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Autore: __minority    02/07/2010    3 recensioni
  Tutto quello che doveva fare era sperare. Sperare come non aveva mai fatto prima, sperare di vederla, sperare di conoscerla, sperare che qualcosa, per una volta andasse per il vesro giusto. Doveva solo sperare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTE.

 

Una settimana era passata da quel giorno che gli aveva riacceso la speranza e lo aveva fatto tremare d’impazienza. Ora era tempo di agire e di cambiare il corso degli eventi. Marco apriva lentamente le labbra, dalle quali uscivano dei suoni, prima leggeri e soffici, poi acuti e forti. Mentre cantava e ripeteva le scale, pensava, come faceva sempre. Cantare era qualcosa che lo liberava da tutto. Lo era sempre stato, fin da quando aveva scoperto che produrre quei suoni violenti e morbidi lo facevano rilassare e pensare con più facilità. In un certo senso, il canto era un momento di meditazione per lui.

Girava per l’appartamento cercando qualcosa che, come al solito, non trovava da nessuna parte.

-Possibile che deve sempre sparire così?- si chiese ad alta voce, interrompendo la canzone dolce e malinconica che stava mormorando.

Dopo aver praticamente ribaltato l’intera casa, stanza dopo stanza, riuscì a ritrovare l’oggetto delle sue ricerche.

-Eccoti, bastardo!- esclamò trionfale, afferrando il cellulare che era finito sotto il suo letto. Lo aprì e, senza perdere altro tempo, fece partire la chiamata.

-Ciao, Marco!- esclamò Silvio, rispondendo. Chiacchierarono del più e del meno per un po’, ma ad un certo punto l’amico dall’altro capo del telefono lo interruppe.

-Allora, oggi è il grande giorno, vero?- Marco se lo immaginava che sorrideva, con quel sorriso che aveva incantato decine e decine di ragazze.

-Si, è proprio oggi.- disse –E non sai che ansia ho addosso. E’ tutto il giorno che non riesco a stare fermo e giro per la casa, continuando a cambiarmi decine di sciarpe.-

Marco lo faceva sempre. Le sciarpe erano il suo modo per sfogarsi, ne aveva in quantità industriale e quando era agitato continuava a provarsele varie volte, senza mai essere soddisfatto. Era un tic che aveva da…bè da sempre, per quanto ne sapeva.

-Stai tranquillo, riuscirai a conquistare il cuore di quella donzella, non ti preoccupare!- lo incoraggiò Silvio.

-Speriamo…-

-E se proprio non ci riuscirai…ci sono sempre io! Non resisterà al mio fascino da Don Giovanni.-

Marco si sentì il petto trafitto da un ago infuocato, mentre il sangue gli saliva alla testa e le mani si chiudevano a pugno, quasi stritolando il cellulare.

-Marco? Ci sei?- lo richiamò l’amico. Il ragazzo si rilassò, notando che aveva contratto tutti i muscoli. Cosa mi succede? Si chiese, turbato.

Gelosia. Rispose una voce nella sua testa.

-Tu…vedi di starle lontano…- disse a denti stretti. Non sapeva perché aveva avuto quella reazione. In fondo Silvio era suo amico, il suo migliore amico, non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Si spera

Si diede una pacca in fronte, scrollando la testa, come per mandare via tutti quei dubbi stupidi. Che effetto strano gli faceva il solo pensiero di quella ragazza. Di Emily.

-Va bene, amico, ma tranquillizzati. Stavo solo scherzando.- si scusò Silvio.

-No scusami tu…adesso devo andare, ci vediamo stasera.- lo salutò Marco. –Ciao.-

Riattaccò dopo che si furono salutati e si strappo dal collo la sciarpa grigia, per l’ennesima volta.

-Cazzo, non ce ne è nemmeno una che vada bene!- urlò, incazzato.

Si, era decisamente molto agitato.

 

__

 

Stava ripensando a come ci si dovesse sentire a perdersi in un labirinto.

La sensazione di solitudine che ti attanagliava lo stomaco, le mani che ti sudavano, i muscoli che tremavano, la mente che ti lanciava brutti scherzi, allucinazioni.

Quella notte aveva sognato di essere proprio in un dedalo, in un giardino all’aperto, senza idea di come uscire da li,  con soltanto la luce della luna che le illuminava la via. Anzi, le vie. Lei andava sempre verso destra, come si doveva fare in un labirinto, ma nonostante questo continuava ad arrivare in corridoi nuovi e sconosciuti, la vista di quelle pareti non le diceva niente. Aveva camminato per quelle che sembravano ore, con l’ansia che le saliva sempre di più alla gola, il respiro che si faceva affannoso, le piccole gocce di sudore che le imperlavano la fronte bollente. Finalmente, era arrivata in un corridoio senza vicoli che giravano a destra o sinistra, soltanto quelle due pareti laterali e un piccolo baule buttato in un angolo.

Si era avvicinata, curiosa, e un po’ diffidente. Era arrivata di fronte al bauletto, si era inginocchiata e l’aveva esaminato.  Sembrava tanto uno di quegli scrigni dei pirati che si vedono nei film.

Cavolo, non le sembrava di aver mangiato schifezze prima di andare a dormire!

La sua mente le giocava davvero dei brutti tiri.

C’erano due ganci che lo tenevano chiuso. Nemmeno un lucchetto. Non doveva contenere nulla di particolarmente importante.

Aprì prima un gancio, poi l’altro, entrambi scattarono con un “clac!” che risuonò nella notte.

Prese il coperchio tra le mani, lo alzò…

E proprio in quel momento venne svegliata dal rumore di una porta che sbatteva violentemente.

Emily era affascinata dal sogno che aveva fatto per due motivi. Primo, perché aveva evitato di fare il solito incubo. Secondo, perché era curiosa di sapere cosa contenesse il bauletto.

Era tutta la mattina che ci rifletteva, ma niente le sembrava rilevante.

Bè è soltanto un sogno. Si disse.

Sperò dentro se stessa, che quel sogno diventasse ricorrente e le facesse scoprire il tesoro che conteneva lo scrigno.

 

Si stava facendo di nuovo trascinare in quel locale pieno di luci psichedeliche.

Com’era possibile? Lei odiava quei posti. Tutta quella musica spazzatura, quella gente senza niente in testa che barcollava sulla pista da ballo. Assolutamente insopportabile.

Però era con la sua amica. Questo poteva bastare.

Era da tutta la settimana che non vedeva Francesca. Dopo che le aveva dato buca per uscire con Alessandro, Emily si era arrabbiata con lei. E provate a dire che avesse torto!

In ogni caso sentiva la mancanza della voce della sua amica, anche se odiava ammetterlo.

Per stasera mi sacrificherò. Pensò.

Certo però…sacrificarsi, forse, non era la parola adatta, dato che voleva tornare in quel locale.

Cercava di convincersi che non fosse vero, che non volesse tornarci, ma in realtà lo desiderava.

Certo, non il luogo in sé! Non sia mai!

Desiderava che lo sguardo che le si era puntato addosso la volta prima acquistasse un volto, un nome, delle movenze.

Si, voleva vedere quel qualcuno.

Mi sto rammollendo.

 

__

 

Aveva pensato a vari metodi per incontrarla “casualmente” senza sembrare uno stalker.

Alla fine gli sembrava che quello più efficace, fosse mettersi vicino all’entrata e aspettare, continuando a posare lo sguardo sulla porta.

Era seduto al bancone del bar, assieme a Silvio.

-Marco, sembri mezzo matto, smettila di lanciare occhiate ansiose alla porta, per favore.-

-E se entra e non la vedo?-

-La vedo io, fidati.-

-Ma tu non sai com’è! Non la riconosceresti.-

-Perché , tu si?-

Marco si morse la lingua per non rispondere. Non aveva voglia di parlare di quello che non era riuscito a fare una settimana fa.

Prese un sorso dal suo drink color azzurro scuro, sentendo la testa leggera. Era già a più di metà. E l’aveva ordinato soltanto dieci minuti fa.

Diventerò un alcolista se ogni volta che devo aspettare una ragazza mi faccio prendere dall’ansia e affondo i dispiaceri nell’alcol.

Michela, la barista che l’aveva aiutato nelle ricerche della ragazza misteriosa, era dietro al bancone, stava servendo dei ragazzini eccessivamente esaltati.

-Odio servire ai poppanti.-  disse a Marco. –Mi sento in colpa.-

-Allora non farlo. Sarebbe illegale o sbaglio?-

-In effetti si e io non vorrei dargli degli alcolici, ma il proprietario del locale è uno che non si fa questi scrupoli, il suo unico scopo è vendere più beveroni possibili, alcolici o non alcolici che siano. Anche se questo significa rischiare di uccidere qualcuno.- disse la ragazza, abbassando lo sguardo, nel quale si leggeva una sincera preoccupazione.

-Non dovresti comunque.- disse Marco.

Michela alzò la testa e fece per ribattere, ma i suoi occhi si puntarono su qualcosa alle spalle del ragazzo. –Marco! Girati!- gli sussurrò con gli occhi che brillavano.

Il ragazzo dalla sciarpa quadrettata si girò, lentamente, con un improvviso mal di stomaco e il cuore in gola. Per un attimo il suo sguardo vagò per il locale.

Poi venne catturato da quella che sembrava la fonte di luce principale. Non le luci psichedeliche, non quelle soffuse e neanche quelle del bar.

I suoi capelli corvini le ricadevano in morbidi boccoli color pece sulle spalle. Le incorniciavano il viso leggermente tordo. aveva delle labbra laccate di rosso scuro, socchiuse. Gli occhi erano come due pozzi neri. Impenetrabili, bellissimi nonostante fosse lontana. Marco sentì l’impellente bisogno di avvicinarsi e sprofondare in quel mare oscuro e misterioso. Ma si accorse di non riuscire a comandare il proprio corpo.

Non potè far altro che continuare a meravigliarsi studiando quella ragazza con lo sguardo.

Portava delle all stars rosse, piene di quelli che sembravano scarabocchi e scritte. I jeans scuri le fasciavano le gambe magre e lunghe. Una maglietta di almeno tre taglie più grande le ricadeva quasi fino alle ginocchia. Non era vestita in tiro come gli altri.

Emily stava gesticolando mentre parlava con un’altra ragazza, molto più bassa di lei. Ed infinitamente meno bella.

Marco si sentì la gola secca e si ricordò di dover respirare.

-Ehi, sveglia!- sentì una voce lontana. Silvio lo stava richiamando nel mondo reale. –E’ lei?-

-…S-si.- biascicò, ritrovando l’uso della parola.

-Forza, che aspetti? Va’ da lei!- lo incitò. Marco non accennava a muoversi, imbambolato com’era. –Adesso, Marco!- urlò.

Michela osservò la scena sorridendo. Era strano che un ragazzo si perdesse soltanto con la visione di una ragazza. Molto strano.

Il ragazzo con la sciarpa al collo si riscosse. Prese un bel respiro e disse più a sé stesso che ad altri –Ce la posso fare.-

Si fece strada tra i mille adolescenti e ragazzi più cresciuti che erano in piedi, ostruendogli il passaggio e la vista. Ebbe un tuffo al cuore quando non la vide più. Non la perderò anche questa volta, non di nuovo.

Si girò, senza vederla, imprigionato in una marea di corpi sudati.

Andò a sbattere contro un cespuglio scuro e venne investito da un intenso profumo di rose.

Gli si mozzò il fiato in gola.

 

__

 

Emily si sentiva fuori posto in quel luogo. Non era fatta per stare li. Non era il locale giusto per lei.

Nonostante questo, appena mise piede all’interno del “Delux” si sentì improvvisamente tranquilla.

Rilassata, in pace con il mondo.

Ma quando un ragazzo dal profumo di cioccolato le piombò addosso ne rimase scossa.

E molto, molto, molto felice.

---

 

Eccomi non sono morta! scusate L'IMMENSO ritardo ma l'ispirazione era andata a farsi benedire! ora però è tornata e devo dire che sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo :D

che dire, i due piccioncini si sono incontrati! o meglio...scontrati!

hahaha al prossimo capitolo con i dettagli :)

grazie a tutti quelli che leggono e che commentano, siete la mia forza! u.u

 

Susi.

  
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