Hopelessly Devoted To You <3
Capitolo 10. Dieci giorni per conoscerci.
Lui.
L’aveva sognata.
Forse era colpa della febbre, forse di quella complicata situazione,
oppure era solo il fatto che gli mancava più di quanto
avesse
creduto e voluto, ma l’aveva sognata e non riusciva a
capacitarsi
di quanto nei suoi deliri onirici lei potesse apparire così
dannatamente sexy. Gli aveva sorriso per tutto il tempo, le labbra
gonfie e rosse come ciliegie, gli occhi azzurri vispi e pieni di
malizia, i lunghi capelli scuri sparpagliati sul suo cuscino, un
braccio pigramente piegato dietro il capo in una posa addirittura
lasciva, a lasciargli intendere come fosse disponibile ad essere
avvicinata, toccata, amata. Jace provò ad allungare una mano
a
sfiorarla, ma quella sensuale visione si dissolse al primo tocco. Il
ragazzo tornò ad aprire gli occhi e si scontrò
con la dura realtà:
non c’era Hannah, eccitante e sprizzante desiderio, accanto a
se,
ma sua madre, che tentava invano di sistemargli un termometro sotto
un braccio senza disturbarne il sonno.
-Oh no, accidenti ti
ho svegliato. Mi dispiace tesoro. Ti misuro la febbre e ti lascio
tornare a dormire, okay?- Mormorò Greta, con una mano gelida
ancora
sotto la felpa del ragazzo, intenta a sistemare il termometro, o
perlomeno a tentarci.
-Non voglio
riaddormentarmi…- brontolò lui, allontanandone la
mano con uno
scatto nervoso e sistemandosi da se il termometro prima di voltarsi
su un fianco, dandole le spalle. – Ho fatto un sogno
orribile.-
Mentì. Non era stato affatto orribile, ma lo faceva sentire
orribilmente. Si coprì con le coperte fin sopra le orecchie,
cercando di scomparire sotto il copriletto dai disegni geometrici, un
ipnotico motivo a zig zag dai colori vivaci.
La visione di Hannah, così donna e così sensuale, era svanita lasciando dietro se solo una grande eccitazione, tanta confusione e una salutare dose di vergogna. Jace si sentiva colpevole come se avesse profanato qualcosa di immacolato, non poteva credere d’averla tirata dentro ad uno dei suoi sogni sbomballati dagli ormoni. Ma la cosa che non riusciva proprio a perdonarsi era che una parte di lui desiderava che quel sogno fosse reale, o che perlomeno che potesse avere anche una sola opportunità di farlo diventare realtà.
La visione di Hannah, così donna e così sensuale, era svanita lasciando dietro se solo una grande eccitazione, tanta confusione e una salutare dose di vergogna. Jace si sentiva colpevole come se avesse profanato qualcosa di immacolato, non poteva credere d’averla tirata dentro ad uno dei suoi sogni sbomballati dagli ormoni. Ma la cosa che non riusciva proprio a perdonarsi era che una parte di lui desiderava che quel sogno fosse reale, o che perlomeno che potesse avere anche una sola opportunità di farlo diventare realtà.
-Non credevo avessi
ancora bisogno della tua mamma dopo un brutto sogno, non alla tua
età!- Greta rise canzonandolo, ma gli si sdraiò
accanto
carezzandogli la testa con fare dolce e consolatorio. Jace a quel
gesto sembrò voler sprofondare ancor di più sotto
le coperte.
Quelle carezze sapevano di punizione, poiché non
c'è nulla di
peggio della dolcezza quando ci si sente guasti dentro.
-Beh...Non era
esattamente un brutto sogno. Non chiedere altro. - Non poteva
parlargliene, anche se fino a quel momento le aveva sempre confidato
ogni pensiero e ogni dubbio che l'avesse sfiorato. Fino a quel
momento niente era mai stato troppo imbarazzante perché non
potesse
raccontarglielo. Non era solo l'imbarazzo a farlo tacere, era il
sentire quelle immagini come qualcosa di intimo, troppo personale
anche per riuscire a parlarne con lei. Non credeva che qualcuno
potesse comprendere con quale intensità queste si erano
andate a
fissare nella sua testa. Sperava si affievolissero, diventando
reminiscenza vaghe e evanescenti ma quelle, testarde, erano ancora
li. Ogni volta che chiudeva gli occhi la rivedeva, la sua figura
nitida e invitante come se fosse davvero davanti a lui.
-Oh! Abbiamo fatto
un sogno molto interessante allora! Sai tesoro, i sogni sono solo...
Sogni! Non è che debbano sempre avere un significato
nascosto.
Quindi di qualsiasi cosa si tratti non dovresti dargli troppa
importanza. Freud non può avere sempre ragione no?- la donna
si mise
a sedere, senza smettere di accarezzarlo. Jace ebbe la sensazione che
volesse in qualche modo cullarlo.- Dì, che ne dici di darti
una
rinfrescata? Ho la sensazione che riceverai visite. - Il ragazzo si
voltò a fissarla, corrugando la fronte, palesemente irritato
dal
solo pensiero di dover abbandonare il suo bel letto comodo. Le tese
in malo modo il termometro. Greta lo prese delicatamente tra pollice
e indice, storcendo il naso. - Ahi! Trentanove gradi tondi tondi. Non
ci facciamo mancare niente, vedo. Beh...- sospirò. -
Potresti almeno
lavarti la faccia!-
-Perché dovrei
farlo? Sto male, ho il sacrosanto diritto di puzzare come una capra!-
Replicò lui, scocciato. - E perchè dovrei farlo
per Seth e Jem?
Sono gli unici che verrebbero a trovarmi.- Chiese ancora, tornando a
voltarsi. Non aveva voglia di vedere i ragazzi. In realtà
non aveva
voglia di vedere nessuno che non fosse Hannah, nonostante le immagini
di quel sogno lo facessero impazzire.
-Non parlo di loro!
Okay, non volevo dirtelo, volevo che fosse una sorpresa ma... Non
riesco a trattenermi: non indovinerai mai chi è passata in
infermeria stamane! No dico, non lo indovinerai mai! É
stata... - Ma
fu bruscamente interrotta sul più bello, un attimo prima che
potesse
arrivare al dunque.
-Mamma, non mi
importa. Per favore, voglio solo riposare. Da solo! -
Sbottò,
interrompendola bruscamente. La febbre lo rendeva oltremodo
indisponente.
-Va bene, va bene!
Me ne vado! Dio, che caratteraccio! Quando arriverà, non
dire che
non ho cercato di avvertirti! Ragazzino impertinente!- Greta se ne
andò, sbattendosi la porta alle spalle, imbufalita. Jace non
se ne
diede pensiero, probabilmente, pensò, la cosa che davvero
doveva
averla irritata era il non aver avuto la possibilità di
raccontargli
le sue piccole grandi novità.
Ritrovandosi nuovamente immerso nel silenzio, la sua mente riprese a macinare un pensiero dopo l'altro, risvegliandosi dal torpore. Cercò mille e una motivazioni che potessero spiegare il perché l'avesse sognata. Riuscì quasi a convincersi che era stato solo un caso, che doveva essere un disturbo passeggero che se ne sarebbe andato con la febbre, che era tutta colpa delle insinuazioni di sua madre, di Jem e di Daphne che gli riempivano la testa di stupidaggini. Ma Jace era troppo sincero con se stesso per riuscire a imbrogliarsi a quel modo. Decise che avrebbe dato tempo al tempo. Di certo Hannah non si starà precipitando qui per qualche linea di febbre, pensò con una punta d'amarezza, sempre che lo sappia. Avrebbe avuto tutto il tempo di metabolizzare l'accaduto, si disse ancora, e il problema sarebbe scomparso da se. Mai parole furono meno profetiche di queste!
Ritrovandosi nuovamente immerso nel silenzio, la sua mente riprese a macinare un pensiero dopo l'altro, risvegliandosi dal torpore. Cercò mille e una motivazioni che potessero spiegare il perché l'avesse sognata. Riuscì quasi a convincersi che era stato solo un caso, che doveva essere un disturbo passeggero che se ne sarebbe andato con la febbre, che era tutta colpa delle insinuazioni di sua madre, di Jem e di Daphne che gli riempivano la testa di stupidaggini. Ma Jace era troppo sincero con se stesso per riuscire a imbrogliarsi a quel modo. Decise che avrebbe dato tempo al tempo. Di certo Hannah non si starà precipitando qui per qualche linea di febbre, pensò con una punta d'amarezza, sempre che lo sappia. Avrebbe avuto tutto il tempo di metabolizzare l'accaduto, si disse ancora, e il problema sarebbe scomparso da se. Mai parole furono meno profetiche di queste!
Lei.
-Spero facciamo
aggiustare presto l'ascensore...- Ansimò Hannah, mentre si
accingeva
a salire l'ultima rampa di scale. In cima ad esse, illuminata dalla
luce giallognola di una lampadina, vedeva già la sua meta:
l'appartamento degli Stein. La madre di Jace, l'incredibilmente
giovane e avvenente Signora Stein, doveva credere che le avessero
giocato un brutto scherzo, perché erano passati
più di venti minuti
da quando l'avevano salutata al citofono, all'ingresso del palazzo.
Di certo non avevano preventivato di dover arrivare fino al
tredicesimo piano a piedi. Per Eleanor era stata una scoperta
sconvolgente.
-Non credo succederà
a breve. Dubito che possano permettersi una spesa simile, anche se
fosse divisa fra tutti gli affittuari del palazzo.- Replicò
la
governante, che mai avrebbe permesso alla sua pupilla di far visita
ad “un uomo”, che oltretutto abitava in un
quartiere a suo dire
malfamato, senza la sua supervisione. Purtroppo per lei l'ascensore
non funzionava da parecchio, come aveva potuto notare dallo spesso
strato di polvere che ne ricopriva le portine. Qualcuno ci aveva
addirittura scritto sopra qualche vlgarità rimuovendo
semplicemente
parte della polvere con un dito.
La donna, che non era stata mai particolarmente atletica ed ora era appesantita dagli anni e dalla grossa mole, aveva cominciato a mostrare segni di affaticamento dopo la prima rampa di scale. Sollevando lo sguardo era impallidita alla vista della spirale di scalini che dal basso del primo piano sembrava prolungarsi all'infinito. Dopo un attimo di smarrimento, ripresa in mano la situazione e prendendo a braccetto la ragazza, molto stoicamente aveva ripreso la scalata con andatura lenta, ma così lenta che Hannah si chiese se sarebbero riuscite ad arrivare in cima entro l'ora di cena. Ma finalmente erano là.
La porta di casa Stein era davvero in pessimo stato. Una volta doveva essere stata bianca, ma ora buona parte della vernice si era staccata mostrando le venature del legno sottostante, e quella rimasta era diventata d'un grigio che le faceva pensare al colore dello scarico di alcune vecchie automobili.
-Aspetta a bussare, Hannah.- La tata si poggiò ad una parete. Cercava, con affannosi e profondi respiri, di riprendere fiato e intanto rovistava nella sua grossa borsa nera. Hannah sapeva di non dover ribattere. Non avrebbe avuto senso, poiché Eleanor avrebbe preferito farsi scorticare viva che presentarsi con un solo capello fuori posto. Niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo, tanto meno Hannah che sapeva bene di non poter far altro se non aspettare che la donna si fosse ripresa e resa nuovamente presentabile.
Dopo tanto cercare tirò fuori dalla borsa uno specchietto, che Hannah fin da piccola le aveva sempre invidiato. Era un ovale di cui un lato era decorato con intarsi in madre perla e smalto colorato che formavano un motivo floreale. Un lavoro certosino dal risultato davvero elegante e di classe. Anche in quell'occasione non potè impedirsi di osservare l'oggetto con ammirazione. Eleanor perse qualche secondo a rimirare la proprio immagine nel piccolo specchio, sistemò con cura i capelli, raccolti in un classico e austero chignon, e infine dopo aver annuito soddisfatta alla propria immagine, lo infilò nuovamente nella borsa.
-Bene, ora puoi bussare. - Si parò davanti alla porta, congiungendo le mani e contraendo il volto dai lineamenti rotondeggianti e morbidi in un'espressione severa e rigida. Hannah si trattenne dallo sbuffare. Non capiva perché la donna in situazioni simili preferisse fare la parte della governante arcigna e antipatica. Sapeva bene che nulla era più lontano dall'essere vero e capiva che era il suo modo di proteggerla, allontanando chiunque potesse essere dannoso per lei, anche se nel far ciò rischiava di rendersi antipatica e Hannah desiderava che tra la donna e Jace nascesse istintivamente una simpatia reciproca.
Preso un profondo sospirò, bussò alla porta. Immediatamente dopo sentirono attraverso il legno, che doveva essere più sottile di quel che sembrasse, uno scalpiccio e passi pesanti avvicinarsi alla porta. La maniglia si mosse girando a vuoto, perché la porta non si aprì. Continuava a muoversi come una serpe ma sempre inutilmente.
La donna, che non era stata mai particolarmente atletica ed ora era appesantita dagli anni e dalla grossa mole, aveva cominciato a mostrare segni di affaticamento dopo la prima rampa di scale. Sollevando lo sguardo era impallidita alla vista della spirale di scalini che dal basso del primo piano sembrava prolungarsi all'infinito. Dopo un attimo di smarrimento, ripresa in mano la situazione e prendendo a braccetto la ragazza, molto stoicamente aveva ripreso la scalata con andatura lenta, ma così lenta che Hannah si chiese se sarebbero riuscite ad arrivare in cima entro l'ora di cena. Ma finalmente erano là.
La porta di casa Stein era davvero in pessimo stato. Una volta doveva essere stata bianca, ma ora buona parte della vernice si era staccata mostrando le venature del legno sottostante, e quella rimasta era diventata d'un grigio che le faceva pensare al colore dello scarico di alcune vecchie automobili.
-Aspetta a bussare, Hannah.- La tata si poggiò ad una parete. Cercava, con affannosi e profondi respiri, di riprendere fiato e intanto rovistava nella sua grossa borsa nera. Hannah sapeva di non dover ribattere. Non avrebbe avuto senso, poiché Eleanor avrebbe preferito farsi scorticare viva che presentarsi con un solo capello fuori posto. Niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo, tanto meno Hannah che sapeva bene di non poter far altro se non aspettare che la donna si fosse ripresa e resa nuovamente presentabile.
Dopo tanto cercare tirò fuori dalla borsa uno specchietto, che Hannah fin da piccola le aveva sempre invidiato. Era un ovale di cui un lato era decorato con intarsi in madre perla e smalto colorato che formavano un motivo floreale. Un lavoro certosino dal risultato davvero elegante e di classe. Anche in quell'occasione non potè impedirsi di osservare l'oggetto con ammirazione. Eleanor perse qualche secondo a rimirare la proprio immagine nel piccolo specchio, sistemò con cura i capelli, raccolti in un classico e austero chignon, e infine dopo aver annuito soddisfatta alla propria immagine, lo infilò nuovamente nella borsa.
-Bene, ora puoi bussare. - Si parò davanti alla porta, congiungendo le mani e contraendo il volto dai lineamenti rotondeggianti e morbidi in un'espressione severa e rigida. Hannah si trattenne dallo sbuffare. Non capiva perché la donna in situazioni simili preferisse fare la parte della governante arcigna e antipatica. Sapeva bene che nulla era più lontano dall'essere vero e capiva che era il suo modo di proteggerla, allontanando chiunque potesse essere dannoso per lei, anche se nel far ciò rischiava di rendersi antipatica e Hannah desiderava che tra la donna e Jace nascesse istintivamente una simpatia reciproca.
Preso un profondo sospirò, bussò alla porta. Immediatamente dopo sentirono attraverso il legno, che doveva essere più sottile di quel che sembrasse, uno scalpiccio e passi pesanti avvicinarsi alla porta. La maniglia si mosse girando a vuoto, perché la porta non si aprì. Continuava a muoversi come una serpe ma sempre inutilmente.
-Accidenti!-
sentirono esclamare. - Hannah, sei tu? La serratura si è
bloccata,
abbi pazienza!- disse ancora la voce squillante e femminile di Greta.
-é la madre di
Jace.- Si affrettò a precisare Hannah, come se fosse
assolutamente
necessario. Un colpo secco e finalmente la porta si aprì.
***
L'appartamento degli
Stein sembrava essere piuttosto ben tenuto. Certo, grandi macchie
d'umidità davano un effetto maculato al soffitto, e la
tintura alle
pareti doveva essere passata da un bianco brillante ad un bianco
sporco nel corso degli anni, ma era comunque uno spazio ordinato e
pulito. Hannah osservò la tata guardarsi intorno, pronta a
cogliere
qualsiasi difetto o particolare: dello sporco accumulato in un angolo
magari, o ancora peggio qualche scarafaggio a testimonianza di quanto
fosse insalubre quel luogo. Ma non ne trovò.
Accanto alla porta d'ingresso, cui lato interno era decisamente meglio tenuto e meno rovinato di quello esterno, c'era una piccola cucina, dai mobili bianchi e verdi, semplici e di scarsa qualità nonostante anche quelli fossero tenuti al meglio delle loro possibilità. Davanti a loro un piccolo salotto: un divano dal cuoio scuro nascosto sotto una vecchia coperta in lana, una poltrona con poggia piedi, in un tessuto sdrucito e scolorito, che forse tanti anni prima era stato di un bel blu notte, e un televisore. In fondo alla stanza c'era una porta chiusa.
Accanto alla porta d'ingresso, cui lato interno era decisamente meglio tenuto e meno rovinato di quello esterno, c'era una piccola cucina, dai mobili bianchi e verdi, semplici e di scarsa qualità nonostante anche quelli fossero tenuti al meglio delle loro possibilità. Davanti a loro un piccolo salotto: un divano dal cuoio scuro nascosto sotto una vecchia coperta in lana, una poltrona con poggia piedi, in un tessuto sdrucito e scolorito, che forse tanti anni prima era stato di un bel blu notte, e un televisore. In fondo alla stanza c'era una porta chiusa.
Hannah vide le
spalle di Eleanor rilassarsi sotto il cappotto scuro. Con tutta
probabilità si era aspettata una vera e propria topaia.
Ritrovarsi
invece in un appartamentino quantomeno pulito, era un grande passo
avanti. Provò anche lei sollievo, se non maggiore, e per ben
altre
motivazioni.
Greta le fece
accomodare sul divano tutto bozzi, che di certo aveva visto tempi
migliori, ma tanto tanto tempo prima. Lei prese posto sulla poltrona,
sedendo proprio sul bordo della seduta, come fosse pronta a scattare
in piedi all'occorrenza.
-é un piacere averti qui Hannah!- disse allungandosi a stringerle una mano come se le fosse cara più di chiunque altro al mondo. - E lei deve essere la signora MacFie. Hannah mi ha detto che l'avrebbe accompagnata. Posso offrirvi una tazza di caffè?- fece scorrere lo sguardo tra le due. Hannah si sentiva come pietrificata. Continuava a guardarsi intorno, temendo di vedere spuntare Jace da un momento all'altro, e temendo il giudizio che la tata se ne sarebbe fatta. Si limitò scuotere il capo, rifiutando il caffè. Anche la tata rifiutò, e seppure lo fece con gelida e calcolata gentilezza Hannah ne fu sollevata. Desiderava disperatamente che la donna prendesse a benvolere Jace, ma capiva che perché succedesse anche il contrario, la tata doveva essere gentile con sua madre, a cui lui teneva probabilmente più di qualsiasi cosa.
-é un piacere averti qui Hannah!- disse allungandosi a stringerle una mano come se le fosse cara più di chiunque altro al mondo. - E lei deve essere la signora MacFie. Hannah mi ha detto che l'avrebbe accompagnata. Posso offrirvi una tazza di caffè?- fece scorrere lo sguardo tra le due. Hannah si sentiva come pietrificata. Continuava a guardarsi intorno, temendo di vedere spuntare Jace da un momento all'altro, e temendo il giudizio che la tata se ne sarebbe fatta. Si limitò scuotere il capo, rifiutando il caffè. Anche la tata rifiutò, e seppure lo fece con gelida e calcolata gentilezza Hannah ne fu sollevata. Desiderava disperatamente che la donna prendesse a benvolere Jace, ma capiva che perché succedesse anche il contrario, la tata doveva essere gentile con sua madre, a cui lui teneva probabilmente più di qualsiasi cosa.
-Mi dispiace non
potervi offrire qualcosa di meglio, ma non ho avuto il tempo di fare
la spesa. Non me la sentivo di lasciare Jace da solo. A proposito...-
Aggiunse, prima di alzarsi e raggiungere l'unica porta in fondo alla
stanza. Quando l'aprì Hannah potè vedere alle sue
spalle un
corridoio stretto e in penombra, e un'altra porta chiusa. -
…
vieni, ti porto da lui. É di pessimo umore, spero che
vederti gli
illumini la giornata.- Hannah fece per alzarsi, ma quando Eleanor si
schiarì la voce con un lievissimo colpo di tosse
ripiombò a sedere
con tale velocità da lasciare Greta interdetta.
-Sarebbe meglio se
il ragazzo ci raggiungesse qui in salotto, non crede? Sarebbe
più
conveniente.- Cominciò la governante, con serafica calma,
sebbene
Hannah sapesse dove voleva andare a parare. Greta si limitò
a
lanciarle un occhiata interrogativa.
-Forse, ma non
sarebbe meglio per Jace. Vorrei evitare che si stanchi e che la
febbre continui a salire.- le due donne si fissarono per qualche
istante, in assoluto silenzio, senza smettere mai di sorridersi a
vicenda con ipocrita cortesia. - Non si preoccupi.. -
Continuò poi
Greta -... Jace non avrebbe la forza di torcere un solo capello ad
Hannah, se è questo che teme. Non lo farebbe neppure se
potesse.-
Eleanor si alzò,
prima che potesse aggiungere altro. -Sarà bene che venga con
voi.
Dopo tutto, non ho ancora avuto il piacere di conoscere il
signorino,e se la montagna non va da Maometto...- Hannah la
fissò
interdetta, ma nascose bene la sua sorpresa. Non era più
sicura che
la tata volesse solo proteggerla. Sembrava piuttosto essersi
intestardita a fare di testa propria al rifiuto della Signora Stein.
-Sarà bene che lei
rimanga seduta qui.- replicò prontamente l'altra. - Jace ha
bisogno
di vedere Hannah, e solo lei. Conoscerà Jace un'altra volta.
Vieni
dolcezza. - Greta cinse le spalle della ragazza con un braccio,
spingendola oltre la porta, fino a quella alle sue spalle. Al solo
pensiero di trovarsi tanto vicino a lui, le parve che
inspiegabilmente il suo cuore perdesse un battito, oppure era solo la
consapevolezza di sapere che tra pochi istanti l'avrebbe rivisto, ad
elettrizzarla in quella maniera tanto inconsueta. Si sentiva strana:
era stupidamente felice, ma sentiva una sorta d'angoscia
attanagliarla insieme a paura e nervosismo.
-Mi dispiace, ma non
permetto ad Hannah di vedere un uomo nella sua stanza e per giunta da
sola. Cosa direbbe il Signor Barnes?- La tata non era donna che si
lasciasse intimorire o gettasse la spugna tanto facilmente,e
ribatté
alle parole di Greta alzando il tono della voce e gonfiando il petto.
Non solo non era tornata a sedere, ma le aveva seguite in corridoio.
Greta per tutta risposta la ignorò, come ignorò
le sue lamentele,
fu come se Eleanor non avesse pronunciato una sola sillaba. Hannah
sapeva che la situazione sarebbe degenerata velocemente. La Signora
Stein non era fintamente cortese, non si mostrava gentile solo per
salvare le apparenze, in poche parole non corrispondeva all'ideale di
persona educata che Eleanor aveva le aveva sempre inculcato,
nonostante fosse conscia che non si trattava di vera buona
educazione, ma più di far buon viso a cattivo gioco.
Qualcosa che
Hannah detestava con tutta se stessa, non le era consentito provare
antipatia per chicchessia e poterla esternare.
- Signora Stein! Lei è incredibilmente maleducata!- Riprese Eleanor.
- Signora Stein! Lei è incredibilmente maleducata!- Riprese Eleanor.
-Io? Non credo. Lei
semmai dovrebbe stare attenta a come parla. - Greta bussò
alla porta
della camera di Jace, ma dalla stanza non arrivò alcuna
risposta. -
Deve essersi addormentato. Entra comunque e sveglialo. Se non lo
facessi non me lo perdonerebbe mai, Hannie. Vieni.- Aprì la
porta e
la spinse dentro tanto velocemente che la tata non ebbe il tempo di
impedirglielo e la ragazza quasi non si rese conto di cosa era
accaduto. Si voltò di scatto, nel vano tentativo di
impedirle di
chiudere la porta quando ormai, avendo compreso le sue intenzioni,
era troppo tardi. Si trovò davanti soltanto la porta chiusa.
-Le ricordo che lei
si trova in casa mia, ho tutto il diritto di impedirle di mettere
piede in camera di mio figlio, se lo desidero. E per inciso, Jace ha
diciassette anni. É più vicino ad essere ancora
un bambino che già
un uomo. Si rende conto che le sue insinuazioni sono offensive?- La
porta chiusa se le impediva di uscire, non impediva certo alle voci
delle due donne di raggiungerla. Hannah sentiva chiaramente le parole
di Greta, che parlando con voce alta sembrava voler essere sicura che
lei potesse sentirla. Fu sorpresa nel sentir tardare le repliche di
Eleanor, che era ammutolita forse per la prima volta da quando la
conosceva. Sapeva che nessuno mai le aveva parlato con una
così
brutale sincerità. Forse nessuno intorno a loro era mai
stato
davvero sincero, spesso il confine tra la vera gentilezza e
l'ipocrisia era labile, difficile da individuare.
-Ma... Come osa?
Cosa le è saltato in mente? Hannah è una
signorina di buona
famiglia e rispettabile, non di certo una...- Eleanor sembrò
riprendersi, ma ebbe solo il tempo di farfugliare poche parole, prima
che Greta l'interrompesse irruentemente ancora una volta..
-Una cosa?- Hannah
quasi poteva figurarsela con le mani sui fianchi e il volto arrossato
per la collera. - Un'adolescente nel pieno di una crisi ormonale che
pensa solo al sesso proprio come mio figlio? Oh si! L'ho detto! E lo
ripeto!Sesso sesso sesso! Gesù! Non faccia quella faccia
sconvolta!
Hannah è un adolescente, non una cherubino asessuato!
Signora MacFie,
lei può venire qui, giudicarmi e giudicare casa mia con
quella sua
aria da snob con la puzza sotto il naso, e ci può insultare
entrambe e
nello stesso momento se vuole, ma non le permetto di insultare Jace.
É un bravo ragazzo, ed è rispettoso, al contrario
di qualcun altro.
Mi aspettavo più educazione dalla persona che ha cresciuto
un tesoro come
Hannah. E ora se permette preferirei tornasse in salotto, non le
permetto di immischiarsi in faccende che riguardano mio figlio.-
Eleanor ribattè qualcosa, ma Hannah non riuscì a
capire cosa,
poiché le voci delle due donne sembravano essersi
affievolite. Non
potè non pensare che Greta apparisse come una gattina del
tutto
indifesa, ma dentro avesse l'animo di una leonessa. Jace era
incredibilmente fortunato ad avere una madre così, non
potè fare a
meno di invidiarlo.
Tutto tornò silenzioso, quello stesso silenzio era rotto però dal respiro affannoso di Jace, che ancora dormiva, neppure minimamente disturbato dal fracasso che proveniva dal corridoio. Il suo sonno però non pareva dei più riposanti: era agitato. La ragazza realizzò improvvisamente di trovarsi davvero nella sua stanza, da soli. La ragione le diceva di uscire immediatamente, inventare una scusa, una piccola bugia non avrebbe fatto del male a nessuno. Ma sapeva che Greta non si sarebbe fatta ingannare, e avrebbe finito per svegliare comunque il ragazzo,e a quel punto si sarebbe sentita ancor più in imbarazzo, senza contare che se fosse uscita dalla stanza probabilmente Eleanor l'avrebbe trascinata via senza darle la possibilità di parlare con Jace.
Tutto tornò silenzioso, quello stesso silenzio era rotto però dal respiro affannoso di Jace, che ancora dormiva, neppure minimamente disturbato dal fracasso che proveniva dal corridoio. Il suo sonno però non pareva dei più riposanti: era agitato. La ragazza realizzò improvvisamente di trovarsi davvero nella sua stanza, da soli. La ragione le diceva di uscire immediatamente, inventare una scusa, una piccola bugia non avrebbe fatto del male a nessuno. Ma sapeva che Greta non si sarebbe fatta ingannare, e avrebbe finito per svegliare comunque il ragazzo,e a quel punto si sarebbe sentita ancor più in imbarazzo, senza contare che se fosse uscita dalla stanza probabilmente Eleanor l'avrebbe trascinata via senza darle la possibilità di parlare con Jace.
Si voltò piano:
Jace stava rannicchiato in posizione fetale al centro del letto, che
essendo piuttosto grande, occupava una buona parte della piccola
stanza facendola sembrare ancor più piccola. Sembrava stare
rannicchiato su se stesso per riscaldarsi, e in effetti una delle
coperte era scivolata a terra. Gli si avvicinò camminando in
punta
di piedi, sperando di non trovare nulla sulla sua strada che se
calpestato producesse rumore. Il pavimento era ricoperto da una
moquette scura, e nella penombra del crepuscolo probabilmente non
sarebbe riuscita a distinguere nulla o quasi. Raccolse la coperta,
che era ancora morbida nonostante fosse piuttosto infeltrita, e la
distese su Jace, che si rilassò istantaneamente, distendendo
le
gambe e voltandosi sul lato opposto. Sul comodino accanto al letto,
si stagliava la sagoma di una lampada. Ne cercò a tentoni
l'interruttore e l'accese.
Quando la luce elettrica gli illuminò il volto, il cuore di Hannah perse un altro battito. Per qualche motivo ai suoi occhi appariva più bello di quanto non fosse mai stato. Il sonno ne rilassava i lineamenti dando loro maggior maturità e fascino. Hannah aveva sempre pensato che Jace fosse un bel ragazzo, quindi le era incomprensibile il perché il suo cuore battesse con tale forza da sembrare volesse scoppiare. Era come se lo stesse guardando per la prima volta.
Quando la luce elettrica gli illuminò il volto, il cuore di Hannah perse un altro battito. Per qualche motivo ai suoi occhi appariva più bello di quanto non fosse mai stato. Il sonno ne rilassava i lineamenti dando loro maggior maturità e fascino. Hannah aveva sempre pensato che Jace fosse un bel ragazzo, quindi le era incomprensibile il perché il suo cuore battesse con tale forza da sembrare volesse scoppiare. Era come se lo stesse guardando per la prima volta.
Provò il bisogno di
sfiorarlo,e preda di questo istinto sedette sul bordo del letto,
facendo bene attenzione a evitare movimenti bruschi che potessero
disturbarlo o peggio svegliarlo. Allungò una mano, ma quando
fu
abbastanza vicina ad una guancia, la ritirò con uno scatto e
si
guardò alle spalle. Quasi si aspettava che la tata
irrompesse nella
stanza, ma ovviamente non successe nulla di tutto ciò.
Prendendo un
profondo respiro, allungò nuovamente la mano, fino a
sfiorarlo
appena con la punta delle dita. Al tatto bruciava per la febbre e le
gote erano ispide. Se ne sorprese, e un attimo dopo si diede
dell'ingenua. Era ovvio che Jace dovesse avere la barba come
qualsiasi altro uomo. La sensazione pungente della sua barba corta e
dura contro la pelle della mano era lievemente fastidiosa, ma non
abbastanza da farle ritirare la mano e smettere di accarezzarne il
volto, sempre delicata, sempre sfiorandolo appena appena con il
dorso delle dita.
Non voleva più
svegliarlo. L'unica cosa che avrebbe voluto era poter rimanere
così
per sempre, potersi lasciare andare e concedersi un momento di
tenerezza quando nessuno, neppure l'interessato, avrebbe potuto
vederla.
Lui
Jace continuò a
tenere gli occhi serrati anche quando sorridendo appena le disse
–
é proprio bello svegliarsi così.- Sapeva
a chi apparteneva la mano che continuava ad accarezzarlo ancor prima
di aprire gli occhi. La consapevolezza di trovarla al suo capezzale
lo riempiva di gioia, se ne sentiva rinvigorito. Il suo tocco
sembrava spazzare via anche la febbre. Poteva essere solo Hannah: sua
madre non l'avrebbe mai svegliato in quel modo, così nessuna
delle
ragazze. I gemelli gli avrebbero giocato un tiro meschino di quel
genere se avessero potuto, ma non avevano mani così morbide
e
neppure così piccole. Quando aprì gli occhi, in
un frullare di
ciglia, fu felice di scoprire che la sua intuizione era esatta.
Nonostante tutto fu felice che la prima cosa che vide al suo
risveglio fosse il suo volto.
-Ciao.- Aggiunse
poi, tirandosi su a fatica, tossendo con tale violenza da togliergli
il respiro. La ragazza aveva ritirato la mano e lo fissava con occhi
sbarrati. - é bello vederti. Allora, sei venuta a fare
visita al
moribondo? Giuro che non sono messo così male!-
-Ciao.- replicò lei
con un fil di voce, e la camera ripiombò nel silenzio dal
quale era
appena riemersa. Jace sapeva che doveva provare a comportarsi come se
nulla fosse successo per non metterla ancor più in
difficoltà, e
aveva cominciato bene per poi accorgersi che trovarsi faccia a faccia
non rendeva il compito facile. Le sorrise il più
sinceramente che
potè. Lei non aprì bocca però. Teneva
lo sguardo basso, come al
solito, le braccia incrociate strette strette al petto, rigida e
impettita, stoicamente pronta a fronteggiare qualsiasi cosa fosse
venuta. Jace cominciò a pensare che si vergognasse di essere
stata
scoperta nel prodigare carezze. In effetti sembrava stesse cercando
di nascondere le proprie mani, come un bambino le nasconderebbe dopo
aver rubato il vasetto della marmellata. Aveva rubato al tempo degli
istanti di tenerezza, e lo viveva come se avesse infranto un divieto.
Il ragazzo allungò
le mani,e quando fu vicino a sfiorarle il volto, lei scattò
in piedi
come punta da un ago.
-Mi dispiace di
averti svegliato.- disse, chinando ancor più il capo. Poi,
nuovamente silenzio. Jace rise.
-Beh, come ho detto
è stato un bel modo di svegliarsi. Non mi è
dispiaciuto, credimi. E
se non mi fossi svegliato mi sarei perso ciò che sei venuta
a dirmi,
no?- si sforzava di mantenersi allegro come al solito, ma si sentiva
da schifo, al pari di uno straccio vecchio, e l'incertezza di lei
consumava goccia dopo goccia tutta la sua pazienza già
ridotta ai
minimi termini. Dimmelo! Pensava, e tanto era
assoluto il
silenzio nella stanza che gli pareva che i suoi pensieri
riecheggiassero nella sua testa fino a propagarsi per l'intera
stanza. Dimmelo e facciamola finita!
Non osava forzare la
mano e scoprire cosa avesse deciso di fare. Continuò a
fissarla, le
braccia conserte, il capo chino, le labbra serrate, che si schiusero
e tornarono a chiudersi celermente, come se avesse provato a dire
qualcosa ma senza riuscirci. Lei boccheggiava e lui aveva voglia di
urlare.
-Hannie... Perchè
non ti siedi?- Annuì, e tornò a sedersi. Dopo un
lungo sospiro
finalmente parlò.
-Io... Io sono
andata a trovare tua madre in infermeria, stamane. - A quelle parole,
Jace provò l'impellente desiderio di prendersi a pugni. Ecco
cosa
cercava di dirgli sua madre,e lui da emerito idiota non solo l'aveva
interrotta, ma l'aveva anche cacciata via. - E le ho chiesto se non
potessi avere la possibilità venire a farti visita. Jaquie
mi ha
detto che non stavi bene. Quindi... Ho pensato che...-
sembrò aver
perso il filo del discorso – che... Si, beh, che fosse il
caso di
venire a chiarire questa spiacevole situazione. Non che il fatto che
ti sia ammalato abbia qualche influenza. Cioè, si ne ha, ma
non nel
modo che credi.- si affrettò ad aggiungere. - Sono
così
dispiaciuta. Mi dispiace di aver aspettato tanto prima di sincerarmi
delle tue condizioni e mi dispiace di aver messo in dubbio le tue
intenzioni dopo che ti sei dimostrato tanto sincero. Volevo dirti
solo questo. - così concluse, aspettando una risposta con il
capo
incassato tra le spalle, cercando di rannicchiarsi su se stessa per
l'ennesima volta.
-Pensavo non mi
avresti parlato per mesi. - fu la sola risposta che ottenne.
-Non posso
nasconderti che ci ho pensato. Ma poi mi sono chiesta se non peccassi
di presunzione. Come posso pensare di giudicarti? Non posso dire con
certezza che sei completamente buono o completamente cattivo. Ora che
ci penso, non ti conosco abbastanza.- concluse, accigliandosi. Jace
allungò una mano verso il suo volto, sollevandoglielo
affinché
potesse guardarla dritta negli occhi.
-Hai ragione, non mi
conosci. E io non conosco te, ma sono sicuro che ti sia sentita in
obbligo di venire fin qui. Non ti sei mai sentita pronta, non di
certo dopo appena quattro giorni. - Hannah negò con un cenno
del
capo, ma non gli parve molto convinta.- Facciamo un patto: prima di
decidere se davvero vale la pena di fidarsi di me, dammi dieci giorni
a partire da oggi. Dieci giorni per conoscermi. Non sono tanti,e
probabilmente la febbre mi farà straparlare per la maggior
parte del
tempo... Beh, diciamo straparlare più del solito! Ma
così avrai
dell'altro tempo per pensarci, per capire se stai facendo la cosa
giusta. - Allontanò la mano dal suo volto e gliela tese. Per
un
istante temette che potesse andarsene senza dargli una risposta,
rifiutandolo senza possibilità d'appello. Si chiese se fosse
capace
di sopportarlo. Quella ragazza era entrata nella sua vita
così
lentamente e silenziosamente da non accorgersene quasi e ora gli
pareva di non poter più fare a meno della sua presenza.
Hannah fissò la sua
mano tesa, e dopo un istante che parve lungo come un anno intero, la
strinse con la sua. - Io... Accetto. Voglio darti dieci giorni per
conoscermi.-
L'angolo dell'autrice.
Sono davvero dispiaciuta di essere sparita in questo modo.
Non
è una giustificazione ma ho avuto
un periodaccio, e tra esami della patente, esami universitari,
lezioni, studio, problemi familiari, malanni di stagione vari e altri
collegati all'ansia che per quanto mi sforzi di trovare la pace
interiore non mi abbandonano mai, non ho scritto una sola parola per
più di un mese. Alcune sere ho provato ad aprire il file di
questa
storia, ma mi ritrovavo a fissare la pagina bianca, senza alcuna
ispirazione, senza voglia di fare, con addosso solo tanta tanta
stanchezza e il morale sotto le scarpe.
Ma
questo non è tutto. Nel corso dei
mesi avevo scritto, anche se molto molto lentamente, 8 OTTO O-T-T-O
pagine. Che andavano solo revisionate e che sono andate perdute.
Perché da un giorno all'altro il file si è
danneggiato senza motivo
apparente, e non avevo aggiornato la copia di backup. Ho perso un
intero capitolo e buona parte della storia (che stavo revisionando),
in realtà avrei perso tutta la storia se non avessi fatto
una copia
del file nel mio hard disk esterno.
Mi
sento davvero afflitta, non so se è
una serie di sfortunate coincidenze o se è proprio sfiga
nella sua
forma più grandiosa. In ogni caso sono davvero stanca, non
ne posso
più, non passa giorno senza che non succeda qualcosa, che
non ci sia
un qualche problema o intoppo. E porca pupazza, la fortuna
sarà pure
cieca, ma la sfiga ci vede benissimo,e credetemi mi sta puntando!
Dopo
la prima settimana di Giugno
pensavo sarei riuscita ad organizzare il mio tempo in modo da avere
energie sufficienti per mettermi a scrivere la sera, possibilmente
con risultati soddisfacenti. Così speravo! Invece dopo una
settimana di paradisiaca calma, c'è stato un nuovo tsunami
di sfiga.
E te pareva! =_=” A parte il fatto che ho dovuto ricominciare
da
capo un intero capitolo, e io sono piuttosto lenta nello scrivere,
sono sbucati fuori una miriade di guai e imprevisti, e riuscire a
riprendere a scrivere BENE e COERENTEMENTE rispetto alla storia e ai
personaggi mi sembra davvero un miraggio. Infatti siamo già
a Luglio
e fino ad ora ho combinato davvero poco.
E ora annunci ufficiali:
A
KELLINA:
sono più che mortificata
per non aver votato la tua storia (bellissima andate a leggerla qui!)
al concorso sulle storie originali. Ammetto con vergogna che me ne
sono proprio dimenticata, con tante cose per la testa in quel
periodo. Quando ho visto che “Quel che conta” non
ha passato la
prima fase ci sono rimasta malissimo, ma proprio tanto. Mi sono
sentita colpevole, perché forse il mio voto poteva fare la
differenza. Non so davvero come scusarmi, e spero non ti
dispiacerà
se faccio pubblica ammenda.
A
cece: prima
o poi risponderò alla
mail, anche se con mesi di ritardo, giuro che lo farò...
ç____ç
Non prenderla a male se su msn non rispondo... Ho il pessimo vizio di
dimenticare messenger connesso anche quando non sto al pc...
Praticamente sempre!
prettyvitto : Cerco di fare il possibile,ma prometto che presto o tardi nonostante tutto finirò questa storia. Grazie per aver recensito. :-) Ho visto che hai cancellato il tuo commento, suppongo sia perché la storia è stata ferma per vari mesi. Mi dispiace davvero tanto, ma come spero avrai letto sopra, non è dipeso da me. Beh, non completamente!
Lea__91 : Come al
solito parto dai
ringraziamenti per i complimenti con cui mi inondi ad ogni capitolo.
Sempre troppo buona. :-) Spero questo ultimo capitolo per te non sia
stato una delusione, almeno non quanto lo è stato per me
scriverlo.
Ammetto che, vuoi per i motivi che ho elencato sopra e che mi hanno
tenuta lontana dalla scrittura per tutto questo tempo, ho perso un
poco di ispirazione,ed è stato difficile e un vero sforzo
portare a
termine questo capitolo, che io per prima trovo poco curato e per
nulla soddisfacente. Spero di riuscire a rimettermi in carreggiata,
anche se per me questo continua ad essere un periodo particolarmente
duro, per tante piccole brutte cose.
Dayan18 : Cara
Dayan, a te doppi
ringraziamenti. Per aver recensito qui (non farti alcun problema a
criticare o dare consigli, qui sono sempre ben accetti, anzi hai ben
ragione a farmi presente il problema della punteggiatura, tra me e le
virgole c'è un rapporto di amore e odio XD ) e per aver
recensito la
mia one-shot “Frammenti di te”, anche se l'ho
recentemente
cancellata. Spero che questo capitolo sia stato soddisfacente per te.
Certo non c'è stato ancora nulla di
“magico”, ma un ulteriore
avvicinamento tra i protagonisti è sempre meglio di niente,
giusto?
:-)