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Autore: chiaki89    03/07/2010    6 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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SPECCHI

 


Era da un paio d’anni che la mia immagine riflessa non mi spaventava più. Dovevo una buona dose della mia nuova sicurezza alla succhiasangue bionda, Rosalie. Sette anni fa, all’epoca della mia trasformazione, non mi sarei mai e poi mai immaginata di poter diventare quasi amica di quella specie di ghiacciolo. La parola amica mi andava tuttora di traverso, ma non c’era altro modo per definire il nostro rapporto.

***

Era successo tutto quando il caro Jacob aveva pensato brillantemente di raccontare alla sua mezza vampira i miei impossibili desideri di maternità. E ovviamente quel mostro di Lochness in miniatura aveva spiattellato tutto alla zia. Anzi, alle zie. Meglio ancora, all’intera famiglia. Quando Jacob si era trasformato gli avevo dato l’opportunità di pentirsi profondamente di quella voragine sempre aperta che era la sua bocca. Quello che mi aveva fatto più incazzare, peraltro, erano gli sguardi di pietà dei Cullen che avevo letto nella mente di Jacob. Per tenermi buona il carissimo alfa mi aveva dato un lungo periodo di pausa, in cui avrei potuto evitare le ronde che mi avrebbero portato troppo vicina a quella famiglia di vampiri odiosi. All’epoca non ero ancora riusciti a perdonarli della loro semplice esistenza, che mi aveva stravolto la vita da cima a fondo.

Era quindi con notevole sospetto che accolsi l’apparizione di Rosalie davanti a me. Per pura coincidenza avevamo scelto lo stesso negozio di vestiti, nella minuscola Seattle? Un negozio di vestiti non firmati, per giunta. Non sembrava un posto che la bionda psicopatica (come Jake amava tuttora definirla) avrebbe frequentato. “Che vuoi?” dissi in tono poco meno che maleducato. Lei, incredibilmente, sembrava quasi timida. Non era il comportamento che mi aspettavo e questo fece crollare un poco la mia facciata rude. Più che altro ero perplessa. “Ecco, Jacob…”

Perfetto, aveva detto la parola magica. Mi voltai per andarmene, ma non avevo messo in conto la sua velocità formidabile, e me la ritrovai di nuovo davanti.

“Per l’ultima volta, succhiasangue, che diavolo vuoi da me?” dissi con un basso ringhio. La sua risposta mi lasciò spiazzata.

“Parlare”

Sbattei le palpebre immobile per cinque secondi buoni, il tempo sufficiente per spazientirla e far crollare anche la sua, di facciata.

“Senti, Leah, non so neanche io cosa mi sia preso, perciò non chiedermi il perché lo faccio o cose simili.” Una vampira può impazzire? mi chiesi. Ed ebbi un curioso senso di deja-vù.

“Non arrabbiarti, ma continuo a pensare a quello che ci ha raccontato il cane pulcioso a tuo riguardo. E volevo parlarti”

“Fatti gli affari tuoi. E allontanati, la tua puzza mi dà la nausea”

“Lo so che ti sembrerà strano, ma ti capisco perfettamente”

“Ecco, quindi anche tu comprendi che i nostri odori non sono per nulla compatibili. Perciò lasciami….”

Non mi diede neanche l’opportunità di finire la frase. “Bambina idiota. Non parlavo dei nostri odori!” I suoi occhi lanciavano fulmini quasi fisici e per un istante fui convinta che fosse quello il superpotere di Rosalie. “Parlavo della maternità”. Se non fosse stato per il suo sguardo incredibilmente serio probabilmente l’avrei apostrofata con qualche parolina che mi avevano insegnato i miei fratelli.

Evidentemente, però, non solo i vampiri possono impazzire.

“Adesso vuoi parlare con me, Leah Clearwater?” chiese di nuovo.

Dovevo essere pazza per accettare una cosa del genere.

Mi limitai ad annuire come un ebete.

Ebbene sì, anche i licantropi possono impazzire.

Quel giorno, e molti altri a seguire, sarebbero rimasti impressi nella mia memoria. Era vero, Rosalie riusciva a capirmi, più di quanto non l’avesse fatto nessun altro. Eravamo partite parlando del nostro “problema” comune, ma pian piano cominciammo a discutere di altro; in poche parole, cominciammo a conoscerci. E nonostante la sua bellezza accecante, riuscì a restituirmi un po’ di autostima. Mi dimostrò che potevo essere donna anche con i capelli corti e mi insegnò che il mio corpo poteva, doveva essere valorizzato. In cambio io cercai di farle capire il valore di ciò che già possedeva, tipo il suo massiccio compagno. Non volevo dover essere in debito con quel pezzo di ghiaccio.

Restavamo quelle di sempre: io, irritabile e irritante, sempre pronta ad attaccar briga e lei, vanitosa e superficiale, convinta che la sua bellezza vincesse su tutto.

Non eravamo cambiate di una virgola (continuavo a chiamarla succhiasangue) eppure potevamo dirci amiche. Quasi.

***

Osservai di nuovo il mio riflesso. Ci tenevo ad essere almeno presentabile per la festa di fidanzamento tra Jacob e la mutante. Non avevo acconciato i capelli, che rimanevano nel loro solito caschetto, ma avevo deciso di osare un po’ di trucco, come mi aveva consigliata, anzi obbligata, quella bionda psicopatica. Così come ero stata costretta ad indossare un vestito di seta rosso lungo fino al ginocchio e un paio di scarpe con il tacco a spillo. Ma per quanto riguardava l’abbigliamento sospettavo che ci fosse lo zampino della vampira-nana.

Fui distratta da una serie di tonfi fuori dalla mia camera. “Lee, sei pronta?”. Ah, mio fratello. Come al solito era più che impaziente di andare a trovare i cari vampiri. Quell’idiota di Seth proprio non aveva nessuna percezione di ciò che significava “nemici mortali”. Ma poi pensai a Rosalie e ingoiai un insulto.

“Certo, caro fratellino” risposi sarcastica aprendo la porta. Lui mi squadrò da capo a piedi, facendo risalire in superficie la mia vena acida. “Accidenti, Lee, sei uno schianto!”

“Attento a non farti venire l’imprinting con me, idiota” Lui fece un verso come un toro imbufalito, che mi fece tenerezza. Gli arruffai i capelli. “Dai, andiamo. Altrimenti Jake comincerà a dare i numeri”.

***

Seth guidava allegro, canticchiando una stucchevole canzone d’amore. Pur di interromperlo, gli feci una domanda inutile. “Dove sono mamma e Charlie?”

“Sono già dai Cullen, è ovvio. Charlie vuole rimanere vicino alla sua nipotina adorabile il più possibile”

“Chi resta di pattuglia stasera?” chiesi pigramente.

“Oggi è festa” disse stringendosi tra le enormi spalle.

Ormai le ronde erano solo per proteggerci da eventuali vampiri nomadi, ma in verità non c’era molto da fare. Probabilmente si era diffusa la voce della nostra presenza nella zona. E ogni volta che arrivava qualche ospite dei Cullen venivamo avvertiti con notevole anticipo, grazie alla vampira che leggeva il futuro. L’unico vero momento di tensione dall’attacco dei freddi italiani era stato tre anni fa, quando la vampira aveva lanciato un falso allarme a riguardo. Sfortunatamente si era risolto in un nulla di fatto, visto che alla fine quei Volturi, come mi pareva che si chiamassero, avevano cambiato idea e non si erano neppure avvicinati all’America.

Seth aveva ricominciato a cantare. Sentii l’irritazione crescermi dal profondo, come se non mi fosse già necessario tutto il mio autocontrollo per entrare nella casa dei vampiri. Non avevo intenzione di sopportare oltre.

“Seth, lei non ci sarà. Piantala.” Dissi acida.

Lui finse di non capire. “Di chi stai parlando?”

“Seth, non sono stupida. E penso neanche tu. Rosalie mi ha detto che non ci sarà, intesi?”

Guardai con una certa dose di compiacimento le sue spalle afflosciarsi, ma ebbi anche una fitta di senso di colpa. Era pur sempre mio fratello. Ed era così tipico di mio fratello prendersi una cotta per una vampira. Fortunatamente Maggie, la succhiasangue del clan irlandese con i capelli rossi, era dall’altra parte dell’oceano, dove non poteva alimentare le speranze di Seth. O almeno così ci stavamo tutti ripetendo da più di sei anni.

Persino io ero riuscita a mettere una pietra sopra al mio amore per Sam. Certo, è più facile rinunciare ad ogni speranza quando sei la damigella della donna che sta per sposare l’uomo che hai sempre amato.

Se non altro il colpo mi aveva obbligato ad uscire da quella spirale di amore, rancore e dolore.

Non ero sicura di non amare più Sam, ma almeno ero riuscita a bandire i sentimenti dalla mia mente. Il cuore, invece, mi rifiutavo di ascoltarlo da quando Emily e Sam si erano sposati. Era come guardare la mia vita dagli occhi di qualcun altro: non potevo viverla davvero, però evitavo di soffrire. E mi divertivo a far soffrire gli altri, per alleggerire un po’ il mio fardello. Così rimanevo la solita acida Leah, come tutti ormai mi conoscevano.

Arrivammo a casa Cullen nel momento esatto del crepuscolo.

Tutti avevano concordato sull’orario, nel timore che qualche umano potesse vedere i succhiasangue alla luce del giorno: a Charlie sarebbe venuto un infarto.

Come a mio padre.

Lui avrebbe avuto abbastanza fegato da guardare i vampiri luccicare come diamanti, ma non aveva retto alla vista di entrambi i suoi figli divenire licantropi. Soprattutto non si aspettava che io, sua figlia, sarei potuta diventare una di loro. Un orrendo scherzo del destino. E mio padre era morto per colpa nostra.

Anzi, la colpa era mia.

Probabilmente avrebbe sopportato la sola trasformazione di Seth, sarebbe stato anche motivo d’orgoglio. Ma io…

“Lee, che ne diresti di scendere dalla macchina? Ci aspettano” Inghiottendo una risposta decisamente cattiva, uscii dall’auto sbattendomi la portiera alle spalle.

La vampira nana turbino giù dalle scale del porticato e mi raggiunse. “Leah, quel vestito ti sta meravigliosamente! Lo sapevo!”. Ci avevo visto giusto. Era lei ad aver scelto il vestito. Mi dissi che almeno per una sera potevo sforzarmi di essere educata.

“Ti ringrazio, Alice”.

Avrei anche dovuto dirle che aveva un gusto impeccabile, e che il baldacchino pieno di nastri bianchi, dorati e marrone chiaro era superlativo, così come l’illuminazione morbida fornita dalle torce che lo circondavano. Ma quello andava oltre le mie capacità. Era già tanto che non la insultassi per i tacchi a spillo che mi aveva propinato.

“Sono contenta che ti piaccia!” trillò allegra.

Ecco, non esageriamo.

Mi raggiunse anche Rosalie, così bella da farmi quasi venire voglia di eclissarmi, insieme ad Esme. Bella seguiva a pochi passi, come se avesse a che fare con un animale pericoloso. Un pochino mi dispiaceva, in fondo non era vero che non la sopportavo. Certo, non andavo matta per lei, ma non la odiavo neppure. E lei era sempre stata molto delicata e gentile nei miei confronti.

Sorrisi per l’accoglienza tutta femminile.

 “Buonasera” dissi con il tono più cordiale possibile, che con mio stupore risultava perfino convincente. “Ciao Leah” disse Rosalie; sembrava relativamente contenta di vedermi. Esme mi sfiorò leggermente e mi fece girare su me stessa. “Sei davvero incantevole, cara”. Era impossibile arrabbiarmi per il suo tocco troppo familiare, Esme aveva una dolcezza intrinseca che la riparava dall’attacco che avrei sferrato a chiunque altro avesse fatto lo stesso gesto. Sorriderle con sincerità non fu troppo difficile.

“Stai davvero benissimo…” balbettò Bella, imbarazzata. Se non fosse stata vampira, le sue guance sarebbero certamente avvampate.

Su, Leah, almeno stasera fai la parte della brava ragazza.

“Grazie, Bella.” Risposi gentilmente. “Dov’è tua figlia? Immagino che Alice si sia divertita come una pazza con lei, sono curiosa di vedere il risultato”

Una cascata di risate cristalline seguirono la mia frase. Le avrei picchiate. Beh, forse Esme no. E neanche Rosalie, se non si fosse messa in mezzo.

Bene, ero ufficialmente bipolare. Passavo dalla cordialità più totale alla rabbia più intensa. Sarei sopravvissuta ad un’intera serata tra i succhiasangue?

“Renesmee scenderà tra poco. Alice ha preteso un’entrata trionfale per rendere giustizia alla sua opera” rispose Bella, apparentemente sollevata dalla mia parvenza di civiltà. Per fortuna non poteva leggermi dentro.

Cazzo, il leggi pensieri.

Mi stava osservando dal porticato e la sua espressione non sembrava affatto felice.

Senti, succhiasangue. Io sono quella che sono, non mi puoi cambiare. Ma ti garantisco che non vi rovinerò la serata. Non odio Nessie e tantomeno Jake.

Lui annuì impercettibilmente, a dimostrare che aveva capito e che accettava le mie condizioni. O almeno speravo che fosse così. Non avevo mai avuto davvero modo di appurare se i vampiri fossero intelligenti, ma sperai ardentemente che Edward lo fosse. Ero sicura che Jacob non avrebbe apprezzato che facessi a pezzi il suo futuro suocero durante la festa di fidanzamento.

Il succhiasangue in questione ridacchiò, neanche in modo troppo discreto. Sentii montare la rabbia, ma avevo promesso che mi sarei comportata bene. Per Jacob, mi ripetei, per Jacob.

Le vampire mi stavano ancora fissando, visto che ero rimasta in silenzio così a lungo.

Merda.

Sfoggiai il mio sorriso più luminoso (e falso) ed indicai la porta d’ingresso della casa. “Sono così impaziente di vedere Renesmee che mi sono persa nei miei pensieri”

Sia Bella che Esme risposero con uno sguardo raggiante, mentre Rosalie mi squadrava con il sospetto più fosco. Alice non c’era più. Stava aiutando il grosso compagno di Rosalie a sistemare le vetrate intorno al baldacchino. C’erano pochissimi umani invitati, ma evidentemente le era sembrato giusto proteggerli dalla frizzante aria notturna. Inoltre Bella si sarebbe sentita in colpa anche se suo padre si fosse preso un semplice raffreddore.

L’arrivo di Jacob mi liberò da quella situazione imbarazzante. “Leah, sono contento che tu sia venuta!” e mi abbracciò brevemente. Sapeva che non amavo il contatto fisico ed essendo Jacob fino al midollo non fece commenti sul mio vestito. La cosa mi mise finalmente a mio agio. “Non potevo mancare” risposi, stavolta sincera. “E poi come potevo perdermi lo spettacolo di te vestito da persona perbene? Certe cose si vedono solo una volta nella vita!” ridacchiai. Lui stava per ribattere a tono, ma fu interrotto.

“Tecnicamente, sarà vestito da pinguino anche il giorno del matrimonio, quindi certe cose si vedono solo due volte nella vita” ricordò Quil, accompagnato da Embry, Paul e Jared. Ovviamente, tutti accoppiati. Persino Embry aveva avuto l’imprinting. Bleah.

Almeno la sua ragazza, Sarah, era genuinamente simpatica.

Jacob si preparò a caricare un pugno, ma fu interrotto dai sospiri di tutte le ragazze (vampire comprese) che si erano girate verso l’ingresso della casa.

Renesmee era uno spettacolo delizioso. I suoi boccoli biondo rossicci brillavano tenui alla luce del crepuscolo, lunghi fino alla vita. Ma ancor più brillavano i suoi occhi mentre fissava con sicurezza e devozione il suo amato Jacob. La sua pelle color panna si tinse di rosa sulle guance ed il battito del suo cuore accelerò notevolmente. L’abito verde smeraldo che Alice aveva scelto per lei le fasciava perfettamente il corpo di donna, rendendola ancora più aggraziata di quanto non fosse già. Teneva suo padre a braccetto e i due nonni, Charlie e Carlisle, li seguivano subito dietro. Jacob la fissava come se tutta la luce del mondo provenisse esclusivamente da lei, con uno sguardo profondamente rapito.

Tutti noi ci eravamo raccolti a metà strada tra i gradini del porticato e il baldacchino, e riuscii così a vedere gli ospiti che non avevo notato. Il vampiro che influenzava l’umore, Jasper, e il clan di Denali. Magnifico. Chissà che combriccola si raccoglierà al loro matrimonio.

Vicino a Jasper si trovava Seth e coraggiosamente la mamma si era messa accanto a lui. Gli altri miei fratelli facevano gruppo con loro due: c’erano praticamente tutti, tranne Sam. Sorvolai sul pensiero e guardai con grande rispetto Billy accanto a suo figlio, seduto sulla sedia a rotelle. Anche così emanava un’aura piena di dignità e potere.

Con passi misurati Renesmee raggiunse Jacob e gli sorrise timidamente. E lui, da vero Jacob, la prese tra le braccia sollevandola da terra e la baciò. Scoppiò un applauso scrosciante, al quale mi unii di malavoglia.

La verità è che sei invidiosa.

Stasera la mia vocina interiore non aveva davvero nulla da fare. Che strazio.

Tutti confluimmo tranquillamente verso il baldacchino chiuso, pronti a festeggiare il fidanzamento. Ogni cosa mi ricordava la festa di fidanzamento di Sam ed Emily. Troppo.

Gli invitati licantropi che si lanciavano sul cibo.

Gli sguardi beatamente innamorati dei festeggiati.

Gli sguardi inteneriti degli ospiti.

La musica romantica che si diffondeva nell’aria attraverso lo stereo.

Cercai di parlare normalmente con tutti, sforzando sorrisi, fabbricando complimenti che non pensavo, fingendo una gioia che non provavo. Non nel profondo almeno.

Ero felice per quei due, sinceramente. Avevo perdonato Renesmee e Jacob  per quella mancanza di riservatezza di due anni fa, alla fine ci avevo persino guadagnato.

Ma non ero felice per me stessa.

Mi girai verso una delle enormi vetrate, di certo assurdamente costose. E mentre mi trastullavo con l’idea di distruggerle misi a fuoco il mio riflesso, che mi guardava fisso. E ancora oltre il mio riflesso, vidi l’immagine speculare della festa alle mie spalle. Tutti ridevano, ballavano, chiacchieravano. Io invece ero sola. Immensamente sola davanti a quell’immenso specchio.

E fui costretta ad ammetterlo.

Forse, ho ancora un po’ paura degli specchi.



   
 
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