Sara
accelerò il passo. Non le piaceva camminare nelle vie adiacenti a casa
sua, quando si faceva sera. Sua madre le aveva sempre detto che “vivevano
accanto a degli squilibrati”. Come se gli squilibrati fossero strane
creature notturne che strisciavano fuori quando calavano le tenebre.
Il
buio non aveva mai spaventato Sara, ma il tono in cui sua madre le diceva di
questi fantomatici pazzi le aveva sempre fatto paura, e, per questo, si mise
quasi a correre per raggiungere il più velocemente possibile il cancelletto
di casa.
Sara
non aveva mai visto i suoi vicini. Sembrava non uscissero mai dalle loro
catapecchie, sembrava quasi preferissero osservare il mondo chiusi nelle loro
mura domestiche, nel loro angolo buio. Non sapeva esattamente perché
la loro fosse l’unica casa a sembrare “normale” in
quell’ambiente; sua madre aveva sempre giurato che il loro quartiere,
tempo addietro, era stato uno dei più esclusivi della città.
Sara
aveva 16 anni e mezzo. Aveva lunghi capelli rosso ramato e profondi occhi neri;
non assomigliava per nulla alla madre, e non aveva idea di come fosse fatto suo
padre.
-
Tesoro! –
La
voce di Marina raggiunse le orecchie di Sara non appena aprì la porta.
-
Sono viva, mamma – rispose sarcasticamente la ragazza.
-
Perché il tuo fidanzato non ti ha accompagnato fino a qui? –
-
Mamma, avrò fatto sì e no cento metri da sola. E Tom non è
il mio fidanzato –
Marina
guardò sua figlia.
-
Quando vi deciderete? –
-
Mai, mamma. Lui è il mio migliore amico, punto, non voglio più
parlarne –
-
Come sei! Sarebbe una conclusione perfetta per la vostra amicizia...va bene, va
bene, non ne parlo più. Vuoi mangiare qualcosa? –
-
No, grazie – rispose la ragazza – Ho mangiato fuori con Tom –
e si dileguò in camera per evitare di osservare il compiacimento sul viso
della madre. Quando parlava del suo migliore amico, sua madre li vedeva
già felicemente sposati, magari con un bel nipotino da coccolare, una
casa in campagna e un cane, per chiudere il bel quadretto familiare. Sara
scosse la testa: non avrebbe mai nemmeno potuto immaginare di baciare Tom,
figuriamoci sposarlo e farci un figlio...ma questo Marina non l’aveva
ancora capito, e probabilmente non l’avrebbe mai fatto. La sua
“bambina” aveva qualche problema con i ragazzi: non riusciva
assolutamente ad essere sé stessa, quando usciva con qualcuno, non
sapeva mai di che parlare, non si trovava a suo agio e nemmeno il tradizionale
bacio della buonanotte sotto casa riusciva a renderla felice. L’unico
ragazzo con cui stava bene era Tom, proprio perché con Tom sapeva di non
dover avere nessuna relazione amorosa, nessun determinato atteggiamento...con
Tom non aveva bisogno di essere un ‘altra, era lei, punto.
Sara
scosse la testa, prendendo dal comodino Il Signore degli Anelli e sdraiandosi
sul letto: quella copia del romanzo era sciupata, tante erano le volte che
l’aveva letto. Oramai lo conosceva a memoria, ma non si stancava mai di
rileggerlo, perché ogni volta riusciva a stupirsi ed a scoprire qualcosa
di nuovo. Il suo personaggio preferito era Frodo: un piccolo hobbit coraggioso che riuscì a cambiare il destino
di una terra, che si fece carico di un grosso fardello e affrontò
pericoli inimmaginabili con determinazione e forza.
Lesse
qualche pagina, ma la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò.
- Quanto dovremo
aspettare ancora? –
- Ben poco, mio
Signore, anzi, posso azzardarmi a dire che è ormai nella piena
maturità –
- Non possiamo
permetterci errori, lo capisci da te. Dobbiamo essere certi che sia pronta.
–
- E che voglia
stare dalla nostra parte –
- Questo
è scontato. Le spiegheremo, risponderemo alle sue domande...e poi, io
sono suo padre. Mi sembra un motivo già sufficiente. Non abbiamo atteso
16 anni per nulla –
- No, mio
Signore. –
- Agiremo molto
presto –
- Sì,
mio Signore – mormorò il servo, inchinandosi.
Sara
corse alla fermata del bus, ma lo perse di poco. Si fermò, ansimando
pesantemente per la fatica. Un uomo la guardò, divertito.
-
Arriverai a scuola in ritardo, signorina - le disse, sorridendo.
Sara
lo guardò. Quel viso le era familiare: le ricordava qualcuno, qualcuno
che le sembrava di conoscere ma che non aveva mai visto. L'uomo la stava
scrutando, provocandole una strana sensazione di disagio. Sara, comunque, gli
rispose scherzosamente.
- A
scuola sono ormai abituati ai miei ritardi, non riesco mai a prepararmi in
tempo -
-
Sei proprio come me - rispose l'uomo - Non sai quante note ho preso per via
della mia lentezza nel prepararmi -
Sara
gli sorrise e prese il libro di letteratura inglese dallo zaino. L'uomo
però tornò a rivolgersi a lei: - Che cosa state studiando a
scuola? Coleridge, Blake, Jane Austen...
-
-
Li abbiamo già fatti. Ora stiamo analizzando le opere di Oscar Wilde -
-
Ah, il mio autore preferito. A te piace? -
La
ragazza si costrinse a non insospettirsi, e si disse semplicemente che l'uomo
voleva solo essere gentile e fare conversazione.
-
Sì, molto – rispose secca, sperando che l’uomo capisse che
non aveva molta voglia di parlare.
-
Apprezzo davvero le sue opere teatrali, assolutamente godibili e divertenti.
È un uomo assolutamente geniale, pieno di spirito –
-
Sì, ma io preferisco Il ritratto di Dorian Gray o il De Profundis…
è lì che riesco a capire chi è veramente Wilde –
-
Certamente, sono d’accordo - . L’uomo sorrise pensieroso e,
finalmente, cadde il silenzio. Sara si immerse nel libro di testo, e, dopo
pochi minuti, arrivò l’autobus. La ragazza salì e si
voltò.
-
Arrivederci, e grazie per la piacevole chiacchierata – disse
l’uomo, amabile.
-
Arrivederci – rispose Sara, e le porte si chiusero.
-
Chissà che voleva - le disse Tom, quando lei gli raccontò
dell'uomo - Forse era semplicemente un tipo molto solo a cui andava di
scambiare quattro chiacchiere con qualcuno -
-
Probabilmente sì... Ma mi guardava in modo strano. Mi ha messo a disagio
-
Tom
bevve un sorso di Sprite e sorrise.
-
Magari hai fatto colpo -
-
Certo, e oggi prenderò 10 nell'interrogazione! Come cavolo fai a bere
quella roba di prima mattina io non lo so - rispose Sara.
- E
non cambiare sempre argomento! -
- E
tu smettila! Lo sai che mi da fastidio -
Tom
fece una smorfia e si mise a fare i compiti di matematica. Quando qualcuno
iniziava a parlare di ragazzi, Sara andava nel panico più totale. Non
riusciva a parlarne nemmeno con Tom, anche perché era sicura che lui
provasse qualcosa per lei. Lui comunque non aveva mai detto o fatto qualcosa di
esplicito, e Sara cercava di dimenticarselo. "Mia madre, Tom, le mie
compagne non capiscono... Ma deve per forza interessarmi qualcuno? Devo per
forza interessare a qualcuno?" pensò.
"Volendo
guardare, comunque, qualcuno che mi interessa c'è...". Il pensiero,
inizialmente, l'aveva turbata, ma in qualche modo le aveva fatto capire che
c'erano persone capaci di suscitare il suo interesse... Ma quelle persone si
chiamavano Alice, Marta, Camilla,
non Marco, Diego o... Tom. Nel suo particolare caso, le interessava una
ragazza di nome Stefania, che frequentava il quinto anno. Non sapeva
perché il suo interesse era ricaduto su di lei, ma si era spesso
sorpresa a guardarla, e, altrettanto spesso, i loro sguardi si erano incontrati.
Era il loro gioco segreto, niente di più, secondo Sara. "Non
scambierò mai mezza parola con lei", pensò. Stefania aveva
lunghi capelli castano scuro, che, sotto il sole, si illuminavano di riflessi
ramati, aveva gli occhi azzurri, ma talvolta sembravano anche verdi e anche
gialli, una bocca piena, carnosa, un corpo ben proporzionato, giusto; era molto
bella. Sara non sapeva che cosa le piacesse tanto, ma ogni volta che la
guardava, sentiva una piacevole fitta stringerle lo stomaco.
- Sara?
Ci sei? -. Tom agitò la sua mano davanti al volto della ragazza. - Cosa
guardavi? -
-
Oh, scusa, stavo pensando
all'interrogazione di oggi e mi sono distratta - mentì,
riprendendo in mano il libro. Tom non disse nulla, e iniziò a
giocherellare con la piccola pietra nera che portava al collo, un regalo di suo
padre. Lo faceva sempre quando era nervoso, o agitato.
-
Che hai? – gli chiese.
-
Oh, nulla – rispose lui, con un’alzata di spalle. Il suo tono di
voce lasciava intendere tutt’altro, ma la ragazza decise di non insistere.
La
campanella suonò, e i due ragazzi entrarono in classe.
-
Sei stata grande! –
- Grazie, Tom – disse Sara, sorridendo al ragazzo. Era
l’intervallo, e loro stavano andando al bar.
- Ci è rimasta veramente male, la prof! Il primo 9 che mette in tutto
l’anno… wow –
- Non è stato così difficile. Avevo studiato tanto, e mi piaceva
l’argomento –
- Quando ti sei messa a parlare di Basi… Bosi… -
- Bosie – lo corresse la ragazza.
- Quello, sì, insomma… aveva gli occhi
fuori dalle orbite! Ah! –
Sara guardò il suo migliore amico, e vide che aveva un’espressione
trionfante sul volto. Era davvero felice per lei. “Dovrò parlare
con lui… non voglio perderlo, ma non voglio
nemmeno che soffra per niente”.
-
Ehi, attenzione!-. Sara sentì prima l’urlo di Tom e, dopo un
secondo, un liquido freddo le bagnò completamente la maglietta.
Alzò la testa e si trovò Stefania a poca distanza da lei.
- Oddio, scusa! – disse la ragazza – Ma ero distratta…
-
Sara rimase per un attimo pietrificata. Questa era la prima volta che la
ragazza si rivolgeva a lei. “E che circostanza interessante!”
pensò.
- Oh, tranquilla, anche io ero distratta, non ci ho fatto caso…
- si giustificò Sara, toccando l’indumento, ormai appiccicoso e
fastidioso. Notò inoltre che era anche diventato trasparente.
Tom stava ancora ridendo. – Una doccia di Coca Cola è quello che
ci vuole con questo caldo, mh? –
- Zitto, stupido – lo ammonì Sara, ridendo. Stefania buttò
via la lattina e la prese per un braccio.
- Senti, andiamo in bagno, ti aiuto a pulire questo disastro! –
Sara si lasciò condurre da lei, ammutolita. “Questo è un
passo in avanti non indifferente. Forza, Sara, fatti coraggio e non fare la
figura dell’idiota”
Le due ragazze entrarono in bagno. Stefania si voltò e sorrise.
- Non so esattamente come aiutarti… comunque,
io mi chiamo Stefania –
- Io sono Sara. Penso che dovrò solamente resistere fino alla fine delle
lezioni, poi correre a casa e infilarla nella lavatrice –
- Mi dispiace sul serio, sono veramente un danno – si scusò lei,
poi la guardò intensamente – Però sono contenta, almeno ci
siamo presentate. Ti ho notata, sai. Sei veramente bella –
Sara
sentì il suo cuore perdere un battito.
-
Scusa se sono così diretta, ma sono abituata a non girare troppo intorno
alle cose – continuò Stefania, sorridendo – Aspetto che tu
dica qualcosa, così saprò come comportarmi in futuro. Mi
piacerebbe decisamente conoscerti meglio…
–
E Sara
la baciò.