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Autore: ka_chan87    19/09/2005    3 recensioni
Tempi duri aspettano il Continente delle Tre Terre con un nuovo nemico a minacciare la sua stabilità. Cinque giovani per unire le Tre Terre a comabattere sotto un'unica bandiera l'odiato nemico... avventure, scontri tra la magica atmosfera di tre misteriosi paesi, ognuno con la propria storia e le proprie magie e la nascita di grandi amicizie e grandi amori... tutto questo è "La Guerra delle Tre Terre"
Genere: Romantico, Azione, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Naraku, Sango, Shippou
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!!! Come ogni lunedì, ecco un nuovo capitolo di questa ff! oggi non voglio prendervi tempo con un’introduzione papirica ma volevo ringraziare tutti quelli che hanno e stanno continuando a leggere questa mia storia!
In particolare ringrazio coloro che hanno commentato: Alia_chan, cri-chan, cabiria, Hikari_Takaishi_87, Mech e Fu-chan che, nonostante faccia parte del ‘ leggo e fuggi ’ ^^ ha continuato a commentare…grazie a tutti!!
Prima di lasciarvi, però, devo dirvi una cosa…come avevo perfettamente immaginato, l’entrata in scena di Seiishiro ha suscitato la comune domanda ‘ Ma poi Miroku e Sango staranno insieme, vero???’…il concetto è questo…. Bè, dovete capire che, essendo questa una ff AU l’ambientazione, nonché la vita dei personaggi sono completamente diverse. E visto che non mi piace fare e scrivere cose approssimative, è chiaro che ho dovuto inserire personaggi del tutto nuovi e che hanno a che fare con la vita dei personaggi principali. Questi ultimi, infatti, hanno una vita alle spalle, persone che li hanno affiancati prima che la loro vita li porti poi ad incontrarsi e a creare il nostro abituale gruppo.
Per questo ho creato questi nuovi personaggi, per dare un passato a tutti i componenti del gruppo, per dare loro un’anima e uno scopo.
Spero di essermi spiegata decentemente, comunque il mio obiettivo, con l’intervento di questi nuovi personaggi, non è di certo quello di sfasciare coppie e così via…ma penso che questo fosse logico, se non scontato.
Ecco, alla fine, ho scritto lo stesso un’introduzione lunghissima…! Allora, adesso vi lascio al capitolo che, anche questa volta, credo susciterà reazioni simili al precedente…^^!

4° CAPITOLO “LA VENDETTA È UN PIATTO CHE VA SERVITO FREDDO” .

“Kouga!”.
“Oh, buongiorno Miroku, Varandir…. Sei arrivato puntuale…”
“Sorpreso, eh?!?”.
“Decisamente sì…!”.
Eldoras, palestra del Palazzo Reale. Kouga e Miroku, come d’accordo, si erano trovati lì quella mattina per fare un po’ di allenamento insieme ai loro Draghi, Slyfer e Varandir.
“Buongiorno anche a te caro Slyfer…dormito bene?” chiese Miroku al Drago col suo solito tono ironico che faceva sempre irritare la creatura.
- Sì ho dormito bene…ed ero di buon umore fino a cinque minuti fa… - disse irritato il dragone a Kouga che riferì il messaggio al giovane dal codino che finse una faccia altamente offesa.
Accadeva raramente che Slyfer parlasse ed aprisse la mente ad altri Cavalieri che non fossero stati Kouga…con gli altri Draghi era inevitabile, ovviamente…con loro, per parlare, non aveva bisogno di dilatare ed aprire la mente, non aveva bisogno di dare quel privilegio che solo al proprio Cavaliere, in genere, veniva concesso.
Questo perché, di natura, aveva un carattere molto schivo e poco socievole ma non era affatto cattivo ed era comunque capitato che avesse concesso ad altri Cavalieri di parlare con lui anche se raramente.
“Che si fa allora, entriamo?” chiese infine Kouga
“Certo…siamo qui apposta, no?” rispose allegro Miroku felice, anche lui, di sgranchirsi.
- Era ora…finalmente potrò un po’ volare – disse, sollevato, Slyfer che non ne poteva più di restarsene rinchiuso nella sua stanza senza far nulla
“A chi lo dici! Comunque cerchiamo di resistere ancora per qualche giorno…tra poco infatti le Grandi Nevi cesseranno e noi potremo di nuovo uscire a farci un bel volo!” gli rispose entusiasta Kouga che non vedeva l’ora di cavalcare di nuovo l’amato Drago.
Così i quattro entrarono con i due ragazzi in testa e i due Draghi dietro
- Ti vedo in forma Slyfer…pensavo che lo stare rinchiuso nel tuo appartamento tutti questi giorni ti avesse rammollito ma vedo che non è stato così… - lo prese in giro Varandir
- Ah-ah…molto divertente! Spero che queste dannate tempeste finiscano presto altrimenti non riuscirò più a controllarmi! Tu piuttosto…come hai fatto a non sbarazzarti ancora di quel cretino del tuo Cavaliere?! – le chiese il dragone mentre guardava il diretto interessato mentre parlava allegramente con Kouga
- Aaaaahhh…ti confesso che è dura, ma è colui che io ho scelto e gli voglio bene…dovresti capire…. Sarebbe innaturale vedere un Drago sbarazzarsi del proprio Cavaliere, non ti pare?
- Sì…hai ragione…. Non volevo…ecco, sì insomma…- blaterò leggermente imbarazzato lui.
- Eheh…non ti preoccupare…ho capito…so che non volevi offenderlo…so bene come può essere irritante Miroku…si diverte molto a prenderti in giro ma ti vuole un gran bene, sai? Parla spesso di te… -
-…Non immaginavo…-
“Ehi voi due piccioncini volete darvi una mossa?!?” li prese in giro proprio l’oggetto della loro discussione facendo nuovamente e immediatamente infuriare Slyfer che, invece, stava cercando di convincersi che quell’Umano non fosse poi così male.
Dopo aver sventato una possibile strage i quattro si divisero, ognuno andando a fare i propri esercizi…. Manco a dirlo, Kouga e Slyfer si diressero verso la parte più estrema della palestra, quella più alta, dove era possibile volare anche se lo spazio era fortemente limitato ma sufficiente per permettere al dragone di distendere, finalmente, le grandi ali color grigio fumo scuro, quasi nero, fortemente in contrasto con il soffitto bianco candido della palestra.
Kouga, prima di salire sul Drago, andò a prendere una delle selle di cuoio a disposizione per i soldati e la sistemò sul dorso di Slyfer che, però, non ne era molto felice…ma era necessario a causa delle dure squame che avrebbero fatto sicuramente male al Cavaliere.
Infatti per evitare che i Cavalieri non provassero dolore nel cavalcare i propri Draghi, i pantaloni della loro divisa erano appositamente fatti di spesso cuoio che, però, non impediva loro i movimenti.
L’ ookami youkai, dopo aver sistemato nel modo migliore le imbracature della sella - in modo tale che non dessero troppo fastidio al dragone - , montò in sella contento finalmente di poter di nuovo, seppur in modo limitato, volare con il proprio Drago.
Slyfer aprì le grandi ali, distendendo la spessa membrana di cui erano composte mentre la luce ne metteva in risalto tutti i piccolissimi vasi sanguigni che pulsavano frenetici. Cominciò a sbatterle ritmicamente fino a cominciare ad alzarsi dal pavimento in modo progressivo. Una volta presa stabilità, il movimento delle ali divenne più deciso e forte fino a che i due non si trovarono quasi fino alla sommità del tetto.
Miroku li vide sospesi nell’aria ammirando la potenza e l’eleganza che possedeva quel Drago e notando il sorriso soddisfatto dell’amico, sorrise a sua volta.
“È ora di scatenarsi Slyfer!” disse allegro il demone lupo al dragone il quale ruggì come risposta, cominciando a percorrere il perimetro adibito al volo a tutta velocità compiendo anche qualche acrobazia aerea facendo divertire immensamente il proprio Cavaliere.

I quattro passarono lì praticamente tutta la mattina e ne uscirono stanchi ma contenti soprattutto Kouga e Slyfer che avevano avuto la possibilità, dopo tanto tempo, di volare insieme.
“Cavolo…sono sfinito!! Non verrò mai più in palestra con voi, Kouga, stanne certo!” esclamò Miroku, sfinito per l’allenamento che per lui, di solito, significava andare a guardare le belle ragazze appartenenti alla Milizia, esercitarsi con i loro Draghi…altro che esercizio fisico!
Ma quando si andava con l’ ookami youkai la contemplazione del ‘corpo umano ’- come usava dire Miroku a mo di scusa – non era prevista nel programma di allenamento che, di sforzo fisico lo prevedeva eccome.
“Mamma mia che pappamolle che sei! Possibile che tu non abbia un minimo di resistenza? Scommetto che per tutto il tempo in cui sono stato via non l’hai nemmeno vista da lontano la palestra!!” lo ammonì il demone lupo
- Ah, no per questo ci ho pensato io – intervenne Varandir – l’ho fatto spesso tirare giù dal letto a suon di secchiate d’acqua gelida da suo padre! – sghignazzò la dragonessa vedendo lo sguardo inviperito del suo Cavaliere mentre un brivido freddo gli percorreva la schiena ricordandosi della terribile sensazione dell’acqua ghiacciata sulla pelle.
“Ahahah! Bene, bene! Gliele avrei tirate io volentieri!!” lo prese in giro Kouga.
“Ma come siamo spiritosi! Ho rischiato l’infarto almeno una decina di volte! Quel padre degenere…! Ma anche tu, mia cara Varandir, non sei certo gentile!! Solo il piccolo Slyfer mi vuole bene, vero??” disse, con finte lacrime, avvicinandosi pericolosamente al dragone che non si aspettava di essere messo in causa così all’improvviso…. Ed indietreggiò di qualche passo quando se lo vide davanti con un’espressione idiota mentre sbatteva le ciglia come una femminuccia.
- Per tutti i Draghi portatelo via prima che lo sbrani!! – ruggì il Drago mentre la sua – già precaria – pazienza andava a quel paese….
Kouga intervenne tempestivo, prevenendo quello che il suo irascibile amico sarebbe stato capace benissimo di fare.
“Miroku, Miroku io direi che è meglio lasciare fuori da questa storia Slyfer, che ne dici??” gli disse, apprensivo, vedendo la forte irritazione del Drago
“NO! Devo sapere se almeno Slyfer mi vuole bene!” piagnucolò testardo il giovane dal codino mentre la preoccupazione del demone lupo aumentava sotto il continuo vociare irritante di Miroku finché il dragone non esplose
- Va bene, va bene!! Digli quello che vuole sentirsi dire perché non lo sopporto più!!!
“Ecco, ecco! Miroku me l’ha detto! Ha detto che ti vuole bene e che ogni volta che ne avrai bisogno, lui ti aiuterà, farà quello che vuoi!” esagerò Kouga, per calmare definitivamente l’assurda testardaggine di Miroku che si bloccò immediatamente…mentre invece Slyfer era rimasto impietrito alle parole del suo Cavaliere
- Ma che cavolo gli vai a dire???? Chissà quali cose assurde si inventerà d’ora in poi solo per farmi impazzire!!! – tuonò assordante nella testa del Cavaliere che rimase quasi stordito.
“Davvero???” intervenne, invece, melliflua, la voce di Miroku mentre guardava in modo altamente equivoco il dragone che, a sua volta, lo guardava quasi spaventato…. Quell’Umano era forse l’unico, in tutto il Continente, a metterlo quasi sempre in difficoltà.
“Quello che voglio, eh?” continuò per poi bloccarsi qualche momento in silenzio, come in contemplazione.
“Allora voglio che tu, Slyfer, almeno qualche volta, apra la tua mente e che mi parli direttamente!” disse infine, deciso, il giovane dal codino, guardando dritto negli occhi il dragone che, invece, era rimasto spiazzato da quella richiesta. Era questo, questo voleva quello strano quanto bizzarro Umano?
Kouga, invece, sorrise sapendo quanto Miroku desiderasse che Slyfer, dopo tanti anni, gli aprisse la sua mente…glielo aveva confessato tempo fa e, anche lui, sul momento, era stato sorpreso da quel desiderio…ma Miroku voleva un gran bene al suo dragone e, soprattutto lo ammirava e gli portava rispetto.
Ci fu qualche momento di silenzio fino a quando lo stesso Miroku sbottò
“Bene! Adesso direi che è ora di andare a pranzare, che ne dite?”.
“Eh? Ah…certo! Sì, sì andiamo” rispose Kouga e si avviarono
“Ah, e dove vuoi andare a mangiare oggi?” chiese poi il demone lupo “Ieri sera, dopo che sei andato via, mi sono messo d’accordo con mio padre e il senpai Mendion per trovarci alla taverna…evidentemente il sidro di more ha conquistato di nuovo il mio paparino, ihihih!”
“Bè, lo capisco!”
“Comunque se tu e Slyfer avevate altri programmi…”
“No, no! Non c’è problema, vero?” si rivolse al Drago che era poco dietro di lui
- S- sì…non c’è problema…-
- C’è qualcosa che non va, Slyfer? – gli chiese, senza però dare voce ai suoi pensieri, Kouga
- No no…non ho niente – tagliò corto la creatura
- Mmh…sarà…- il demone lupo fece cadere il discorso sapendo che, tanto, era completamente inutile stare lì ad insistere sapendo bene anche quanto poi il suo Drago si sarebbe irritato.
“Bene! Allora avviamoci! Voi state a mangiare lì con noi, no?” chiese Miroku a Varandir
- Certo…ho voglia di vedere Doroty!
“Benone…Kouga, Slyfer resta anche lui?”
“Che vuoi fare?” domandò l’ ookami youkai al dragone - Resto, resto… -
“Il signorino ci delizierà della sua compagnia!” disse scherzando Kouga
“Sono contento!” sorrise sinceramente Miroku a Slyfer che lo guardò un po’ stranito ripensando poi ancora alla sua precedente richiesta. Così i quattro si avviarono verso la taverna, dove già li aspettavano il Governatore e il Ministro Mendion, per pranzare tutti insieme e per passare, così, un’altra piacevole giornata….
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Toc, toc.
- Era ora!! -.
Shima no Nanimo. Mezzogiorno.
Un irritato hanyou aspettava con impazienza quello che era il suo secondo pasto della settimana. L’ultimo.
Ma non era tanto la fame a tormentarlo quanto la sete.
- Pensavo di avere più resistenza…- si ritrovò a pensare. Andando avanti di quel passo sarebbe morto davvero. Ma lui non poteva assolutamente permetterselo. Doveva a tutti costi compiere la sua vendetta contro coloro che lo avevano costretto a vivere a quel modo. Morti. Li voleva tutti morti.
“Ehi come andiamo?” sentì improvvisamente una voce provenire dall’esterno e, pensando che la domanda fosse rivolta a lui, si stava accingendo a rispondere ma una seconda voce, sempre proveniente dal di là della porta lo bloccò immediatamente.
“Sempre uguale…non si decide a morire! Ha preso il pranzo pure oggi questo hanyou bastardo!”.
- Ma sentilo il fottuto bastardo – pensò ringhiando Inu-yasha. Era la prima volta, dopo chissà quanti anni, che sentiva di nuovo qualcuno parlare lì dentro o, almeno, abbastanza vicino perché lui sentisse.
“Eh! Che ci vuoi fare…! Questi sporchi hanyou hanno la presunzione di voler sopravvivere a tutti i costi! E pensare che nella Terra Centrale i Demoni convivono con quegli sporchi Umani per non parlare dei mezzi- demoni!! Che paese immondo!”.
“Già…peccato che si ritrovino con un esercito spaventoso!”.
“Solo perché hanno i Draghi. Senza di quelli li potremmo schiacciare come moscerini!” e i due youkai sghignazzarono continuando a lanciare improperi contro la Terra Centrale, gli Umani e gli Hanyou mentre Inu-yasha stava ben attento a quello che i due dicevano per cercare di sapere di qualche notizia dall’esterno.
“Speriamo che Naraku- sama si decida ad attaccare il prima possibile quei maledetti! Non mi piace stare con le mani in mano…”
“Sì ma dobbiamo stare comunque attenti…deve essere un attacco a sorpresa altrimenti non avremmo speranze di procurare loro danni se non sacrificando più della metà del nostro esercito!” l’altro annuì.
“E con la ricerca della Shikon no Tama? È vero che Naraku- sama se ne vuole impossessare?”.
- La Shikon no Tama?!? – esclamò, sorpreso, dentro di sé l’ hanyou “Così ho sentito…ma chissà se riuscirà davvero a trovarla…”.
“Piuttosto…si è più saputo niente di Sesshoumaru?”
- Sesshoumaru?!? Da quant’è che non sentivo nominare il nome di quel bastardo! – pensò, irritato, Inu-yasha mentre ancora il suono di quel nome gli rimbombava nelle orecchie mandandolo in bestia. Ma doveva concentrarsi sui discorsi di quei due se voleva capirci qualcosa.
“Ah, già…pare che qualche mese lo abbiano visto aggirarsi nelle vicinanze dei nostri territori…ma non so quanto sia vero…. Da dopo la congiura non si è fatto più vedere…”
“Meglio così. Un pensiero in meno”
“Già…comunque i preparativi dell’esercito come vanno?”
“Tutto bene…hanno una gran voglia di sangue…!”.
“Come li capisco! Non vedo l’ora che questo bastardo muoia così posso finalmente ritornare nel Regno! Non ne posso più di starmene in questo posto sperduto!”.
“Mi chiedo ancora perché Naraku- sama non l’abbia fatto fuori quattordici anni fa. Avremmo avuto un impiccio in meno”.
“Ora è meglio che vai, sennò poi ti fanno una lavata di capo se vedono che ci siamo messi a parlare qua!”.
“Che vuoi che sia! Tanto non ci avrà nemmeno sentito! E poi chissà se sa ancora capire la nostra lingua quel bastardo! Ti saluto!” e lo youko si allontanò lasciando nuovamente solo l’altro che si risedette sulla sua scomoda sedia in legno vecchia e polverosa imprecando e maledicendo quel dannato posto e l’irritante compito di dover fare una guardia inutile ad un altrettanto inutile hanyou.
Inu-yasha, invece, era più furioso che mai. Dopo aver sentito quei discorsi la fiamma di vendetta che covava dentro di sé si era notevolmente ravvivata accecandolo da qualsiasi ragionamento logico. Vendetta. Solo questo voleva ora. Una spietata e sanguinosa vendetta.
Per diversi minuti restò immobile, con i pugni serrati fino a far diventare bianche le nocche mentre un violento tremore lo pervadeva. Ma poi riuscì a calmarsi, cercando di riacquistare un minimo di lucidità per poter ragionare su quello che aveva appreso.
Respirò a fondo, sorseggiò un po’ d’acqua e si risedette al ridosso della fredda parete in pietra.
Primo: era evidente che Naraku stesse preparando un imminente attacco contro quelli della Terra Centrale, i Signori dei Draghi. Già…i Draghi. Quante volte suo padre, da piccolo, gli aveva raccontato di quelle creature leggendarie mentre una strana emozione lo pervadeva e che lui riusciva a percepire facendosi contagiare a sua volta. Diventare un Cavaliere. Era questo il suo sogno da bambino. Sogno stroncato da quella maledetta congiura che aveva distrutto la sua famiglia. Ora solo la vendetta contava…anche se, però, nel profondo del suo cuore quel sogno, quell’ambizione non l’aveva mai abbandonato, nascosta nella parte più profonda del suo cuore ferito ed umiliato.
Ma non era quello il momento per ripensare ai ricordi.
Secondo: la Shikon no Tama. Naraku stava cercando la Shikon. Allora esisteva veramente? si ritrovò a pensare. Ne aveva letto la leggenda da bambino ma ora la ricordava vagamente…rammentava però che tale talismano era andato perduto fin dopo la Grande Guerra della Prima Era e che da allora se ne erano perse le tracce. Ricordava anche che, prima che scomparisse, la sfera apparteneva alla Famiglia Reale, i regnanti della Terra Centrale, e che veniva tramandata di generazione in generazione.
Si diceva fosse un antico e potentissimo artefatto magico, creato secoli prima dai Draghi, coloro che abitavano quelle terre da sempre. Ma l’aveva sempre ritenuta più una favola che la verità, perciò non vi aveva mai dato tanto peso. Naraku però la stava cercando. Non sapeva che pensare.
Terzo: Sesshoumaru. Gli rivenne alla mente il volto odiato del fratello. Colui che più di tutti gli aveva voltato le spalle. Più che fratelli erano fratellastri, figli dello stesso padre ma nati da madri diverse. Lui era uno Youkai completo, lui, invece, un Hanyou. Un misero hanyou.
Gli rivenne in mente il giorno di quattordici anni fa, il giorno della congiura. Dopo aver ucciso spietatamente i suoi genitori, Naraku fece catturare anche lui e Sesshoumaru per decidere della loro sorte. Il volto vivido di quel fottuto bastardo di Naraku, con quel suo ghigno così maledettamente irritante, gli riempiva gli occhi, accecandolo di rabbia e disgusto.
- Che ne dobbiamo fare di voi due? – gli disse – Avete suggerimenti da darci vostre maestà? – Lo ricordava così bene, come se gli avesse rivolto quelle parole in quel momento.
Si aspettava lo stesso destino che era stato riservato ai suoi genitori, ma la mente contorta di quell’essere spietato aveva in mente ben altro. Si sorprese soprattutto della proposta che fece a suo fratello: ovvero di prendere sì lui il trono, di nominarlo suo principale e unico consigliere e di lasciargli carta bianca per qualunque tipo di decisione, soprattutto belliche. Come si era aspettato, Sesshoumaru aveva rifiutato gelidamente e, con sorpresa un po’ di tutti, Naraku aveva deciso di lasciarlo in vita, bandendolo dal Regno.
- E del vostro caro fratellino cosa ne dobbiamo fare? Ci consiglia qualcosa? – aveva detto quel bastardo mentre lo guardava con quello sguardo sadico e diabolico che per così tanto tempo aveva tormentato il suo sonno, terrorizzandolo. Ma nel corso degli anni quel terrore si era trasformato in una cieca e terribile rabbia.
Rabbia che ora provava anche verso il fratello che lo aveva lasciato in balia di quei maledetti
- Fatene quello che volete. Quello non è mio fratello – questo, anche questo si sentì dire mentre le risate maligne e gli scherni degli altri Youkai lo avevano sommerso frantumando il suo orgoglio e umiliandolo.
Naraku sorrideva maligno, mentre alcuni Demoni già suggerivano di farlo fuori senza esitazione ma quel pazzo già aveva preso la sua decisone
- No. Non lo uccideremo. Lo rinchiuderemo finché non saranno le sue stesse forze ad abbandonarlo. Un hanyou non merita di avere una morte veloce e indolore! Di lui rimarrà solo la leggenda di quel misero mezzo- demone morto dalla fame ahahahah!! - . Infuriato, Inu-yasha tirò un violentissimo pugno alla parete sbucciandosi il dorso della mano mentre alcuni rivoli di sangue gli scendevano lungo il polso. Quel fottuto bastardo…come, come aveva solo osato parlargli a quel modo e fagli patire tutti quegli anni di prigionia?!? Ma lui era ancora lì, vivo e non aspettava altro di poter uscire di lì per massacrarli tutti. Avrebbe usato la stessa pietà con cui loro lo avevano trattato se non di più.
Cercò di calmarsi e improvvisamente si ricordò che aveva fame. Ed infatti il suo stomaco stava reclamando violentemente del cibo.
Si rilassò contro la parete e diede un morso al pane secco mentre fissava con sguardo vacuo il muro di fronte a lui. Con la mente ritornò alla conversazione dei due demoni cercando di ricordare se ci fosse qualcos’altro da analizzare…. Improvvisamente lo folgorò una cosa detta da uno dei due Youkai che alla prima sentita non gli aveva fatto nessun effetto: ‘…Non vedo l’ora che questo bastardo muoia così posso finalmente ritornare nel Regno! Non ne posso più di starmene in questo posto sperduto!’ .
Che voleva dire far ritorno nel Regno? Loro non si trovavano nel Regno del Sud? In effetti questo lui non poteva dirlo con sicurezza visto che quando lo portarono via dal palazzo per poi rinchiuderlo lì dentro era stato bendato.
- In effetti prima di ritrovarmi qua dentro ci ho messo parecchio…ma non pensavo che mi avessero portato addirittura in qualche posto al di fuori del Regno…! – si disse, sorpreso, l’ hanyou.
Sospirò. La sua possibile fuga, ora, sembrava ancora di più un’utopia. Perché tutto questo? Avrebbe preferito essere stato ucciso quattordici anni fa, insieme ai suoi genitori invece di subire quel trattamento…. NO!! Non poteva farsi prendere dallo sconforto, anche per loro, per i suoi amatissimi genitori doveva sopravvivere! Doveva vendicare la loro morte e lo avrebbe fatto!
Ma come avrebbe potuto effettuare la sua vendetta se non poteva nemmeno uscire da lì? Era un problema che doveva cominciare ad affrontare seriamente. Non sapeva nemmeno dove fosse stato portato e questo era un problema in più, visto che, da quanto aveva capito, si trattava di un luogo alquanto isolato. Chissà se qualcuno poi lo sapeva ancora in vita….
- Avrei bisogno di un aiuto dall’esterno…da solo non posso fare niente – pensò, con rammarico. Se voleva uscire da lì aveva bisogno di una mano…ma chi mai lo avrebbe aiutato? Di certo non quelli della sua razza…se li ricordava ancora gli sguardi pieni di odio che gli mandavano, sia a lui che a sua madre…una ningen e lui, di conseguenza, un ibrido, un mezzo- demone. La peggior feccia di tutto il Continente, per quelli del Sud…e forse non avevano torto.
Ma non per questo poteva lasciar correre…anche se era un hanyou bastardo, il suo orgoglio non poteva essere messo da parte. Per questo avrebbe combattuto e si sarebbe riscattato con le loro vite.
Gli bastava farli fuori tutti…poi di quello che avrebbe fatto in seguito…non lo sapeva e non gli importava.
Volse lo sguardo verso l’alta finestra dalla cui spessa inferriata di ferro entravano alcuni raggi di sole che, per un istante, lo abbagliarono. Doveva far sapere al mondo esterno che lui era vivo…ma come?
- Uscirò di qui. Fosse l’ultima cosa che faccio! -
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“Kagome ma mi ascolti?!?”.
“Eh?? Ah, scusa nonna Kaede…mi ero un attimo distratta”.
Isola di Arlem. Kagome e la vecchia Kaede se ne stavano sedute vicine al focolare in attesa che la zuppa finisse di cuocere. Era ora di pranzo.
Il periodo delle tempeste di neve era ormai finito ma ancora il freddo pungente dell’inverno riempiva l’aria.
“Hai dormito poco anche sta notte. È sempre quel sogno…” la ragazza annuì, in silenzio. Sembrava in contemplazione.
“Ho l’impressione che non si tratti di un semplice sogno” disse, secca. L’anziana miko annuì di rimando. Aveva avuto quell’impressione fin dalla prima volta in cui la ragazza gliene aveva parlato.
“Credi si tratti di un presagio negativo?” chiese a Kagome
“Non lo so – disse sospirando – ma credo che si tratti di una cosa molto importante. Cosa devo fare nonna?” chiese infine la ragazza alla vecchia Kaede con uno sguardo preoccupato.
Non la vedeva così turbata da tantissimo tempo. Le sorrise, cercando di rincuorarla
“Non devi fare niente per adesso, Kagome. Se hai sognato l’avvento di questi quattro giovani significa che l’incontro con loro segnerà una svolta importante nella tua vita…bisogna solo aspettare che arrivi quel giorno” le disse amorevole.
“Se…se avessi sognato anche il giorno di dieci anni fa…” sussurrò cupa la ragazza ma l’anziana miko la sentì lo stesso e anche il suo viso si adombrò capendo a cosa si riferisse Kagome…il giorno in cui sua figlia Kikyo e suo marito, Hisoka, vennero uccisi per difendere lei, per difendere il loro villaggio.
“Non devi angosciarti con simili pensieri – riprese l’anziana miko – Anche se avessi sognato quel giorno non avresti mai saputo quando sarebbe successo di preciso…ci avrebbero colti di sorpresa comunque” concluse, senza alcuna emozione nella voce.
“Ora vado fino al villaggio, nonna” sbottò improvvisamente Kagome “Co…ma Kagome non hai ancora pranzato…”
“Non ho fame. E comunque bisogna fare la spesa per sta sera e chiamare qualcuno perché ci porti un po’ di legna. Tornerò prima di sera” si alzò e si diresse nella stanza attigua a quella che usavano come sala da pranzo, per prendere il pesante mantello invernale, la sua spada ed arco e frecce.
“Fa attenzione” le disse semplicemente Kaede guardandola mentre si dirigeva verso la porta e usciva.
La casa in cui abitavano Kagome e la vecchia Kaede si trovava isolata dal villaggio, lontana da esso nemmeno un chilometro…si erano trasferite lì dopo l’attacco di quei demoni di dieci anni fa; costruita solo per loro due, era una modesta abitazione, di un solo piano, con appena cinque stanze: una cucina abitabile, due stanze da letto, un’altra stanza usata come dispensa e un piccolo bagno.
Fuori da essa vi era un piccolo capanno dove veniva tenuta la legna ed alcuni attrezzi ed anche una modesta stalla in cui erano riparati i loro due cavalli.
Proprio perché isolata dal villaggio, era necessario tutte le volte recarsi là per procurarsi il cibo e le provviste…ma Kagome vi era abituata anche perché vi si recava almeno una volta alla settimana per controllare se vi fosse il bisogno del suo aiuto. Non per niente lei era la sacerdotessa del villaggio di Kandem…ormai da quando aveva dodici anni visto che sua nonna non aveva più le forze per farlo.
E la sua fama si era diffusa praticamente in tutta l’isola proprio perché così giovane ma immensamente potente. Era lei che si occupava della difesa del villaggio dagli attacchi dei Demoni che ormai da anni si erano stabiliti in quei luoghi portando paura e distruzione…ormai aveva perso il conto di quanti ne avesse uccisi.
Per questo veniva anche spesso contattata da altri villaggi che chiedevano il suo aiuto e, quando poteva, dava anche a loro una mano.
- Se solo fossi stata così forte anche quel giorno…- si ripeteva spesso, praticamente tutte le volte che abbatteva uno Youkai.
Inspirò a fondo l’aria pungente mentre la luce del sole riflessa sulle candide distese di neve l’abbagliava. Ormai le Grandi Nevi erano finite da qualche settimana e presto sarebbe stato possibile viaggiare per i sentieri senza difficoltà e ciò avrebbe comportato nuove richieste di aiuto, lo sapeva.
Camminare per quelle foreste le infondeva sempre una strana sensazione, come mistica…durante l’inverno quei luoghi si trasformavano, ricordandole le favole che sua madre le leggeva da piccola dove gli eroi si avventuravano per quelle foreste magiche e misteriose dove vivevano strane e misteriose creature…fate folletti spiritelli…le era sempre piaciuto credere che anche quei boschi fossero abitati da simili creature e vi passava ore ed ore nella speranza di vederne qualcuno.
Sorrise lievemente. Quei giorni spensierati non sarebbero più tornati.
Era felice di vivere su quell’isola…per i suoi numerosi viaggi era riuscita a visitarne almeno una piccola parte ed era rimasta meravigliata di quanti bellissimi posti vi fossero. La natura cresceva rigogliosa fornendo tutto il necessario agli uomini dei piccoli villaggi che l’abitava, cercando di deturparne il meno possibile la naturale bellezza.
Ogni stagione rendeva quei luoghi sempre diversi…era bellissimo vedere come il paesaggio si trasformasse dopo il gelo dell’inverno, dove tutto è bianco per poi esplodere in mille colori e mille tonalità di verde.
Pensando a cose simili Kagome si rilassò notevolmente, vedendo a qualche centinaia di metri il villaggio immerso nella neve.
Accelerò il passo dirigendosi verso una meta precisa.
Il villaggio di Kandem si trovava nella parte sud- ovest dell’isola, vicino alla costa. Era un sito di media grandezza in cui il commercio era la maggior parte fonte di ricchezza e sostentamento poiché lì confluivano molte delle merci che venivano portate dal grande porto della città di Ardensia, distante da lì qualche miglia.
Quindi, nonostante le ridotte dimensioni, era uno dei villaggi più ricchi e prosperosi dell’isola e questo grazie anche all’aver sventato l’attacco dei Demoni di dieci anni fa – che aveva portato alla contemporanea distruzione di moltissimi villaggi - , con il sacrificio dei genitori di Kagome visto che, a quell’epoca, erano proprio loro che si occupavano della difesa del villaggio grazie alle doti di sacerdotessa di Kikyo e all’esperienza nelle arti magiche di Hisoka.
Kagome poté vedere che le strade erano già state sgomberate dalla neve e si poteva di nuovo osservare il pavimento della bellissima piazza circolare, costituito da coloratissimi cubetti di porfido i quali formavano un intricato disegno di enorme effetto scenografico. Il tutto però era ancora sbiadito dal sottile strato di ghiaccio e sale che già stava compiendo la sua opera di scongelamento.
Qualcuno la riconobbe subito, anche se non indossava le tipiche vesti da miko ma dei pantaloni di pesante pelle nera infilati dentro un paio di stivali dello stesso colore alti quasi fino alle ginocchia. Sopra vestiva una pesante camicia bianca con sopra un morbido gilè di pelle chiara e sopra ancora una giacca di velluto pesante, infine il mantello.
“Somma Kagome che piacere vederla – la salutò cordialmente una giovane donna, avvicinandosi – Spero che lei e la somma Kaede stiate bene”.
“Sì, grazie. Spero che le Grandi Nevi non abbiano creato troppi danni qui al villaggio” disse cordiale Kagome mentre un lieve sorriso le illuminava il volto
“No, per fortuna è andato tutto bene! Nessuno è rimasto ferito o si è gravemente ammalato”
“Ne sono lieta. Solo oggi sono potuta venire perché le strade sono ancora bloccate dalla neve…quindi sono contenta che non abbiate avuto particolari problemi perché non avrei potuto raggiungervi…” disse flebilmente e con un tono quasi di rammarico…odiava non poter essere d’aiuto quando c’era più bisogno di lei. Nonostante avesse solo sedici anni doveva occuparsi di un intero villaggio invece che pensare a vivere con spensieratezza quelli che erano gli anni della sua adolescenza. Ma lei aveva accettato il suo ruolo e lo avrebbe adempiuto soprattutto per rendere onore ai suoi defunti genitori.
“Non dovete preoccuparvi di simili cose, somma Kagome! Sia voi che vostra nonna Kaede fate così tanto per noi…!” la rassicurò la giovane donna, sorridendole ampiamente, mettendola lievemente in imbarazzo. Si trovava quasi sempre in soggezione di fronte alle persone così cordiali ma, soprattutto, che sapessero sorridere a quel modo…cosa che lei non sapeva più fare.
“Oh, ma voi avrete degli impegni! Scusatemi se vi ho trattenuto!” sbottò, agitata, la donna sinceramente dispiaciuta
“No, no non si preoccupi! Sono venuta perché devo fare alcune compere e perché devo parlare con il signor Yoshikawa…lei saprebbe dirmi dove lo posso trovare? Non sono ancora andata nel suo ufficio…”.
“Mmh…se non sbaglio si trovava nel negozio del signor Deal per fare alcuni controlli…sa le consegne di alcune merci sono in ritardo…”.
“Capisco, andrò là allora”
“Io la saluto allora somma Kagome! Spero di vederla presto! Porti i miei saluti alla somma Kaede!”.
“Lo farò senz’altro. Arrivederci” e le due si separarono.
Dopo quell’incontro Kagome si sentì di nuovo irrequieta e non le piacque. Ma ormai c’era abituata e non ci fece più di tanto caso.
Si diresse così decisa verso il negozio del signor Deal, così indicatole dalla giovane donna, per incontrare il signor Yoshikawa, amministratore del villaggio.
Lo vide infatti parlare animatamente con il proprietario del negozio – una specie di ferramenta - , discutendo di chissà quale problema. Ma appena la vide si interruppe bruscamente, concludendo in maniera frettolosa e distratta il discorso, lasciando perplesso il signor Deal, e si diresse velocemente verso di lei con un cordiale sorriso.
“Che piacere vederti Kagome!” la salutò abbracciandola
“Anche per me, signor Yoshikawa”.
L’amministratore era un vecchio amico dei suoi defunti genitori, nonché di Kaede. Dopo la tragedia si occupò lui di dirigere i lavori di costruzione della loro casa e di rifornirle di ciò di cui avevano bisogno. L’aveva sempre trattata come se fosse stata la sua nipotina e quando ancora abitavano al villaggio aveva spesso giocato con lei.
Era ormai sulla settantina ma nonostante l’età aveva nel volto ancora un’espressione decisamente viva e giovanile. Mediamente alto, aveva i capelli di un grigio intenso con qualche sfumatura biancastra che gli incorniciavano i lati della testa, come un semicerchio, mentre la sommità della nuca era rada. Gli occhi, invece, erano di un azzurro intensissimo ed esprimevano una grande dolcezza.
“Tua nonna sta bene?” le chiese, guardandola affettuosamente
“Sì” rispose lei semplicemente
“Oh, ma non restiamo a parlare qui al freddo. Dì, hai già pranzato?
“Bè…per la verità…no” constatò imbarazzata avvertendo in quel momento i morsi della fame…ma perché non aveva mangiato prima di uscire?
“Dai andiamo alla locanda – disse lui ridendo – Sai in molti si chiedevano quando saresti venuta” continuò mentre si stavano incamminando.
“Le strade sono ancora bloccate dalla neve. Per fortuna almeno il sentiero principale era un po’ più sgombro degli altri…per questo sono potuta venire solo ora”
“Dirò a qualcuno di occuparsene”
“No, no! Non voglio che vi disturbiate più del necessario…!”
“Non ti preoccupare! In fondo è necessario liberare le strade…non possiamo restare bloccati troppo a lungo, ne risentirebbe il commercio”
“Capisco…”.
“Bene siamo arrivati”. Kagome alzò lievemente la testa, per vedere sopra di sé l’insegna della Locanda della Quercia (nome privo di qualsiasi significato…è la prima cosa che mi è venuta in mente… Inu: infatti fa schifo! Me: lo sapevo da me non c’era bisogno d’infierire, baka!).
Il signor Yoshikawa spinse lievemente la vecchia porta di frassino, sbiadito dal tempo e dalle intemperie.
Un’ondata di gelo penetrò nella locanda, raggelando per qualche istante tutti i presenti, la maggior parte dei quali si girarono per vedere chi era entrato.
“Somma Kagome, signor Yoshikawa! Prego, prego accomodatevi!” esclamò allegro da dietro il bancone di fronte a loro un uomo sulla sessantina, abbastanza alto e un po’ robusto.
I capelli di un intenso castano erano striati da alcuni capelli bianchi lucenti e una folta barbetta gli incorniciava la bocca ridente e furbetta, come gli occhi, di un altrettanto intenso marrone, che esprimevano una grande furbizia e fiuto per gli affari.
“Buongiorno Bert! - salutò di rimando l’amministratore – Hai visto chi ci è venuto a trovare?”
“Salve signor Bert” si aggiunse Kagome accennando un sorriso
“Sono contento di vedere che state bene Kagome- sama” disse il locandiere mentre i due appendevano i loro mantelli all’appendiabiti e sedevano al bancone su due dei vari seggiolini rialzati fissi al pavimento davanti al bancone.
La locanda del signor Bert era una delle più grandi del villaggio e la più rinomata per il suo famoso arrosto di faraona, specialità della casa.
“Anche a me fa piacere che stiate tutti bene. Quest’anno le Grandi Nevi non hanno inflitto danni gravi” constatò Kagome sollevata “Già, per fortuna!”
“E gli affari come vanno Bert?” intervenne l’amministratore
“Bè, a causa delle tempeste sono andati un po’ a rilento questi ultimi mesi, ma non mi posso lamentare! Appena le nevi cominceranno a sciogliersi riprenderanno a gonfie vele!”.
Il signor Bert era rimasto vedovo della moglie molti anni prima e da quel giorno si occupava della locanda lui solo con l’aiuto dei due figli, Kliff e Deniel; il primo aveva diciotto anni mentre il secondo sedici, la stessa età di Kagome.
“E i ragazzi come stanno?” chiese il signor Yoshikawa
“Oh, benissimo! Sa qualche giorno fa parlavamo proprio di voi, Kagome- sama! Kliff si chiedeva se lei e la somma Kaede non aveste bisogno di legna…”.
“Sì, in effetti sono venuta anche per quello…. È da molto, in effetti, che non vedo Kliff e Deniel…mi piacerebbe salutarli”. Kagome sorrise, ripensando agli anni in cui aveva abitato lì e delle giornate passate a giocare proprio con Kliff e Deniel, i suoi amichetti d’infanzia. “Ah, per questo non c’è problema…sono usciti sta mattina per delle commissioni e dovrebbero tornare tra poco…saranno affamati come lupi!”
“A proposito di essere affamati… anche noi vorremmo gustare una delle tue squisite pietanze Bert!” disse allegramente l’amministratore.
“Ma certo! Che ne dite di uno stufato bello caldo?”
“Vada per lo stufato!”
“Anche per voi somma Kagome?”
“Certo, va benissimo”
“Torno subito allora con due bei piatti di stufato bollente!” e lo videro dileguarsi dietro una piccola porta che portava alle cucine.
La locanda del signor Bert era molto spaziosa e ben tenuta: era formata da una sala molto grande in cui vi erano disposti ordinatamente i vari tavoli di grandezze diverse; poi vi era una sala più piccola, separata da quella principale da una mezza parete fatta di vetro color ambra, rifinito da intelaiature in bronzo finemente lavorato. Il bancone percorreva la lunghezza del muro quasi interamente e sulla destra vi era una scala che portava al piano superiore dove vi erano alcune stanze per chi volesse alloggiare alla locanda la notte.
Attigua alla locanda, vi era un’altra costruzione, ovvero la casa vera e propria del locandiere e dei figli.
Improvvisamente l’ingresso della locanda si aprì con uno strattone e sulla soglia fecero capolino i due figli del locandiere, intirizziti dal freddo pungente, facendo un gran baccano, sbraitando e lamentandosi per la mattinata faticosa.
Il signor Yoshikawa e Kagome si erano girati, incuriositi dal vociare e incontrarono lo sguardo sorpreso e stupito dei due nel vederli lì. O, meglio, sorpresi e stupiti di vedere lì Kagome.
“Ka- Kagome?!?” esclamarono quasi contemporaneamente i due giovani
“Kliff? Deniel?” esclamò lei di rimando. Poi, ripresisi dal momento di confusione, i due si diressero velocemente verso la ragazza, contentissimi di rivederla dopo tanto tempo.
“Che bello rivederti Kagome! – cominciò Kliff – È da molto che non ci si vede!”
“Già! Sembra siano passati anni! Deniel…sei diventato un gigante!!” disse lei, sinceramente sorpresa
“Oh, su, non esagerare!” balbettò lui, imbarazzato, mentre un lieve rossore gli imporporava le guance.
Kagome sorrise.
Kliff e Deniel erano due ragazzi molto belli. Il primo aveva ereditato i caratteri fisici del padre anche se era molto più alto di lui. Perciò era moro con due occhi marrone scuro e un fisico ben proporzionato, seppur leggermente robusto.
Il secondo, invece, aveva preso tutto dalla madre: i capelli chiari, di un bellissimo biondo scuro, e gli occhi di un verde brillante; alto quasi come il fratello, aveva un fisico molto più slanciato rispetto all’altro e nonostante sembrasse quasi esile aveva dei muscoli ben scolpiti e la forza fisica non gli mancava. Era proprio Deniel che si occupava di portare fino a casa loro la legna e che spesso si offriva di aggiustare e riparare la loro casa o qualsiasi altra cosa quando era necessario.
I due fratelli si volevano un gran bene ed erano molto uniti, nonostante avessero caratteri e temperamenti molto diversi. Kliff, anche per la sua età, era più risoluto e sicuro di sé mentre Deniel – anche se tentava di assumere un atteggiamento aggressivo – era più pacato rispetto al fratello, riflessivo e un po’ timido. Ma spesso in lui Kagome vi aveva letto qualcos’altro, una specie di malinconia o tristezza che non era mai riuscita realmente a carpire.
“Eccomi di ritorno! Oh, ma siete già arrivati ragazzi!” esclamò il padre dei due mentre avanzava verso il bancone con le due porzioni di stufato per Kagome e il signor Yoshikawa
“Perché non vi accomodate tutti insieme in uno dei tavoli? Così poterete pranzare insieme!” suggerì il locandiere.
“È un’ottima idea! Appendiamo i mantelli e arriviamo” disse Kliff che si avviò verso uno dei vari appendiabiti attaccati alla parete, seguito dal fratello che non aveva tolto per un attimo gli occhi da Kagome.
Si sedettero in un grande tavolo vicino al camino e poco dopo il signor Bert portò loro delle abbondanti porzioni di stufato e cominciarono a mangiare mentre parlavano del più e del meno allegramente.

Kagome passò alcune ore davvero piacevoli, contenta soprattutto di aver rivisto i suoi due amici, Kliff e Deniel…ancora alcuni dei pochi che non la chiamassero ‘Kagome- sama ’….
Purtroppo però era ormai ora di avviarsi, se voleva riuscire a prendere le cose che le servivano e ritornare a casa prima che facesse buio.
“Io sarà meglio che mi avvii, ora”
“Oh, già! In effetti sono già passate due ore! Devi andare ancora a fare la spesa, no?” chiese l’amministratore
“Sì, e sarà meglio che mi sbrighi altrimenti farà buio”
“Ti accompagno io, Kagome - si offrì Deniel – Papà tu non hai bisogno di me, vero?”
“No, no non ti preoccupare! Accompagna pure la somma Kagome…puoi prendere il carretto, così farete prima”
“Ma no Deniel…non è necessario” cercò di dissuaderlo lei, non volendo arrecare disturbo
“Non ti preoccupare! Sono contento se posso darti una mano e poi è da così tanto che non ci vediamo…ci facciamo due chiacchiere!” insistette lui guardandola dolcemente
“Ma…ma io non voglio disturbare…” ribatté lei nuovamente imbarazzata per tutta quella gentilezza
“Allora noi andiamo!” esclamò però il ragazzo afferrandola per un braccio, prendendo i loro mantelli e dirigendosi verso l’ingresso per uscire.
Kagome non riuscì nemmeno a protestare che già si trovavano fuori.
- E bravo il mio fratellino – pensò, invece, con un sorriso Kliff dirigendosi verso la porta che connetteva la locanda alla loro casa.

“Aspettami un attimo qui che vado a prendere il carretto Kagome”.
“Ma- ” non riuscì nemmeno a terminare la frase che Deniel era già sparito dietro l’angolo per andare a prendere il carretto insieme ad un cavallo dalla stalla.
Tornò poco dopo, mentre teneva per le redini un bellissimo cavallo dal manto marrone scuro lucente.
“Forza, ti aiuto a salire” le disse lui, più come un ordine che come un invito, e lei si ritrovò a non poter obiettare.
“Accidenti! Come al solito fai sempre come ti pare!” sbuffò lei, leggermente infastidita
“Eheh! Certe cose non cambiano!” le disse lui sorridendo mentre saliva sul carretto e dava una lieve frustata al cavallo che subito si mosse.
“Allora, dove devi andare di preciso?” le chiese gentilmente
“Devo andare in macelleria e poi a prendere un po’ di verdure…”
“Bene, vedrai, in cinque minuti avremo finito”.
“Sarà, ma mi dispiace arrecarti così tanto disturbo…. Fai già così tanto per me e per la nonna”.
“Kagome, Kagome…ma che problemi ti fai?! Lo sai che mi fa solo piacere darvi una mano! Voi avete e fate sempre così tanto per noi che questo è il minimo!”.
“Non è vero…non esagerare”.
“Non esagero” e la fissò negli occhi con uno sguardo che Kagome non gli aveva mai visto
“Sei cambiato” constatò semplicemente. Lui si girò sorridendo, guardando davanti a sé.
“Dici?”
“Sì…sei più…sicuro di te. Più deciso”
“E ti da fastidio?”
“No…mi piace…” disse lei, quasi sussurrando
“Sono contento. Mi sei mancata in questi mesi, Kagome” le disse in modo così semplice ma anche così improvviso che la spiazzò per qualche istante
“Anche…anche tu…mi sei mancato” gli rispose ma senza guardarlo negli occhi con le gote leggermente arrossate
“Non dev’ essere stato facile passare l’inverno là isolate…mi spiace di non essere potuto venire a trovarvi”
“Non ti preoccupare…come saresti riuscito a muoverti con quel tempaccio? Mi sarei solo infuriata se fossi venuto! Cos’è, ti sei scordato la ramanzina che ti feci l’anno scorso?”
“No, no! È proprio quella che mi ha fatto desistere!” le disse lui ridendo. A Kagome piaceva quella risata…le ricordava gli anni passati, quando giocavano felici e spensierati…. Prima di quel giorno….
“Bene, almeno ha avuto il suo effetto!” disse lei di rimando.
Trascorsero tranquillamente ancora un’oretta, tra una commissione e l’altra finché non ebbero finito.
“Bè, io direi che ho preso tutto…. Ti ringrazio dell’aiuto” gli disse Kagome dolcemente
“Oh, ma ti accompagno a casa, che ti credi!” sbottò lui, quasi sorpreso
“No! Questo no! Ho già approfittato troppo della tua gentilezza! Vado a piedi, così come sono venuta!”.
“Ma prima che tu arrivi sarà già buio…daiiii…non fare la difficile” la implorò lui con la voce da bambino
“No, sta volta sono irremovibile!”
“Daiiii…” insistette il ragazzo
“Nooooo!”
“Allora senti…ti propongo una mediazione…”
“Cioè?”
“Ti accompagno per metà del tragitto…così può andare? Ti pregoooo!” le disse, facendole gli occhi dolci, quasi imploranti “Oh, e va bene! Basta che la pianti!” sbottò lei stizzita da quel comportamento infantile
“Aha! Vinco sempre io, non c’è niente da fare!” esultò lui alquanto soddisfatto del suo operato mentre faceva muovere il cavallo verso il sentiero che portava fuori dal villaggio.
“Sì, certo! Solo perché sei estremamente irritante quando ti ci metti!”
“Su, non dirmi che non ti piace la mia compagnia…non ci credo!” le disse, facendo quasi una faccia sconvolta
“Ma piantala! Sì…sei proprio cambiato…”
“Per quante volte lo hai ripetuto comincio a pensare che non ti piaccia più di tanto questo cambiamento…”
“No è che mi ci devo abituare…insomma, saranno anche passati quasi quattro mesi ma mi sembra che siano passati anni per quanto sei cambiato!”.
“Mh…”
“E ‘mh ’ per cosa starebbe?”.
“A ‘mh ’…non vedo cosa dovrei aggiungere…!”
“Ma si può sapere che ti è preso??” sbottò lei alquanto innervosita…non sopportava non capire le cose e quegli strani atteggiamenti dell’amico la mettevano in soggezione, non sapeva come comportarsi
“Segreto!” le disse lui, invece, sorridendole, mandandola ancora di più in confusione.
“Puoi lasciarmi qui Deniel…hai già fatto anche più di metà del tragitto…” riprese lei, con improvvisa tranquillità, facendo fermare il carretto al ragazzo.
“Va bene…non insisto più a portarti fino a casa perché tanto questa volta non riuscirei a convincerti…” sospirò lui
“Bravo…! Vedo che cominci a capire…! – tacque per qualche momento poi lo guardò con un leggero e sincero sorriso – Ti ringrazio davvero tantissimo per oggi…sia per l’aiuto ma, soprattutto, per la compagnia…” concluse, quasi timidamente.
“Sai che è stato solo un piacere per me, Kagome…” e i due si guardarono qualche momento negli occhi, lui con uno sguardo così intenso che la fece arrossire e la costrinse ad abbassare lo sguardo.
“A- allora ci vediamo…” gli disse un po’ titubante
“Certo! Senti è un problema se passo domani? Da quello che ho capito avete bisogno della legna, no?”
“Oh, sì! In effetti me ne stavo dimenticando…ci faresti un grande favore…. Ma puoi venire anche fra qualche giorno, con calma, non è così urgente…”
“No, domani va benissimo…e poi voglio salutare Kaede- san. Vengo nel primo pomeriggio, va bene?”.
“Ce- certo, benissimo!” si ritrovò di nuovo a balbettare.
Lui sorrise.
“Allora a domani piccola Kagome!”
“Ehi! Piccola a chi?? Non darti tante arie visto che abbiamo la stessa età!!” sbottò lei, quasi furiosa.
“Va bene, va bene…piccola Kagome!” continuò a schernirla lui, mentre si girava, insieme al carretto, per tornare verso il villaggio.
“Ma tu guarda questo…” borbottò stizzita la ragazza mentre si era già voltata di spalle per incamminarsi verso casa.
“Ah, Kagome!” richiamò la sua attenzione Deniel
“Che c’è ancora?!?” urlò, quasi, lei di rimando girandosi verso di lui “…Non voglio vederti triste… - cominciò lui, guardandola seriamente – E poi…dovresti portare i capelli sciolti…saresti ancora più bella…” e si girò nuovamente, allontanandosi definitivamente lasciando una Kagome paralizzata.
‘ Non voglio vederti triste…’ le aveva detto. Impossibile. Era una cosa impossibile per lei, ormai.

- Anche se erano i suoi genitori addottivi…si volevano un gran bene…. È stata davvero una tragedia. Odio vederla triste! – pensava, intanto, Deniel.
In realtà, nel villaggio – anche se ormai, diciamo, molti se ne erano ‘dimenticati ’- si sapeva che Kagome non era la vera figlia di Kikyo e Hisoka…ma per altre ragioni. Infatti, quando i due la dichiararono come loro figlia, dissero che l’avevano trovata nel bosco, sola, e che avevano deciso di adottarla. I tre si volevano così bene che veniva spontaneo dire che Kagome fosse realmente figlia loro e a rinforzare questo pensiero, c’era anche la sorprendente somiglianza tra madre e figlia, nonostante tra le due non vi fosse alcun legame di parentela. Perciò, anche coloro che le vedevano per la prima, avevano sempre pensato a Kagome come figlia di Kikyo e Hisoka e non che fosse stata adottata. Questo, infatti, venne praticamente dimenticato facendo sì che Kagome non lo venisse mai a sapere – grazie anche alle scrupolose raccomandazioni dei genitori perché non avesse mai scoperto di essere stata, in realtà, adottata, per il suo bene.

Kagome, invece, mentre era ormai in vista di casa sua, ripensava ancora alle parole dell’amico finché non le rivenne improvvisamente in mente un’altra frase di cui si era realmente resa conto solo in quel momento: ‘…saresti ancora più bella…’ .
Lei…era bella? Arrossì al pensiero che Deniel pensasse questo di lei. Le avevano spesso ripetuto, quand’era piccola, quanto fosse carina ma credeva che lo dicessero solo perché era bambina.
Accelerò improvvisamente il passo, entrando in casa quasi col fiatone, salutando velocemente la nonna, appoggiando sul tavolo ciò che aveva comprato e fiondandosi in camera sua.
Prese da un cassetto di un piccolo comò un piccolo specchio e si guardò per un po’…sciolse i capelli e si rispecchiò.
In lei rivide i tratti della madre e, quasi infastidita, gettò via in malo modo lo specchio dandosi della stupida. Non le era mai interessato il suo aspetto fisico, non si credeva affatto bella e avrebbe continuato a pensarla così. Non le interessavano quelle cose. Lei aveva una vendetta da attuare e non aveva tempo da dedicare a frivolezze simili.
Aveva giurato che sarebbe rimasta sola e così doveva essere. Mai più legami, mai più sofferenze.
Lei, solo lei.
- Sì…va bene così…io devo stare sola…va bene così… - e voltò lo sguardo verso la finestra attraverso la quale poté far incontrare il suo sguardo con i chiari raggi della Luna dal suo colore argenteo, così simile al colore dei suoi occhi. Freddo, così come avrebbe dovuto imparare ad essere lei.
Doveva, se non voleva più soffrire…doveva.

FINE 4° CAPITOLO.
Eccoci qua. Ho concluso anche questo quarto capitolo che è venuto decisamente lungo…è colpa mia, lo so…(Inu: e di chi doveva essere se non tua, scusa?!? Me: quanto sei palloso…bhaaaa…) Essendomi io cimentata in un racconto fantasy non posso non evitare di dilungarmi in accurate descrizioni (Che, per altro, credo non mi vengano neanche troppo bene…) se voglio darvi un’idea di quello che mi sono immaginata e che ho nella testa.
Ma comunque, essendo io, oltre che scrittrice, anche lettrice preferisco di gran lunga i capitoli lunghi rispetto quelli brevi…perciò DOVETE essere soddisfatti! E lo so che lo siete perché nei commenti me lo avete detto…!
La presenza di personaggi come Deniel creeranno grande scalpore, come, del resto, è già successo con Seiishiro…ma dovrebbe essere abbastanza chiaro – se non logico – che…bè non voglio dirvi niente! Ma credo che abbiate capito di cosa parlo….
Altra questione importante: se Kagome vi sembra un po’ OOC…bè…lo è. Cioè, almeno all’inizio…infatti non l’ho messo di proposito come nota per la ff che i personaggi sono OOC e questo perché se all’inizio lo possono sembrare non vuol dire che lo saranno per tutta la ff…. Era ovvio che, dopo tutto quello che ha passato, Kagome potesse essere come la vediamo nel manga…ma non dovete farne una tragedia perché accadranno molte cose….
Bene, per questo capitolo direi che non c’è niente da spiegare o da approfondire perciò vi lascio e vi imploro…COMMENTATE!!!! Vi pregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregovipregoooooooo!!!!! Fate uno sforzo…conto su di voi perché lo so che ci siete!!!!
Vi saluto bella gente…tanti baci da ka_chan!!!

  
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