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Autore: Tico_Sarah    04/07/2010    3 recensioni
Siamo ai tempi della guerra contro il Wutai. Un'organizzazione misteriosa trama ai danni della ShinRa Electric Company, L'irruzione di due membri di questo gruppo nella compagnia dà inizio ad un ciclo initerrotto di eventi che porteranno due ragazzi ad incontrarsi. Due storie a confronto, fatte di dolore, abbandoni e solitudine. Lo sbocciare dell'amore e dell'amicizia in un mondo in cui non c'è spazio nè per l'uno, nè per l'altro. Tuttavia, ogni storia è fatta di drammi e segreti, e ogni segreto nasconde una menzogna.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Sephiroth, Tseng
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

 

 

Durante l’allenamento con le armi, Uriah aveva avuto modo di osservare la sua compagna molto più attentamente di quanto avesse potuto fare la notte prima.

Si era chiesto se avesse sbagliato a considerarla soltanto un’eccentrica ragazzina. La guardò mentre scagliava colpi secchi e veloci contro di lui, che li parava senza difficoltà. Si era convinto che quella mattina l’avrebbe sopresa con gli occhi gonfi e rossi, il volto pallido come la notte prima e l’aria assente e vacua. E invece si sbagliava, perché le iridi azzurre di Helinor erano immerse nel bianco più incontaminato, e i suoi occhi presenti illuminavano un viso fresco e rosato. Si chiese come avesse fatto a riprendere il controllo così facilmente.

La risposta gli arrivò sotto forma di un fendente rapido e preciso che lo disarmò, facendogli scivolare di mano la spada. Ne seguì una forte gomitata allo stomaco che lo fece incescpicare e cadere a terra insieme alla sua arma, con il pugnale di Helinor puntato alla gola.

Si scambiarono un’occhiata, poi lei ritrasse il coltello, lo ringuainò e se ne andò a passo svelto.

Doveva essere ancora arrabbiata con lui.

Uriah si alzò e impugnò la spada con aria attonita. Che colpa aveva lui di tutto ciò che stava succedendo? Si era ritrovato a combattere contro il corso degli eventi senza che potesse neanche metterci un dito...

Karima lo aveveva salvato, questo era certo, ma come poteva sapere che quella donna misteriosa era la madre della sua compagna? Non l’aveva mai vista prima del giorno della morte dei suoi genitori e i ricordi che aveva di lei erano immersi in una nebbia troppo consistente perché potesse distinguerli chiaramente.

Kay gli si trotterellò vicino.-Ei, Uriah! Vuoi allenarti con me?-

Uriah abbozzò un sorriso.-Per me va bene-

 

(...)

 

Nara era arrivato a Junon dopo due giorni di cammino. Era sceso dal Chocobo e si era fatto largo tra un fiume di gente indaffaratissima. Non si chiese perché le persone andassero tanto di fretta, giunse alla locanda, dove avrebbe incontrato l'ambasciatore del Wutai, lasciò il Chocobo legato a un palo ed entrò con il mantello da viaggio che gli frusciava ai piedi con decisione. Serviva più a nascondere la spada che portava appesa al fianco che ad altro, ma tanto lui non ci faceva caso.

Erano le una del terzo giorno. L’ora di punta.

Le strade erano popolate quelli che lui identificò come Soldier e da altri uomini vestiti di nero, insieme con altre persone che indossavano un semplice paio di jeans sotto una canottiera bianca e sudata. Li notò per via di uno strano elmetto giallo che portavano in testa e dei materiali piuttosto pesanti che stavano trasportando: legno, ferro, viti, vetro; il tutto andava verso un punto ben preciso, ma che era celato alla vista di Nara. Tanto a lui non importava sapere altro oltre a ciò per cui era giunto a Junon: incontrare un ambasciatore del Wutai. Si chiese soltanto perché avessero deciso quel posto come il luogo dell’incontro, visto che pullulava di nemici.

-Perché sono tutti così indaffarati con i lavori per la costruzione di Junon, che non ci noterebbero neanche a un palmo di distanza- disse l’ambasciatore, un uomo dai vispi occhi neri che si muovevano in tutte le direzioni.

La locanda era piena di gente, e i due si erano seduti a un tavolo in disparte, lontano da tutto e da tutti.

-Credevo fossimo già a Junon- replicò Nara, composto e immobile sulla sedia con le spalle dritte e gli occhi velati di una sfumatura di arroganza.

-Lo siamo- rispose l’ambasciatore, con enfasi. Poi abbassò la voce e si sporse sul tavolo.-Dicono che stanno costruendo una piattaforma sopraelevata... un progetto da miliardi di miliardi di Guil- gli fece l’occhiolino.-Beati loro che hanno soldi da spendere.-

Nara non ricambiò l’aria complice e con una smorfia di disgusto infilò una mano sotto il mantello, estraendone una lettera arrotolata su se stessa, legata da un nastro viola.

Lo sguardo dell’ambasciatore vagò sul viso di Nara fino a soffermarsi sul messaggio che gli stava consegnando. Il suo sorriso si fece ancora più ampio e lo afferrò con sicurezza.

-Da parte del gran maestro Silver Gammon- disse Nara.

L’altro non lesse il contenuto della pergamena, si limitò a inserirlo nella borsa che portava a tracolla con soddisfazione.-Grazie per il disturbo.-

Nara abbozzò un ghigno e si alzò dal tavolo.-Credo che ci rincontreremo prima o poi.-

L’ambasciatore lo imitò e gli porse la mano. Nara la strinse con forza.

-Però... che stretta...- commentò l’ambasciatore, tra i denti.-Beh, è stato un piacere fare affari con voi.-

Il giovane Nara chinò il capo, gli diede le spalle e se ne andò lentamente, passando attraverso la folla con passo sicuro, dando qualche spallata a chi non voleva scansarsi di propria iniziativa.

Uascì dalla locanda e riprese il suo Chocobo. Certo che ne erano passati di anni dall’ultima volta che aveva messo piede a Junon...

Nove anni.

Erano nove anni.

 

(...)

 

Le una e mezzo.

Uriah aveva guardato la posizione del sole per desumere l’ora, poi era arrivato Tseng che gliel’aveva gentilmente detta, facendolo montare su tutte le furie. Non gli serviva l’aiuto di un nemico per sapere che ora era!

L’allenamento con Kay era stato monotono. Non aveva particolari capacità fisiche, né per quanto riguardava la velocità, né per quanto riguardava la forza. Uriah si era limitato a parare i colpi, senza rispondere a nessuno di quelli. Aveva intravisto Helinor accanirsi contro James Atmey, che impudentemente l’aveva chiamata a combattere.

Così, dopo essere tornato dall’accmpamento, Uriah aveva pranzato velocemente e si era diretto verso la tenda di Nhat per cercare delle risposte. Non si era mai soffermato a pensare su chi fosse la donna che lo aveva strappato dalla morte, o se il fatto che Nhat si trovasse sotto quel gazebo fosse solo un caso, o ancora perché i suoi genitori fossero stati uccisi. I suoi ricordi erano veramente troppo confusi, e il modo con cui aveva agito Helinor era stato come uno schiaffo in pieno viso per lui. Tanti particolari che non aveva mai notato gli stavano venendo in mente, legandosi con i fatti che aveva vissuto in quegli ultimi tredici anni.

Perché Nhat conosceva i miei genitori? Aveva rapporti con loro? Che ruolo ha avuto nel loro omicidio?

Chi era Karima? Perché era venuta nel negozio della mia famiglia? Era malata? È morta per mano dei Soldier?

Chi era l’uomo in nero? Aveva un nome?Conosceva Karima? Perché?

Domande che si addicevano più alla mentalità di Helinor, più che alla sua. Domande che gli mettevano addosso ansia e curiosità insieme. In un certo senso, scoprire la verità su quel personaggio misterioso che era stata la madre di Helinor, sapere di più sulla morte dei suoi genitori e capire se tutto ciò che gli era successo era stato veramente dettato dal caso, lo incuriosiva.

Entrò nella tenda di Nhat.

Lo trovò inginocchiato con gli occhi chiusi. Davanti, posate su un vassoio di legno, c’erano delle piccole boccette di vetro contenenti liquidi di diverso colore e consistente.

-Ciao- gli disse Nhat, con affetto.

Uriah non sapeva da dove cominciare.-Dobbiamo parlare.-

-Le ferite ti fanno ancora male?- domandò Nhat, con un sorriso disponibile.-Ho giusto una nuova crema che fa al caso tuo...-

-No- lo interruppe Uriah, in tono secco.-Non sono le mie ferite.-

Nhat mutò espressione, e i suoi occhi si specchiarono in quelli di Uriah, poi gli fece cenno di sedersi davanti a lui, battendo una mano su uno dei cuscini che regnavano a terra.

-Voglio parlare... del giorno in cui mi trovasti.-

L’uomo lo squadrò con dolore.

Il ragazzo si grattò il braccio sinistro con una mano, dandosi dei leggeri pizzichi alla pelle, ogni tanto. Nhat si rese conto che il giovane stava cercando di frenare le lacrime.-Sei sicuro?-

-Sono passati tredici anni- osservò Uriah, con voce flebile, a stento controllata.-Posso parlarne.-

La mano di Nhat si posò sulla spalla di Uriah, e quando quest’ultimo sollevò lo sguardo sul medico, vide che lui stava sorridendo in modo paterno.

-Cosa vuoi sapere? Non posso dirti molto, purtroppo... so solo poche cose.- disse Nhat.

-Voglio sapere di una certa Karima- dichiarò Uriah, con decisione.

Nhat ritrasse la mano di scatto.-K-Karima?-

-La donna che mi ha salvato- precisò Uriah, insospettito dall’improvviso cambio di atteggiamento di Nhat. Era passato da amorevole e paterno a serio e guardingo, come se si aspettasse di essere colpito a tradimento.

I ricordi della notte precendente si sommarono al dolore che Uriah stava provando, ma lui soffocò le lacrime.-Era la madre di Helinor.-

Nhat socchiuse gli occhi.-Potrebbe essere. Non so che dirti.-

Uriah gli espose la sua teoria:-Perché tu venivi spesso nel negozio dei miei genitori. Forse l’avevi vista qualche volta?-

-L’avevo vista, sì...- mormorò Nhat, abbassando la testa.- Era malata... lei...- s’interruppe. Non avrebbe dovuto parlarne, l’aveva promesso.

 

-Dannata!-

Un grido esplose nella tenda grande e spaziosa di Gammon, accompagnata da un rumore di vetri infranti e un frastuono di metallo che cadeva a terra.

Nhat voltò istintivamente lo sguardo.

La sacca di Gammon era stata gettata a terra con violenza. Alcune cose si erano rotte all’interno,altre erano uscite dalla piccola apertura nella cerniera, rotolando sulla terra arida. Il gran maestro sembrava fuori di sé, in un modo che Nhat non gli aveva mai visto addosso.

-Silver...- esordì Nhat, nel tentativo di placare l’ira del gran maestro. La sua voce si spense, sovrastata dal grido furioso di Gammon. -Quella... quella...- gridò un’esclamazione oscena.

-Silver!- provò a ripetere Nhat, quasi spaventato.

Gammon lo guardò con furia omicida.-Che vuoi?!- ruggì.

-Non arrabbiarti così... non ne vale la pena...- balbettò Nhat, indietreggiando.

-Pensavo che la sua malattia l’avesse già sepolta dieci metri sotto terra!- tuonò Gammon, dando un calcio alla sventurata borsa da viaggio.-Quella donna non è umana!-

-Il suo corpo è volato già dal secondo piano di un palazzo, è rotolato sul tendone di un gazebo e si è spento in strada. Una ferita al cuore- gli disse Nhat, nervoso.

Quell’affermazione sembrò placare un po’ la furia del gran maestro, che si decise a tornare a sedere sullo scranno di legno con aria compiaciuta. Appoggiò i palmi delle mani sui braccioli, accarezzandoli con le dita in modo lieve, mentre sulle sue labbra passava l’ombra di un sorriso.-Quindi è morta?-

Nhat annuì.-Sì.-

-In strada.-

Il medico ababssò lo sguardo.

-Come una fuggiasca!- Gammon scoppiò in un grassa risata.-Come l’ultima dei criminali! Morta!- ripetè, tra sé e sé.

-Silver... era una di noi.- disse Nhat, andando incontro alla furia di Gammon.

-Era una traditrice! Lei e quella sua amichetta voltagabbana!- abbaiò, sporgendosi in avanti.

Nhat arretrò, senza avere il coraggio di rispondere alcunchè.

Gammon appoggiò la testa allo schienale e continuò a ridere di gusto.-Chi l’avrebbe mai detto?-

Rimasero così alcuni minuti: Nhat pietrificato davanti a Gammon e quest’ultimo che non accennava a smettere di ridere. Poi Gammon si fece serio e compito come sempre. -Non voglio che se ne parli più- disse con voce gelida.-Non voglio che il nome di quella donna maledetta venga pronunciato in questo posto. Promettilo, Nhat.-

Il medico esitò.-Io...-

-Lei, quella sua stupida sete di libertà. La libertà non esiste, non è di questo mondo. Il prossimo che invoca il nome di Karima Hinari in mia presenza lo farò giustiziare. Voglio che la sua memoria sia cancellata per sempre dalla faccia della terra. Lo esigo.-

-E va bene... lo prometto.-

Niente da fare. L’ascendente di Gammon, il timore che infliggeva a chi gli stava davanti e quella sorda ira che emanava da tutti i pori, non permisero a Nhat di opporsi in alcun modo. Era certo solo di una cosa. Un bambino lo stava aspettando nella tenda: doveva andare da lui, perché era solo e spaventato.

Sperò soltanto che il ricordo di Karima non lo avrebbe tormentato per troppo tempo.

 

Nhat si riscosse solo quando avvertì qualcosa di freddo che gli pungeva la gola. Girò gli occhi verso destra e scorse una lama metallica, poi un manico argentato con un rubino incastonato nel mezzo e infine il braccio e il viso di Helinor.

Uriah abbassò lo sguardo.

-C... come hai fatto?- balbettò Nhat, rivolgendo un’occhiata confusa a Uriah.

-Conosco alcuni trucchetti- gli sputò contro Helinor, con voce gelida.-Adesso devi dirmi di mia madre.- Il suo tono non ammetteva replice, e per sottolineare il concetto lasciò che il filo della lama affondasse lievemente nella carne di Nhat, lasciandovi un evidente segno rosso.-Tu sai.-

-Era malata- disse Nhat, con voce tremante.

-ERA DELL’OMBRA!- gridò Helinor, e avrebbe affondato il pugnale nella carne se Uriah non se ne fosse accorto in tempo e non le avesse fermato il polso.

-Sei scema?!- urlò Uriah, stringendo la presa.

-Togliti di mezzo!- replicò Helinor, dandogli una spallata.

Uriah estrasse la spada con un sibilo e guardò Helinor con gli occhi ridotti a fessure.

-Vi prego... basta!- li pregò Nhat.

-Non voglio farti del male- disse Helinor, sovrastando la voce del medico.

Il compagno la sbeffeggiò senza paura:-non potresti neanche se volessi...- si bloccò e parò una stoccata veloca da parte della ragazza, che impegnò la sua spada di lui con il pugnale e lo disarmò con un gesto circolare, veloce e preciso. Uriah indietreggiò, allibito. Era la seconda volta che lo disarmava!

Helinor afferrò la sua spada e gliela puntò alla gola.-Sei distratto- lo rimproverò, e detto ciò alzò la lama per abbatterla sul compagno.

Due braccia la afferrarono per la vita.-Helinor!!!- gridò Nhat.

-Vattene!- gridò Uriah al medico, che di tutta risposta subì una gomitata in pieno viso. La ragazza se lo scrollò di dosso con una spinta.

-Basta Helinor!- rantolò Nhat, che incescipò all’indietro tossendo violentemente. Cadde seduto a terra.

Uriah oltrepassò Helinor, corse da lui, gli posò le mani sulle spalle e le strinse con la forza della preoccupazione.-Nhat...-

L’uomo gli sorrise pazientemente quando gli si inginocchiò accanto.

Helinor si voltò verso di loro, lanciò lontano la spada di Uriah e ringuainò il pugnale.-Adesso risponderete alle mie domande- intimò in tono glaciale.

Uriah la guardò, atterrito dal suo comportamento. L’aveva vista usare quel tono e quei modi soltanto contro le persone che uccideva, quando annullava ogni emozione e si macchiava le mani del sangue altrui: allora era una furia indomabile.

-Per me uccidere è facile- disse Helinor, passando due dita sull’elsa del pugnale.-E non ho problemi a farlo, me l’avete insegnato voi. Siatene fieri: ho imparato bene.-

-Smettila- ordinò Uriah, in tono stentorio, senza tradire la paura che iniziava a stringerli lo stomaco prepotentemente.-Non è da te comportarti in questo modo...-

-Ne ho tutto il diritto!- esclamò Helinor, spostandosi la frangia castana dagli occhi.-Mi avete mentito! Mia madre abitava in questo posto!-

-E tu come lo sai?- si fece coraggio di chiedere Nhat.

-Le domande le faccio io. È vero?- domandò Helinor, guardandolo di sbieco.-Rispondi!-

Nhat chinò il capo e avvertì le mani del giovane Uriah stringersi convulsamente sulle sue spalle, come se anche lui avesse intuito che di lì a poco si sarebbe scatenato il finimondo. Nhat deglutì rumorosamente:-Sì...-

Uriah vide qualcosa rompersi dietro le iridi azzurre di Helinor. Per la prima volta, vide gli occhi della ragazza farsi lucidi delle lacrime che stava ricacciando indietro non senza difficoltà. Lei si portò una mano sul viso e cercò di asciugarsi con il palmo il sudore che vi colava.

-Quindici anni fa- proseguì Nhat, con un fil di voce.-Lei abitava ancora questo posto.-

-Quindici anni fa...- mormorò Helinor- io avevo due anni- si guardò le mani, confusa.

Nhat annuì. Era difficile da spiegare, soprattutto perché doveva tacere parte della verità.-Quindici anni fa...

 

-Dove andiamo?-

La voce infantile di Helinor si pese nel buio della notte, mentre la madre le infilava una mantellina perché la figlia non prendesse freddo.

La guardia all’uscita dell’accampamento sorrise dolcemente, e i suoi capelli biondi furono rischiarati dai riflessi della luna quando la donna si mosse per raggiungere Karima.

-Sei sicura?-

Karima annuì con sicurezza:- Questo non è il futuro che voglio per mia figlia- mormorò più a sé che alla sua compagna.

Un’altra ombra si mosse accanto a loro:-Non tornerai sui tuoi passi?-

-Nhat, tu sei sempre troppo apprensivo- li rimproverò giocosamente Karima, abbracciandolo con forza.-Ti sei sempre preso cura di me, grazie.-

L’uomo sorrise flebilmente. Non avrebbe potuto fare nulla per fermarla, perché se Karima decideva di fare una cosa, la portava a termine a qualsiasi costo. Passò una mano sui capelli di Helinor e le sorrise con affetto. Lei arrossì, ma contraccambiò il sorriso.

Karima lasciò i due e si dedicò interamente ad Harila, che la fissava con occhi imploranti.-Non andare... ti uccideranno appena ti troveranno... e la Shinra, anche loro ti cercano!-

-Non è un problema- obiettò Karima, prendendo le mani dell’amica tra le sue.-So nascondermi bene!-

-Perché sei cambiata così tanto?- mormorò Harila, abbassando gli occhi verdi sulle mani strette tra quelle di Karima.-Da quando abbiamo rubato quei documenti sei strana. Non sei più tu...-

-Mi capirai quando avrai una figlia- sorrise Karima, dolcemente.-Io voglio che lei studi, che diventi una persona normale, come le altre.-

-E lo sarà da fuggiasca?- domandò Harila, con una vena di rancore nella voce.

Karima lasciò le mani di Harila e l’abbracciò.-Sì, perché farò di tutto affinchè non le manchi niente.-Avvertì un singhiozzo soffocato nell’incavo del suo collo. Harila piangeva. Karima sorrise con nostalgia: le sarebbero mancati i suoi piagnistei inutili.

-Non andare- provò ancora Harila per convincerla.

Nhat strinse la mano della piccola Helinor, e quando la madre si avvicinò, le consengò la figlia.-Spero che tu sappia quello che fai- sussurrò.

Karima gli battè una mano sulla spalla.-Addio.-

-Ricorda di prendere le medicine- disse Nhat in un soffio.

-Ricorda di prendere il Chocobo- rincarò Harila, in tono apprensivo.

Karima annuì, poi li guardò con affetto un’ultima volta, gli diede le spalle e la notte la inghiottì per sempre.

-Quella bambina è nata maledetta- fu il bisbiglio di Harila.

-Cos’hai detto?-

-Niente. Torno a fare la guardia.-

 

Helinor era seduta.

Uriah la guardava con aria mortificata e al tempo stesso arrabbiata.

Nhat terminò il racconto nel silenzio più totale e aspettò che Helinor risolvesse la cosa in una sfuriata simile a quella a cui aveva assistito poco fa, invece lei si conficcò le unghie nel braccio per soffocare un pianto che sarebbe scoppiato di lì a poco e chiese:-E poi?-

La sua voce tremava e si era fatta stridula.

-Non seppi più niente di lei. Due o tre mesi dopo la sua partenza ti vidi arrivare al campo insieme a Gammon. Pensai che Karima fosse morta. La ShinRa la cercava perché tempo prima gli aveva rubato dei documenti importanti, e l’Ombra la voleva morta per il suo tradimento. Harila scappò quel giorno. Non so cosa gli passò per la testa, fatto sta che se ne andò senza lasciare tracce.-

Helinor annuì stancamente.-Mia madre era morta?-

-No- rispose Nhat, con gli occhi rivolti a un passato ormai lontano.-Lei era... come scomparsa. La malattia la divorava giorno per giorno, ma lei non voleva arrendersi. È sempre stata così.-

-Era una brava persona?- chiese Helinor, con un fil di voce.

-Molto. Ma la gente o la odiava o l’amava. Non c’erano vie di mezzo con lei- sorrise Nhat, con nostalgia.-Il suo tradimento fu un duro colpo per Gammon, e decise di non nominarla mai più.-

-Sapeva che era mia madre?-

-Credo di sì. Se ne era accorto. Tu le somigli molto.- Osservò Nhat, squadrando Helinor con orgoglio.-Tredici anni fa ero sotto la finestra da cui Karima lanciò Uriah. Seppi soltanto che era successo qualcosa di grave, e quando vidi volare in strada il corpo di Karima, compresi che qualcuno le aveva sparato. In punto di morte mi disse che era stato un certo... aspetta, non ricordo... Verdot.-

-Verdot- sibilò Helinor. L’assassino di sua madre. Era un nome importante.

Nhat scosse il capo con enfasi.-Lei non ti ha abbandonata perché non ti voleva bene.-

-E allora perché?- chiese Helinor.

-Forse aveva paura. Forse temeva che quella gente potesse farti del male e che lei non sarebbe stata in grado di proteggerti- concluse Nhat.

Helinor lo guardò con un sentimento molto simile alla disperazione, più che al conforto, e lui se ne dispiaque, perché stava facendo del suo melgio per nasconderle in modo indolore la parte di verità che più le avrebbe fatto male.

-Non so... ma almeno so che non è colpa mia- sussurrò Helinor, poi si alzò e uscì senza aggiungere una parola.

Appena fu fuori la luce la investì, e alla sua sinistra intravide un basco grigio da qui pendevano alcuni ciuffi di colore argento. Si fermò a capo chino e disse:-Hai sentito?-

Sephiroth non rispose a quella domanda.-Tseng è appena andato via-

-Hai sentito?- ripetè Helinor, a voce più alta.

-Forse vorrai andare a tagliare i bastoncini...- propose lui, in tono lugubre. Non sapeva proprio cosa dirle. Sì, aveva sentito. E allora? Non erano affari che lo riguardavano, né che gli interessavano.

Lei alzò lo sguardo su di lui, disperata.-Tu ce l’hai una famiglia? Com’è avere una madre? E un padre?-

Sephiroth scrollò le spalle.-Non ne ho idea. Sono orfano.- disse con indifferenza.

La vide deglutire, e all’improvviso scorse anche qualcosa che luccicava nel pressi del suo occhio destro. Una piccola lacrima colò dal viso di Helinor. Una e nient’altro, poi lei si rimise in marcia e andò a rintanarsi chissà dove, chiusa in un religioso silenzio.

Sephiroth la fissò e sentì una morsa stringerli il cuore. Adesso che era in pace, adesso che era stato privato delle spoglie di Soldier inarrestabile, adesso che gli mancavano gli allenamenti estenuanti e poteva godersi una calma e una tranquillità che non aveva mai nemmeno sognato: soltanto adesso si accorgeva di quanto avrebbe desiderato una famiglia.

 

(...)

 

Il resto della giornata passò nella più completa monotonia.

Gofna si era rinchiusa nella tenda di Gammon insieme a Taiji, e su ordine del gran maestro mostrava tutti i suoi più bei giochi di prestigio.  Era contenta che qualcuno la capisse finalmente, e si era già affezionata a Gammon; lui sapeva di cosa aveva bisogno e la faceva felice senza chiedere nulla in cambio, soltanto per il piacere di farlo. Avevano parlato tanto di quanto Gofna si sentisse sola dopo la morte di sua madre. Non era scesa nei dettagli di come fosse accaduto, e neanche Gammon si sognò di chiederlo. Non era nel suo stile indurre la gente a confessargli le cose con le domande, gli bastava conquistarne la fiducia e le informazioni venivano da sé, senza sforzo alcuno.

Tseng era rimasto chiuso nella sua tenda insieme a Genesis, a scrivere su un piccolo diario dalla copertina rigida, nera come la pece, che aveva comprato da Shon insieme ad una penna molto particolare.

-Inchiostro simpatico- aveva detto Shon con un sorriso avido sulle labbra.

Il Turk aveva preso in mano il pennino. Era corto come un dito, dalla punta a sfera. Quando provò a scriversi il suo nome sul dorso della mano, l’inchiostro non era fuoriuscito.-Non scrive- aveva fatto notare a Shon.

-Devi prendere il tappo- spiegò il mertante.-C’è una lucina... la devi accendere spingendo questo tastino  al lato...- una piccola luce bianca illuminò il dorso nella mano del Turk, e subito apparvero le lettere che componevano il nome “Tseng”, a caratteri chiari e precisi.

-La compro!- aveva esclamato il giovane, e subito aveva pagato Shon.

Quel pomeriggio aveva deciso di tenere un diario di tutte le informazioni che stava raccogliendo, e sebbene Genesis insistesse per leggerle riusciva solo ad avere distratte spiegazioni.

-Dovrei parlare con un mio superiore- diceva il Turk di tanto in tanto.-Però è a Midgar.-

-Impossibile- rispondeva Genesis, annoiato e infastidito da tutta quella risrvatezza.

A parte quelle poche parole, i due non si parlarono molto quel giorno.

Sephiroth invece passò il pomeriggio a vagare per inerzia intorno all’accampamento. Aveva voglia di stare solo, e anche la compagnia di Genesis non lo allettava molto: sapeva che il suo amico avrebbe passato tutto il tempo a lamentarsi del ruolo scelto per lui da Tseng.

A un certo punto si scoprì a guardarsi intorno in cerca di Helinor.

Il giorno stava volgendo all’imbrunire, ma della ragazza non c’era nessuna traccia. La prima cosa che pensò fu che lei si fosse rintanata nel posto dove era stata accatastata la legna. Si recò lì, ma lei nin c’era.

-Non so dov’è- gli disse Uriah quando arrivò la sera e tutti si riunirono nella piazza centrale per la cena.-Non la vedo da un bel po’ di tempo. Ma perché la cerchi?-

Sephiroth non rispose e se ne andò nella propria tenda.

Helinor tornò a notte fonda, ma non parlò né volle vedere nessuno. Sembrava appena sopravvissuta ad una battaglia. Era sudata e affaticata, e andò subito a dormire.

Uriah era sveglio. Vide una luce nella tenda di Helinor accendersi e seppe che era tornata. Cosa le stava succedendo?

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

***Sono al lavoro***

 

 

the one winged angel:per prima cosa, ti ringrazio del commento all’altra storia! ^_^ Anche se non la manderò avanti prima di aver finito questa, quindi la prenderà alle lunghe... XD Non so perché, ma amo la sezione di ffVII; non so perché (ci penserò).

Povera Gofna, inizia a farmi pena, sinceramente. La trattano tutti malissimo... finiranno col gettarla in pasto a Gammon se continuano così...

Sono felice che Tseng ti stia piacendo ^_^! Penso che sia un bel personaggio, anche se sul gioco è di secondo piano. (Più potere a Tseng!!!) XD

Nhat nasconnde qualcosa, ma non è cattivo, anzi, praticamente è l’antagonista di Gammon XD

Sì, Zack e Angeal riappariranno verso la fine, ancora però non ci sono arrivata nella stesura.

^_^ Beh, se vuoi leggere il continuo allora lo pubblicherò! *_*

Alla prossima cara nipoteeeeeeeeeee *abbraccia*

 

Kairih: Spero che tu abbia trovato il modo per non addormentarti più alle cinque, tesoro! Oddio X_X Se io mi svegliassi alle cinque è meglio che la gente resti chiusa in casa, diverrei un pericolo pubblico XD

Helinor ogni tanto calca la mano ih ih. Però è normale, povera ragazza. Ha sempre diciassette anni e ha sempre vissuto tenenendosi tutto dentro. Senza contare che lei è piuttosto emotiva a volte, dunque arriva a fare cose che non potrebbero affatto piacere. Sai, è un personaggio che ho creato con un anno e mezzo. L’ho perfezionato e riperfezionato con il passare del tempo, fino ad assumere praticamente un’entità propria. (No, non sono andata a dormire alle 5. Sono le idiozie che sparo di solito XD, non farci caso)

Neanche a me piace il colpo di fulmine. Boh... non è che mi ha mai convinto molto.

Ottima recensione carissima maestra!

^^ Alla prossima!!! Un bacione

 

KiaElle: XD Infattiii!!! Tra poco mi tocca aggiornare anche il mercoledì! Li posso nominare “giorni dell’aggiornamento”!! Il punto è che questa storia mi piace talmente tanto che ho continuato a scrivere XD (senza contare che con l’estate ho tanto tempo libero)

Eeeeeeeh *sospiro* Gofna è come un pesciolino e Gammon è lo squalo, però. Se potessi le direi di stare ben attenta a quel tipo =.=, ma credo che anche se lo facessi non mi darebbe retta.

Per carità! Ferma con quella katana!!!! *corre dappertutto* >.< Sephiroth, fermala tuuuuuu!

Sephiroth: eh?

Genesis: Ah! Scacco matto!

Sephiroth: Doh! Maledetta autrice, non dovevi distrarmi! *corre dietro all’autrice con la Masamune*

AAAAAAAAAAAH!!!!

;-D Un abbraccio al volo e me ne vado, altrimenti qui Sephiroth mi fa a fette... XD

 

 

                                                                                                                                              

  
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