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Autore: Imzadi    05/07/2010    0 recensioni
background del personaggio che gioco in una campagna di 20° livello. razza: umana/elfo classe: bardo/hathran
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio nome è Graceaga, sono nata in una famiglia piuttosto agiata nella regione del Rashemen, in particolare ad Immilmar nel 1344, Anno della Luna Calante.
Mia madre era una dei capi del circolo Rashemi, detentrice di una delle cinque “Fruste della strega di mezzanotte”, armi eccezionali considerate segno di grande distinzione tra le Hathran , oggetto che lei portava con immensa fierezza; mio padre era un guerriero, capo della loggia dei Berserker del Lupo. In realtà, non sono esattamente stati loro a crescermi, fin da bambina sono stata circondata da tate, educatori, insegnanti ed istruttori di ogni genere; dalla storia del Rashemen all’addestramento nel combattere con la frusta, i miei genitori hanno cercato di forgiare la mia vita in modo che io avessi tutte le carte in regola per succedere in futuro a mia madre in uno dei ruoli di comando dei circoli rashemi.
Venivo controllata in tutto, non decidevo quasi nulla della mia vita, dagli studi ai vestiti, persino agli amici: i bambini con cui giocavano dovevano appartenere a famiglie che i miei genitori “approvavano”…non vivevo davvero, e non ne ero nemmeno consapevole. La mia vita vera, iniziò con l’incontro con Freudithas Dawntracker.

una bambina sta correndo a perdifiato nella foresta, indossa abiti eleganti ed i suoi capelli sono acconciati in maniera quasi “inadatta”, per una ragazzina che avrà avuto al massimo 6 o 7 anni; infatti, appena addentratasi nel fitto della foresta, inciampa nella sua stessa gonna, cade, e rotola giù per una piccola discesa infangata. La bambina si tira leggermente su, a fatica si alza, e cerca di togliersi i capelli dal viso, che si scioglie con la rabbia dopo alcuni tentativi falliti di risistemarsi la complicata crocchia che le aveva fatto la sua tata poche ore prima; si guarda intorno, sperduta, ma comunque non impaurita, sapeva fin dalla nascita che gli spiriti dell’est sono amici, se li sai ascoltare… Chiuse gli occhi, e per la prima volta sentì di capire davvero tutte quelle lezioni che le venivano impartite sugli spiriti rashemi, iniziava a “sentire” davvero; forse non erano tutte fandonie inutili, in fondo. Dopo minuti, o forse ore, sentì un rumore alle sue spalle, estraneo alla foresta, era quasi certa non si trattasse di un animale appartenente a quel luogo; si voltò di scatto, e vide un’ombra nascondersi da un cespuglio all’altro. Era coraggiosa, ed aveva la fierezza nel sangue, come sua madre, alzò il volto senza timore:
“chi sei? Io mi chiamo Graceaga, vieni fuori”
attese alcuni secondi, ed alle sue spalle comparì un ragazzo che le sfiorò leggermente la spalla; stavolta la piccola si spaventò, e si allontanò di scatto da lui, inciampando nuovamente nell’ampia gonna che era stata costretta ad indossare. Il ragazzo scoppiò a ridere:
“ahahahah! Sembri così elegante e raffinata, e cadi a terra come un sacco di patate…” si chinò di fronte a lei, le pose la mano e fece un sorriso davvero seducente “io mi chiamo Freudithas”

Quella fuga, in seguito ad una litigata con l’halfling che m’insegnava storia, mi costò una severa sgridata da parte dei miei genitori e la reclusione nelle mie stanze per parecchi giorni, ma ne era valsa la pena.
Il mio primo amico, Freudithas, era un giovane mezz’elfo, si fa per dire dato che aveva appena compiuto 33 anni, scappato di casa, che viveva nella foresta cacciando e raccogliendo ciò che la natura gli offriva; all’inizio era lui a venire a trovarmi di notte, dato che non sapevo minimamente come uscire di casa senza farmi scoprire ma poi, verso i miei 15 anni, presi a sgattaiolare fuori dopo il tramonto, o a saltare qualche lezione, per vedermi con lui. In quello stesso periodo venni iniziata ad ethran, le lezioni si facevano sempre più dure e l’addestramento fisico mi sfiancava, stare con lui era il mio solo sfogo; mi divertivo moltissimo, gli devo tutti i bei ricordi della mia infanzia, e molto di più…lui mi regalò la mia prima chitarra.
Era uno strumento fatto a mano con legna raccolta nel bosco, che produceva un suono grezzo ma affascinante, esattamente come lui…m’insegnò a suonarla, o meglio, m’insegnò quei due accordi che sapeva fare anche lui, ed io iniziai a studiare di nascosto questo strumento che mi aveva rapito l’anima, facendolo sempre più parte di me ed imparando anche a comporre canzoni mie. Ovviamente questa pace non poteva durare per sempre.

Una ragazza di un’eleganza innata suonava una chitarra e cantava una melodia sconosciuta,mentre un mezzelfo seduto ai suoi piedi intagliava un pezzo di legno con un coltello. All’improvviso, un ruggito scosse la foresta e sentirono i passi di un grosso gruppo di uomini armati, si ritrovarono circondati da una delle squadre di berserker del padre di Graceaga, alla cui testa c’era Arian Spearthrasher, il draconide braccio destro di suo padre
“l’hai combinata grossa stavolta, signorina Graceaga” disse con tono severo, ma la ragazza seppe riconoscere uno sguardo complice attraverso l’elmo che gli cingeva il capo
“mi hanno scoperta, immagino” rispose lei rassegnata, alzandosi con stanchezza
“devi tornare a casa, ora” replicò Arian. La ragazza gli andò incontro, e salutò con un triste “ciao” l’attonito mezz’elfo, che finora si era rifiutato di credere al fatto che lei fosse una specie di principessina che doveva sottostare a mille regole.
Al tramonto, una ragazza è seduta ad un tavolo rotondo insieme ad una donna d’incredibile bellezza e ad un uomo con il viso attraversato da una cicatrice ed una pelliccia di lupo appoggiata alle spalle; il silenzio era pesante, e la ragazza non alzava gli occhi dal suo piatto, il cibo intoccato.
Fu la donna a parlare:
“dimmi Graceaga, sinceramente, da quanto va avanti tutto questo?” non sapeva cosa rispondere, se continuare a mentire o rivelare tutto quello che aveva fatto in questi anni
“rispondimi, Graceaga” intimò la madre, che stava spazientendosi. L’interpellata tentò di aprire bocca, quando un cucciolo di lupo entrò dalla porta della sala saltando sul tavolo e creando un enorme scompiglio. Il padre chiamò le guardie, che non risposero, anzi, entrò nella stanza Freudithas, trascinando i corpi di due sentinelle e gettandoli a terra; il padre estrasse subito lo spadone a due mani e si mise tra l’intruso e la sua famiglia, pronto alla lotta, ma rimase spiazzato quando il mezz’elfo s’inchinò a loro:
“li ho solo addormentati, perdonate lo scompiglio creato dal mio compagno” e con un fischio richiamò il lupacchiotto, che si sedette ubbidiente accanto a lui
“il mio nome è Freudithas Dawntracker, sono il principe ereditario del circolo druidico della Grande Valle, e vi porgo le mie scuse per aver passato del tempo con vostra figlia senza il vostro permesso.”
Graceaga era sconvolta, non sapeva che il vagabondo cacciatore che le aveva tenuto compagnia in tutto questo tempo era un principe, e per la prima volta lo vide con indosso abiti puliti e non rattoppati in mille punti, bensì una casacca porpora con raffinati ricami color oro, un mantello nero come i suoi occhi, che brillavano di determinazione come mai li aveva visti prima. Accettarono di parlare con lui, che con parole adatte e ricercate spiegò la situazione degli ultimi anni.

I miei genitori mi tennero il muso per un po’, ma alla fine accettarono di lasciarmi seguire la mia strada, e mi concessero di girare il mondo per esibirmi come barda, a patto che prima imparassi a difendermi da sola e mi facessi addestrare da Arian e Freudithas. Dopo pochi mesi, i miei doveri di ethran mi portarono a lottare contro l’orda di Tuigan che invase il mio paese…Freudithas era sempre al mio fianco, instancabile, mi proteggeva e mi appoggiava nelle mie missioni; in questo triste frangente, un ricordo piacevole è rappresentato da Re Azoun IV, reggente di Cormyr che mi presentò il mio mezz’elfo preferito. Grazie alla sua guida esperta, sterminammo senza pietà gli invasori .
Al termine della battaglia, cominciammo tutti e tre il nostro vagabondare, io, Freudithas ed Arian. Una volta vinta la soggezione nei confronti del draconide, lui ed il mezz’elfo divennero buoni amici, e quegli anni di viaggio furono tra i più piacevoli della mia vita; mi feci un nome come chitarrista e divenni abbastanza nota, il lavoro certo non mancava, ma il richiamo degli spiriti mi seguiva, era potente…
La mia magia, il mio potere, scorrevano nella musica, ma c’era ancora una parte di me, quella che era rimasta incantata ad ascoltare il bosco la prima volta che incontrai Freudithas, che non era soddisfatta di ciò che stavo facendo, e chiedeva libertà. Ne parlai con i compagni, Arian era contento di tornare a casa, e Freudithas, senza imbarazzo, mi disse che ormai gli importava solo di rimanermi accanto e, sinceramente, la cosa mi rese molto felice; tornammo finalmente ad Immilmar.
Era il 1368 quando la mia vera natura scaturì nella mia consacrazione come Hathran, avevo 24 anni; mi venne assegnata una guardia del corpo, Zack, un berserker cresciuto dalle rigide regole di mio padre, il migliore delle ultime generazioni.
Ci furono un paio di anni di intense missioni, molte che dovetti affrontare senza Freudithas, perché dovetti agire in segreto e con molto tatto, e solo a Zack veniva consentito di accompagnarmi; fu proprio in una di queste, che persi la vita.

Una donna con una maschera ed una frusta in mano, seguita da un ragazzo muscoloso armato di un lungo spadone, stanno camminando in un cunicolo stretto scavato nella roccia, umido, con insetti di ogni tipo che strisciano loro tra i piedi.
“sai quanto manca?” chiese con una voce rauca e profonda, che dava l’impressione di non essere usata molto, il guerriero “dovremmo quasi esserci, l’aria è sempre più umida e pesante, è più adatta ad un laboratorio”
Avanzarono ancora qualche metro quasi nella totale oscurità, e si fermarono di scatto quando videro dei bagliori provenire da dietro un angolo del percorso. Erano sicuramente torce, a giudicare dal colore e dal tremolio della luce, si fecero sempre più stretti alla parete e sbirciarono all’interno del laboratorio: fu un’immagine raccapricciante.
Un’immensa grotta conteneva gabbie con dentro mostri provenienti da ogni angolo del Faerûn, alcuni così rari che nessuno dei due avventurieri era in grado di ricordarne il nome, ma non solo…c’era un solar, o quello che ne rimaneva, incatenato ed appeso ad una parete, poco distante da lui e nelle sue stesse condizioni, una succube giaceva inerme priva di ali.
Al centro di tutto questo, tra gabbie enormi e minuscole provette, un essere, che di umano aveva ben poco ormai, si affaccendava indisturbato dai lamenti strazianti che lo circondavano attorno al corpo di un orco legato dalla testa ai piedi al tavolo; l’essere, il loro obiettivo, era teoricamente un essere umano, ma quello che si trovavano davanti era certamente molto lontano da quella definizione. Aveva una testa pelata dalla quale spuntavano dei tentacoli occhiuti che guardavano ogni parte della loro vittima, una magrezza innaturale, quasi scheletrica, era ricoperta in molte parti da scaglie, ad un’occhiata inesperta, “cucite” sulla pelle stessa, quelle che una volta erano state gambe, erano ora zampe artigliate verdognole ricoperte di pelo, ed una delle tre, perché erano tre, braccia, era palesemente appartenuta in passato ad un non morto; questo era il loro obiettivo: Jamnan Walben, modellacarne al servizio dei Maghi Rossi del Thay.

Per suo conto, erano state rapite moltissime creature di ogni genere nel Rashemen e non solo e dopo un’indagine più approfondita si è scoperta una serie di rapimenti orribilmente vasta; io e Zack erano lì per arrestarlo e porre fine a tutto ciò. Dopo un’analisi del laboratorio, sia magica che ad occhio, il posto non sembrava covare guardie nascoste o trappole di qualche genere, perciò ci lanciammo senza esitazione nell’antro:
“Jamnan Walben, modellacarne al servizio dei Maghi Rossi del Thay, ti dichiaro in arresto ”
Il raccapricciante scienziato si voltò, rivelando un viso corrotto dal male, con un naso enormemente sproporzionato ed un occhio, sicuramente un innesto, di diversi colore e dimensione rispetto all’altro
“Hathran, immagino” pronunciò con voce serpentina e, rivolto a Zack “e il cagnolino da guardia” il mio amico berserker era una testa calda, ma in missione sapeva essere freddo come un lupo che ha puntato la preda, e come un lupo ora lo studiava in attesa di un movimento che potesse essere sospetto o pericoloso nei miei confronti.
“consegnati a noi e, forse, non ti verrà fatto del male”
Sghignazzò e si spostò un poco, lasciando intravedere la vittima sul suo tavolo, era davvero un orco, ma aveva il ventre squarciato con gli organi scoperti, e cercava di dimenarsi inutilmente, come invano tentava di urlare, dato che, a giudicare dalla cicatrice sulla gola, gli erano state recise le corde vocali; per la prima volta, provai pietà per un orco.
Per un attimo, neanche fossimo dei pivelli alle prime armi, ci lasciammo distrarre da quell’immagine, ed il modellacarne estrasse una chiave dalla tasca e corse verso una gabbia, scostò un lembo del telo che la ricopriva, aprì la serratura e cominciò a correre ancora più velocemente verso l’uscita del laboratorio. Un solo arpeggio di chitarra, ed un “blocca mostri” gl’impedì la fuga, ma il nostro problema divenne immediatamente un altro: dalla gabbia, con un movimento a metà tra lo strisciare ed il camminare, uscì un “Rattelyr” che immediatamente spalancò le membrane ai lati della testa e spalancò la bocca, orridamente innestata di spine ossee, in un ruggito agghiacciante.

Un drago con il corpo serpentesco sta ingaggiando dura battaglia con una donna imbracciante una chitarra ed uno spadaccino tutt’altro che inesperto; una melodia paranoica, insidiosa, sembra stordire il mostro, che accoglie così senza difese due potenti affondi del berserker, ma sembra non bastare. I due avventurieri si scambiano urla, suggerimenti, la ragazza lancia un incantesimo dietro l’altro tentando di evitare l’innaturalmente spinosa coda dell’avversario, mentre il suo compare tenta di scoprire qualche punto debole lasciato scoperto dal lavoro del modellacarne.
La musicista incalza la lotta ora con una melodia potente, coinvolgente, e l’alleato sembra rinfrancato dall’incoraggiamento e combatte con nuovo vigore, vincendo con fatica lo scontro.


Ce l’avevamo fatta, Zack era distrutto, ed io avevo la mente annebbiata dallo sforzo, e con fatica portammo fuori il prigioniero all’aria aperta; lo lasciai alla guardia di Zack, ed io tornai dentro per liberare i prigionieri dai loro supplizi, per primo andai dall’orco, che perdeva molto sangue e mi sembrava l’unico ancora intero; ricordate quando dissi che avevo provato pietà per lui? Rimangio tutto.
Rimase calmo mentre lo slegavo, ma appena fu libero mi colpì in pieno stomaco con un pugno che mi fece mancare il fiato, caddi contro il tavolo da lavoro alle mie spalle e le sostanze che s’infransero a terra fecero scoppiare un incendio, io ero stesa a terra e non ero in grado di muovermi. Ricordo solo il caldo, ed il sangue di un taglio sicuramente profondo alla testa colarmi sul viso fino ad appannarmi la vista…
Mi svegliai di soprassalto, nelle mie stanze, nel mio letto, con addosso degli abiti puliti e i lunghi capelli bianchi intrecciati “bianchi?” mi chiesi, e feci per alzarmi dal letto, quando m’accorsi di un peso gravante sulle mie gambe, misi bene a fuoco, e mi accorsi che quel fardello tiepido era Freudithas, profondamente addormentato, ma non era solo. Nella sua solita posa, la spada piantata a terra e la schiena appoggiata contro, Zack sonnecchiava in un angolo della sala, Arian era pesantemente stravaccato su una poltrona con un rivolino di bava che gli colava dalla bocca; infine, mia madre era appoggiata alle spalle di mio padre, entrambi seduti su un divanetto in fondo alla camera.
Allungai una mano verso il mezz’elfo, e notai come la mia pelle, prima olivastra ed abbronzata dal sole dell’Est, fosse ora pallida come quella di un fantasma, lo scossi lievemente, si alzò di scatto, e appena mi vide urlò il mio nome e mi si gettò letteralmente addosso; tutti gli altri si svegliarono, e si fecero tutti apprensivi attorno a me, e chiesi loro cosa fosse successo; mi raccontarono di come Zack mi avesse salvata dall’incendio, e Walben era scappato approfittando della sua distrazione.
Purtroppo non era arrivato in tempo, aveva salvato solo il mio cadavere, che aveva riportato a casa, e poi era intervenuto Freudithas, reincarnandomi nel corpo di un Elfo delle Stelle: il mio nuovo nome era Calasthra.
Iniziò una nuova vita per me, mi abituai abbastanza in fretta al mio nuovo corpo, la leggerezza, la delicatezza delle mie membra mi creò alcuni problemi all’inizio, ma ancora una volta Freudithas mi era accanto, non mi abbandonò mai, ed ancora una volta gli devo tutto; successero parecchie cose, che non starò qui a narrare, ed io e lui ci sposammo, sotto la benedizione di tutti, genitori compresi.
Seguirono molti anni in cui dovetti portare la mia maschera da Hathran con ancora più attenzione, il consiglio Rashemi infatti mi riaccettò nonostante la mia nuova razza a patto che nessun estraneo venisse a saperlo, per mantenere l’aura di casta privilegiata che incutevano le Hathran all’intero Faerûn; essere un elfo delle stelle mi fu estremamente utile in numerose missioni, infatti nessuno che si aspettasse un attacco da parte del Rashemen avrebbe sospettato di un elfo.
Conobbi molti avventurieri, alcuni erano subdoli mercenari, altri ammirevolmente devoti alle loro divinità, conobbi re e regine e mi feci amica di alcuni dei migliori informatori, nonché peggiori ladri, delle principali città del nostro mondo; quello che posso davvero definire “gruppo d’avventura”, nel quale confido sia in quanto eccellenti combattenti che ottimi incantatori, è formato da:
Fu’ad Nar Nashim: umano
uno psionico farfallone bravo in battaglia quanto a provarci con ogni donna che gli capiti a tiro
Melo Conner: Halfling
esperta avanscoperta
Nianor: umano
Dopo il primo impatto traumatico con la sua specializzazione, se così possiamo definire la sua necromanzia, è un buon compagno, anche se continuo a trovare difficoltà a familiarizzare con il suo famiglio...Morto.
Albafica: elfa drow
spero solo impari ad avvisare prima di trasformarsi in un balor
Zack: umano
don't touch my zack...dice tutto
Logan: umano (sembra)
uccide, ama il sangue e rigenera...e fa anche ridere
Chandra: umana
incantatrice designata come "balia" di Logan, a volte mi dispiace per lei
__________________________________________________________________________________ Caratterialmente, Calasthra Nightsong è probabilmente la persona più lunatica che incontrerete mai nella vostra vita, in grado di passare dalla calma più piatta all’ira più profonda in pochi secondi (e dalla più seria delle ligiosità al dovere al più irritante strafottismo, ho ucciso l'italiano); tratti caratteristici sono il sarcasmo, probabilmente iscritto nel suo DNA, la permalosità, e comunque un’enorme pazienza, appresa negli anni nel trattare con le razze più disparate. In grado di confondersi negli ambienti più vari, dalle nobili sale di un sovrano ai sudici ghetti infestati dai topi, non si muove mai senza Zack, suo compagno d’avventura e confidente. Torna spesso a casa, incapace di sopportare la mancanza di suo marito, le missioni che la trattengono molto tempo lontana dal suo amato la rendono intrattabile e dispotica. Di grande carisma, è in grado sia di raggirare che di ottenere la fiducia della maggior parte della persone che incontra, grande ad una grande abilità come negoziatrice, nonostante chiunque la incontri si trovi costretto a parlare ad una maschera priva d’espressione, obbligatoria per tutte le Hathran, a meno che non siano state autorizzate a toglierla dal consiglio Rashemi; non scordiamo mai l’aura di autorità che emana in quanto strega dell’Est e capo ci un grande circolo, che spinge involontariamente le persone a considerarla degna di fiducia anche al primo incontro.
  
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