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Autore: E u r eka    10/07/2010    1 recensioni
Era, doveva essere questa l’impressione che si aveva morendo, di rimpianto, ma anche di liberazione. Era libero, si disse con un sospiro rilassato e occhi da pacificatore.
Libero ripeté, sentendo il corpo perdere consistenza e diventare leggero come una piuma, sgravato di mille massi.
[III Classificata al contest "Di canzoni, amori e un finto campo di grano" indetto da Darkrose86 e vincitrice del Premio per lo Stile]
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vivere

Autore: _Christine_
Titolo: 
Vivere per sempre
Fandom: Naruto
Citazione scelta: 
"Non ti serve a niente vivere anche per sempre, se non vivi veramente"
Personaggi/Pairing: 
Sasuke Uchiha; Sakura Haruno
Genere: 
Drammatico; Guerra; Introspettivo
Rating: 
Giallo
Avvertimenti: 
One-shot; What if?
Beta-reading: 
No 
Note dell'Autore: 
Questa storia l’avevo scritta di getto quasi due mesi fa e poi l’avevo accantonata perché non mi convinceva appieno. La situazione non è cambiata, continua a non soddisfarmi quasi per nulla. Trovo la situazione descritta trita e ritrita e che non ci sia nulla di originale tranne forse l’introspezione riguardo la scelta finale. Avevo altre idee su come sviluppare la citazione, altri personaggi, altri momenti, altre trame in mente, ma alla fine ha “vinto” questa e lo ripeto e ci tengo a ribadirlo, solo perché, benché i desideri fossero altri, non ho avuto il tempo materiale per riscriverla daccapo. Perciò spero davvero che non sia da buttare nonostante i mille difetti che rileggendola ho trovato. Filippica conclusa ti auguro buona lettura! Beh... a mia discolpa per questo papiro posso dire soltanto fosse mia intenzione prepararti psicologicamente a non aspettarti nulla di eclatante, tutt’altro.. io la trovo quasi banale, ma la speranza è l’ultima a morire ^^”.    
Introduzione: 
Era, doveva essere questa l’impressione che si aveva morendo, di rimpianto, ma anche di liberazione. Era libero, si disse con un sospiro rilassato e occhi da pacificatore. Libero ripeté, sentendo il corpo perdere consistenza e diventare leggero come una piuma, sgravato di mille massi.

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"Non ti serve a niente vivere anche per sempre, 
se non vivi veramente." Vivere per Sempre

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La vita è preziosa e rara, il primo e più grande tesoro di cui gli Dei ci fanno dono, l’unica cosa che ci appartiene davvero oltre al nome. E’ nostra e risponde semplicemente ai desideri e le scelte che vengono presi nel corso del tempo e che la caratterizzeranno come propria. 
Vivere è bello, ma non semplice e dopotutto apparirebbe altrettanto meraviglioso nell’alone di mistero che lo circonda se non lo fosse? Non si dice forse da sempre che è bello quel che si conquista e che lo si merita guadagnandolo col sangue e col dolore?
Che fosse o non fosse così, la vita mai come in quell’istante gli era apparsa più bella o meno dolorosa. Era, doveva essere questa l’impressione che si aveva morendo, di rimpianto, ma anche di liberazione. Era libero, si disse con un sospiro rilassato e occhi da pacificatore. Libero ripeté, sentendo il corpo perdere consistenza e diventare leggero come una piuma, sgravato di mille massi.
Tutto ha un suo peso, questo era certo, tuttavia ciò che maggiormente l’aveva soffocato negli ultimi anni, ancor più del senso di colpa, dell’attesa infinita del prezzo da pagare che mai pareva giungere e che gli pendeva sulla testa come una spada di Damocle, dell’odore dolciastro del sangue che gli  impregnava la katana e del nero che sempiterno lo avvolgeva, che l’aveva schiacciato torchiandolo e torturandolo, era l’anima. Aveva trovato sin da bambino che quell’invisibile parte che componeva il corpo umano, refrattaria ad ogni lama se non forgiata nelle lacrime e avvelenata dalla sofferenza, costituisse un inutile intralcio ai suoi scopi, ulteriore ostacolo al suo cammino consacrato alla vendetta. 
Teneva alla sua vita e sempre l’aveva considerata come qualcosa a cui aggrapparsi, eppure ora riconosceva che quella sua stessa vita a conti fatti non gli fosse mai realmente appartenuta, che mai fosse stata sua completamente, non davvero. 
Le decisioni che negli anni aveva preso di sua spontanea volontà, ogni azione, ogni gesto, parola o sguardo non erano stati mai propri, mai davvero suoi e si scoprì a pensare, ora si ritrovava con un pugno di mosche. Perché dietro la vendetta che tutta la sua vita aveva riempito, l’odio che sempre l’aveva accompagnato fedele esulcerandogli il cuore ed ottenebrandogli la mente, cosa c’era se non il vuoto? Oltre gli omicidi, i fantasmi e i cadaveri putrefatti che comparivano ogni notte tra le ombre della sera a ricordargli le colpe di cui si fosse macchiato, oltre il peccato dell’aver tradito amici e compagni, la propria famiglia, cosa rimaneva?
Il nulla e nel niente tutto perdeva di valore e importanza, appariva spoglio e avvilito nella misera povertà. Eppure, nonostante quella consapevolezza amara in qualche modo dovesse pur ferirlo, in realtà non sentiva niente, non provava altro che indifferenza. Guardava immagini e scene del passato scorrergli davanti agli occhi socchiusi e spalancati ai ricordi, senza che sentimenti di alcun genere sorgessero in lui. 
La sua vita non era stata semplice, ma era stata una vita, la sua vita e dannazione! Non se ne pentiva. Era stato suo l’odio, sua la vendetta, sue le mani assassine e castigatrici, lui il punitore. 
Si era preso la rivincita nei confronti di quella vita che tutto gli aveva tolto, aveva regolato finalmente i conti e per ripicca quella stessa maledetta gli si era ritorta contro ancora una volta abbandonandolo, ma ne era valsa la pena. Era stata la sua un’esistenza piena, intensa, per nulla banale o monotona a confronto di tante altre.
Moriva giovane, folle eroe ed erede di un casato di pazzi orgogliosi di esser tali, ma vecchio, veterano di guerre e giochi di potere, di amore e rancore, sopravvissuto condannato e infine giustiziato. 
La consapevolezza che almeno pur se corrotto e infangato, avrebbe continuato nel tempo ad incutere lo stesso timore reverenziale che l’aveva reso famoso, eterno come non lo è la vita, ma può esserlo solo un nome. Era stanco, pago ma non sazio né felice. La felicità era per gli sciocchi e gli allocchi, i sogni per i creduloni e gli sprovveduti, le promesse per gli illusi abbagliati dall’ottusa convinzione di poter rimediare o ricucire ciò che era andato rotto e perduto. Voleva solo riposare, chiudere gli occhi e addentrarsi nelle tenebre che lo circondavano, unirsi agli spettri dei non vivi e non venirne più seccato.
Non desiderava un futuro, né il presente, basta con il passato, solo sprofondare in un sonno senza sogni e senza pensieri. 
Sasuke Uchiha spalancò per quella che ritenette l’ultima volta gli occhi al mondo e la rabbia scarlatta che ne aveva dipinto le iridi si sciolse ai lati del viso, lasciandoli scuri nella pece e di un nero che non conosceva e diceva nulla, ma che era solo nero, puro pozzo di buio pesto senza perché né per come. 
Lo sguardo dell’uomo nero, capace di risucchiare ogni luce intorno a sé senza esserne illuminato, inaccessibile e fitto come una notte di novilunio, parve per un attimo posarsi sulla folla di macchie di cenere bigiastra che assisteva alla sua caduta e soffermarsi in particolare su quella lucida di una donna che gli correva incontro, uno schizzo di colore rosa e verde nel grigiore.
Crollando a terra in quella polvere così simile a cipria fosca, osservò disinteressato la chiazza che gli si allargava intorno, il fiume di fumo liquido che sgorgava a fiotti dal taglio all’addome. 
Riportò l’attenzione sul suo aguzzino, in piedi a sovrastarlo sinistro e pronto a fiondarsi su sui resti come un avvoltoio. Ne colse l’espressione da predatore, avida e ingorda, ma non se ne curò. L’incombenza sarebbe ricaduta su qualcun altro … non sarebbe stato suo anche quel problema.
A disturbare i pensieri del morituro uno spostamento d’aria e il rumore di uno schianto. Pochi istanti dopo, laddove prima stava Madara, ora c’era Naruto, uno scarabocchio rosso e arancio in perenne movimento. Intorno alla sua figura indistinta tutto pareva crepitare d’ira collerica e furibonda e lingue di chackra saettavano verso il cielo come piccole serpi cremisi. 
Al suo fianco invece Sakura, l’aria logorata mentre si affannava intorno alla ferita, una ruga di concentrazione – o forse preoccupazione?- a solcarle la fronte. 
«Sakura!» Naruto la chiamò con fare urgente fissandola al di sopra della spalla con cipiglio determinato. «Tu pensa a Sasuke che di Madara me ne occupo io!» ringhiò e si lanciò contro l’avversario, scomparendo nella nebbia caliginosa alla ricerca dell’odiato nemico. 
Sakura annuì appena, presa com’era dallo studio della ferita e la sentì imprecare qualcosa. Non gli sfuggì la parola veleno da lei sibilata in un sussurro di frustrata impotenza.
«Maledetto!» bestemmiò con quanto fiato aveva in gola piegandosi verso di lui per sentirne il battito.
Sasuke cercò di scacciarla con la mano, ma il tentativo fu così fiacco da farla spaventare ancora di più. «Non ti azzardare …» la voce vibrante d’indignazione uscì meno sicura di quanto avesse voluto. «Abbiamo un conto in sospeso noi due e intendo fare in modo che tu lo saldi.»
Non le chiese nemmeno a cosa si riferisse, minimamente interessato a quel che gli succedeva vicino. 
Con i sensi intorpiditi non percepiva che deboli fruscii e tutto era diventato opaco e spento senza lo Sharingan attivato.
Sakura in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere nelle medesime condizioni, fuggire dall’incubo che stava prendendo forma sotto i suoi occhi, l’inferno che si stava scatenando.  
Il sibilo del vento, il mulinare furioso della neve che la colpiva sferzante e il baluginare delle fiamme lontane nel cielo privo di stelle, ma illuminato a giorno. 
Non poteva essere, pensò orripilata. Naruto non poteva aver risvegliato il demone in un lasso di tempo così breve. Erano trascorsi pochi minuti, pochi, troppo pochi perché lui … Eloquenti a contraddire la propria incredulità otto code oscillavano nell’aria impazzite. Sinuose nel compiere la loro opera di devastazione, conducevano lenta la loro danza di morte.
Il sapore aspro, ferroso del pianto salato e del sangue sulle proprie labbra, la rabbia impetuosa che permeava ogni cosa, affluiva e sembrava dare maggiore potere alla Volpe, giungendo anche a lei. Sconvolgente le pervadeva le membra spossate, le ardeva nelle vene, mentre le scintille e i lampi, il tuonare roco e disumano dei ruggiti squarciavano il silenzio in un urlo bestiale di livore risentito e ancestrale. Il solleone era diventato torrido, l’aria irrespirabile; la neve si scioglieva ancor prima di toccare il suolo. L’atmosfera era soffocante, ma al tempo stesso gelida, un freddo che non proveniva che dall’animo ed era perciò tanto più penetrante e tagliente. Le sembrava di essere circondata dal fuoco, ma di non riuscire ad esserne scaldata, il ghiaccio che non si scioglieva nonostante le fiamme lo accarezzassero languide. Era una sensazione orribile e rabbrividì. 
Tra le vampate e i roghi accesi, il boato delle esplosioni nelle orecchie, circondata dai ghiacci e da fiocchi incandescenti, capì cosa fosse la paura.
Viscida le si infiltrò nelle ossa, insinuandosi come una sostanza densa e appiccicosa fino al cuore e stritolandoglielo in una morsa crudele. 
Fu il sommesso gemere di Sasuke a risvegliarla da quello stato confusionale. Ancora stordita si chinò nuovamente, constatando con orrore che la pelle stesse scurendosi e i capelli crescendo. 
Allungò una mano in direzione del collo, ma subito dovette ritrarla perché bollente.  
Il circolare della tossina nel corpo doveva aver risvegliato e fatto reagire in qualche modo il segno maledetto che ora si attivava per eliminarne, sperava, gli effetti letali.
Non poteva fare niente. Era come una bambina, troppo piccola in mezzo ad eventi tanto più grandi di lei per riuscire ad ottenerne la comprensione. Non poteva aiutare Naruto abbandonando Sasuke né aiutare Sasuke lasciando che la coscienza di Naruto venisse completamente inglobata dal demone. Era inutile ad entrambi, persa nella moltitudine di eventi che la stava assorbendo senza essere capace di fare qualcosa. Non ne era all’altezza, ma … Il potere della negazione, del rifiuto ritrattato e della smentita, un ma capace di aprire nuove porte e infonderle la speranza e fiducia smarrite. Forse la sua presenza non sarebbe servita a nulla, ma era lì, con loro e per loro. 
Prese nella sua la mano arroventata di Sasuke e insieme a lui urlò di dolore quando riaprì gli occhi accesi come braci. Era strano, pensò, sentendo le dita e il palmo strinarsi, fitte bruciarle il sangue e trapassarglielo con lame di calore vivo e insopportabile. Aver desiderato per tutti quegli anni di poter essergli nuovamente vicina e ora ritrovarsi a fare lo stesso, catapultata nel suo sogno ad occhi aperti, sofferenza e piacere che si fondevano tra loro, la disorientò, ma senza confusione. Strinse gli occhi, mordendosi forte le labbra per rimanere lucida e sembrò trascorrere un periodo di tempo infinito prima che la lava smettesse di scorrergli in corpo e il dolore si attutisse fino a diventare un eco strascicato. «Sasuke …» sussurrò subito e sollevata ne sentì il respiro rotto. Respirava, in modo fioco e impercettibile, ma respirava e Kami! Non era mai stata tanto felice. Perché lui era vivo e insieme avrebbero svegliato Naruto dal sonno indotto e incosciente in cui era caduto, perché avrebbero sconfitto Madara e sarebbero tornati a casa tutti e tre, sani e salvi, perché per la prima volta da non ricordava neppure lei quando, era riuscita a scorgere qualcosa nel velo di tenebre compatto che lo adombrava e che ne fosse stato rischiarato in modo soffuso. 
Sasuke fissò lo sguardo febbrile sul suo volto devastato e sporco di fuliggine come se quel che osservava non fosse affar suo. Tuttavia Sakura fu trafitta dallo studio approfondito dei suoi lineamenti stanchi e capricciosamente pensò che fosse una tortura il rivederlo sempre in simili occasioni e conciata a quel modo. Doveva sembrare davvero un mostro ricoperta di lerciume dalla testa ai piedi, gli abiti laceri, con  i capelli impiastricciati e le gote parzialmente ripulite dalla scia delle lacrime. Aveva la gola riarsa dalla sete e un nodo allo stomaco per la tensione accumulata. 
Ora che Sasuke era fuori pericolo, cominciò a guardarsi intorno frenetica, ma non riuscì a scorgere nulla oltre la terra corrosa e annerita, gli alberi carbonizzati e il nerofumo. 
Ovunque c’era solo desolazione e i segni del passaggio della Volpe maledetta, ma della sua presenza attuale nessuna traccia.
«Dobbiamo trovare il modo di raggiungere Naruto.»
Senza dar segno di averla ascoltata, Sasuke si raddrizzò tenendosi piano il capo con la mano sinistra, la destra ancora intrecciata alla propria. Come intuendo i pensieri dell’altra, la sciolse dalla sua presa d’acciaio portandosela al fianco, all’altezza della spada. La mano escoriata e rossa ora libera, Sakura non se la portò al petto, sebbene fosse stato istintivo di fronte all’indifferenza distaccata di lui pensare di farlo, ma la lasciò lì, inerme sul suolo a poca distanza dalla gamba, sottomessa e rassegnata. Lo vide alzarsi barcollando e senza ulteriori indugi si sollevò, imitandone i gesti e affiancandolo. 
Ancora non la guardava, quasi fosse invisibile per lui. Sasuke continuava a scrutare davanti a sé come se fosse solo.
«Naruto …» fece per prendergli il braccio, ma all’ultimo le mancò il coraggio e rimase immobile, frenata dalla paura di essere respinta di nuovo.    
«Ha bisogno di noi.» ripeté e nella stanchezza chiara era la determinazione, forte la volontà di non arrendersi che non accennava a piegarsi, nemmeno al terrore. E c’era quell’energia dirompente nonostante lo sfinimento e il pericolo, quella maledetta foga impetuosa nei lineamenti irrigiditi del viso, nella posa delle braccia stese lungo i fianchi, nei pugni chiusi che non aveva intenzione di diminuire o smorzarsi. 
Guerriera pronta a dar battaglia al fato e ai demoni, temibile avversaria. 
«Perché?» chiese infine lui con tono incolore dandole le spalle.
Perché sei ancora qui? Perché dovrei aiutarvi? Perché tu e questa vita che non desidero, continuate a torturarmi, rievocando il passato? Perché … perché … perché? 
C’erano tanti perché irrisolti nell’aria, richieste a cui rispondere, domande da soddisfare e vuoti dal colmare. Tante parole non dette e spiegazioni a lungo rimandate, silenzi che non potevano più esser tali. Avrebbe potuto dire e fare tanto Sakura, chiarire e giustificarsi nella propria tenace caparbietà e nell’impossibilità a lasciarlo andare, rendere ovvio ciò che già era scontato e lampante. Poteva realizzare, rendendo realtà e non più fantasie, tante cose com’era stato suo desiderio, tuttavia non fece nulla di quello che forse entrambi si aspettavano. Incurante della morte che le volava intorno, del pandemonio di odio che strisciava nell’aria e filtrava nei cuori, dello sguardo spento di lui che non la guardava; del timore di perderlo ancora una volta dicendo o facendo la cosa sbagliata, per Naruto che chissà dove stava combattendo solo contro gli spettri delle proprie paure inconfessate, di non essere ancora abbastanza. Lui era lì e se anche avesse continuato a fingere che non ci fosse nessuno accanto a sé, Sakura avrebbe fatto sentire la propria presenza e non gliene importava nulla, davvero nulla se sarebbe stata costretta a usare la forza eppure … Inclinò la testa di lato, piegando le labbra in un sorriso sottile e malinconico, ma non meno dolce e lo guardò.  
Irreale, pensò Sasuke lanciandole uno sguardo malevolo. Era irreale come anche in quel frangente, con la guerra che infuriava e la tempesta intorno a loro, lei rimanesse tanto infantilmente ingenua. 
E fastidioso, oltremodo. 
Era bella Sakura, di una bellezza triste e consapevole e fiera, l’orgoglio di un animale braccato che sta per essere reso schiavo e accetta disperato il proprio destino, che si getta nelle fauci dell’avversario premendo le carni nelle zanne affilate per facilitargli il compito e alleggerire la colpa della sconfitta bruciante. Era maledetta Sakura e in quella figura imprigionata dalla sua, nelle loro ombre intrecciate, erano custoditi i colori di una natura in sboccio rubati a quella pianura ardente di morte, incastonati e sfoggiati come simbolo di forza unica ed ineguagliabile. 
Così insopportabile e noioso, così da lei fissarlo e sorridere e … «Penso che ognuno di noi sia quel che sia, indipendentemente da ciò che tenta di diventare attraverso le sue azioni. Tuttavia …» la vide portare le mani intrecciate dietro la schiena inarcandola, gli occhi enormi nella penombra rossastra lucidi come specchi e di un verde tanto vivo da ferirlo, così come quella tranquillità ridicola, artefatta «… trovo sia il minimo che tu possa fare, il tornare indietro intendo. Ce lo devi. Sia a me che a Naruto.» 
Non c’era ombra di rabbia in quelle parole né delusione o amarezza, solo l’ammissione della certezza, sfondo costante vivida e incrollabile la speranza. 
Fiducia intramontabile in lui, nel futuro che si spalancava loro davanti e le infinite aspettative e possibilità da scoprire, fede che negli anni si era attecchita al cuore, germogliando ancora e ancora fino a raggiungere la fioritura completa. Sakura si portò avanti a lui e poi si voltò, nel crepuscolo visibile il braccio teso, la mano aperta e tentatrice. Non c’era passato né presente in quel momento. Riflesso nel palmo annerito che gli porgeva, poteva scorgere solo il domani, una promessa di pace che non richiedeva ulteriori tributi, offerta di libertà e redenzione.
Aveva sempre pensato Sasuke che vivere tra restrizioni, lacune in campo affettivo e totale estraneità da tutto ciò che non fosse affine ai suoi piani o potesse distoglierlo da essi, andasse bene. 
Aveva ritenuto che il fine potesse realmente giustificare il mezzo, che l’odio potesse tappare i buchi e reprimere la nostalgia, che a furia di stare con gli assassini anche lui avrebbe finito col diventarne uno.
Ma anche gli assassini provano emozioni, anche chi uccide, tradisce e sopprime la propria coscienza ha un cuore, pur non ascoltandolo o fingendo di non sentirne le lamentele e questo lui l’aveva scoperto troppo tardi, quando tornare indietro o rimediare sembrava ormai impossibile. 
Quando lui aveva deciso che così dovesse essere.
Sakura lo guardava, ne sentiva il peso, attendendo una risposta. Sakura che gli stava dando un’altra volta la possibilità di scegliere, aspettava, come sempre aveva fatto, ancora.
Poteva cambiare il proprio cammino non completamente tracciato, mutare il destino e farlo proprio oppure proseguire, insofferente ad ogni lusinga e impermeabile ad ogni richiamo.
Vivere per sempre, immortalato nella storia come il distruttore, colui che aveva infranto ogni divieto facendo a pezzi l’ipocrisia e le maschere, che aveva raso al suolo Konoha e il suo perbenismo stucchevole oppure vivere. Vivere veramente, creare la vita e dare vita a qualcosa per cui valesse la pena vivere e che non fosse solo mero strumento di fuga dall’infanzia infelice. 
Formarsi una famiglia, rifondare il clan rovesciato dai sogni di gloria e potere, esistere e non sopravvivere, non più solo.
Una vita eterna ed epica, leggendaria nell’orrore di cui si era fatta manto oppure rallegrata dalla genuina conquista del benessere fisico ed intellettuale. 
Sangue e perdizione, sacrificio di se stesso e penitenza attraverso il disonore.
Salvezza e promettente fausto, linimento di conforto e consolazione, panacea alla croce che si era accollato. 
Sasuke soppesò la mano di fronte a lui e seppe cosa fare.
E il ruggito della Volpe riecheggiò lontano per l’ultima volta di muto e segreto trionfo.
Non ti serve a niente vivere anche per sempre, se non vivi veramente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III classificata 

Vivere per sempre ( vincitrice del Premio per lo Stile ) 
di _Christine_ 

Correttezza grammaticale: 9,5/10 
Stile e lessico: 10/10 
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 
Originalità: 7,5/10 
Attinenza al tema: 10/10 
Apprezzamento personale: 4,5/5 

Voto complessivo: 51,5/55 

Giudizio: un'interessantissima introspettiva su Sakura e Sasuke, mi è piaciuta davvero moltissimo. Ok, la coppia non mi piace e mai mi piacerà perché detesto Sasuke - non me ne vogliano le sue fans, ma proprio quel personaggio non mi va giù -, ma sono sempre felice quando leggo una storia su questa coppia perché la trovo molto angst, ch'è uno dei miei generi preferiti. La tua, in particolare, è veramente notevole. 
Partiamo però dall'aspetto grammaticale, stilistico e lessicale, andiamo con ordine. Non ho trovato errori di rilievo, salvo i puntini di sospensione; ne hai messi sempre due - comunque, sono poche le volte in cui li hai utilizzati -, mentre dovrebbero essere tre. Forse c'è anche qualche virgola di troppo, ma nulla di eclatante. 
Stilisticamente parlando è splendida, come tuo solito; talvolta ho trovato delle frasi che ho dovuto rileggere più volte per comprendere appieno, ma questo dipende soprattutto dall'abitudine a leggere cose meno elaborate, più semplici. Tu, invece, come ti dissi nel giudizio della fic per l'altro mio contest, hai uno stile molto particolare, complesso ed articolato. E, come sempre ti dissi quella volta, sei davvero bravissima sotto quest'aspetto. 
La fic pecca un po' solo dal punto di vista dell'originalità, perché le poche SasuSaku che ho letto narrano quasi tutte di questa sorta di conversione di Sasuke; perfettamente plausibile, naturalmente, ma già vista molte volte, indi non ho potuto alzare più di tanto il voto. 
Per il resto, però, ti faccio i miei più sentiti complimenti. 
I personaggi sono davvero loro, mi hanno letteralmente messo i brividi - in senso buono, ovviamente -, soprattutto Sakura; a questo proposito ti devo ringraziare, per averla caratterizzata così splendidamente. E' uno dei miei personaggi preferiti ma, purtroppo, spesso e volentieri la vedo disegnata come la sfigata di turno che tenta di conquistare il bello di turno che non ci starà mai perché impegnato in altre più interessanti attività. Fortunatamente in occasione dei miei concorsi non mi è mai capitato, ma quando succede vado in escandescenze. E penso che tu mi capisca. XD 
Anche Sasuke è perfetto, l'ho trovato ben trattato anche sul finale, quando decide di costruirsi un nuovo futuro al fianco di quella ragazza che gli è stata sempre vicino nel bene e nel male. 
E' vero che io sono un'amante dei sad ending, ma qualche volta è giusto anche sorridere e sperare in qualcosa di radioso. 
La citazione è stata trattata benissimo, sicuramente nel più semplice dei modi - o meglio, nel più probabile -, ma indubbiamente in maniera magistrale. Sasuke si rende conto di poter vivere per sempre ricordato come il distruttore, ma in fondo che senso avrebbe vivere così? 
Davvero brava, continua così, non posso far altro che ripeterti che sei un'ottima scrittrice e che dovresti seriamente pensare ad una carriera come tale.

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Come può evincersi dalle note che avevo inviato alla stessa giudice, ritenevo questo scritto senza pretese. Non mi sono affatto ricreduta, ma ho solo reintegrato questo mio giudizio ipercritico e se vogliamo esser sinceri continuo a considerarlo come prima, pur essendo naturalmente felicissima della posizione. E dico io chi non lo sarebbe? XD A quanto pare sono proprio portata a scrivere cose oscure, tristi o con sfondi cupi, ma che posso farci se non sono riesco ad essere una persona ciarliera e allegra anche – e soprattutto- quando scrivo? Sarà che ho una vena pessimistica. Tralasciando queste quisquilie e baggianate varie -Dio devo essere cupa pure nelle note, ma è patetico davvero...- rivolgo i miei complimenti a tutte le partecipanti e in particolare alle altre podiste Sisya e Meli_mao!
I banner sono stati realizzati da Shurei e sono davvero belli, ma come al solito devo ancora capire come diavolo si inseriscano. Appena sarò in grado di farlo con mia somma gioia li metterò.
Un grazie gigantesco è per DarkRose per la pazienza e le parole e il cuore che si vede ha messo nel leggere ogni storia, la disponibilità e la perizia dei giudizi. Grazie di tutto davvero <3
Un bacio virtuale a tutti e a presto spero, magari con qualcosa di meno mortifero, eh?     

  
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