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Autore: Lara Rye    12/07/2010    2 recensioni
Le presi la mano e la racchiusi delicatamente nella mia, stringendola forte ma cercando allo stesso tempo di non farle male.
Quella sensazione di unione con lei era semplicemente imperfetta eppure diversa da ogni emozione sentita prima, con o senza lei.
La sentivo presente. Eleein era con me, accanto a me.
Percepivo la sua pelle, il suo strano odore, la sua fragilità e la sua ingenuità.
La percepivo come lei era semplicemente, senza maschere o ponti, senza finzione o imbarazzo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CB capitolo due.

Carta Bruciata.

Capitolo Uno.

«Un caffè?» 
Eleein -quando mi svegliai qualche giorno dopo il nostro ultimo incontro- era appoggiata sul mio letto con un enorme bicchiere di caffè. Appena aprì gli occhi non mi accorsi neanche di averla accanto, forse per il fatto di avere un estraneo dentro casa.

«Cazzo, El! Come hai fatto ad entrare?»
Si alzò lentamente lasciando adattanare la sua gonna nera attillata lungo le perfette e bianche gambe, mentre camminava a volte barcollando su quei alti tacchi di vernice argentea. Era perfetta in ogni dettaglio e in quel tailleur grigio fumo era ancora più bella di quanto non fosse mai stata.
I piccoli occhiali con la montatura quadrata ed azzurra erano appoggiati sul piccolo nasino, dandole un eleganza inequiparabile.
«Hey cos'è tutta questa eleganza?»
«Riunione noiosissima: azioni, soldi, altre azioni ed altre soldi e metodi per fottere la gente povera bisognosa di un lavoro.»
«Povera ricca amministratrice capo di un azienda multimilionaria.  Dura la vita, eh?»
«Stronzo.» Disse, storcendo le labbra e mordendosi per sbaglio la lingua, emettendo un verso strano. Mi avvicinai a lei,  prendendola cautamente tra le braccia e quardandola in quel paio d'occhi rari, di un colore assolutamente prezioso ed unico.  I capelli poi le caddero sinuosamente, mossi dal vento proveniente dalla finestra aperta,  facendo cadere i boccoli, prima raccolti senza cura, sulle spalle scoperte. Raccolsi  un boccolo  e lo avvolsi intorno al mio dito, iniziando a giocarci.  «Ti sei fatta male?»
Mi sorrise leggermente, probabilmente stupita dalla mia preoccupazione.
«Non ti preoccupare, Damie.»  
Passai minuti ad osservarla, senza stancarmi.
Ero uscito con parecchie modelle amiche di Luis, mio fratellastro, e quasi tutte arrivavano all'apice della bellezza esteriore ma in ventitrè anni non avevo mai visto nessuna come lei. Sulle guancie sovrastava un piccolo rossore naturale, che la rendevano imbarazzata anche quando non lo era e sopra il labbro superiore, sempre laccato da un rossetto rosso,  aveva un piccolissimo neo che  cresceva la sua già notevole sensualità. Ogni particolare di lei mi attraeva come nessuna prima d'ora. Sarei potuto stare ore ad osservarla, senza dirle nulla o starla ad ascoltare per giorni interi, anche se parlasse delle cose più stupide o banali.  
Era perfetta: la volevo mia ed ero sicuro che sarei riuscita a renderla tale.
 

«Damie, vestiti che andiamo.»
La guardai sorpreso, come se avesse appena parlato in una lingua antica. «Andiamo dove?»
«Ma tu devi sapere proprio tutto? Muoviti!»
Un quarto dopo d'ora eravamo sulla sua Ferrari gialla, mentre andavamo in un luogo sconosciuto,  con il vento che vibrava fra i suoi capelli simili a seta e che spostava i miei Rayban, facendomi notevolmente irritare.
«Mi vuoi dire dove andiamo, El?»
«Ma sai cos'è la pazienza? La fiducia?» Storse le labbra, irrigidì il naso e chiuse leggermente gli occhi. Capìì subito che quello era il suo modo di impazientirsi, irrigendo la sua natura e il suo stesso corpo.
«Sono con una McIdars, in una macchina italiana che non potrò mai permettermi con cinquant'anni di stipendio e non ho la minima idea di dove stiamo andando!»
Sbuffò, girando di botto il volante.
«Ecco l'inconveniente di uscire con una appartenente alla più ricca famiglia di San Francisco!» Accostò in un piccolo angolo, vicino ad un grande campo pieno di abeti e scese, sbattendo violentemente la portiera. La rincorsi subito, fermandola.
«Io non voglio essere una McIdars, mi capisci? Non voglio una stupida Ferrari, miliardi su miliardi, una stupida impresa multimilionaria che odio intensamente, senza poter essere chi sono! Vuoi uscire con una cazzo di McIdars? Ho quattordici cugine, tre sorellastre e qualche nipote, tutte fottute aspiranti alla mia vita di merda! Io voglio conoscere te perchè in quella nostra notte sono stata bene, bene davvero, dopo troppi mesi e pensavo che quel tuo discorso fosse per qualcosa di serio. Non stai guardando una McIdars, stai guardando me! Quando m'incazzo -e ora, credimi lo sono-  mi nasce un buffetto sulla guancia, come se stessi ridendo eppure sono nera! Questo è di Eleein, solo mio. Non è una cosa che hanno i McIdars, ma è qualcosa solo di mio che non condivido con nessuno. »
Si allontanava sempre di più da me, mentre io cercavo di avvicinarmi il più possibile. L'avevo ferita con un niente e quello fu il momento in cui capìì che era fatta di porcellana, facilmente distruggibile.
Mi sentivo in dovere di proteggerla, di accoglierla e di non lasciarla mai più andare. Riuscìì a raggiungerla e a fermarla per un secondo, spingendola verso le mie braccia. La sentìì lasciarsi andare, accolta dai miei muscoli come se fosse sicura della mia protezione, come se volesse dirmi "ok".
«Mi dispiace. El, ascoltami, ascoltami. Sono qua per conoscere te, per vederti sorridere e passare giornate insieme, sapendo che potrò vedere ancora quel buffetto sulla guancia colma di quel rossore che, ehi, ti rende incredibilmente sexy..» La sentìì sorridere. «..e voglio sentire ancora i tuoi boccoli sulla mia spalla, sulla mia pelle.»
Le presi la mano e la racchiusi delicatamente nella mia, stringendola forte ma cercando allo stesso tempo di non farle male. Quella sensazione di unione con lei era semplicemente imperfetta eppure diversa da ogni emozione sentita prima, con o senza lei. La sentivo presente.
Eleein era con me, accanto a me. Percepivo la sua pelle, il suo strano odore, la sua fragilità e la sua ingenuità. La percepivo come lei era semplicemente, senza maschere o ponti, senza finzione o imbarazzo.
«Ho esagerato. Non.. Non dovevo.»
«Non scusarti.» Le sussurrai, accarezzandole i capelli. Restammo abbracciati per una trentina di minuti, finchè la sentìì di nuovo se stessa, calma, pronta a ricominciare a sorridere.
«..Se vuoi ci possiamo ancora andare, Damien.»
«Cosa aspettiamo, allora?»



....
Spero di non avervi deluso con questo capitolo. So che talvolta sono scesa un pò nel banale però a me piace.
Dopo tanto tempo sento mia una storia, i personaggi e spero davvero che vi piaccia anche questo capitolo.
Grazie a sciona, sono contenta che ti piaccia e spero che sia lo stesso anche per questo capitolo.
E Fedeee! Ma non eri in Irlanda? O.o Scusa se non ti ho più risp alla mail ma pensavo fossi partita. Davvero ti piace? Si, lo so.. è scritta piuttosto male ma sto cercando di ricominciare.. anche se temo che non riuscirò mai ad arrivare ai livelli di emozioni di Andreas. Comunque felicissima che ti piaccia, davvero.
Spero di non averti delusa con questo cap.
..Lara.



   
 
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