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Autore: PattyOnTheRollercoaster    07/07/2010    1 recensioni
Questa storia parla di me. Di Ray. Di Gerard e Bob. Di Mikey e di Frank. Parla anche di Lyn, di Alicia, di Brian e di Jamia. Parla di un bambino. E parla di un padre. Ma soprattutto, parla di cambiamenti. Dei cambiamenti che arrivano imprevisti, e che capovolgono il mondo intero di una persona. Questa storia parla di me, e dei miei amici. E di come abbiamo passato assieme il tempo che avevamo...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16.My Beautiful creature is gone

Ci sono cose ben peggiori della morte. Se hai passato una serata con un assicuratore, sai esattamente di che cosa parlo.
Woody Allen

Ray.
Eravamo tutti a casa di Frank e c’era anche Jamia, però lei, in modo molto diplomatico, ci aveva lasciati da soli a chiacchierare. Stavamo ancora discutendo del tour, perché ancora non avevamo scelto una band che ci facesse da supporto. Qualcuno aveva proposto di scegliere una piccola band, quelle che suonano solo a livello locale. Avremmo potuto dare un’opportunità a qualche musicista, e questo non mi dispiaceva per niente.
“Sarebbe una buonissima idea. Sentite … potremmo fare una specie di … provino. Ci sono tante persone che meritano di essere ascoltate” disse Frank.
“Si, sarebbe buono” dissi io.
Mikey scosse la testa. “Secondo me Brian ci ucciderà se lo facciamo. Per fare dei provini ci vuole organizzazione, ci vogliono pubblicità e soldi”.
“D’accordo niente provini, andiamo ai concerti. Vediamo i gruppi direttamente dal vivo, così sappiamo già se sono bravi a suonare live, e se sono dei buoni intrattenitori per il pubblico”.
“E’ una buona idea. Da queste parti ci sono sempre tantissimi concerti di piccole band” osservò Gerard.
“E poi così andiamo ai concerti” disse Bob alzando le spalle.
“No, aspettate. Non dobbiamo mica andare a divertirci” disse Mikey.
“Ma si, mica facciamo casino” disse Frank. Al che io lo guardai scettico. “Che c’è?” mi chiese lui allargando le braccia.
“L’ultima volta che che sei andato ad un concerto hai …”.
“Va bene ho capito. Non finire la frase! Non vado più in prigione … adesso” borbottò.
Squillò il telefono di casa e sentimmo Jamia dalla cucina urlare: “Vado io!”.
“E se, ipoteticamente, non trovassimo nessuna band adatta?” chiese Mikey.
“Oh ma va! Ce ne sarà una, no?” disse Bob.
“Però ha ragione. Questo è un tour mondiale, non possiamo scegliere così a caso. Dobbiamo anche dirlo a Brian, se la casa discografica non è d’accordo non se ne farà nulla. Per non contare che dovranno anche sponsorizzare almeno un po’ la band, come fanno di solito” disse Gerard.
“Ma se scelgono loro sarà solo una questione commerciale allora” osservò Bob.
“Tutto è una questione commerciale” dissi. “In fondo è la casa discografica che finanzia, ci dovranno pur guadagnare qualcosa”.
Eravamo in salotto e stavamo dando fondo ad una bottiglia di coca cola da due litri. Frank alzò la testa all’improvviso, perché Jamia era ferma alla porta d’entrata, pallida come un cadavere e con il viso sconvolto.
Frank si alzò di scatto e la raggiunse. “Che cosa è successo?” chiese in un sussurro preoccupato, che nel silenzio generale si udì benissimo. Jamia sussurrò qualcosa all’orecchio di Frank che non riuscimmo a sentire. Cominciammo a scambiarci sguardi preoccupati. Frank guardò Jamia con un misto di incertezza e incredulità. Scambiarono ancora qualche parola e poi tornarono da noi.
“Cos’è successo?” chiese Gerard.
Il labbro di Jamia tremò, e disse con voce flebile e acuta: “MJ ha fatto un’incidente in macchina”.
Quelle improbabili parole rimasero sospese nell’aria, e nessuno parlò, né emise un fiato. L’unica cosa che avvertivo con forza era un vento insistente e freddo che era entrato dalla finestra. Mi gelava le vene, e ghiacciava il sangue che vi scorreva dentro. Il mio cuore batteva sempre più forte, sempre più rumoroso e caldo.
Jamia continuò. “Hanno chiamato prima suo padre, che gli ha detto di avvisarti Ray, ma siccme a casa non c’eri hanno lasciato detto che eri qui”.
Scese ancora il silenzio. Poi mi arrabbiai: che cazzo voleva dire?! Mi alzai e mi avviai verso la cucina, prendendo il cellulare. Doveva esserci qualche grossa incomprensione. Non era possibile, tutto qui. Telefonai al cellulare di MJ ma era non raggiungibile. Riprovai, sempre più svelto e impaziente. Camminavo avanti e indietro per la cucina di Frank, e intravidi che gli altri si erano ammassati sulla porta per guardarmi.
Provai. Provai e riprovai. Ma era sempre spento.
Senza nemmeno capire che cosa facevo buttai il telefono a terra, in un moto di rabbia. Rabbia incontrollata! La sentivo bruciare, nel petto e nella pancia. Scioglieva il ghiaccio che si era formato nelle vene, e mi faceva scottare la testa e gli occhi.
Mi sedetti su una sedia e presi a respirare forte. Era come se avessi corso. Non riuscivo a capire neanche quello che era successo: era come una consapevolezza vaga ma insita in me, nel fondo dell’anima.
Era successo per davvero? Sembrava incredibile. Queste cose di solito accadono agli sconosciuti. A gente che vedi al telegiornale, ma anche volendo non riesci a provare più di un blando dispiacere, perché in fondo non conosci quelle persone. Sembra che queste cose accadano solo agli altri, per questo quando capita a uno di noi, o a noi stessi, tutto quanto è sempre surreale. E la realtà prende contorni imprecisi, e vaghi.
Solo un cosa mi era chiara in quel momento: stavo per scoppiare, e se non avessi fatto qualcosa sarei di sicuro morto o sarei impazzito.
Sentii che qualcuno si sedeva al mio fianco e mi abbracciava. Non so chi, non so se l’abbraccio fu lungo, fu caloroso, fu sincero. So solo che non risposi all’abbraccio, e quella persona si staccò da me. Gli riservai la stessa importanza che avrei potuto riservare ad una formica.
Ecco, quello era l’esempio lampante che Jamia diceva la verità: la gente tentava di consolarmi. MJ era morta. In un incidente d’auto. Non l’avrei mai più rivista, né il suo viso, né avrei respirato il suo odore, né avrei toccato la sua pelle liscia e morbida. Non avrei più potuto baciare la sua labbra dolci. Sentire la sua mano nella mia. Guardarla negli occhi. Non avremmo mai più parlato o riso, o guardato assieme a la tv la sera tardi. Non avrei più potuto ascoltare il suo respiro ritmico e rassicurante al mio fianco la notte, il respiro che mi cullava e mi faceva sentire bene.
Quello fu il momento in cui me ne convinsi.
E feci un respiro più profondo degli altri. Non riuscivo nemmeno a piangere.
Il resto della giornata è solo un ricordo nebuloso. Nei miei pensieri parlavo con MJ, le chiedevo com’era andata con suo padre e lei rispondeva sorridendo bene!, le chiedevo se si era ricordata del regalo che voleva fargli, perché lei si dimentica sempre tutto. Le proponevo di andare in vacanza assieme per le feste di Natale prima che iniziasse il tour, a Gennaio. Lei diceva di sì, e quindi c’eravamo noi, in macchina, che viaggiavamo senza méta. Quello era il suo tipo di vacanza ideale che desiderava fare da una vita, mi aveva detto una volta.
Mi resi conto solo molto tardi che non c’era nessuno con cui avevo parlato. Avevo parlato solo con me stesso per tutto quel tempo.
Senza sapere come ci ero arrivato mi ritrovai steso nel mio letto. Mi addormentai fra pensieri confusi e ricordi ancora più foschi. Ma non volevo dimenticare! Già il suo viso aveva dei contorni troppo vaghi, non ricordavo nemmeno con precisione quel curioso arricciamento del naso che faceva quando sorrideva di sbieco. La sua voce era sfuggevole, il suo profumo ancora di più. Mi dissi che non potevo assolutamente dimenticare.
I seguenti giorni furono come quello. Mi chiesero di andare ad identificare il corpo e, non so per quale sadico desiderio, ci andai. Ma quella che vidi non era MJ, era solo una sua brutta copia senz’anima e senza sguardo.
Sospetto che in quei giorni tutti cercassero di farmi fare il meno possibile. Tutti venivano a casa mia e probabilmente cercavamo di tirarci su il morale a vicenda, in un modo che poteva essere come minimo patetico, ma che pian piano funzionò.
Di lì a poco ricominciammo ad uscire tutti assieme. Però ogni posto dove andavamo mi faceva venire in mente MJ in una maniera impressionante. O forse non era il posto, forse ero io che che pensavo di continuo a lei e soltanto a lei.
Era passato quasi un mese ormai, e un pomeriggio Fank venne a farmi visita. Bussò alla porta e io gli aprii, senza nemmeno chiedere chi era.
“Ciao” mi disse con un vago sorriso sul volto.
“Ciao” dissi io, e mi ritrassi per farlo passare. Ci sedemmo sul divano e Frank cominciò a parlare di quella faccenda dei concerti, che dovevamo andare a cercare un gruppo spalla, che ci eravamo messi d’accordo con la casa discografica, eccetera. Io non lo stavo ascoltando nemmeno di striscio. Di tutto quello che diceva sentivo solo un ronzio insistente e fastidioso, come una zanzare che vola vicino alle tue orecchie di notte, mentre tu invece hai sonno e vuoi dormire.
“… io credo che dovremmo inziare a cercare, dovranno anche loro fare delle prove, no? Prima li troviamo meglio è, no?”.
“Eh? Si”.
“E poi anche …” altro ronzio. Ronzio, ronzio. “… a te che te ne pare?”.
“Cosa? Ah, certo” dissi io.
Attimo di pausa. “Ray?”.
“Si?” mi voltai verso Frank e un pugno formidabile mi arrivò dritto sul naso.
“Ahia! Ma che cazzo fai?” dissi con una mano premuta sul naso.
“Smettila di essere così …. così! Ti ho dato un pugno, si! E allora?! Te ne posso dare anche un altro!” gridò Frank mentre lo guardavo allibito. Mi si gettò addosso all’improvviso e cominciammo una lotta furiosa. Caddi sul pavimento, e fui presto seguito da Frank. Ci rotolammo utrando il tavolino di legno basso, facendo cadere dei libri e un posacenere. Annaspavamo in cerca d’aria, perché nessuno di noi era veramente convinto di quel che stava facendo.
Alla fine rimasi con un labbro spaccato, e Frank con un’occhio pesto. Restammo sfiniti distesi sul pavimento freddo, io con lo sguardo al soffitto, Frank a pancia in giù, con la faccia appiccicata alle piastrelle e deformata dal dolore.
Alla fine disse debolmente: “Allora? Ci vieni a sentirli con me?”.
“Quando?” chiesi quasi senza fiato.
“Stasera” biascicò.
“Si … si, va bene” dissi annuendo, con gli occhi spalancati e stravolti.




Si, si lo so, fustigatemi. Me lo merito (in parte). E' che è stato un periodo un po' sfigato XD
Prima internet è scomparso misteriosamente, e quando ha dato traccie di sé... mi spiace ragazze, u_u ma dovevo studiare per gli esami XD Allora, anche adesso in realtà dovrei ripassare (chi ha inventato questa storia delle tesine lo impiccherei, ci hanno fatto un testa così tutto l'anno!).
Domani ho l'orale.
Sono agitata. O.O
Spero che, in qualche modo, postare questo capitolo possa essere catartico. Insomma, non è uno dei capitoli più belli che si sono mai visti da queste parti (EFP è pieno di autori molto bravi ^^), però, insomma, magari potrà esorcizzare la mia agitazione :S
Spero che comunque vi abbia fatto piacere leggerlo, anche se, diamine!, siamo in estate, magari vorresti leggere qualcosa di divertente e carino, e io vi propino questa tristezza infinita. Povero Ray... Almeno, con gli amici, è sulla buona strada per riprendersi.
Grazie alle mie due recensitrici XD Eh, poche ma buone... Mi scuso infinitamente soprattutto con voi, che avete recensito con tanta pazienza XD
Un saluto a tutti! Ciao ciao! :)

P.S. Adesso che ho finito gli esami posterò più spesso, lo prometto ;) Ci vediamo al prossimo capitolo! Ciao ciao (di nuovo)!

P.P.S. Alle due recensitrici: mi sembra da idioti rispondere alle recensioni con tutto questo ritardo, quindi non lo farò, anche perchè probabilmente nemmeno ve le ricordate -.- Mi sento un po' babbea XD Però le ho lette e le ho apprezzate molto, grazie infinite ragazze! ^^
   
 
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