tutta in una volta ed era troppo assurda per poterla razionalizzare in breve tempo. Solo un’idea gli ronzava per la testa mentre ascoltava senza realmente sentirli, i discorsi degli altri tre: una bambina scomparsa, la figlia di Igraine… sua sorella! Aveva una sorella che forse era ancora viva e abitava proprio lì, a Camelot. Di tutte lo notizie di quella sera, quella era forse la più sconvolgente, ma in senso buono. L’unica cosa di cui era certo era che se davvero aveva una sorella, voleva assolutamente conoscerla.

“Sono consapevole che le probabilità che si tratti realmente della figlia di mia sorella sono poche, Gaius, ma visto che ormai sono qui desidero esaminare personalmente questa ragazza, e al più presto, quindi sarei grata se mi dicessi chi è” rispose calma la Signora di Avalon. “Se davvero avesse il dono della Vista non avrei comunque fatto il viaggio invano”.

“Si tratta della giovane serva di Lady Ginevra, Morgana”.

“Morgana!” Esclamò Viviana, mentre i suoi occhi si accendevano di speranza. “La figlia di Igraine si chiamava Morgana! Non posso attendere fino a domani mattina: devo vederla ora! Fatela chiamare immediatamente!”

“No!” esclamò Artù con voce strozzata: si sentiva come se migliaia di lame gli stessero trapassando il petto. “Ci deve essere per forza un errore: Morgana non è mia sorella, non può esserlo!”

Viviana lo studiò per un lungo attimo ed Artù fu certo che stesse cercando di capire il perché di quella reazione. Si chiuse riccio su se stesso nel timore che la donna potesse leggere nei suoi pensieri e nel suo cuore. Si sentiva male. Aveva solo voglia di vomitare anche l'anima.

“Il nome potrebbe anche essere solo una coincidenza effettivamente” concesse Viviana, “Per questo desidero conoscerla al più presto”.

“Credo che sia giù in città a partecipare al banchetto in piazza” disse Gaius.

“Mandala a chiamare, per favore” disse di nuovo la donna e, nonostante il tono cordiale, la sua non era una richiesta, ma un ordine.

“Vado a cercarla io!” si offrì Artù: in realtà voleva solo farla fuggire. Se davvero era sua sorella, non voleva che lo sapesse: era un peso che non voleva dovesse sopportare. Non poteva permettere che lei si sentisse male nemmeno la metà di come si sentiva lui in quel momento.

“No Artù, per favore, resta: dubito che a Camelot manchino servitori soldati che possano andare a chiamarla, e anche tu sei mio nipote e non posso dire, purtroppo, di conoscerti molto meglio di quanto conosca lei”: un altro ordine mascherato da gentile richiesta.

Artù la odiò: non poteva credere che quella donna tanto subdola potesse essere la madre di un uomo aperto e sincero come Lancillotto, ma poi si disse che l'amico era cresciuto lontano da lei, senza nemmeno sapere di essere suo figlio, e tutto tornò ad avere un senso.

“Ho molte cose di cui parlare con te” continuò la sacerdotessa. “Anche se tuo padre lo ha temuto per tutti questi anni, Avalon non ti è mai stata nemica. Anzi, tutt'altro: sull'Isola Sacra riponiamo enormi speranze in te. Ma è giunto il momento che tu ci conosca, e che sia consapevole del futuro per cui Avalon ti ha messo al mondo. Dimmi Artù, a parte definirci probabilmente streghe, che cosa conosce di Avalon?”

“Conosco il volto della Dea” rispose Artù prima ancora di riflettere.

Viviana rimase sorpresa da quella risposta che di certo non si era aspettata: “Forse in fondo tuo padre ha fatto meno danni di quanti temessi” commentò compiaciuta.

 

***

 

Morgana si sentiva impaurita mentre due guardie la scortavano nello studio privato del re. Non poteva fare a meno di chiedersi se fosse stata convocata perché Uther aveva scoperto ciò che la legava ad Artù: l'annuncio del fidanzamento reale era stato dato anche al popolo, che ora festeggiava per le strade di Camelot, e la ragazza si domandava se per caso Artù non avesse fatto qualche sciocchezza.

Non appena entrò nella stanza, tuttavia, comprese che qualcosa di serio doveva essere accaduto: Uther era in piedi accanto alla finestra, rigido per la rabbia. Gaius fissava il re nella speranza di un cenno da parte sua e Artù sedeva alla scrivania del padre. Sembrava letteralmente stravolto, disperato addirittura. Nei suoi occhi le parve quasi di vedere delle lacrime, trattenute a stento. Ma a catturare pressoché immediatamente l'attenzione di Morgana fu la donna che sedeva accanto ad Artù: la veste azzurra e la falce di luna tatuata sulla sua fronte, in mezzo agli occhi, la identificavano come una donna di Avalon, ma la ragazza fu certa che non si trattasse di una semplice sacerdotessa. Istintivamente cercò lo sguardo di Gaius, che le sorrise tranquillamente. invitandola a farsi avanti.

La donna alzò gli occhi su di lei e sembrò trattenere il fiato: “Dunque tu sei Morgana” disse con voce profonda, e Morgana seppe che avrebbe potuto passare intere ore, forse giorni, ad ascoltare quella voce. Annuì timidamente.

In contrasto con la calma della donna, Artù era nervoso e tormentato come mai la aveva visto prima.

“Vieni avanti, cara. Gaius mi ha detto che ritiene tu possa avere il dono della Vista. Vuoi parlarne un po'? Non avere paura...” disse notando il disagio della giovane e l'occhiata spaventata che aveva lanciato verso Uther.

Morgana raccontò ciò che aveva detto al medico il giorno che aveva accusato il malore mentre filava nel giardino. La donna la ascoltava attentamente, corrugando la fronte di tanto in tanto e annuendo soddisfatta più spesso.

“È cosa hai visto, bambina?” chiese ancora.

Questa volta Morgana non era intimorita, ma solo imbarazzata; ancora una volta la sacerdotessa parve capire la sua reticenza, ma la invito a parlarne ugualmente.

“Ho visto Camelot regnare su tutta la Britannia, finalmente unita e libera dall'incubo dei Sassoni”.

Anche Uther, nonostante la rabbia, si voltò per ascoltare le sue parole. Artù sembrava invece perso in tormentosi pensieri.

“Ho visto il re che sarà Artù: giusto è amato dal suo popolo. Ho visto dei draghi tatuati attorno ai suoi polsi: non ho idea di che cosa significhino, ma so che comunque sono importanti”.

Viviana fissò trionfante Uther, poi tornò a rivolgersi a Morgana: “Basta così. Ora avvicinati”.

Morgana si mosse verso la donna che le prese la testa fra le mani, poggiandole i pollici sulle tempie. Poi le disse di chiudere gli occhi e fece lo stesso sua volta. Rimasero così per lunghi attimi mentre nello studio gli unici rumori erano quelli che giungevano ovattati dalla sala del banchetto dove gli ospiti avevano ricominciato a bere e a festeggiare, già apparentemente dimentichi dello scontro tra il re e la Dama del Lago, a cui avevano assistito meno di un'ora prima.

Una marea di immagini invase la mente di Morgana, mentre una confortante sensazione di calma e serenità la pervadeva. Quando l'altra donna allontanò le mani dalla sua fronte, la ragazza quasi protestò per l'improvviso senso di vuoto che provò.

“Dimmi ora che cosa hai visto, Morgana”.

“Ho visto un'isola in mezzo ad un lago. Vi sorge un convento, ma dietro di esso c'è un velo di nebbia: sembra sottile, quasi impalpabile, ma in realtà è una barriera praticamente invalicabile. E poi c'è una barca che avanza nelle acque del lago, proprio in mezzo alla nebbia. Il barcaiolo non sa dove andare, ma non ha paura perché sa che, al momento opportuno, Lei apriva le nebbie e lo condurrà al porto sicuro sull'isola che è celata lo sguardo umano. Profuma di mele dolci e succose ed è sempre estate. Una volta non era così completamente separata dal mondo reale, ma ora i tempi sono cambiati e l'isola sembra perdersi sempre più profondamente nelle nebbie che la circondano, luogo magico è sacro”.

Mentre parlava Morgana era inequivocabilmente caduta in trance: in quello che raccontava si alternavano le immagini che aveva visto mentre Viviana le teneva la testa e quelle che vedeva in quel preciso momento.

“C'è una collina al centro dell'isola. È il luogo più sacro. Ci sono delle pietre enormi in cima, e sono lì, in quella stessa posizione, dalla notte dei tempi. Durante la notte un'unica costellazione splende sopra la collina: è la costellazione del Drago... è lo stesso Drago che ho visto intorno ai polsi di Artù. Ci sono stati tempi in cui le sue stelle brillavano con tale forza da essere visibili anche in pieno giorno, e altre, come questa, in cui sono quasi invisibili anche durante le notti prive di luna. Ma sono sempre lì, e promettono di tornare a splendere...”

“Può bastare, bambina” disse Viviana facendola sedere mentre delicatamente la risvegliava dalla trance.

Morgana sbatte gli occhi quasi sorpresa: questa volta non c'erano né nausea né gambe che tremavano, sono quella stessa pace che aveva provato mentre era connessa con Viviana.

La sacerdotessa sorrideva gentilmente mentre le porgeva un calice di acqua fresca: “Ora è solo semplice acqua, ma quando sarai ad Avalon sarà con l'acqua del Pozzo Sacro che ti rinfrancherai dopo una visione. Tu possiedi indubbiamente il dono della Vista, più forte di quanto io non abbia più visto da molti anni a questa parte. Il tuo destino non è quello di essere la serva di nessuno, se non della Dea stessa, che evidentemente ha piani gloriosi. L'addestramento non sarà semplice, soprattutto considerando che sei ormai una donna fatta, ma tu appartieni al Piccolo Popolo, su questo non ci sono dubbi, e dunque sono assolutamente certa che saprai affrontare ogni difficoltà. Vuoi venire ad Avalon con me, Morgana?”

Lo sguardo della razza fuggi per un istante a cercare Artù e la cosa non sfuggì a Viviana, ma poi tornò a fissarsi negli occhi della sacerdotessa e, dopo un attimo di esitazione, Morgana annuì, prima impercettibilmente e poi, piano piano, con sempre più convinzione.

“Se mi dici il nome di tuo padre, manderò una delle sacerdotessa ad avvisare i tuoi genitori del grande onore che ti è stato concesso” disse Viviana.

“Non c'è nessuno da avvertire: la donna che mi ha fatto da madre è morta due anni fa. A parte Ginevra, non mi viene in mente nessun altro da dover avvisare”.

“La donna che ti ha fatto da madre?” chiese la sacerdotessa mentre il suo cuore prendeva a battere più forte.

“Poco prima di morire mi disse di non essere lei la mia madre naturale, ma è la donna che mi ha cresciuta ed è a lei sola che penso quando penso a mia madre” rispose Morgana sorridendo con malinconia. “Mi raccontava spesso del luogo che oggi ho visto, ma credevo fosse solo una bella fiaba...”

“Non ti ha mai parlato della tua vera madre?”

“Mi disse che non aveva idea di chi fosse: mi raccontò che era stato un uomo a portami da lei in una notte di tempesta e che non gli diede spiegazioni, né lei né chiese. Mi accolse e basta, come una figlia, e grazie a lei ho avuto una vita semplice, ma serena e felice”.

“Dove sei cresciuta?”

“In Cornovaglia: mia madre diceva che il temperamento ribelle e coraggioso di quella terra hanno profondamente temprato il mio carattere”.

“E dopo aver saputo che non era lei la tua vera madre, non hai mai provato il desiderio di sapere chi fosse ad averti messo al mondo?” domandò ancora Viviana per la quale le coincidenze cominciavano a essere veramente troppe per poterle ritenere tali.

“Non dire altro, Morgana, ti prego…” la supplicò debolmente Artù

Morgana non riusciva a capire cosa tormentasse tanto il giovane, ma gli avrebbe comunque dato ascolto e avrebbe taciuto se gli occhi di Viviana non le fossero stati puntati addosso. “In tutta sincerità, no” rispose quasi senza poterselo impedire. “Ho pensato che se era ancora viva e non mi aveva mai cercata, dovevo rispettare la sua volontà. Mentre se avessi scoperto che era morta... Avevo appena perso una madre: non me la sentivo di perderne un'altra...” concluse tristemente.

“Dunque non hai nessuna idea di chi sia la tua vera madre”.

“Ho solo un piccolo gioiello, un ciondolo a forma di giglio” disse. “Mia madre me lo diede dicendomi che era l'unica cosa che le aveva lasciato l'uomo che mi aveva portato da lei, ma non lo indosso mai perché sembra troppo prezioso per una ragazza semplice come me ed ho paura di rovinarlo, di perderlo o, peggio ancora, che me lo rubino”.

Gli occhi di Viviana si riempirono all'istante di lacrime e la donna non fece nulla per trattenerle. Anche Gaius stava piangendo pur discretamente, mentre Artù scuoteva la testa con incredula disperazione.

“Ma cosa sta succedendo?” chiese Morgana, sinceramente stupita da quelle reazioni: quella di Artù in particolare, gli aveva messo addosso un’ansia incredibile, senza contare il fatto che il solo vederlo tanto stravolto bastava farla star male.

“Tre copie di questo prezioso ciondolo vennero realizzate da uno dei più bravi orafi di Roma e vennero portati qui in Britannia da un legionario. Egli li donò ad un druido, Ardanos, che lo aveva salvato e curato nonostante fosse un nemico, e alla famiglia di quel druido sono appartenuti per più di un secolo. Tua madre è una discendente di quel druido: aveva due sorelle che, ancora oggi, possiedono le altre due copie del ciondolo che custodisci” spiegò Viviana, e una volta che ebbe terminato di parlare estrasse a sua volta il ciondolo che lei stessa portava al collo: era identico a quello di Morgana. “Tu sei la figlia che ormai credevo morta di mia sorella Igraine” disse Viviana.

“No...” sentii mormorare Artù, mentre le implicazioni di quella rivelazione le piombavano addosso come un macigno.

Viviana fraintese le lacrime che all'istante le avevano invaso gli occhi. La donna l’abbracciava con calore, ma, da sopra la sua spalla, era solo Artù che Morgana fissava. Il ragazzo la guardava a sua volta tentando di mascherare i suoi sentimenti: stava fallendo miseramente nel suo tentativo dato che la sua disperazione e il suo senso di colpa erano ben evidenti. Per sua fortuna tutti presenti erano però troppo presi a riflettere sulle implicazioni di quella rivelazione per poter badare agli altri.

Morgana avrebbe voluto morire in quello stesso istante: aveva donato il suo cuore e il suo corpo a suo fratello, e la consapevolezza di essere stati del tutto ignari di quel vincolo di sangue tanto stretto non l'aiutava. Sul volto di Artù vide gli stessi sentimenti, ma vide anche il suo amore che, nonostante tutto, si ribellava: il suo mondo era radicalmente cambiato quella sera, ma Morgana seppe che per Artù non era accaduto lo stesso. L'amava ancora, nonostante tutto.

Sapeva che abbandonare Camelot al più presto era la cosa giusta da fare, ma, in fondo in fondo, anche il suo cuore urlava.

 

NOTE: Innanzi tutto, scusate per il ritardo, ma mi sono fatta una settimana a letto con l'influenza senza riuscire a tenere gli occhi aperti per più di 5 minuti di fila. Seconda cosa, mi scuso fin da ora se questa storia, che si avvia ormai verso la fine (a meno di clamorose ispirazioni) non verrà aggiornata molto presto: al lavoro mi mandano in trasferta per qualche tempo, e non posso escludere che non avrò modo, se non durante le ore di lavoro, di collegarmi alla rete; poi finalmente me ne andrò in vacanza un po' anche io (e lì è certo che non avrò collegamenti internet XD ), quindi sono quasi tentata di darvi appuntamento direttamente a settembre. Insomma, non ne sono sicura, ma se sparisco, almeno sapete perché.
Riguardo alla storia, onestamente sono un po' indecisa se aggiungere ancora qualche capitolo, oppure limitarmi ad un epilogo che "tiri le somme": mi sono sempre riuscite meglio le parti "liete" delle storie, e dato che, d'ora in avanti, come ben comprenderete, di allegria non potrebbe più essercene molta, ho un po' il timore di "rovinare tutto" riducendolo ad un drammone stile Beautiful (sempre che io non lo abbia già fatto in questo ultimo capitolo XD). In realtà un paio di spunti per qualche altra scena che mi ronza in testa fin dall'inizio ce li avrei anche, ma tali scene potrebbero anche diventare una ff a se stante. Ci penserò un po' durante questo periodo di mia probabile assenza forzata, e ovviamente se avete un'opnione o un consiglio da darmi a riguardo, li accetto volentieri.
Ciao e al più presto possibile e ovviamente... BUONE VACANZE!

  
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