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Autore: SignoraOscura91    13/07/2010    0 recensioni
L'amore tormentato di due giovani, migliori amici, che dovranno superare ogni insidia per poter vivere qualcosa di importante! lei, Michiko, lui, Hajime...e tutto il resto è polvere!
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Terzo capitolo della mia storia sui due migliori amici… Spero seguirete anche questo capitolo!     XXX

“Ti prego Michiko, ci divertiremo dai, non puoi buttarti giù così…” -  Una voce stava sbraitando dall’altro lato della cornetta del mio cellulare – “Ti prego, ti prego, ti prego!”.                        Scocciata scossi leggermente la mia testa bruna in segno di rassegnazione. Odiavo quando Fujiko, dopo vari e vari tentativi, riusciva quasi a convincermi.

“Sai che odio le discoteche, non ho voglia di venire ed anche se venissi non sarei molto di compagnia… perché non in un pub?” – Ipotizzai sventrando un sorriso come per voler farmi vedere, soddisfatta del discorso (e come se lei potesse davvero vedermi)!

“Non tirar fuori storie assurde e scuse plausibili… stasera, alle 8 e mezzo, passo a prenderti così andiamo in discoteca” – Esclamò Fujiko con aria superiore a qualunque altra persona attaccandomi il telefono in faccia.

Odiavo quando faceva cosi, lo odiavo proprio: ma ormai non potevo certo tornare indietro: richiamarla non sarebbe stato carino… per dirle cosa poi?! Che non sarei andata perché non avevo assolutamente voglia di affrontare la realtà? Questa non era per nulla una scusa plausibile!! No! Spostai gli occhi sul grande armadio di ebano che avevo attaccato alla parete vicino al letto. Iniziai a ricordare tutta la sua storia: Era dall’India che me lo avevano portato, per il mio 16° compleanno. A quel tempo ero talmente attratta dalla musica e dai pianoforti che volevo aver a tutti i costi tutto dello stesso materiale con cui li facevano. Così un bel giorno mi arrivò questo spettacolare armadio fatto a mano a casa: immaginate la gioia!

Tornai con la mente alla realtà e cercai di immaginarmi cosa potessi esserci all’interno di quel colossale armadio fatto di legno: Buio totale.

Andai ad aprirlo, incrociai le braccia e cominciai a fissare il vuoto. Mi riaffiorò alla mente il pensiero di non andare alla discoteca con Fujiko: scossi leggermente la testa e pensai: che pensiero stupido! Perché non posso divertirmi come tutte le altre persone? Devo dimenticare.

Circa venti minuti dopo avevo optato per un vestitino blu, completo di ballerine nere e golfino dello stesso colore delle scarpe. Mi ero pettinata leggermente i capelli e mi ero truccata con una passata di matita e mascara. Dieci minuti dopo Fujiko era sotto casa mia: scesi e salì in macchina.  Durante tutto il tragitto sia Fujiko che io ce ne stemmo in silenzio ad ascoltare il rumore del motore che correva e della playlist che scorreva per tutto il CD. Ognuna con i suoi pensieri, belli o brutti, simpatici o meno. E fu proprio a forza di tutto quel pensare che in pochissimi minuti arrivammo alla disco.

Fujiko era agitatissima e fuori di sé… non vedeva l’ora di entrare in quel luogo così ameno. Da parte mia non c’era neanche un minimo di tutta quella felicità che lei invece sembrava sprizzare da tutti i pori. La seguì comunque: ogni suo saltello corrispondeva a dieci passi a rilento per me. Mi voltai: c’erano tantissimi ragazzi all’esterno di quel luogo che a parer mio era solo amorfo e deforme. Alcuni di loro avevano acceso delle sigarette e il fumo di quella viziosa stecca di tabacco mi penetrò nelle narici con una tale foga che non potei far altro che starnutire e tossire. Tutti non facevano altro che fissare e quasi mi spaventai. Ma mi spaventai ancora di più quando mi girai in avanti e Fujiko era sparita.

“Sarà entrata…” – Pensai dentro di me. Iniziai a vagare senza meta su e giù per quel maledettissimo posto fino a che non sentii una mano sulla mia spalla: Con lo spavento più grande che mi fosse mai venuto mi voltai e iniziai a colpire a vuoto sperando che qualcuno di quei colpi mirasse bene il bersaglio. Improvvisamente da quel corpo uscì una voce:

“Ehy, basta!!” – Non ascoltavo – “Tranquilla non voglio farti del male” – Continuavo a colpire – “BASTA!”.

Mi calmai e tentai di aprire gli occhi: ciò che mi si mostrò davanti non fu né un maniaco né un drogato impacciato in cerca di qualche soldo per soddisfare la fame. No… Ciò che mi si mostrò davanti agli occhi fu un ragazzo. Non era come tutti gli altri: aveva i capelli ricci, quasi perfettamente ricci, gli occhi di un intenso verde smeraldo e un sorriso smagliante. Mi bastò un secondo per capire che non aveva intenzione di farmi del male.

“Ciao.. ho visto che eri sola e sinceramente non mi fidavo a lasciarti vagare così senza meta in questo posto.” – Mi sganciò uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto in tutta la mia vita.

“Mi chiamo Kai Rasakumi e tu sei..?” – Mi chiese porgendomi la sua mano.

“Io sono Michiko..” – Non ero abbastanza convinta che fosse un bravo ragazzo da potergli dire anche il mio cognome. Ed ero talmente tanto confusa in quel momento che l’unica cosa che mi venne in mente di fare fu quella di rispondere a quel sorriso così smagliante.

“Sei da sola?” – Mi chiese.

-“Veramente io..” – Mi voltai sperando che uscisse Fujiko dalla disco ma fu proprio in quel momento che iniziò a salirmi in gola una sensazione che non avevo mai provato prima, una sensazione tutta nuova, dal sapore dolcissimo: Il sapore di libertà, quella libertà che senti quando non devi nulla a nessuno, quando non hai bisogno di sentirti dire “tu devi, mi puoi, mi fai”.. No! Lo guardai con più attenzione e notai per la prima volta i suoi vestiti: non mi ero mai interessata ai vestiti di un ragazzo prima di allora ma quelli addosso a lui, quella sera, assumevano un tono davvero elegante e spettacolare. Al collo portava una cravatta nera che pendeva su di una camicia bianca aderente che lasciava intravedere i perfetti muscoli del corpo ed i suoi calzoni di jeans assomigliavano ad un tailleur da grand gala.  Ero davvero stupita che un ragazzo potesse avere davvero un così buon gusto. – “Non fa niente… Dove andiamo di bello?”

Mi guardò con faccia stupita ma allo stesso tempo soddisfatta, come di chi sa di aver ragione su qualcosa.

“Ok..cosa ne dici di un gelato?” – Incrociò le braccia.

“Sai cosa ti dico?!” – Lo fissai con lo stesso sorriso di qualche minuto prima – “Io adoro il gelato” – E ci avviammo verso la gelateria più vicina.

Un ora dopo…

“Michiko…Michiko dove sei?” – Fujiko mi stava cercando animatamente e correva ansimante a destra e a manca chiedendo notizie ai ragazzi fuori dalla discoteca.

“Scusate avete visto per caso una ragazza vestita di blu, non altissima, mora, da sola? E’ mia amica e non la trovo più” – Domandava a chiunque le capitasse a tiro.

Cercava di ricavare qualunque informazione, cercava di rintracciarmi al cellulare continuamente e inutilmente perché io, per quanto bene le volessi, non avevo la ben che minima intenzione di risponderle. Conoscere quel ragazzo era stata la cosa più bella che mi fosse capitata da un po’ di giorni a quella parte e non avevo intenzione di rovinarmi la serata tornandomene a casa e maledicendomi perché poi non lo avrei mai più rivisto.

“Sai..” – Iniziai – “Dopotutto è stata una bella serata..sono felice di averti conosciuto…Kai!” – Mormorai abbozzando un forte colorito rosso. Cercai di abbassare la testa, forse perché non volevo mostrarmi imbarazzata… o forse perché non volevo ascoltare la risposta.

“Anche io… ^^” – Mormorò lui, fissandomi negli occhi. Non sapevo dove voltarmi. Nonostante i suoi occhi smeraldo mi mettessero a disagio non riuscivo a smettere di guardarlo.

“MICHIKO E’ SPARITA!” – Fujiko aveva chiamato col suo telefono qualcuno che la potesse aiutare a cercarmi. Rantolava parole a caso e stava cadendo in arbitrio della pazzia.

“Calmati Fujiko e raccontami tutto per bene.” – All’altro capo del telefono: Hajime.

Aveva un tono di voce abbastanza preoccupato: in fondo mi voleva bene e non voleva che mi succedesse nulla di male: e da bravo migliore amico faceva la sua parte davvero bene.

“Fujiko dimmi dove sei che ti raggiungo subito” – E dopo essersi fatto dare l’indirizzo partì immediatamente lasciando a casa da sola la sua ragazza. Si era messo d’accordo con Fujiko che se mi avesse trovata le avrebbe mandato un messaggio per tranquillizzarla.

Intanto io me ne stavo tranquilla davanti alla gelateria con il ragazzo dei miei sogni a parlare. Sapevo che era una cosa egoista non farmi trovare e sapevo anche che era una cosa senza senso innamorarmi di un ragazzo dopo averci parlato per due ore soltanto. Ma stando insieme a Kai, chissà per quale strana ragione, mi era successa una cosa che non succedeva da parecchio tempo: non pensare ad Hajime. Stare con lui mi faceva sentire come non mi ero mai sentita in vita mia, finalmente mi sentivo importante. Niente più Hajime prima di tutto: Solo io!

“ Che ore sono?!” – Chiese ad un certo punto distogliendo lo sguardo da me all’orologio grigio attaccato al suo polso – “E’ tardissimo! Devo scappare…”.

“Di già?!” – Pensai dentro di me – “Ok.. tranquillo!” – Dissi poi.

Mi stampò un bacio sulla guancia e a quel bacio seguì un <>. Quella promessa mi aveva dato la carica per affrontare cosa mi avrebbe aspettato dopo: come voltai lo sguardo trovai Hajime gocciolante di sudore e fatica ai miei piedi. Il suo sguardo era uno di quegli sguardi che si sfoderano quando la preoccupazione per qualcosa è talmente alle stelle che non ti interessa neanche di quello che ti potrà accadere se segui l’istinto di raggiungerla e sapere che sta bene ed è salva. In mano aveva un telefono cellulare che, facendoci caso li per li, era aperto alla pagina di “crea nuovo messaggio”. Mi si avvicinò, con passo molto lento e pesante, fermandosi a quasi un centimetro dalla mia faccia. Poi, senza proferire alcuna parola, mi mise le mani sulle spalle e mi tirò a sé: mi stava abbracciando.

“Per fortuna stai bene” – Disse subito dopo abbozzando un sorriso di compassione.

“Da quando ti importa così tanto di quello come sto o come non sto?” – Il tono della mia voce era crudele, acido e aspro: si, volevo farlo sentire in colpa. E in quel momento mi resi conto, quando Hajime mi guardò con occhi spaesati, che ciò che mi aveva fatto stare davvero male non era stato tanto l’averlo scoperto fidanzato, ma il fatto che non me lo avesse detto.

“Non riesco a capire… perché ti comporti così?” – Ancora con il suo sguardo da cane bastonato.

“Non importa.. passa una bella serata con la tua ragazza!” – E scansandolo me ne andai per la mia strada. Lui non si mosse: rimase lì, a crogiolare nelle sue colpe e a maledirsi di tutto.

Aveva capito: Finalmente aveva capito tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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