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Autore: Akrois    10/07/2010    2 recensioni
-Cos’è che n’è capito del “n’voglio l’austriaco vicino”?!
- Credo tutte le parti in dialetto.- risponde tranquillo Gianmaria, togliendosi il cappello piumato e riponendolo religiosamente sul pagliericcio di una sedia – Quindi zitto e fallo dormire vicino a noi.
- No!- sbraita Lodovico, puntando il coltello verso Gianmaria. Florian poco più indietro lo guarda con aria interrogativa- Metti giù quel coltello, Lodovico.- borbotta Gianmaria scocciato – Neanche a me fa piacere dormire spalla a spalla con un ardito e un austriaco, ma se non vogliamo morire di freddo dobbiamo stare vicini come buoni amici.
WWI
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’austriaco n’parla, te se simpatico come ‘na rasagnolata su la capoccia e io penso che vo a fa come l’por Baglioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Je piasse nacoleca- bofonchia a denti stretti, maledicendo non si sa bene chi – taquil porco…- continua camminando a fatica nella neve, tenendo il fucile alto e gli occhi stretti per non farsi accecare dalla neve che gli volteggia attorno con la grazia di un gatto a nove code. La baracca nera su quello sfondo bianco sembra l’unica ancora di salvezza, l’unica speranza di sopravvivere alla tormenta di neve (perché poteva morire in una miriade di modi ma non in una fottuta tormente di neve.) e cercare di farsi trovare dal resto della truppa.

Apre la porta con un calcio, richiudendola subito dietro la sua schiena. Non fa neanche in tempo a tirare un sospiro di sollievo, sistemarsi il cappello, riprendere fiato, guardarsi attorno o qualunque cosa gli potesse venire in mente di fare che si ritrova una pistola puntata alla fronte. Davanti a lui c’è un uomo in divisa, col cappello ben calato sul capo. Riconosce subito quella sorta di gallina morta appiccata sul cappello – Bersagliere!- esclama alzando le mani – Sono un camerata io! Non un’invasore!-.

- Appunto.- sibila il bersagliere, guardandolo storto – Sparisci. Voi Arditi portate guai.

Un suono proviene dal fondo della baracca. Un ragazzotto dagli occhi azzurri borbotta qualcosa, avvicinandosi zoppicando al bersagliere. Si poggia sulla spalla e parla. L’Ardito non capisce nulla, ma quella lingua gli è stranamente familiare. – Austriaco!- grida puntando il coltello contro il ragazzo che preso alla sprovvista cade all’indietro, emettendo un flebile lamento di dolore. La sicura della pistola scatta e l’Ardito può vedere il proiettile in canna – Fai un’altra mossa e ti faccio saltare le cervella, Ardito.

- Quello è un austriaco!- bercia l’ardito – Tu ste a da’ protezione tal nemico, Bersagliere!- continua a gridare per un po’ e il Bersagliere si porta una mano al viso, scuotendo la testa sconsolato – Ascolta un po’- sbotta cercando di dar freno a quel torrente di parole – tu sei venuto fin qui per scappare alla tormenta?

L’Ardito annuisce convinto, grattandosi la pelle della fronte sotto il cappello – Bene, allora facciamo un patto: tu stai zitto e buono e non fai casino e noi ti lasciamo stare qui e ti diamo da mangiare. Finita la tempesta te ne vai e chi s’è visto s’è visto.

L’Ardito ci pensa un po’ su, ritrovandosi ad annuire – Ce sto.-

 

 

 

-Parlem chiaro, io l’austriaco accanto a me non lo voglio!- esclama l’Ardito indicando l’austriaco seduto a una decina di centimetri da lui – Avevi detto che non facevi casino.- lo rimbeccò il Bersagliere, passandogli un pezzo di formaggio – N’faccio casino, è che de certo c’ha le zecche!-

- Sicuramente le hai anche tu, Ardito, quindi fai silenzio, rendi grazie al Signore del cibo e mangia.

- Guarda che n’me chiamo Ardito, io. Me chiamo Lodovico Alunni, primo maresciallo del 30° Arditi!- esclama Lodovico indicandosi con una mano ed afferrando il formaggio – E neanche io mi chiamo Bersagliere. Sono Gianmaria Vinti, tenente del 27°Bersaglieri. E quello là- indica l’austriaco tutto proteso verso il fuocherello acceso con i pezzi di uno sgabello e un po’ di carta – Si chiama Florian. Non sono riuscito a capire altro.

- Per me se po’ anche chiama’ solo “Crucco”.- bofonchia Lodovico a bocca piena. Gianmaria scuote la testa. Florian semplicemente non capisce.

 

 

 

- Cos’è che n’è capito del “n’voglio l’austriaco vicino”?!

- Credo tutte le parti in dialetto.- risponde tranquillo Gianmaria, togliendosi il cappello piumato e riponendolo religiosamente sul pagliericcio di una sedia – Quindi zitto e fallo dormire vicino a noi.

- No!- sbraita Lodovico, puntando il coltello verso Gianmaria. Florian poco più indietro lo guarda con aria interrogativa- Metti giù quel coltello, Lodovico.- borbotta Gianmaria scocciato – Neanche a me fa piacere dormire spalla a spalla con un ardito e un austriaco, ma se non vogliamo morire di freddo dobbiamo stare vicini come buoni amici.

- Fantastico.- grugnisce Lodovico, calandosi la visiera lucida sul viso. Gianmaria si volta verso Florian, facendogli cenno di venire fin lì.

Si siedono schiena a schiena, cercando una posizione decente – Io controllerò che il fuoco non si spenga. Poi toccherà a te, Lodovico.

- E l’austriaco?

- Sarebbe molto bello se capisse quello che diciamo, ma poiché ne dubito, allora faremo la guardia in due.

 

 

 

Gianmaria sogna. Sogna Milano e la sua famiglia, i fratellini che gli vengono incontro ridendo e il padre che ride lisciandosi i baffi “e bravo figliolo!” esclama paonazzo dalla gioia abbracciandolo “sei stato bravo, Gianmaria!” dice dandogli una pacca sulle spalle, una delle sue belle pacche forti da spezzar la schiena.

- Aaa…maatoo…- una voce fastidiosa e tentennante s’infila nel suo sogno. Gianmaria apre un occhio seccato, ritrovandosi all’altezza del ginocchio di Lodovico. Alza lo sguardo, trovandolo intento a leggere una lettera alla luce del fuoco. Guarda a lungo la faccia concentrata, con la fronte corrugata in un’espressione leggermente perplessa – Lodovico…- dice in tono più sicuro (quindi almeno il suo nome lo sapeva leggere bene) – soonoo…

- Non sai leggere?- domanda Gianmaria, puntellandosi su un gomito – So leggere.- risponde Lodovico, punto nell’orgoglio. Gianmaria si passa le mani fra i lisci capelli castani, mettendosi a sedere – Non sai leggere bene. –

- Lo so’.- borbotta Lodovico, abbassando il capo. Gianmaria sorride – Di chi è la lettera?

- Di mia moglie.-

- Da quanto sei sposato?

- Due anni circa.- Lodovico sorride leggermente nel dire quelle parole – Come si chiama tua moglie?- domanda Gianmaria avvicinandosi a lui –Rosa, si chiama Rosa.-

- Avete figli?

- Uno: Damianino che ha sei mesi. Cioè, l’aveva quanno so’ partito. Ora avrà quasi n’anno. - il sorriso si spegne sul viso di Lodovico – Volevo famme legge la lettera da n’amico che sa leggere bene, ma me son perso durante n’operazione e…- la frase si perde nel crepitio del fuoco – Te la posso leggere io. - propone Gianmaria sorridendo – Sono bravo a leggere.

- Eh, c’hai la faccia da laureato.- dice Lodovico porgendogli il foglio stropicciato – Farò finta che sia un “grazie, accetto il tuo aiuto”.- sospira Gianmaria.

 

 

 

 

 

 

Lodovico sorride e Gianmaria vede una lacrimuccia spuntagli all’angolo dell’occhio, subito asciugata con uno sfregamento di quella sorta di carta vetrata di cui è composta la sua divisa – ‘spetta, te faccio vede’ bella cosa. – dice frugandosi in tasca. Ne estrae una foto piegata malamente, che distende con i palmi sul ginocchio. Alla fine può mostrare a Gianmaria la foto ingiallita di una donna con un vestito a fiori e un bambino fra le braccia – La mi’ Rosa e Damianino.

Gianmaria sorride – Tua moglie è splendida.- dice prendendo la foto fra le mani – Certo, è la mi’ moglie!- esclama orgoglioso Lodovico. Gianmaria tira fuori un piccolo portadocumenti, estraendo anche lui una foto – Questo è mio padre.- dice indicando il tipo rubicondo col panciotto in mezzo ai quattro ragazzi – E questi sono i miei fratellini.

- E la tu mamma?

- Morta.- dice Gianmaria. Una mano batte sulla sua spalla. Si volta di scatto, incrociando gli occhi azzurri dell’austriaco. Vede che in mano regge una foto

Gli fa largo, facendolo sedere fra sé e Lodovico che stranamente non si lagna – Mutter.- dice Florian indicando una donna sorridente – Vatter.

- Ch’a detto?

- Credo che siano i suoi genitori.- Gianmaria fissa la foto, notando come l’uomo coi mustacchi sulla destra somigli a suo padre. Forse tutti i padri del mondo si somigliano, si dice. Forse anche il padre dell’austriaco aspetta il figlio per potergli battere una mano sulla spalla e dire “sei stato bravo figliolo!”, l’unica differenza era che glielo avrebbe detto in austriaco.

- Che bella tu’madre.- dice Lodovico, osservando la donna bionda con un sorriso. Florian annuisce, andando poi ad indicare lo spazio vuoto accanto ai due Bruder.- dice. Gianmaria lo guarda, poi guarda lo spazio vuoto – Ma come, non c’è nessuno lì.- obbietta.

Florian indica con aria più decisa, corrugando le sopracciglia chiare – Bruder!- esclama. Gianmaria non capisce e Lodovico gli dà un colpetto – Guarda pebene.

Allora Gianmaria la nota: c’è una foto appesa al muro. Bruder, per l’appunto.

 

 

 

 

 

 

- Cosa fai?

- Na tacca.

- Questo l’ho visto.- Gianmaria gli si avvicina per osservare la striscia incisa nel legno. – Perché la fai?

- N’capisco più i giorni.- sbotta Lodovico – Così me li segno.

- Secondo giorno, allora?

- Secondo.

Gianmaria alza lo sguardo verso la finestra e sospira. C’è ancora la tempesta.

 

 

 

 

- Florian è ferito?- domanda Lodovico fissando il fuoco. Gianmaria alza la testa verso di lui ed annuisce.

- Chi l’ha ferito?

- Io.- Gianmaria si alza, accompagnato da un mugugno di protesta di Florian (doveva aver avvertito la scomparsa del calore del corpo di Gianmaria) che dormiva accanto a lui. – L’é porteto qua tu?

- Sì.

- Perché?

- Perché mi somigliava.- Lodovico si gratta una guancia e Gianmaria butta una manciata di paglia nelle fiamme – Era come me: un ragazzino in guerra.

- Ricordo che quanno c’addestravano giù a Piazza D’Armi ce dicevano che l’austriaci son mostri.- dice Lodovico passando le dita sulla visiera del cappello – L’se n’a cosa? Quanno ho ammazzato l’mi primo austriaco era n’ragazzo biondo tipo Florian.

Gianmaria lo guarda in silenzio osservando le forma spigolose del viso di Lodovico che tremolando alla luce del fuoco – S’è piegato in avanti e ha agiteto le braccia. Pareva n’angelo che n’riusciva a volà.

- Gli angeli non riescono a volare in battaglia?

- Non con ‘n coltello infilzeto nte lo stomaco.

 

 

 

 

 

 

- Fa freddo.- bofonchia Gianmaria – Non c’è niente da bruciare?

- No.- risponde glaciale (glaciale era l’aggettivo adatto, giacché aveva persino i cristalli di ghiaccio impigliati sulla barba) Lodovico, incidendo la quarta tacca.

 

 

 

 

- Ho trovato n’à cosa da brucià.- dice Lodovico dando un buffetto a Gianmaria. Saranno due ore che il ragazzo batte i denti stringendo il cappello piumato accanto a Florian. L’austriaco invece si era limitato a fissare le braci del fuoco con aria depressa – Cosa?- chiede speranzoso Gianmaria.

Lodovico sorride, sfilandosi la giacca e buttandola sulle braci.

Gianmaria e Florian fanno tanto d’occhi vedendo la giacca prendere fuoco con le decorazioni e tutto.

Lodovico allarga il sorriso –Per ‘n po’ basterà, no?

Gianmaria si trattiene dal picchiarlo quando gli si siede vicino, mentre Florian gli si avvicina, poggiandogli il proprio cappotto sulle spalle – Così però bubboli dal freddo tu, Florian.

Lodovico avvicina a se i due, coprendoli alla meno peggio col cappotto dell’austriaco – Quanno finisce la tempesta- dice guardando la giacca bruciare – venite con me a Perugia a magnà la torta. La mi’ Rosina la fa che è meraviglia.

 

 

 

 

- Senti una cosa, Lodovico.

- Che?

- Ora Florian non ti sta più antipatico?

- Ah, finché n’parla…

 

 

 

 

- Gianmaria…

- Sì?

- C’ho sonno.

- Dormi, allora.

- Non quel sonno, quell’altro.

- Quale altro?

Lodovico gli mette in mano un foglio spiegazzato –La f’è avé mi’ moglie, Gianmari? Prometti?

Gianmaria annuisce. Lodovico sorride voltandosi e carezza i capelli biondi di Florian – Peccato che n’parlo l’austriaco.

 

 

 

 

Lasciano il corpo di Lodovico in un angolo della baracca e si stringono sotto il cappotto. Gianmaria sospira e l’aria si trasforma in una nuvoletta.

- Era un brav’uomo. - dice. Florian guarda fisso il corpo dell’ardito. Gianmaria chiude gli occhi – Molto bravo.

 

 

 

 

Il sole illumina la neve bianca facendola risplendere come un tappeto di diamanti. Florian esce dalla baracca, lanciando un ultimo sguardo ai due corpi abbandonati sul pavimento.

Ha sistemato i berretti sulle teste dei due soldati, avendo cura d’inclinare quello del Bersagliere e lucidare il teschio su quello dell’Ardito.

Tiene in tasca una lettera e due foto.

Sospira strofinandosi le braccia con le mani. Vuole tornare a casa, ora.

Poi, quando finirà la guerra, tornerà in Italia, a portare le foto e le lettere.

In fondo lo sapeva che sarebbe stato un male dire ai due che lui l’italiano lo capisce.

 

 

 

 

 

 

 

A.Corner___

 

 

Tutta questa roba sulla guerra mi fa male al cervello.

Dunque il buon Lodovico è un contadinozzo del contado perugino, mente il caro Gianmaria stava tentando la laurea a Milano. Disgrazia ha voluto che la guerra mettesse fine alle loro occupazioni.

Florian lo immaginavo allievo del conservatorio, figlio di una famiglia della bassa nobiltà viennese.

Ah, “Vo a fa come l’por Balgioni” significa che presto si tireranno le cuoia. Mentre “te se simpatico come ‘na rasagnolata su la capoccia” significa “sei simpatico come una mattarellata sulla testa”.

È triste non azzeccare gli accenti del proprio dialetto, eh?

E poi… umm… basta.

Allegria!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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