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Autore: hermy88    06/07/2010    4 recensioni
Sara è una ragazza di 16 anni che vive sola con la madre. Non ha mai conosciuto suo padre, ma scoprirà ben presto la sua identità... e la sua vita cambierà radicalmente. Provo a scrivere una storia tutta mia. Il titolo non è definitivo, la storia non è ancora ben definita, ma spero che le mie idee si chiariranno presto. Posto questo primo capitolo per avere qualche parere e opinione, ho bisogno di critiche, consigli e pareri per andare avanti nella mia impresa...
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sara accelerò il passo. Non le piaceva camminare nelle vie adiacenti a casa sua, quando si faceva sera. Sua madre le aveva sempre detto che “vivevano accanto a degli squilibrati”. Come se gli squilibrati fossero strane creature notturne che strisciavano fuori quando calavano le tenebre.

Il buio non aveva mai spaventato Sara, ma il tono in cui sua madre le diceva di questi fantomatici pazzi le aveva sempre fatto paura, e, per questo, si mise quasi a correre per raggiungere il più velocemente possibile il cancelletto di casa.

Sara non aveva mai visto i suoi vicini. Sembrava non uscissero mai dalle loro catapecchie, sembrava quasi preferissero osservare il mondo chiusi nelle loro mura domestiche, nel loro angolo buio. Non sapeva esattamente perché la loro fosse l’unica casa a sembrare “normale” in quell’ambiente; sua madre aveva sempre giurato che il loro quartiere, tempo addietro, era stato uno dei più esclusivi della città.

Sara aveva 16 anni e mezzo. Aveva lunghi capelli rosso ramato e profondi occhi neri; non assomigliava per nulla alla madre, e non aveva idea di come fosse fatto suo padre.

- Tesoro! –

La voce di Marina raggiunse le orecchie di Sara non appena aprì la porta.

- Sono viva, mamma – rispose sarcasticamente la ragazza.

- Perché il tuo fidanzato non ti ha accompagnato fino a qui? –

- Mamma, avrò fatto sì e no cento metri da sola. E Tom non è il mio fidanzato –

Marina guardò sua figlia.

- Quando vi deciderete? –

- Mai, mamma. Lui è il mio migliore amico, punto, non voglio più parlarne –

- Come sei! Sarebbe una conclusione perfetta per la vostra amicizia...va bene, va bene, non ne parlo più. Vuoi mangiare qualcosa? –

- No, grazie – rispose la ragazza – Ho mangiato fuori con Tom – e si dileguò in camera per evitare di osservare il compiacimento sul viso della madre. Quando parlava del suo migliore amico, sua madre li vedeva già felicemente sposati, magari con un bel nipotino da coccolare, una casa in campagna e un cane, per chiudere il bel quadretto familiare. Sara scosse la testa: non avrebbe mai nemmeno potuto immaginare di baciare Tom, figuriamoci sposarlo e farci un figlio...ma questo Marina non l’aveva ancora capito, e probabilmente non l’avrebbe mai fatto. La sua “bambina” aveva qualche problema con i ragazzi: non riusciva assolutamente ad essere sé stessa, quando usciva con qualcuno, non sapeva mai di che parlare, non si trovava a suo agio e nemmeno il tradizionale bacio della buonanotte sotto casa riusciva a renderla felice. L’unico ragazzo con cui stava bene era Tom, proprio perché con Tom sapeva di non dover avere nessuna relazione amorosa, nessun determinato atteggiamento...con Tom non aveva bisogno di essere un ‘altra, era lei, punto.

Sara scosse la testa, prendendo dal comodino Il Signore degli Anelli e sdraiandosi sul letto: quella copia del romanzo era sciupata, tante erano le volte che l’aveva letto. Oramai lo conosceva a memoria, ma non si stancava mai di rileggerlo, perché ogni volta riusciva a stupirsi ed a scoprire qualcosa di nuovo. Il suo personaggio preferito era Frodo: un piccolo hobbit coraggioso che riuscì a cambiare il destino di una terra, che si fece carico di un grosso fardello e affrontò pericoli inimmaginabili con determinazione e forza.

Lesse qualche pagina, ma la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò.

 

- Quanto dovremo aspettare ancora? –

- Ben poco, mio Signore, anzi, posso azzardarmi a dire che è ormai nella piena maturità –

- Non possiamo permetterci errori, lo capisci da te. Dobbiamo essere certi che sia pronta. –

- E che voglia stare dalla nostra parte –

- Questo è scontato. Le spiegheremo, risponderemo alle sue domande...e poi, io sono suo padre. Mi sembra un motivo già sufficiente. Non abbiamo atteso 16 anni per nulla –

- No, mio Signore. –

- Agiremo molto presto –

- Sì, mio Signore – mormorò il servo, inchinandosi.

 

Sara corse alla fermata del bus, ma lo perse di poco. Si fermò, ansimando pesantemente per la fatica. Un uomo la guardò, divertito.

- Arriverai a scuola in ritardo, signorina - le disse, sorridendo.

Sara lo guardò. Quel viso le era familiare: le ricordava qualcuno, qualcuno che le sembrava di conoscere ma che non aveva mai visto. L'uomo la stava scrutando, provocandole una strana sensazione di disagio. Sara, comunque, gli rispose scherzosamente.

- A scuola sono ormai abituati ai miei ritardi, non riesco mai a prepararmi in tempo -

- Sei proprio come me - rispose l'uomo - Non sai quante note ho preso per via della mia lentezza nel prepararmi -

Sara gli sorrise e prese il libro di letteratura inglese dallo zaino. L'uomo però tornò a rivolgersi a lei: - Che cosa state studiando a scuola? Coleridge, Blake, Jane Austen... -

- Li abbiamo già fatti. Ora stiamo analizzando le opere di Oscar Wilde -

- Ah, il mio autore preferito. A te piace? -

La ragazza si costrinse a non insospettirsi, e si disse semplicemente che l'uomo voleva solo essere gentile e fare conversazione.

- Sì, molto – rispose secca, sperando che l’uomo capisse che non aveva molta voglia di parlare.

- Apprezzo davvero le sue opere teatrali, assolutamente godibili e divertenti. È un uomo assolutamente geniale, pieno di spirito –

- Sì, ma io preferisco Il ritratto di Dorian Gray o il De Profundis… è lì che riesco a capire chi è veramente Wilde –

- Certamente, sono d’accordo - . L’uomo sorrise pensieroso e, finalmente, cadde il silenzio. Sara si immerse nel libro di testo, e, dopo pochi minuti, arrivò l’autobus. La ragazza salì e si voltò.

- Arrivederci, e grazie per la piacevole chiacchierata – disse l’uomo, amabile.

- Arrivederci – rispose Sara, e le porte si chiusero.

 

- Chissà che voleva - le disse Tom, quando lei gli raccontò dell'uomo - Forse era semplicemente un tipo molto solo a cui andava di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno -

- Probabilmente sì... Ma mi guardava in modo strano. Mi ha messo a disagio -

Tom bevve un sorso di Sprite e sorrise.

- Magari hai fatto colpo -

- Certo, e oggi prenderò 10 nell'interrogazione! Come cavolo fai a bere quella roba di prima mattina io non lo so - rispose Sara.

- E non cambiare sempre argomento! -

- E tu smettila! Lo sai che mi da fastidio -

Tom fece una smorfia e si mise a fare i compiti di matematica. Quando qualcuno iniziava a parlare di ragazzi, Sara andava nel panico più totale. Non riusciva a parlarne nemmeno con Tom, anche perché era sicura che lui provasse qualcosa per lei. Lui comunque non aveva mai detto o fatto qualcosa di esplicito, e Sara cercava di dimenticarselo. "Mia madre, Tom, le mie compagne non capiscono... Ma deve per forza interessarmi qualcuno? Devo per forza interessare a qualcuno?" pensò.

"Volendo guardare, comunque, qualcuno che mi interessa c'è...". Il pensiero, inizialmente, l'aveva turbata, ma in qualche modo le aveva fatto capire che c'erano persone capaci di suscitare il suo interesse... Ma quelle persone si chiamavano Alice, Marta, Camilla,  non Marco, Diego o... Tom. Nel suo particolare caso, le interessava una ragazza di nome Stefania, che frequentava il quinto anno. Non sapeva perché il suo interesse era ricaduto su di lei, ma si era spesso sorpresa a guardarla, e, altrettanto spesso, i loro sguardi si erano incontrati. Era il loro gioco segreto, niente di più, secondo Sara. "Non scambierò mai mezza parola con lei", pensò. Stefania aveva lunghi capelli castano scuro, che, sotto il sole, si illuminavano di riflessi ramati, aveva gli occhi azzurri, ma talvolta sembravano anche verdi e anche gialli, una bocca piena, carnosa, un corpo ben proporzionato, giusto; era molto bella. Sara non sapeva che cosa le piacesse tanto, ma ogni volta che la guardava, sentiva una piacevole fitta stringerle lo stomaco.

- Sara? Ci sei? -. Tom agitò la sua mano davanti al volto della ragazza. - Cosa guardavi? -

- Oh, scusa, stavo pensando  all'interrogazione di oggi e mi sono distratta - mentì, riprendendo in mano il libro. Tom non disse nulla, e iniziò a giocherellare con la piccola pietra nera che portava al collo, un regalo di suo padre. Lo faceva sempre quando era nervoso, o agitato.

- Che hai? – gli chiese.

- Oh, nulla – rispose lui, con un’alzata di spalle. Il suo tono di voce lasciava intendere tutt’altro, ma la ragazza decise di non insistere.

La campanella suonò, e i due ragazzi entrarono in classe.

 

- Sei stata grande! –
- Grazie, Tom – disse Sara, sorridendo al ragazzo. Era l’intervallo, e loro stavano andando al bar.
- Ci è rimasta veramente male, la prof! Il primo 9 che mette in tutto l’anno… wow –
- Non è stato così difficile. Avevo studiato tanto, e mi piaceva l’argomento –
- Quando ti sei messa a parlare di Basi… Bosi… -
- Bosie – lo corresse la ragazza.
- Quello, sì, insomma… aveva gli occhi fuori dalle orbite! Ah! –
Sara guardò il suo migliore amico, e vide che aveva un’espressione trionfante sul volto. Era davvero felice per lei. “Dovrò parlare con lui… non voglio perderlo, ma non voglio nemmeno che soffra per niente”.

- Ehi, attenzione!-. Sara sentì prima l’urlo di Tom e, dopo un secondo, un liquido freddo le bagnò completamente la maglietta. Alzò la testa e si trovò Stefania a poca distanza da lei.
- Oddio, scusa! – disse la ragazza – Ma ero distratta… -
Sara rimase per un attimo pietrificata. Questa era la prima volta che la ragazza si rivolgeva a lei. “E che circostanza interessante!” pensò.
- Oh, tranquilla, anche io ero distratta, non ci ho fatto caso… - si giustificò Sara, toccando l’indumento, ormai appiccicoso e fastidioso. Notò inoltre che era anche diventato trasparente.
Tom stava ancora ridendo. – Una doccia di Coca Cola è quello che ci vuole con questo caldo, mh? –
- Zitto, stupido – lo ammonì Sara, ridendo. Stefania buttò via la lattina e la prese per un braccio.
- Senti, andiamo in bagno, ti aiuto a pulire questo disastro! –
Sara si lasciò condurre da lei, ammutolita. “Questo è un passo in avanti non indifferente. Forza, Sara, fatti coraggio e non fare la figura dell’idiota”
Le due ragazze entrarono in bagno. Stefania si voltò e sorrise.
- Non so esattamente come aiutarti… comunque, io mi chiamo Stefania –
- Io sono Sara. Penso che dovrò solamente resistere fino alla fine delle lezioni, poi correre a casa e infilarla nella lavatrice –
- Mi dispiace sul serio, sono veramente un danno – si scusò lei, poi la guardò intensamente – Però sono contenta, almeno ci siamo presentate. Ti ho notata, sai. Sei veramente bella –

Sara sentì il suo cuore perdere un battito.

- Scusa se sono così diretta, ma sono abituata a non girare troppo intorno alle cose – continuò Stefania, sorridendo – Aspetto che tu dica qualcosa, così saprò come comportarmi in futuro. Mi piacerebbe decisamente conoscerti meglio…

E Sara la baciò.

 

   
 
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