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Autore: fri rapace    10/07/2010    11 recensioni
“La maestra vuole che le diciamo del lavoro dei nostri papà…” ammise Teddy, il faccino tirato. “…ma se le dico che papà è un Auror, quella non ci capisce un tubo!”
Il piccolo Teddy alle prese con un disegno un po' complicato.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Parrucchiere per pecore Teddy fece capolino nella stanza dei suoi genitori, sfregandosi vigorosamente gli occhietti pieni di sonno.
“Peeermesso…” sbadigliò. “Cosa è che fate?”
Tonks, che aveva appena finito di infilarsi il pigiama - quello del martedì, con disegnato sul petto una gallina alla guida di un taxy - gli diede una lieve pacca sul sedere. “Niente di interessante, bello addormentato. Su, torna  a infrattarti nel tuo lettino.”
“Ma sono sicuro che c’è una cosa che non mi piace, di là!” esclamò lui, all’improvviso sveglissimo, saltando al centro del lettone e fermandosi di botto dopo tre rimbalzi. “La maestra vuole che le diciamo del lavoro dei nostri papà…” ammise, il faccino tirato. Da quando aveva iniziato a frequentare la scuola elementare Babbana, sempre più spesso, la notte si alzava per trovare rifugio tra mamma e papà.
Anche se non lo ammetteva, Tonks sapeva che la paura di non fare sufficientemente bene, di non essere bravo abbastanza, lo preoccupava tanto da disturbargli il sonno.
“…ma se le dico che papà è un Auror, quella non ci capisce un tubo!”
“Non devi dire Auror, infatti, dì… che so… qualcosa di altrettanto fico ci sarà anche nei lavori Babbani, immagino. Tipo… l’astronauta, o… il tosatore di pecore,” si ingegnò lei.
Lui corrugò la fronte. “Ma non è come dire una bugia?”
Remus, seduto sul letto, prese le manine del piccolo, invitandolo ad avvicinarsi di più a lui. “A volte è necessario dire della piccole bugie, Teddy, ce lo impongono le leggi del Mondo Magico,” gli regalò uno dei suoi sorrisi speciali, di quelli che l’avevano fatta innamorare di lui e ora incantavano il loro bambino. “E poi non sarebbe una vera bugia, perché, beh… non farò l’Auror ancora per molto, sono stanco di combattere…”
Gettò a Tonks un’occhiata preoccupata, forse temendo che avrebbe protestato, o mal giudicato. Si sbagliava. Poteva capirlo, anche se lei non avrebbe abbandonato il suo lavoro per nulla al mondo.
“L’astronauta,” proseguì lui, intuendo che andava tutto bene. “Lo trovo un lavoro troppo impegnativo visto il rapporto complicato che ho con alcuni astri, ma magari potrei tentare con le pecore…”
“Un lupo che fa da parrucchiere alle pecore, eh?” lo pungolò Tonks, con uno sguardo complice.
Teddy si lanciò contro la schiena del padre, aggrappandosi al suo collo con tanta esuberanza da strappargli un gemito. “Ma-è-fichissimo!” scandì entusiasta. “Non vedo l’ora di dirlo alla maestra!”
“Concordo,” annuì Tonks seria. “Ma mai fantastico quanto il lavoro che davvero il papà vorrebbe fare, quello che si merita più di chiunque altro.”
Remus chinò il capo, dichiarando la sua sconfitta ancor prima di aver provato a combattere, come faceva sempre quando la posta in gioco era la propria felicità. “Ne abbiamo già parlato, Dora, sai che non è possibile.”
“Al rogo quei bigotti razzisti dei maghi!” s’infuriò lei. Avevano combattuto anche per loro, ma quelli si erano affrettati a dimenticarlo, preferendo tenersi i propri pregiudizi e continuare a far coincidere l’immagine del lupo mannaro con quella del meritatamente defunto Greyback. “Ma anche i Babbani hanno scuole. Possiamo sempre falsificare i documenti! Carta di identità, diplomi, quelle cose lì. Che ci vuole?”
Remus la guardò in tralice. “Pensi di essere in grado di incantare un computer? Perché i Babbani sono anni che archiviano a quel modo i dati.”
“Oh,” si incupì lei. “Non viaggiano più a pergamena? Insomma, i computer vanno bene per le stupidate, per i documenti ufficiali si dovrebbe usare roba più virile, e poi una pergamena, è per sempre.”
“Economico che tu lo pensi delle pergamene e non dei gioielli,”  si rallegrò lui. “E trovi che la pelle di pecora sia… virile? Oh,”  tacque, valutando seriamente la sua affermazione e scrollando infine le spalle. “Comunque sia, è passata di moda, spiacente.”
“Appena lo prendi in mano tu, papà, il lavoro con le pecore, vedrai che la vogliono ancora tutti e la mamma può mettersi a bruciare anche i computer, oltre al Mondo Magico e alle salsicce,” lo rassicurò Teddy, sempre in prima linea, assieme alla mamma, per contrastare l’assenza di autostima paterna, ribadendo in ogni occasione la convinzione nelle sue straordinarie capacità.

*******

“Questo è il disegno per il compito?” chiese Remus, piegandosi un poco sul quaderno a quadrettoni del figlio.
Teddy sporse il labbro inferiore, detergendosi platealmente la fronte asciutta. “Sì. L’ultimo… Ne ho già fatti minimo un miliardo di compiti, oggi,” esagerò, accasciandosi sul tavolo a braccia aperte, come un gelato sciolto.
Remus sorrise tra sé e sé, accarezzandogli la schiena. “Povero il mio piccolo,” sussurò comprensivo. “Ancora questo sforzo e sarai libero di uscire a giocare.”
Lui rantolò, quasi fosse in agonia, e di nascosto ritrasse la mano destra nella manica della felpa mostrandogli poi il moncone. “Papà, me lo colori tu, il disegno? Ho consumato tutta la mano per fare gli altri compiti!”
Remus prese una sedia e si accomodò accanto a lui, scoprendo e aprendogli la manina per controllare le sue dita. “Uhm. In effetti mi sembrano più corte di qualche ora fa,” constatò.
“Davvero?” si preoccupò sinceramente Teddy. Già così faceva fatica ad arrivare a rubare la cioccolata dai vasetti quando erano pieni solo per metà, se gli si fossero ulteriormente accorciate le dita sarebbe stato un problema, anche perché non era ancora in grado di controllare i suoi poteri di Metamorfomagus tanto da piegarli al suo volere.
Remus gli indicò un temperino. “Magari basta appuntirle un po’ e riuscirai a finire il compito da solo”, propose ragionevole.
“Ma così diventano ancora più corte!” protestò lui, sconvolto per il fatto che non avesse capito una tale ovvietà.
“Ah. Giusto.”
Ci fu una lunga pausa, con Teddy che lo controllava di sottecchi, sperando che l’avrebbe visto da un momento all’altro raccogliere uno dei pastelli.
L’attesa lo snervò, e alla fine dovette ripetere la sua richiesta. “Lo colori tu?” con una vocina sottile.
“Ok.”
Sgranò gli occhi , sorpreso per essere stato accontentato. Concessioni così facili e totali se le aspettava dalla mamma, Remus era più il tipo da compromessi.
“Davvero?”
“Sì, Teddy.”
Remus scelse con cura il colore più adatto al suo scopo.
“Verde?”
“Sì”
“Allora tu fai gli alberi e il prato,” gongolò Teddy. Erano le parti più estese da colorare.
“No.”
Il bimbo fu velocissimo nel bloccargli la mano, considerando le condizioni gravissime in cui versavano le sue dita.
“Come no?” soffiò, tutto preoccupato.
“Coloro le pecore.”
Teddy lo guardò intensamente, e con vivo rimprovero lo redarguì: “Ma no! Sei matto? Non puoi colorare! Io voglio essere bravo, e così mi fai prendere un brutto voto!”
Remus prese la Pluffa al volo, abbandonando immediatamente il pastello accanto agli altri sparsi un po’ dappertutto.
“Ok. Come vuoi tu.”
Il bimbo capì subito il suo gioco e mise il broncio, le braccia incrociate al petto. “Lo hai fatto apposta! Mi hai imbrogliato!”
“Si dice raggirato”, lo corresse pacatamente.
“Non si fa!” lo sgridò severo. “Mamma! Papà mi ha girato!” urlò, rivolto al salotto.
“Ok! Ma digli di girarti piano stavolta, che la volta scorsa hai vomitato!”
Teddy, esasperato, rinunciò subito a spiegare alla mamma cosa intendeva dire e che mai si sarebbe lamentato per i volteggi in aria che gli faceva fare papà. Aveva ripetuto a Remus che erano la sua passione almeno un centinaio di volte.
Probabilmente una piccola “girata” gli avrebbe restituito il sorriso seduta stante anche in quel momento, ma non poteva concederglielo. C’era un momento per divertirsi e uno per studiare, ed era suo dovere educarlo affinché rispettasse i suoi impegni.
Avvicinò di più la sedia al corpicino di nuovo prostrato sulla tavola e gli accarezzò i capelli, in quel momento di un brutto color fango.
“Non farò il compito per te, non è giusto, lo capisci?”
Teddy annuì, facendo slittare il quaderno sotto il mento.
“Però posso aiutarti, se vuoi. Lo accetti, il mio aiuto?” Sperò in una sua risposta affermativa. Anche se non approvava i capricci, non gli piaceva vederlo così triste.
Lui tirò su con il naso, appropriandosi del pastello verde abbandonato dal papà.
“Sì, per favore. Mi insegni come si fa a colorare tutto pieno senza lasciare gli spazi bianchi? Voglio fartele bellissime le pecore, così il tuo nuovo lavoro ti piace come quello che brontolava la mamma.”
Remus si commosse, il suo maghetto era davvero adorabile. E non c’era nulla di più bello al mondo di un bimbo che desiderava imparare.
Ripensò all’anno che aveva trascorso a Hogwarts come insegnate, a quanto l’aveva entusiasmato. Lo riempiva ancora di gioia l’impegno con cui Harry seguiva le sue lezioni private sui Patronus.
“A cosa pensi, papà?”
Decise di essere sincero. Parlare di quello che gli passava per la testa gli faceva bene, anche se era un lusso che raramente si concedeva. “A Harry.”
Prese la manina del figlio nella propria e la guidò sul foglio.
“Hai insegnato anche a lui come fai con me?”
“Una specie…”
Il sorriso sul viso di Teddy si allargava, man mano che vedeva la chioma del suo albero riempirsi uniformemente di colore.
 “Non lasciarmi la mano, papà. Mi piace stare così, persino più che le pecore!”
“Anche a me”, confessò, crucciandosi per la sua incapacità di esprimergli quanto.

*******

Remus strinse la mano alla signora Powell, l’insegnate di lettere di Teddy.
“Sono felice di conoscerla, signor Lupin.”
“E di conoscere me se ne sbatte, invece?!” mugugnò torva Tonks al suo fianco, piccata per il modo antipatico con cui la donna la stava ignorando.
La signora Powell proseguì apparentemente senza averla sentita, storcendo giusto un poco il naso in direzione della sua chioma rosa cicca. “Sono contenta che ci sia una figura solida nella famiglia del piccolo Theodore. Una persona con una chiom… intendo, una professione, dignitosa.”
Remus fece per controbattere, ma venne subito zittito in maniera perentoria. Quella donna gli metteva soggezione al pari di Minerva McGranitt quando era piccolo.
“Mi vuol parlare un po’ del suo impiego? Lo trovo interessante. Con i suoi suggerimenti, potrei gettare le basi per un laboratorio fatto su misura per gli alunni più talentuosi.”
“Beh… sì. Immagino che potrebbe essere interessante per dei ragazzini di città…” considerò lui rimanendo sul vago, visto che le uniche pecore con cui aveva mai avuto a che fare erano quelle stampate sul pigiama di sua moglie. Ovini che guidavano taxy, per lo più il venerdì.
Tonks, con un sorriso sornione, gli suggerì di convincerla della sua intensa professionalità con qualcosa di “tecnico”.
“Ehm… io… preferisco… maneggiare quelle ricce,” azzardò poco convinto. “Danno meno scarto delle altre e non intasano le forbici.”
“Esatto. E poi quelle lisce sono anche più difficili da contare per prendere sonno”, aggiunse Tonks, assumendo un’aria profondamente saggia, e venendo ancora una volta ignorata.
“Si riferisce a delle pecore o all’insalata?” si sincerò arcigna l’insegnante. “Ma soprattutto, potrei sapere di cosa sta vaneggiando?”
“Del disegno di Teddy riguardo il mio lavoro,” lo indicò, era appeso alla parete dietro di lei.
La donna esibì una smorfia di disapprovazione. “Quello, signor Lupin, è un disegno sugli animali da cortile. Li vede, accanto, quelli degli altri bambini? Pecore, mucche. Galline.”
Ora parlava lentamente, come se all’improvviso lo considerasse un po’ duro di comprendonio.
“Ah… beh, sì, la gallina l’avevo riconosciuta, è quella del pigiama del giovedì…” disse lui serissimo e del tutto incapace di trattenersi.
“Martedì”, lo corresse prontamente Tonks.
L’insegnate sembrò concludere che la fiducia in Remus fosse stata mal riposta e che si sarebbe meritato anche lui lo stesso trattamento che aveva riservato alla moglie: essere ignorato.
“È questo il disegno di cui parla lei”, disse seccamente.
Tolse un foglio di pergamena infilato in una cartellina.
“Ho solo una domanda, e la prego di non divagare. Chi è Harry Potter? Intuisco che è una persona di spicco, ma non ricordo nessuno con quel nome, tra i pittori contemporanei.”
Remus e Tonks si piegarono sul disegno.
Teddy aveva ritratto il padre assieme a un ragazzino. Gli teneva il pugno tra le mani, aiutandolo nel guidare una bacchetta,  mentre l’aria trasparente davanti ad essa si addensava colorandosi d’argento e accennando a modellarsi nella forma di un cervo.
“Il mio papà che insegna a colorare all’eroe magico Harry Potter,” c’era scritto a lettere grandi ed incerte. “Lo disegno perché una pergamena è per sempre e lui così continuerà a fare il professore, con me. Proprio per sempre.”
Remus si augurò che il suo - il loro - desiderio, si avverasse, autoproclamandosi il professore migliore del mondo. Perché un buon insegnante lo si giudicava dai propri allievi.
“Sai, Dora… è questo il lavoro fantastico che davvero vorrei fare.”
Lei annuì, stringendogli la mano sotto lo sguardo perplesso della signora Powell.
Stavano entrambi pensando la stessa cosa: “Il papà.”







Chi ha letto la mia long "Una vita in più" riconoscerà nella parte iniziale di questa shot la parte (finale) di questo capitolo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=449197 (forse, è un po' vecchiotto, risale a gennaio!! Uh, quanto vola il tempo...)
L'ho ripreso e ampliato per partecipare a un contest organizzato da Acciofanfiction con argomento "I compiti"
Può tranquillamente essere letto come una shot a sé... o almeno, lo spero. Anzi, se qualcuno che non ha letto la mia long trova che ci siano dei punti poco chiari, pregherei di farmelo sapere, in modo da poterla sistemare (la mia Beta, ovviamente, aveva letto anche la long).
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato la mia ultima shot (Geometria), con un "bentornate!" a quelle recensitrici che non sentivo da tempo ^^
ciao ciao
Fri

Ps-visto che Theodore significa "Dono di Dio" e Ninfadora "Dono della Ninfa", immagino che il nome per esteso di Teddy (e Ted Tonks) sia questo (fonte: forum di Acciofanfiction).

Pps- nella shot (e long) Remus è un Auror, perché credo che sia il lavoro per cui è più qualificato, oltre all'insegnante.


   
 
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