Permanent December.
When I said I didn't need you, so
Miss you bad so now I'm coming home
So you better leave a light on
Wait for me and just leave the light on
Era
una giornata grigia e il
cielo coperto non lasciava spazio al sole autunnale che ogni tanto
spuntava da
qualche nuvola e pareva stanco tanto era soffocato.
Il vento forte e veloce
spazzava via qualsiasi cosa si trovasse nella sua direzione piegando
gli alberi e
facendo alzare polveroni intossicanti. Era la giornata adatta per
rimanere
dentro casa a godersi le prime braci e i primi calori artificiali della
stagione.
Accanto alla finestra un
ragazzo dai capelli spettinati cercava di tenere a bada il suo grosso
cane
bianco, impaziente come sempre di uscire a fare due passi.
«
Akamaru! Come te lo devo
dire? Oggi dovrai accontentarti del nostro giardino…
»
Lui
però continuava a saltare
da una parte all’altra della stanza troppo piccola per certi
movimenti, urtando
alcuni mobili e facendo cadere a terra diverse carte poggiate su di una
scrivania vicina.
La camera era più disordinata
del solito e Kiba ne dava tutta la colpa al cane obbligato a rimanere
con
lui, dal momento che da poco
si era rotta la cuccia
dell’animale, anche se lui ultimamente non aveva fatto nulla
per riportare un
po’ di ordine. Nella stanza e nella sua vita.
Sbuffò guardando l’ennesimo
disastro. Quelli erano i fogli con il resoconto dell’ultima
missione che doveva
portare all’Hokage, proprio quei fogli che ora erano pieni di
grosse zampate di
fango.
«
Ora basta! Vai fuori di qui!
»
L’abbaiare
festoso si
interruppe subito dopo quelle grida arrabbiate del padrone e il cane si
sedette
mollemente nascondendo la coda tra le gambe. Un verso strozzato
uscì dalla gola
di entrambi, ma se il cucciolo lo aveva emesso per dispiacere
l’altro si era
ritrovato a ringhiare dalla frustrazione.
Guardò di sfuggita il suo
animale che lo fissava triste e lo accarezzò sulla testa
abbassandosi per
guardarlo negli occhi.
«
Scusa amico, lo sai che non
mi piace litigare con te. Ora prendo una giacca e ci facciamo questo
giro, così
ci perdoniamo a vicenda. »
Akamaru
però lo guardava
ancora con la stessa espressione da cane bastonato e con il muso
indicò
colpevole i fogli ormai rovinati che ancora facevano bella mostra da
sotto una
sedia ribaltata.
Il più grande capì e si
avvicinò al corpo del reato raccogliendo quello che era
rimasto del suo
rapporto. Non si leggeva praticamente nulla.
Sospirò rassegnato mentre
strappava il lavoro di un paio di giorni, ma quando si girò
verso l’amico cercò
di fargli capire con lo guardo che andava tutto bene. Lui lo guardava
scettico sapendo che invece non c’era nulla che andasse bene.
Si sa che i cani sono animali
intelligenti e se possibile quelli degli Inuzuka lo erano anche di
più di
qualsiasi altra razza e Akamaru aveva colto lo stato d'animo del
padrone.
Gli occhi piccoli e marroni lo
seguirono per tutto quanto il tragitto, dalla scrivania
all’armadio,
dall’armadio alla porta, fino a quando Kiba non gli chiese di
seguirlo aprendo quest'ultima così che lui
trotterellò al suo fianco.
Fuori
il tempo non accennava a
rasserenarsi, anzi sembrava che mancasse poco a un bel temporale coi
fiocchi.
Il cane aveva alzato il muso al cielo e si era rabbuiato rendendosene
conto.
«
Facciamo un giro veloce e
poi torniamo a casa a mettere a posto. Non voglio trovarmi nel mezzo
della
tempesta. »
Neanche
l’avesse detto di proposito,
una volta finita la frase, una goccia gli cadde sul naso irritandolo
più di
quanto non lo fosse già. Forse stava passando troppo tempo
con Shino visto che
ultimamente si sentiva insopportabile almeno quanto lui.
Corsero per un paio di metri
prima di trovare un riparo alla pioggia che iniziava ad aumentare di
intensità.
Un lampo squarciò il cielo
e il cane
guaì quando il silenzio venne rotto da un tuono abbastanza
potente.
L’Inuzuka scese dal dorso del
suo animale e lo prese ad accarezzare dietro le orecchie. Sapeva che
non gli
piacevano i temporali e quel gesto lo faceva stare meglio. Si sedette
sul ciglio
della strada sotto una tettoia che apparteneva a un negozio di frutta,
quel
giorno era rimasto chiuso come la maggior parte delle
attività commerciali di
Konoha. Quando arrivava il primo freddo tutti si rinchiudevano nelle
loro case
cercando di abituarsi.
Appoggiò la schiena al muro
continuando a tranquillizzare il cane che tremava impercettibilmente.
Povero animale, perché era
voluto uscire tanto insistentemente se sapeva che il tempo si sarebbe
voltato
in quella maniera?
Il
rumore della pioggia era
martellante. Aveva pensato che sarebbe stata una buona idea aspettare
che
scemasse per tornare a casa ma in realtà sembrava non averne
intenzione, anzi aumentava
la velocità e la quantità della pioggia ogni
minuto che passava.
I temporali non piacevano
neanche a lui perché con tutta quell’acqua il suo
fiuto e il suo udito
sviluppati più del normale venivano messi fuori gioco e
quindi si sentiva
indifeso. Probabilmente anche il suo cane odiava quella situazione,
oltre al
fatto che la sua pelliccia diventava puzzolente e pesante.
Un
altro tuono rimbombò
all’improvviso facendolo sobbalzare.
«
Akamaru, che ne dici se
torniamo a casa? »
Una
luce abbagliante li accecò
per qualche istante. Il cane si accucciò ancora di
più accanto al suo padrone
guaendo triste e spaventato. Sembrava totalmente contrariato ad alzarsi
da
quella posizione
comoda e sicura eppure
ad un certo punto alzò leggermente la testa, come se stesse
puntando qualcosa.
Anche Kiba guardò nella stessa
direzione ma la pioggia era così fitta da non riuscire a
vedere nulla.
Le orecchie dell’animale si
tesero e si alzò in piedi cercando di fare qualche passo
nella pioggia. Anche
lui era certo di aver sentito qualcosa questa volta e lo
seguì un po’
intimorito.
«
Kiba? Kiba sei tu? » La voce
di Shikamaru arrivò lontana anche se in realtà
era a pochi metri da lui.
« Shika? Che ci fai qua? Vieni
sotto la tettoia o ti beccherai un malanno. »
La
figura alta e slanciata
dell’amico che gli camminava incontro si distinse tra le
gocce –era un vero e
proprio temporale ormai, sembrava cadesse l’acqua a secchiate
ogni secondo più
forti- fino a quando non si riparò anche lui. Uno sternuto
gli confermò che era
da parecchio che girava sotto l’acqua ghiacciata.
«
Ero passato di casa tua
prima che scoppiasse il Diluvio Universale. Tua madre mi aveva detto
che venivi
da queste parti. »
« Perché sei andato a casa
mia? »
« Dovevo parlarti, Kiba. »
La
voce non era più sfocata e
arrivava dritta al petto del ragazzo che artigliava con la pelliccia
del suo
cane che non si lamentava ma che anzi, guardava guardingo il nuovo
arrivato
tentando di ringhiargli contro.
Il ragazzo cane aveva le
orecchie tappate come se stesse ad alta quota eppure riusciva a sentire
entrambi benissimo. Abbassò
un attimo lo
sguardo cercando di rassicurare l’animale.
Sapeva perché faceva così:
associava la figura del Nara a qualcosa che faceva stare male il suo
padrone e
questo non poteva tollerarlo.
«
Di cosa vorresti parlarmi? »
parlò ancora guardando il muso arrabbiato
dell’cane. Sembrava ancora più grosso
se faceva quell’espressione.
« Il tuo cane fa paura. »
« Era di questo che dovevi dirmi? »
« Ovvio che no. Io ci ho
ragionato molto bene e beh, io mi sono sbagliato, Kiba. »
A
quelle parole l’Inuzuka alzò
automaticamente lo sguardo incatenandolo con il suo.
«
Ho sbagliato, lo so. Non so
cosa stessi pensando mentre ti dicevo di non aver bisogno di te. Mi sei
mancato. »
Aveva
parlato guardandolo
dritto negli occhi e Kiba poteva giurare di averlo visto arrossire. Lo
aveva
creduto subito, non c’era dubbi, eppure tutto quello non lo
faceva stare
meglio.
Era stato male. Aveva
trascorso quelle ultime settimane d’estate come se il tempo
si fosse fermato in
un lugubre dicembre permanente, con la neve che scendeva lenta e
ghiacciata nel
suo cervello e nel suo cuore.
Tratteneva Akamaru che
sembrava molto intenzionato a staccargli una gamba quando in
realtà gliela
avrebbe staccata volentieri lui a morsi.
Lo aveva già perdonato,
proprio nel momento in cui si erano guardati in faccia, e questo era
parecchio
frustrante. Non doveva passarla liscia, quindi magari poteva far
sfogare un po’
il suo cane. Lo avrebbe fermato giusto prima che gli facesse male sul
serio…
Rise
all’idea di Shikamaru con
Akamaru attaccato a qualche suo arto ma sapeva che non
l’avrebbe mai potuto
fare e con la stessa risata ricercò gli occhi neri del Nara.
«
Sei uno stronzo e non mi
meriti. »
« Cercherò di essere
all’altezza. »
Un
altro fulmine rischiarò il
cielo illuminandoli mentre si sorridevano. Poi tutto tornò
scuro, nascondendo
il loro ennesimo bacio.
Fine.
Lo so, è
parecchio banale e credo di essere caduta in un OOC pauroso per
entrambi i personaggi. Me ne vergogno un po', ma l'ho scritta con il
cuore per ringraziare da parte mia e di Sacchan una grande scrittrice
di questo sito ovvero slice
che ieri ha compiuto gli anni. Scusa per il ritardo e per la
schifezzuola che ti ritrovi come regalo
ma spero apprezzerai visto che ti piace questa coppia
almeno quanto me! :smile:
Un grazie anche a Sacchan, che ha cambiato nick con uno bellissimo
ovvero May Be,
che mi supporta sempre -e che mi beta U.U-.
La canzone alla quale ho rubato un po' d'ispirazione dà il
titolo a questa fic ed è di Miley Cyrus.
Un bacio, Nacchan.