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Autore: Lady Amber    02/07/2010    5 recensioni
[Fine ST II/Inizio ST III] Ora anche Scott si è avvicinato al vetro. Guardiamo insieme ed impotenti mentre inciampi nei tuoi stessi piedi e ti accasci debolmente contro la parete bianca, il respiro pesante e gli occhi lacrimanti per le radiazioni. Perché? Perché sei sempre tu quello che deve sacrificarsi per salvarci tutti? E perché diavolo non riesco mai a fermarti in tempo? (McCoy POV) Oneshot scritta sulle note dell'omonima canzone di Josh Groban. Angst, ma con un raggio si speranza che illumina la maliconica conclusione ^_^
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Messaggio dell’autrice: Okay, visto che con l'orale che incombe non ho proprio tempo di mettermi qui a scrivere qualcosa di nuovo, ho deciso di pubblicare questa fan fiction (o “esperimento”, chiamatela come volete XD) che avevo scritto già da un po’.
Richiede senza dubbio una premessa. Innanzitutto, bisogna dire che l’ispirazione per scriverla mi è venuta ascoltando la bellissima canzone “Remember when it rained” di Josh Groban, una delle mie preferite in assoluto. Inoltre, vi avverto che questa storia potrebbe essere giustamente definita “a strati” XD
Infatti:
- le parti in corsivo a destra, raccontano il momento presente. Subito dopo l’arrivo dell’Enterprise al molo spaziale della Terra (inizio del 3º film), ho immaginato che l’equipaggio potesse essersi preso un breve periodo di riposo sul pianeta. È proprio in un verde prato della campagna nord americana, infatti, che troviamo Len immerso nei suoi dolorosi ricordi;
- le parti scritte in carattere normale e più discorsive sono, invece, i ricordi del dottore, vissuti e raccontati in prima persona (fine 2º film);
- le parti in grassetto e centrali sono le parole della canzone, che dovrebbero incorniciare il tutto ^_^

Ah, e ho notato che leggerla con il sottofondo della canzone di Groban è tutta un’altra cosa… senza, secondo me, perde un sacco. Quindi se riuscite, leggete e ascoltate insieme (anche da Youtube e facendola ripartire più volte, nel caso, mi è venuta proprio lunga questa fic ^_^”).


Detto questo, spero che il risultato sia di vostro gradimento ^o^ Buona lettura!!





Wash away the thoughts inside

That keep my mind away from you.



La pioggia cade silenziosamente sul mio corpo,

 rigando il mio viso di fresche lacrime di rugiada.
 Lacrime esitanti, estranee.
 Lacrime non mie.
Certo, perché le mie le ho versate tutte una ad una fino all’ultima, ormai.
All’incontenibile pensiero di te.
 Al vivido ricordo di quel dannato giorno.
 


Caos. La mia testa rimbomba di una molteplice eco indistinta di grida confuse.


“Dottore, sta perdendo molto sangue…” “Qui abbiamo una bruciatura di terzo grado! Immediato intervento-” “Venite qui, presto, ce n’è un altro!” “50 cc di cortisone!” “Oddio no, lo stiamo perdendo…” “La morfina sta finendo…!” “Dottor McCoy!” “Dottore, presto, c’è bisogno di lei in chirurgia…” “Dottore!” “Dottor McCoy!” “DOTTORE!”


Mentre cerco di isolare una ad una queste voci ingarbugliate disordinatamente nella mia mente, le mie mani lavorano febbrilmente sui corpi straziati dei membri dell’equipaggio. Corpi di ragazzi, alcuni poco più che adolescenti, Dio, poco più che bambini. Ragazzi che non hanno ancora conosciuto niente della vita, nessuna delle sue intense gioie, dei suoi amari dolori, delle sue vere paure, delle sue brusche disillusioni, dell’intensità del suo Amore.

Com’è che siamo arrivati a questo? Perché lassù non fanno niente per fermare questa carneficina? Jim sta cercando di fare il possibile, mi dico. Come sempre. Solo che questa volta non è sufficiente.
Nell’infermeria riecheggiano le grida disperate dei medici e i lamenti strazianti dei pazienti morenti; e continuano ad arrivare feriti, ancora e ancora, senza sosta. Presto non ci sarà più spazio per accoglierli. E allora che cosa faremo? Dove li metteremo? Lancio un’occhiata disperata alla porta, costantemente aperta per il continuo afflusso di gente insanguinata, dal volto stravolto.
E lì ti vedo. Il tuo sguardo è serio e determinato, lo stesso sguardo che ti accende sempre il viso poco prima che tu faccia qualche stupida ed eroica azione avventata.



No more love and no more pride
And thoughts are all I have to do.



Nei miei pensieri rivedo il tuo volto stagliarsi nitido tra la folla.

Ammiro la tua pelle diafana,
 di un biancore così candido da risultare quasi abbagliante.
Mi immagino di accarezzare quei tuoi soffici e morbidi capelli più neri dell’inchiostro.
Mi immergo nuovamente in quel tuo sguardo profondo,
 scuro e avvolgente come una calda notte senza stelle.
Ma è solo la mia immaginazione.
So fin troppo bene che ora tutto quel calore è sparito dai tuoi occhi,
 che se n’è andato via in un improvviso colpo di vento per non tornare più.  



“Prendi tu il mio posto, Christine.”

La donna mi guarda con due grandi occhioni preoccupati e pieni di comprensione. Annuisce brevemente, e grida qualche secco ordine agli infermieri vicini. Brava, ragazza.
Non posso fare a meno di sentirmi un cane, mentre esco lasciando l’infermeria in queste drammatiche condizioni e mi immetto a passo veloce nel corridoio. Ma Christine è una donna forte e un medico eccezionale… saprà sicuramente cavarsela anche questa volta, come è sempre riuscita a fare negli ultimi anni.
Vedo la tua sagoma sfuggente svoltare l’angolo e sgusciare agilmente nel reparto ingegneria. Cosa diavolo ti sei messo in testa, Spock?



Ohhhhhh Remember when it rained.

Felt the ground and looked up high
And called your name.



Sollevo il viso e guardo in alto, fissando il cielo livido.
Osservo le gocce di pioggia cadere verso di me come tanti piccoli cristalli lucenti,
tante piccole perle di vetro che si infrangono sulla mia pelle bagnata.
Riesco appena a scorgere il sole, all’orizzonte.
Nonostante le nuvole minacciose e la violenza del vento che travolge ogni cosa sul suo cammino,
il sole continua a resistere, a lottare, e la sua luce soffusa si riflette scintillante nella pioggia fredda,
creando un bellissimo arcobaleno luccicante…

Oh, se solo tu fossi qui a vederlo insieme a me...



Ti seguo trafelato in sala macchine e… ti ho perso, dannazione. Mi guardo freneticamente intorno, ma non riesco a scorgerti da nessuna parte; posso solo vedere una miriade di tute bianche che corrono in tutte le direzioni, urlandosi ordini e avvertimenti nel tentativo di sovrastare il tremendo rumore delle turbine.

Ah, eccoti.
Ti stai avviando a passo deciso verso l’entrata sigillata di un compartimento rivestito da spesse pareti trasparenti, a tenuta stagna. Per quanto poco capisca di ingegneria non mi è difficile immaginare che una simile precauzione non venga presa per niente: radiazioni. Altissimi livelli di radiazioni.
Vedo Scott accasciato a terra e un giovane tenente che discute animatamente con te, probabilmente per dissuaderti dalle tue apparenti intenzioni suicide.
Non puoi entrare lì dentro, no, non posso proprio permetterlo. Non ti lascerò andare di nuovo incontro alla morte senza dire una parola, non ti permetterò di sacrificarti ancora una volta per la nave senza muovere un dito…
Scatto in avanti e ti blocco, afferrandoti per un braccio. Ti volti verso di me, lo sguardo risoluto illuminato da un guizzo di stupore.
“Non entrerai lì dentro, Spock. Mi hai capito bene? È un suicidio.”
Ti volti ancora a guardare il generatore, pensoso. “Sì” dici poi lentamente. “”Sì, forse ha ragione lei.”
E io ti credo. Credo ciecamente a queste semplici parole, perché è quello che voglio sentirmi dire, quello di cui ho bisogno. Commetto il grossissimo errore di fidarmi di te e di voltarti le spalle.
“Come sta il signor Scott?”
Mi avvicino al nostro amico privo di coscienza. “Beh, credo che riuscirà a-”
All’improvviso avverto una fitta lancinante al collo. Tutto comincia a vorticare turbinosamente davanti ai miei occhi: i contorni delle cose, del pallido viso di Scott, del tuo viso, si fanno sfuocati e indistinti…
“Mi dispiace, dottore, ma non ho tempo di ragionare con la sua logica.”
La tua voce è poco più di un sussurro, un lieve bisbiglio che riesce a malapena raggiungere la mia mente sempre più assente e intorpidita. Percepisco qualcosa che preme delicatamente sul mio viso, sfiorando la mia tempia destra in modo quasi impalpabile.
No… Cerco di resistere, di non mollare, di restare sveglio… Di lottare contro l’oblio che mi trascina prepotentemente verso il basso, impedendomi di respirare e ottenebrando i miei sensi… Ma le mie palpebre si fanno pesanti… davvero troppo pesanti… e in un attimo l’oscurità inghiotte ogni cosa.



Ohhhhhh Remember when it rained.

In the darkness I remain.



Muovo qualche passo sulla tenera erba grondante d’acqua.

I miei piedi nudi percepiscono chiaramente la sensazione di bagnato,
 il senso di freschezza e di compassione che traspare dai morbidi steli verdi sotto la mia pelle.
 


Dolore. Una forte fitta al collo. La mia testa pulsa come se avessi un centinaio di martelli che la percuotono contemporaneamente dall’interno. Tutto il mio corpo è pesantissimo, tanto che in questo momento muovermi mi sembra un’impresa quasi impossibile. Apro esitante un occhio, cercando di ricordare cosa sia successo, quale sia il motivo per cui me ne sto disteso a terra, appoggiato scompostamente ad una parete della sala motori.

E improvvisamente ricordo.



Tears of hope run down my skin.

Tears for you that will not dry.



Avevi ragione quando mi dicevi che anche la natura è viva.

Lo riesco a percepire chiaramente ora…
Non solo nel frusciare dell’erba, ma anche nello stormire mesto degli alberi,
nell’ululare doloroso del vento, nello scrosciare violento della pioggia…
Tutto rispecchia le mie sensazioni più segrete, i miei ricordi più detestati,
 la brutale Tempesta che sta infuriando nella mia anima.



 “Spock!”
 Mi alzo di scatto e tu sei lì, in quel dannato scompartimento, barcollante sotto il peso del motore che stai trasportando da solo. I tuoi occhi scuri paiono spenti, distanti, ma il mio grido sembra riscuoterti e un lampo di determinazione attraversa il tuo sguardo, mentre con mani tremanti riagganci il dispositivo alla sua piattaforma.



They magnify the one within

And let the outside slowly die.



Ora sì, che riesco a sentirmi perfettamente assimilato alla natura.

Riesco a rispecchiarmi completamente nella sua vita,
ad essere tutt’uno con lei,
con i suoi animali, con le sue piante, con i suoi elementi pregni di energia…
In questo momento, io sono la Natura.
E tu sei la Mia Tempesta.  



Ora anche Scott si è avvicinato al vetro.  Guardiamo insieme ed impotenti mentre inciampi nei tuoi stessi piedi e ti accasci debolmente contro la parete bianca, il respiro pesante e gli occhi lacrimanti per le radiazioni. Perché? Perché sei sempre tu quello che deve sacrificarsi per salvarci tutti? E perché diavolo non riesco mai a fermarti in tempo?  

“Dobbiamo avvertire il capitano” dice Scott in un sussurro. Ma non si muove, è incapace come me di distogliere lo sguardo da questo tragico spettacolo.
“Ottimo lavoro, sala macchine.” La voce di Kirk squarcia bruscamente il surreale silenzio che sembra aver ricoperto ogni cosa intorno a noi come un pesante e spesso velo di tristezza ed incredulità. Il tono del capitano sembra sollevato, esultante, soddisfatto. Gioioso quasi.
Con un doloroso groppo in gola, indietreggio piano e, senza voltarmi, mi avvicino al comunicatore. Cerco di fare il possibile per mantenere ferma la voce, ma le poche parole che riesco a pronunciare tradiscono tutta la mia angoscia.
“Jim, è meglio che tu vanga subito qui. E… cerca di fare in fretta.”



In the water I remain

Running down, running down
 


Una tiepida mano si posa delicatamente sulla mia spalla.

“Vieni, Bones” mi sussurra una voce familiare.
Non mi volto.
 Rimango rapito dal ricordo di quel giorno,
 completamente assorto nella contemplazione dell’ambiente e delle mie stesse emozioni.
“Avanti, sei fradicio, ti prenderai un malanno…”
La mano gentile mi fa girare dolcemente e mi accosta ad un corpo caldo e umido, un corpo amico.
L’uomo mi stringe in un caloroso abbraccio fraterno.
In questa stretta posso percepire chiaramente tutto il suo trasporto,
 la sua comprensione, il suo affetto per me…
Quando scioglie l’abbraccio e mi guarda,
i suoi occhi sono lucidi e il suo volto è illuminato dalla timida luce di un debole sorriso velato di tristezza.
“Manca anche a me, Bones. Tanto.”
Sembra brillare, con quel suo volto imperlato da tante goccioline luccicanti
che spicca sullo sfondo buio e livido del cielo in burrasca…
Quasi come un piccolo sole.
Come il sole, che anche nelle tempeste più scure e violente combatte per riemergere e illuminare la natura con un timido e mite barlume di speranza,
senza mai arrendersi, senza mai mollare.
Come il Mio Sole in questa Mia Natura devastata dalla Tua Tempesta.
“Lo so, Jim. Lo so.”  








Ringrazio tantissimissimissimo MkBDiapason, Persefone Fuxia, Romennim, Rei Hino, Eerya&Rowen e Sidereal Space Seed per i loro bellissimi commenti a "Mouthpiece"... GRAZIEEEEE!!! Vi adoro, ragazze! *3*


   
 
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