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Autore: Persychan    07/07/2010    1 recensioni
Romania era sempre circondata dal sangue, ma quella era ormai una visione familiare.
"Ho amato un solo uomo nella mia esistenza, lo stesso che divenne famoso con il nome di Vlad l'Impalatore. Spero che questo ti sia sufficientemente chiaro."

1. Di rosso, di carminio e di scarlatto. Russia l’ha sentito: un tintinnio, le grida e un rumore sordo, lo stesso che riempie le orecchie dei macellai.
[Russia e Romania. Rivoluzione rumena]
2. Affascinante melodia. Il fascino è tutto ciò che ti fa vibrare l’anima ad ogni sua parola e che ti fa bramare ogni suo gesto senza interessarti quale esso sia. Il fascino è ciò che ti fa desiderare di cavare gli occhi al mondo in modo che nessun possa vederlo perché sai che se ciò accadesse altri lo vedrebbero come lo vedi tu. No?”
[AustriaxUngheria - RomaniaxUngheria. Presenza di shoujo-ai]
3. Mia sorella non mangia mai. "Un’altra vittima - l’ennesima, ma non l’ultima - prese il suo posto e, ancora una volta, la lama tagliò e sminuzzò con fredda precisione chirurgica mossa da dita crudeli."
[Romania e Moldavia]
4. Una breve primavera - Il peso delle dita. [..]Slovacchia avrebbe voluto poter smettere di sorridere e piangere perché anche se lei era forte non poteva vincere contro tutti loro e Praga sarebbe stata inondata di sangue.
[Slovacchia, Repubblica Ceca, Russia, Romania]
[OC!Romania]
Genere: Dark, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Russia/Ivan Braginski, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Titolo: Una breve primavera - Il peso delle dita
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi/Pairings: Slovacchia (Oc della Slovacchia, all'epoca parte della Repubblica Socialista Cecoslovacca), , Ivan Braginski (Russia), Romania (Oc della Romania) + nominati Boemia/Repubblica Ceca (Oc della Repubblica Ceca all'epoca parte della Repubblica Socialista Cecoslovacca), Moldavia (Oc della Moldavia).
Rating: verde/giallo ma solo perchè i personaggi trattati non sono dei più sani.
Riassunto: La Primavera di Praga, l'Armata rossa e i cingoli dei carri armati. E, tra i sì, un no.
Note: - Basata sugli avvenimenti della Primavera di Praga alla cui repressione, da parte dei membri del Patto di Varsavia, la Romania non partecipò. Infatti, all'epoca, pur continuado ad essere sottomessa ai dettami di Mosca, era economicamente slegato dall'Urss ed era l'unico paese della cortina di ferro a mantenere i contatti con i paesi dell'Europa Occidentale.
- Non betata.
- Scritta per la Criticombola con prompt: 66 "Perché dovrei farlo io al posto tuo?"



Una breve primavera 
Il peso delle dita


Seduta su uno sgabello alto quasi quanto lei, Slovacchia faceva dondolare le gambe, i cui piedini, racchiuse in scomode scarpe bianche, neppure toccavano il suolo. Sorrideva, come lui gli aveva ordinato, eppure le tracce salate delle lacrime ancora segnavano il suo viso e la  colpa di tutto ciò era la sedia che svettava vuota al proprio fianco.
“Non credi anche tu che un comportamento del genere vada punito?”
Slovacchia credeva in molte cose: che lì facesse troppo freddo, che il suo posto non fosse quello - avrebbe dovuto essere a Praga, con lei, in quella breve primavera - e che ad Ungheria non stesse per niente bene quella divisa e neppure a lei, ma ne sapeva soltanto una: aveva paura, tanta, troppa da non respirare, da non poter parlare eppure doveva, assolutamente rispondere o lui si sarebbe arrabbiato e allora la paura sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.
“Ma lei...”
Lui sorrise e Slovacchia si ritrovò a tremare seduta, instabile, sullo sgabello perché quando era infuriato sapevi quello che dovevi fare - arrenderti, cadere in ginocchio e aspettare il dolore - invece quando appariva felice non potevi prevedere da quale parte sarebbe giunto il colpo. Lui rifece la domanda una, più volte, fino a quando nella stanza non salì un generale - prevedibile - mormorio d’assenso: in fondo non sarebbe stata la loro pelle quella segnata dai cingoli dei carri armati, ne sarebbe stato il loro cuore ad essere dilaniato da ogni vittima - da ogni martire.
Solo una voce rimase in silenzio, ma lui neppure se ne accorse: erano così tanti a quel tavolo.
Forse troppi.
“Una condotta simile è un pericolo per tutti noi, vi chiedo quindi, amici, compagni, di aiutarmi a correggere tale atteggiamento della nostra compagna affinché questi non si diffonda come un virus letale.”
La sua non era una domanda, ma risposero tutti - chi rassegnato, chi mormorando appena tra le labbra martoriate, chi sputandola con sprezzo come fosse il più terribile dei veleni - con un “sì”, Slovacchia avrebbe voluto poter smettere di sorridere e lasciarsi andare finalmente alle lacrime perché anche se lei era forte non poteva vincere contro tutti loro e Praga sarebbe stata inondata di sangue.
“No.”
Quasi se la perse quell’unica sillaba che tanto aveva desiderato sentire, nascosta tra i borbottii altrui e le lacrime che tentava di trattenere, ma lui no. Un attimo dopo, infatti, era davanti a quella sedia con le dita guantate di rosso ad un soffio da quel collo bianchissimo – di un candore malato di chi ormai non è più in vita – mentre quella, Romania, lo guardava indifferente.
Romania era immobile, neppure un fremito in quegli occhi color miele come se il peso - la minaccia - di quella mano - di quell’Armata - neppure esistesse, al punto da insinuare il dubbio che un’entità così quieta fosse veramente la fautrice di un’eresia simile a quella di opporsi a lui.
“Dicevi?”
Il braccio di Romania si alzò e nella stanza calò il silenzio, mentre con un gesto calmo, stranamente languido, spostava la mano di lui lontano dal proprio collo.
Slovacchia sbiancò: un’altra ribellione! No, lui si sarebbe arrabbiato, si sarebbe arrabbiato talmente tanto da non farsi bastare più il sangue, ma avrebbe chiesto carne, sangue e anime! Tremando Slovacchia aspettò le conseguenze e i sorrisi, ma non arrivò niente se non la riposta di Romania.
“Dicevo di no, semplicemente perché non trovo un motivo per agire in modo contrario. Cosa faccia o non faccia Boemia non è di mio interesse. Se invece per lei, signor Russia, è diverso sono certo potrà fare a meno del mio aiuto.”
Per un attimo Slovacchia fu certa di vedere la pazzia percorrere quegli occhi crudeli - eppure bellissimi e affascinanti come diceva sempre lei per ricordarle in che modo fossero finite sotto quella crudele cortina - e specchiarsi in polle ambrate altrettanto folli, ma fu solo un istante e poi lui riprese a sorridere.
“Capisco, immagino che la sua situazione ti ricordi la tua e quella della piccola Moldavia…”
La dolce Moldova, con cui Slovacchia ricordava di aver giocato quando erano ancora poche le stagioni che avevano visto scorrere, sedeva alcuni posti più in là in braccio ad Ucraina come una di quelle bambole di porcellana dai tratti troppo vividi e gli occhi troppo spenti, ignara - forse - di ciò che stava accadendo.
“Le posso assicurare, signor Russia, che se così fosse la situazione sarebbe molto meno pacifica - si spostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio gettando appena un'occhiata, come se non fosse importante, alla sorella - semplicemente non trovo alcuna motivazione per la quale dovrei intervenire. Rispetto il Patto, ma non intendo impegnarmi in operazioni ulteriori. E in fondo è lei quello a cui interessa che Boemia torni a casa -e Slovacchia si chiese come si potesse chiamare così quel dedalo di stanze bianche e gelide - che se ne occupi lei, signor Russia. Perché dovrei farlo io al posto suo?"
Fu allora che Romania si alzò facendo frusciare la gonna - perché nonostante tutto lui non era riuscito a non fargliela indossare - e Slovacchia si ritrovò a sorriderle veramente, non come era costretta a fare: qualcuno si ricordava di loro e di quanto fosse terribile il peso dei cingoli sulla pelle o gli spari che rimbombavano nelle orecchie, qualcuno non aveva scordat...
"E sinceramente, signor Russia, non trovo alcun piacere nell'uccidere degli inermi. Se non si dibattono nella lotta non c'è gusto."
E così uscì.
Lui sorrise: non c'era alcuna ribellione da quella parte - almeno per ora - solo il lieve tintinnare delle catene, giusto per ricordare ad entrambi che anche se ora era lì non voleva dire che ci sarebbero state per sempre.

"Divertente - la sua risata salì riempiendo la sala, rimbombando per le pareti per poi spegnersi, inaspettatamente, nel silenzio - Lituania portami della vodka, presto ci sarà un ritorno a casa. Dobbiamo festeggiare."
Lui sorrise di nuovo e poi ancora e ancora, mentre i piani si faceva più precisi e i carri armati più vicini, mentre Slovacchia avrebbe soltanto voluto piangere e lavare via con le lacrime il sangue di Praga.
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Sì, Romania non fa paura solo a voi, è normale. Slovacchia mi fa molta pena e questo non è un bene per lei - tendo a fare del male alle cose che mi fanno pena...
Nient'altro da aggiungere se non che spero vi piaccia. E ricordatevi i commenti sono AMORE ^-^

Edit: questo "capitolo" è stato più o meno pesantemente risistemato visto che vi era la presenza di numerosi errori o, per meglio dire, frasi poco scorrevoli. Inizialmente avevo pensato di modificare soltanto, ma poi mi sono resa conto che alcune frasi avevano subito dei cambiamenti sostanziali e che quindi la fic in alcuni punti è effettivamente diversa, per tale motivo ho preferito ripubblicarlo direttamente.

Ah, nel caso non si fosse capito il lei e il lui in corsivo di si riferiscono rispettivamente a Beomia (alias l'attuale repubblica Ceca) e a Russia.
   
 
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