Autore: _Christine_
Titolo: Vivere per sempre
Fandom: Naruto
Citazione scelta: "Non ti serve a niente vivere anche per sempre,
se non vivi veramente"
Personaggi/Pairing: Sasuke Uchiha; Sakura Haruno
Genere: Drammatico; Guerra; Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot; What if?
Beta-reading: No
Note dell'Autore: Questa storia l’avevo scritta di getto quasi due
mesi fa e poi l’avevo accantonata perché non mi convinceva appieno. La
situazione non è cambiata, continua a non soddisfarmi quasi per nulla. Trovo la
situazione descritta trita e ritrita e che non ci sia nulla di originale tranne
forse l’introspezione riguardo la scelta finale. Avevo altre idee su come
sviluppare la citazione, altri personaggi, altri momenti, altre trame in mente,
ma alla fine ha “vinto” questa e lo ripeto e ci tengo a ribadirlo, solo perché,
benché i desideri fossero altri, non ho avuto il tempo materiale per
riscriverla daccapo. Perciò spero davvero che non sia da buttare nonostante i
mille difetti che rileggendola ho trovato. Filippica conclusa ti auguro buona
lettura! Beh... a mia discolpa per questo papiro posso dire soltanto fosse mia
intenzione prepararti psicologicamente a non aspettarti nulla di eclatante,
tutt’altro.. io la trovo quasi banale, ma la speranza è l’ultima a morire
^^”.
Introduzione: Era, doveva essere questa l’impressione che si aveva morendo, di rimpianto,
ma anche di liberazione. Era libero, si disse con un sospiro rilassato e occhi
da pacificatore. Libero ripeté, sentendo il corpo perdere consistenza e
diventare leggero come una piuma, sgravato di mille massi.
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"Non ti serve a niente vivere anche per sempre,
se non vivi veramente." Vivere per Sempre
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La vita è preziosa e rara, il primo e più grande tesoro di cui gli Dei ci fanno
dono, l’unica cosa che ci appartiene davvero oltre al nome. E’ nostra e
risponde semplicemente ai desideri e le scelte che vengono presi nel corso del
tempo e che la caratterizzeranno come propria.
Vivere è bello, ma non semplice e dopotutto apparirebbe altrettanto
meraviglioso nell’alone di mistero che lo circonda se non lo fosse? Non si dice
forse da sempre che è bello quel che si conquista e che lo si merita
guadagnandolo col sangue e col dolore?
Che fosse o non fosse così, la vita mai come in quell’istante gli era apparsa
più bella o meno dolorosa. Era, doveva essere questa l’impressione che si aveva
morendo, di rimpianto, ma anche di liberazione. Era libero, si disse con un
sospiro rilassato e occhi da pacificatore. Libero ripeté, sentendo il corpo
perdere consistenza e diventare leggero come una piuma, sgravato di mille
massi.
Tutto ha un suo peso, questo era certo, tuttavia ciò che maggiormente l’aveva
soffocato negli ultimi anni, ancor più del senso di colpa, dell’attesa infinita
del prezzo da pagare che mai pareva giungere e che gli pendeva sulla testa come
una spada di Damocle, dell’odore dolciastro del sangue che gli impregnava
la katana e del nero che sempiterno lo avvolgeva, che l’aveva schiacciato
torchiandolo e torturandolo, era l’anima. Aveva trovato sin da bambino che
quell’invisibile parte che componeva il corpo umano, refrattaria ad ogni lama
se non forgiata nelle lacrime e avvelenata dalla sofferenza, costituisse un
inutile intralcio ai suoi scopi, ulteriore ostacolo al suo cammino consacrato
alla vendetta.
Teneva alla sua vita e sempre l’aveva considerata come qualcosa a cui
aggrapparsi, eppure ora riconosceva che quella sua stessa vita a conti fatti
non gli fosse mai realmente appartenuta, che mai fosse stata sua completamente,
non davvero.
Le decisioni che negli anni aveva preso di sua spontanea volontà, ogni azione,
ogni gesto, parola o sguardo non erano stati mai propri, mai davvero suoi e si
scoprì a pensare, ora si ritrovava con un pugno di mosche. Perché dietro la
vendetta che tutta la sua vita aveva riempito, l’odio che sempre l’aveva
accompagnato fedele esulcerandogli il cuore ed ottenebrandogli la mente, cosa
c’era se non il vuoto? Oltre gli omicidi, i fantasmi e i cadaveri putrefatti
che comparivano ogni notte tra le ombre della sera a ricordargli le colpe di
cui si fosse macchiato, oltre il peccato dell’aver tradito amici e compagni, la
propria famiglia, cosa rimaneva?
Il nulla e nel niente tutto perdeva di valore e importanza, appariva spoglio e
avvilito nella misera povertà. Eppure, nonostante quella consapevolezza amara
in qualche modo dovesse pur ferirlo, in realtà non sentiva niente, non provava
altro che indifferenza. Guardava immagini e scene del passato scorrergli
davanti agli occhi socchiusi e spalancati ai ricordi, senza che sentimenti di
alcun genere sorgessero in lui.
La sua vita non era stata semplice, ma era stata una vita, la sua vita e
dannazione! Non se ne pentiva. Era stato suo l’odio, sua la vendetta, sue le
mani assassine e castigatrici, lui il punitore.
Si era preso la rivincita nei confronti di quella vita che tutto gli aveva
tolto, aveva regolato finalmente i conti e per ripicca quella stessa maledetta
gli si era ritorta contro ancora una volta abbandonandolo, ma ne era valsa la
pena. Era stata la sua un’esistenza piena, intensa, per nulla banale o monotona
a confronto di tante altre.
Moriva giovane, folle eroe ed erede di un casato di pazzi orgogliosi di esser
tali, ma vecchio, veterano di guerre e giochi di potere, di amore e rancore,
sopravvissuto condannato e infine giustiziato.
La consapevolezza che almeno pur se corrotto e infangato, avrebbe continuato
nel tempo ad incutere lo stesso timore reverenziale che l’aveva reso famoso,
eterno come non lo è la vita, ma può esserlo solo un nome. Era stanco, pago ma
non sazio né felice. La felicità era per gli sciocchi e gli allocchi, i sogni
per i creduloni e gli sprovveduti, le promesse per gli illusi abbagliati
dall’ottusa convinzione di poter rimediare o ricucire ciò che era andato rotto
e perduto. Voleva solo riposare, chiudere gli occhi e addentrarsi nelle tenebre
che lo circondavano, unirsi agli spettri dei non vivi e non venirne più
seccato.
Non desiderava un futuro, né il presente, basta con il passato, solo
sprofondare in un sonno senza sogni e senza pensieri.
Sasuke Uchiha spalancò per quella che ritenette l’ultima volta gli occhi al
mondo e la rabbia scarlatta che ne aveva dipinto le iridi si sciolse ai lati
del viso, lasciandoli scuri nella pece e di un nero che non conosceva e diceva
nulla, ma che era solo nero, puro pozzo di buio pesto senza perché né per come.
Lo sguardo dell’uomo nero, capace di risucchiare ogni luce intorno a sé senza
esserne illuminato, inaccessibile e fitto come una notte di novilunio, parve
per un attimo posarsi sulla folla di macchie di cenere bigiastra che assisteva
alla sua caduta e soffermarsi in particolare su quella lucida di una donna che
gli correva incontro, uno schizzo di colore rosa e verde nel grigiore.
Crollando a terra in quella polvere così simile a cipria fosca, osservò
disinteressato la chiazza che gli si allargava intorno, il fiume di fumo
liquido che sgorgava a fiotti dal taglio all’addome.
Riportò l’attenzione sul suo aguzzino, in piedi a sovrastarlo sinistro e pronto
a fiondarsi su sui resti come un avvoltoio. Ne colse l’espressione da
predatore, avida e ingorda, ma non se ne curò. L’incombenza sarebbe ricaduta su
qualcun altro … non sarebbe stato suo anche quel problema.
A disturbare i pensieri del morituro uno spostamento d’aria e il rumore di uno
schianto. Pochi istanti dopo, laddove prima stava Madara, ora c’era Naruto, uno
scarabocchio rosso e arancio in perenne movimento. Intorno alla sua figura
indistinta tutto pareva crepitare d’ira collerica e furibonda e lingue di
chackra saettavano verso il cielo come piccole serpi cremisi.
Al suo fianco invece Sakura, l’aria logorata mentre si affannava intorno alla
ferita, una ruga di concentrazione – o forse preoccupazione?- a solcarle la
fronte.
«Sakura!» Naruto la chiamò con fare urgente fissandola al di sopra della spalla
con cipiglio determinato. «Tu pensa a Sasuke che di Madara me ne occupo io!»
ringhiò e si lanciò contro l’avversario, scomparendo nella nebbia caliginosa
alla ricerca dell’odiato nemico.
Sakura annuì appena, presa com’era dallo studio della ferita e la sentì
imprecare qualcosa. Non gli sfuggì la parola veleno da lei
sibilata in un sussurro di frustrata impotenza.
«Maledetto!» bestemmiò con quanto fiato aveva in gola piegandosi verso di lui
per sentirne il battito.
Sasuke cercò di scacciarla con la mano, ma il tentativo fu così fiacco da farla
spaventare ancora di più. «Non ti azzardare …» la voce vibrante d’indignazione
uscì meno sicura di quanto avesse voluto. «Abbiamo un conto in sospeso noi due
e intendo fare in modo che tu lo saldi.»
Non le chiese nemmeno a cosa si riferisse, minimamente interessato a quel che
gli succedeva vicino.
Con i sensi intorpiditi non percepiva che deboli fruscii e tutto era diventato
opaco e spento senza lo Sharingan attivato.
Sakura in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere nelle
medesime condizioni, fuggire dall’incubo che stava prendendo forma sotto i suoi
occhi, l’inferno che si stava scatenando.
Il sibilo del vento, il mulinare furioso della neve che la colpiva sferzante e
il baluginare delle fiamme lontane nel cielo privo di stelle, ma illuminato a
giorno.
Non poteva essere, pensò orripilata. Naruto non poteva aver risvegliato il demone
in un lasso di tempo così breve. Erano trascorsi pochi minuti, pochi, troppo
pochi perché lui … Eloquenti a contraddire la propria incredulità otto code
oscillavano nell’aria impazzite. Sinuose nel compiere la loro opera di
devastazione, conducevano lenta la loro danza di morte.
Il sapore aspro, ferroso del pianto salato e del sangue sulle proprie labbra,
la rabbia impetuosa che permeava ogni cosa, affluiva e sembrava dare maggiore
potere alla Volpe, giungendo anche a lei. Sconvolgente le pervadeva le membra
spossate, le ardeva nelle vene, mentre le scintille e i lampi, il tuonare roco
e disumano dei ruggiti squarciavano il silenzio in un urlo bestiale di livore
risentito e ancestrale. Il solleone era diventato torrido, l’aria
irrespirabile; la neve si scioglieva ancor prima di toccare il suolo.
L’atmosfera era soffocante, ma al tempo stesso gelida, un freddo che non
proveniva che dall’animo ed era perciò tanto più penetrante e tagliente. Le
sembrava di essere circondata dal fuoco, ma di non riuscire ad esserne
scaldata, il ghiaccio che non si scioglieva nonostante le fiamme lo
accarezzassero languide. Era una sensazione orribile e rabbrividì.
Tra le vampate e i roghi accesi, il boato delle esplosioni nelle orecchie,
circondata dai ghiacci e da fiocchi incandescenti, capì cosa fosse la paura.
Viscida le si infiltrò nelle ossa, insinuandosi come una sostanza densa e
appiccicosa fino al cuore e stritolandoglielo in una morsa crudele.
Fu il sommesso gemere di Sasuke a risvegliarla da quello stato confusionale.
Ancora stordita si chinò nuovamente, constatando con orrore che la pelle stesse
scurendosi e i capelli crescendo.
Allungò una mano in direzione del collo, ma subito dovette ritrarla perché
bollente.
Il circolare della tossina nel corpo doveva aver risvegliato e fatto reagire in
qualche modo il segno maledetto che ora si attivava per eliminarne, sperava,
gli effetti letali.
Non poteva fare niente. Era come una bambina, troppo piccola in mezzo ad eventi
tanto più grandi di lei per riuscire ad ottenerne la comprensione. Non poteva
aiutare Naruto abbandonando Sasuke né aiutare Sasuke lasciando che la coscienza
di Naruto venisse completamente inglobata dal demone. Era inutile ad entrambi,
persa nella moltitudine di eventi che la stava assorbendo senza essere capace
di fare qualcosa. Non ne era all’altezza, ma … Il potere della negazione, del
rifiuto ritrattato e della smentita, un ma capace di aprire
nuove porte e infonderle la speranza e fiducia smarrite. Forse la sua presenza
non sarebbe servita a nulla, ma era lì, con loro e per loro.
Prese nella sua la mano arroventata di Sasuke e insieme a lui urlò di dolore
quando riaprì gli occhi accesi come braci. Era strano, pensò, sentendo le dita
e il palmo strinarsi, fitte bruciarle il sangue e trapassarglielo con lame di
calore vivo e insopportabile. Aver desiderato per tutti quegli anni di poter
essergli nuovamente vicina e ora ritrovarsi a fare lo stesso, catapultata nel
suo sogno ad occhi aperti, sofferenza e piacere che si fondevano tra loro, la
disorientò, ma senza confusione. Strinse gli occhi, mordendosi forte le labbra
per rimanere lucida e sembrò trascorrere un periodo di tempo infinito prima che
la lava smettesse di scorrergli in corpo e il dolore si attutisse fino a
diventare un eco strascicato. «Sasuke …» sussurrò subito e sollevata ne
sentì il respiro rotto. Respirava, in modo fioco e impercettibile, ma respirava
e Kami! Non era mai stata tanto felice. Perché lui era vivo e insieme avrebbero
svegliato Naruto dal sonno indotto e incosciente in cui era caduto, perché
avrebbero sconfitto Madara e sarebbero tornati a casa tutti e tre, sani e
salvi, perché per la prima volta da non ricordava neppure lei quando, era
riuscita a scorgere qualcosa nel velo di tenebre compatto che lo adombrava e
che ne fosse stato rischiarato in modo soffuso.
Sasuke fissò lo sguardo febbrile sul suo volto devastato e sporco di fuliggine
come se quel che osservava non fosse affar suo. Tuttavia Sakura fu trafitta
dallo studio approfondito dei suoi lineamenti stanchi e capricciosamente pensò
che fosse una tortura il rivederlo sempre in simili occasioni e conciata a quel
modo. Doveva sembrare davvero un mostro ricoperta di lerciume dalla testa ai
piedi, gli abiti laceri, con i capelli impiastricciati e le gote
parzialmente ripulite dalla scia delle lacrime. Aveva la gola riarsa dalla sete
e un nodo allo stomaco per la tensione accumulata.
Ora che Sasuke era fuori pericolo, cominciò a guardarsi intorno frenetica, ma
non riuscì a scorgere nulla oltre la terra corrosa e annerita, gli alberi
carbonizzati e il nerofumo.
Ovunque c’era solo desolazione e i segni del passaggio della Volpe maledetta,
ma della sua presenza attuale nessuna traccia.
«Dobbiamo trovare il modo di raggiungere Naruto.»
Senza dar segno di averla ascoltata, Sasuke si raddrizzò tenendosi piano il
capo con la mano sinistra, la destra ancora intrecciata alla propria. Come
intuendo i pensieri dell’altra, la sciolse dalla sua presa d’acciaio
portandosela al fianco, all’altezza della spada. La mano escoriata e rossa ora libera,
Sakura non se la portò al petto, sebbene fosse stato istintivo di fronte
all’indifferenza distaccata di lui pensare di farlo, ma la lasciò lì, inerme
sul suolo a poca distanza dalla gamba, sottomessa e rassegnata. Lo vide alzarsi
barcollando e senza ulteriori indugi si sollevò, imitandone i gesti e
affiancandolo.
Ancora non la guardava, quasi fosse invisibile per lui. Sasuke continuava a
scrutare davanti a sé come se fosse solo.
«Naruto …» fece per prendergli il braccio, ma all’ultimo le mancò il coraggio e
rimase immobile, frenata dalla paura di essere respinta di nuovo.
«Ha bisogno di noi.» ripeté e nella stanchezza chiara era la determinazione,
forte la volontà di non arrendersi che non accennava a piegarsi, nemmeno al
terrore. E c’era quell’energia dirompente nonostante lo sfinimento e il
pericolo, quella maledetta foga impetuosa nei lineamenti irrigiditi del viso,
nella posa delle braccia stese lungo i fianchi, nei pugni chiusi che non aveva
intenzione di diminuire o smorzarsi.
Guerriera pronta a dar battaglia al fato e ai demoni, temibile avversaria.
«Perché?» chiese infine lui con tono incolore dandole le spalle.
Perché sei ancora qui? Perché dovrei aiutarvi? Perché tu e questa vita che
non desidero, continuate a torturarmi, rievocando il passato? Perché … perché …
perché?
C’erano tanti perché irrisolti nell’aria, richieste a cui rispondere, domande
da soddisfare e vuoti dal colmare. Tante parole non dette e spiegazioni a lungo
rimandate, silenzi che non potevano più esser tali. Avrebbe potuto dire e fare
tanto Sakura, chiarire e giustificarsi nella propria tenace caparbietà e
nell’impossibilità a lasciarlo andare, rendere ovvio ciò che già era scontato e
lampante. Poteva realizzare, rendendo realtà e non più fantasie, tante cose
com’era stato suo desiderio, tuttavia non fece nulla di quello che forse
entrambi si aspettavano. Incurante della morte che le volava intorno, del
pandemonio di odio che strisciava nell’aria e filtrava nei cuori, dello sguardo
spento di lui che non la guardava; del timore di perderlo ancora una volta
dicendo o facendo la cosa sbagliata, per Naruto che chissà dove stava
combattendo solo contro gli spettri delle proprie paure inconfessate, di non
essere ancora abbastanza. Lui era lì e se anche avesse continuato a fingere che
non ci fosse nessuno accanto a sé, Sakura avrebbe fatto sentire la propria
presenza e non gliene importava nulla, davvero nulla se sarebbe stata costretta
a usare la forza eppure … Inclinò la testa di lato, piegando le labbra in un
sorriso sottile e malinconico, ma non meno dolce e lo guardò.
Irreale, pensò Sasuke lanciandole uno sguardo malevolo. Era irreale come anche
in quel frangente, con la guerra che infuriava e la tempesta intorno a loro,
lei rimanesse tanto infantilmente ingenua.
E fastidioso, oltremodo.
Era bella Sakura, di una bellezza triste e consapevole e fiera, l’orgoglio di
un animale braccato che sta per essere reso schiavo e accetta disperato il
proprio destino, che si getta nelle fauci dell’avversario premendo le carni
nelle zanne affilate per facilitargli il compito e alleggerire la colpa della
sconfitta bruciante. Era maledetta Sakura e in quella figura imprigionata dalla
sua, nelle loro ombre intrecciate, erano custoditi i colori di una natura in
sboccio rubati a quella pianura ardente di morte, incastonati e sfoggiati come
simbolo di forza unica ed ineguagliabile.
Così insopportabile e noioso, così da lei fissarlo e sorridere
e … «Penso che ognuno di noi sia quel che sia, indipendentemente da ciò che
tenta di diventare attraverso le sue azioni. Tuttavia …» la vide portare le
mani intrecciate dietro la schiena inarcandola, gli occhi enormi nella penombra
rossastra lucidi come specchi e di un verde tanto vivo da ferirlo, così come
quella tranquillità ridicola, artefatta «… trovo sia il minimo che tu possa
fare, il tornare indietro intendo. Ce lo devi. Sia a me che a Naruto.»
Non c’era ombra di rabbia in quelle parole né delusione o amarezza, solo
l’ammissione della certezza, sfondo costante vivida e incrollabile la speranza.
Fiducia intramontabile in lui, nel futuro che si spalancava loro davanti e le
infinite aspettative e possibilità da scoprire, fede che negli anni si era
attecchita al cuore, germogliando ancora e ancora fino a raggiungere la
fioritura completa. Sakura si portò avanti a lui e poi si voltò, nel crepuscolo
visibile il braccio teso, la mano aperta e tentatrice. Non c’era passato né
presente in quel momento. Riflesso nel palmo annerito che gli porgeva, poteva
scorgere solo il domani, una promessa di pace che non richiedeva ulteriori
tributi, offerta di libertà e redenzione.
Aveva sempre pensato Sasuke che vivere tra restrizioni, lacune in campo
affettivo e totale estraneità da tutto ciò che non fosse affine ai suoi piani o
potesse distoglierlo da essi, andasse bene.
Aveva ritenuto che il fine potesse realmente giustificare il mezzo, che l’odio
potesse tappare i buchi e reprimere la nostalgia, che a furia di stare con gli
assassini anche lui avrebbe finito col diventarne uno.
Ma anche gli assassini provano emozioni, anche chi uccide, tradisce e sopprime
la propria coscienza ha un cuore, pur non ascoltandolo o fingendo di non
sentirne le lamentele e questo lui l’aveva scoperto troppo tardi, quando
tornare indietro o rimediare sembrava ormai impossibile.
Quando lui aveva deciso che così dovesse essere.
Sakura lo guardava, ne sentiva il peso, attendendo una risposta. Sakura che gli
stava dando un’altra volta la possibilità di scegliere, aspettava, come sempre
aveva fatto, ancora.
Poteva cambiare il proprio cammino non completamente tracciato, mutare il
destino e farlo proprio oppure proseguire, insofferente ad ogni lusinga e
impermeabile ad ogni richiamo.
Vivere per sempre, immortalato nella storia come il distruttore, colui che
aveva infranto ogni divieto facendo a pezzi l’ipocrisia e le maschere, che
aveva raso al suolo Konoha e il suo perbenismo stucchevole oppure vivere.
Vivere veramente, creare la vita e dare vita a qualcosa per cui valesse la pena
vivere e che non fosse solo mero strumento di fuga dall’infanzia infelice.
Formarsi una famiglia, rifondare il clan rovesciato dai sogni di gloria e
potere, esistere e non sopravvivere, non più solo.
Una vita eterna ed epica, leggendaria nell’orrore di cui si era fatta manto
oppure rallegrata dalla genuina conquista del benessere fisico ed
intellettuale.
Sangue e perdizione, sacrificio di se stesso e penitenza attraverso il
disonore.
Salvezza e promettente fausto, linimento di conforto e consolazione, panacea
alla croce che si era accollato.
Sasuke soppesò la mano di fronte a lui e seppe cosa fare.
E il ruggito della Volpe riecheggiò lontano per l’ultima volta di muto e
segreto trionfo.
Non ti serve a niente vivere anche per sempre, se non vivi veramente.
III classificata
Vivere per sempre ( vincitrice del Premio per lo Stile )
di _Christine_
Correttezza grammaticale: 9,5/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Originalità: 7,5/10
Attinenza al tema: 10/10
Apprezzamento personale: 4,5/5
Voto complessivo: 51,5/55
Giudizio: un'interessantissima introspettiva su Sakura e Sasuke, mi
è piaciuta davvero moltissimo. Ok, la coppia non mi piace e mai mi piacerà
perché detesto Sasuke - non me ne vogliano le sue fans, ma proprio quel
personaggio non mi va giù -, ma sono sempre felice quando leggo una storia su
questa coppia perché la trovo molto angst, ch'è uno dei miei generi preferiti.
La tua, in particolare, è veramente notevole.
Partiamo però dall'aspetto grammaticale, stilistico e lessicale, andiamo con
ordine. Non ho trovato errori di rilievo, salvo i puntini di sospensione; ne
hai messi sempre due - comunque, sono poche le volte in cui li hai utilizzati
-, mentre dovrebbero essere tre. Forse c'è anche qualche virgola di troppo, ma
nulla di eclatante.
Stilisticamente parlando è splendida, come tuo solito; talvolta ho trovato
delle frasi che ho dovuto rileggere più volte per comprendere appieno, ma
questo dipende soprattutto dall'abitudine a leggere cose meno elaborate, più
semplici. Tu, invece, come ti dissi nel giudizio della fic per l'altro mio
contest, hai uno stile molto particolare, complesso ed articolato. E, come sempre
ti dissi quella volta, sei davvero bravissima sotto quest'aspetto.
La fic pecca un po' solo dal punto di vista dell'originalità, perché le poche
SasuSaku che ho letto narrano quasi tutte di questa sorta di conversione di
Sasuke; perfettamente plausibile, naturalmente, ma già vista molte volte, indi
non ho potuto alzare più di tanto il voto.
Per il resto, però, ti faccio i miei più sentiti complimenti.
I personaggi sono davvero loro, mi hanno letteralmente messo i brividi - in
senso buono, ovviamente -, soprattutto Sakura; a questo proposito ti devo
ringraziare, per averla caratterizzata così splendidamente. E' uno dei miei
personaggi preferiti ma, purtroppo, spesso e volentieri la vedo disegnata come
la sfigata di turno che tenta di conquistare il bello di turno che non ci starà
mai perché impegnato in altre più interessanti attività. Fortunatamente in
occasione dei miei concorsi non mi è mai capitato, ma quando succede vado in
escandescenze. E penso che tu mi capisca. XD
Anche Sasuke è perfetto, l'ho trovato ben trattato anche sul finale, quando
decide di costruirsi un nuovo futuro al fianco di quella ragazza che gli è
stata sempre vicino nel bene e nel male.
E' vero che io sono un'amante dei sad ending, ma qualche volta è giusto anche
sorridere e sperare in qualcosa di radioso.
La citazione è stata trattata benissimo, sicuramente nel più semplice dei modi
- o meglio, nel più probabile -, ma indubbiamente in maniera magistrale. Sasuke
si rende conto di poter vivere per sempre ricordato come il distruttore, ma in
fondo che senso avrebbe vivere così?
Davvero brava, continua così, non posso far altro che ripeterti che sei
un'ottima scrittrice e che dovresti seriamente pensare ad una carriera come
tale.
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Come può evincersi dalle note che avevo inviato alla stessa giudice,
ritenevo questo scritto senza pretese. Non mi sono affatto ricreduta, ma ho
solo reintegrato questo mio giudizio ipercritico e se vogliamo esser sinceri
continuo a considerarlo come prima, pur essendo naturalmente felicissima della
posizione. E dico io chi non lo sarebbe? XD A quanto pare sono proprio portata
a scrivere cose oscure, tristi o con sfondi cupi, ma che posso farci se non
sono riesco ad essere una persona ciarliera e allegra anche – e soprattutto-
quando scrivo? Sarà che ho una vena pessimistica. Tralasciando queste
quisquilie e baggianate varie -Dio devo essere cupa pure nelle note, ma è
patetico davvero...- rivolgo i miei complimenti a tutte le partecipanti e in
particolare alle altre podiste Sisya e Meli_mao!
I banner sono stati realizzati da Shurei e sono davvero belli, ma come al
solito devo ancora capire come diavolo si inseriscano. Appena sarò in grado di
farlo con mia somma gioia li metterò.
Un grazie gigantesco è per DarkRose per la pazienza e le parole e il cuore che
si vede ha messo nel leggere ogni storia, la disponibilità e la perizia dei
giudizi. Grazie di tutto davvero <3
Un bacio virtuale a tutti e a presto spero, magari con qualcosa di meno
mortifero, eh?