Terzo
capitolo della mia storia sui due migliori amici… Spero seguirete anche questo
capitolo! XXX
“Ti
prego Michiko, ci divertiremo dai, non puoi buttarti giù così…” - Una voce stava sbraitando dall’altro lato della cornetta del mio
cellulare – “Ti prego, ti prego, ti prego!”. Scocciata scossi
leggermente la mia testa bruna in segno di rassegnazione. Odiavo quando Fujiko,
dopo vari e vari tentativi, riusciva quasi a convincermi.
“Sai che
odio le discoteche, non ho voglia di venire ed anche se venissi non sarei molto
di compagnia… perché non in un pub?” – Ipotizzai sventrando un sorriso come per
voler farmi vedere, soddisfatta del discorso (e come se lei potesse davvero
vedermi)!
“Non
tirar fuori storie assurde e scuse plausibili… stasera, alle 8 e mezzo, passo a
prenderti così andiamo in discoteca” – Esclamò Fujiko con aria superiore a
qualunque altra persona attaccandomi il telefono in faccia.
Odiavo
quando faceva cosi, lo odiavo proprio: ma ormai non potevo certo tornare indietro:
richiamarla non sarebbe stato carino… per dirle cosa poi?! Che non sarei andata
perché non avevo assolutamente voglia di affrontare la realtà? Questa non era
per nulla una scusa plausibile!! No! Spostai gli occhi sul grande armadio di
ebano che avevo attaccato alla parete vicino al letto. Iniziai a ricordare
tutta la sua storia: Era dall’India che me lo avevano portato, per il mio 16°
compleanno. A quel tempo ero talmente attratta dalla musica e dai pianoforti
che volevo aver a tutti i costi tutto dello stesso materiale con cui li
facevano. Così un bel giorno mi arrivò questo spettacolare armadio fatto a mano
a casa: immaginate la gioia!
Tornai
con la mente alla realtà e cercai di immaginarmi cosa potessi esserci
all’interno di quel colossale armadio fatto di legno: Buio totale.
Andai
ad aprirlo, incrociai le braccia e cominciai a fissare il vuoto. Mi riaffiorò
alla mente il pensiero di non andare alla discoteca con Fujiko: scossi
leggermente la testa e pensai: che pensiero stupido! Perché non posso divertirmi
come tutte le altre persone? Devo dimenticare.
Circa
venti minuti dopo avevo optato per un vestitino blu, completo di ballerine nere
e golfino dello stesso colore delle scarpe. Mi ero pettinata leggermente i
capelli e mi ero truccata con una passata di matita e mascara. Dieci minuti
dopo Fujiko era sotto casa mia: scesi e salì in macchina. Durante tutto il tragitto sia Fujiko che io ce
ne stemmo in silenzio ad ascoltare il rumore del motore che correva e della
playlist che scorreva per tutto il CD. Ognuna con i suoi pensieri, belli o
brutti, simpatici o meno. E fu proprio a forza di tutto quel pensare che in
pochissimi minuti arrivammo alla disco.
Fujiko
era agitatissima e fuori di sé… non vedeva l’ora di entrare in quel luogo così
ameno. Da parte mia non c’era neanche un minimo di tutta quella felicità che
lei invece sembrava sprizzare da tutti i pori. La seguì comunque: ogni suo
saltello corrispondeva a dieci passi a rilento per me. Mi voltai: c’erano
tantissimi ragazzi all’esterno di quel luogo che a parer mio era solo amorfo e
deforme. Alcuni di loro avevano acceso delle sigarette e il fumo di quella
viziosa stecca di tabacco mi penetrò nelle narici con una tale foga che non
potei far altro che starnutire e tossire. Tutti non facevano altro che fissare
e quasi mi spaventai. Ma mi spaventai ancora di più quando mi girai in avanti e
Fujiko era sparita.
“Sarà
entrata…” – Pensai dentro di me. Iniziai a vagare senza meta su e giù per quel
maledettissimo posto fino a che non sentii una mano sulla mia spalla: Con lo
spavento più grande che mi fosse mai venuto mi voltai e iniziai a colpire a
vuoto sperando che qualcuno di quei colpi mirasse bene il bersaglio.
Improvvisamente da quel corpo uscì una voce:
“Ehy,
basta!!” – Non ascoltavo – “Tranquilla non voglio farti del male” – Continuavo
a colpire – “BASTA!”.
Mi
calmai e tentai di aprire gli occhi: ciò che mi si mostrò davanti non fu né un
maniaco né un drogato impacciato in cerca di qualche soldo per soddisfare la
fame. No… Ciò che mi si mostrò davanti agli occhi fu un ragazzo. Non era come
tutti gli altri: aveva i capelli ricci, quasi perfettamente ricci, gli occhi di
un intenso verde smeraldo e un sorriso smagliante. Mi bastò un secondo per
capire che non aveva intenzione di farmi del male.
“Ciao..
ho visto che eri sola e sinceramente non mi fidavo a lasciarti vagare così
senza meta in questo posto.” – Mi sganciò uno dei sorrisi più belli che avessi
mai visto in tutta la mia vita.
“Mi
chiamo Kai Rasakumi e tu sei..?” – Mi chiese porgendomi la sua mano.
“Io sono
Michiko..” – Non ero abbastanza convinta che fosse un bravo ragazzo da potergli
dire anche il mio cognome. Ed ero talmente tanto confusa in quel momento che
l’unica cosa che mi venne in mente di fare fu quella di rispondere a quel
sorriso così smagliante.
“Sei
da sola?” – Mi chiese.
-“Veramente
io..” – Mi voltai sperando che uscisse Fujiko dalla disco ma fu proprio in quel
momento che iniziò a salirmi in gola una sensazione che non avevo mai provato
prima, una sensazione tutta nuova, dal sapore dolcissimo: Il sapore di libertà,
quella libertà che senti quando non devi nulla a nessuno, quando non hai
bisogno di sentirti dire “tu devi, mi puoi, mi fai”.. No! Lo guardai con più
attenzione e notai per la prima volta i suoi vestiti: non mi ero mai interessata
ai vestiti di un ragazzo prima di allora ma quelli addosso a lui, quella sera,
assumevano un tono davvero elegante e spettacolare. Al collo portava una
cravatta nera che pendeva su di una camicia bianca aderente che lasciava
intravedere i perfetti muscoli del corpo ed i suoi calzoni di jeans
assomigliavano ad un tailleur da grand gala. Ero davvero stupita che un ragazzo potesse
avere davvero un così buon gusto. – “Non fa niente… Dove andiamo di bello?”
Mi
guardò con faccia stupita ma allo stesso tempo soddisfatta, come di chi sa di
aver ragione su qualcosa.
“Ok..cosa
ne dici di un gelato?” – Incrociò le braccia.
“Sai
cosa ti dico?!” – Lo fissai con lo stesso sorriso di qualche minuto prima – “Io
adoro il gelato” – E ci avviammo verso la gelateria più vicina.
Un ora dopo…
“Michiko…Michiko
dove sei?” – Fujiko mi stava cercando animatamente e correva ansimante a destra
e a manca chiedendo notizie ai ragazzi fuori dalla discoteca.
“Scusate
avete visto per caso una ragazza vestita di blu, non altissima, mora, da sola?
E’ mia amica e non la trovo più” – Domandava a chiunque le capitasse a tiro.
Cercava
di ricavare qualunque informazione, cercava di rintracciarmi al cellulare
continuamente e inutilmente perché io, per quanto bene le volessi, non avevo la
ben che minima intenzione di risponderle. Conoscere quel ragazzo era stata la
cosa più bella che mi fosse capitata da un po’ di giorni a quella parte e non
avevo intenzione di rovinarmi la serata tornandomene a casa e maledicendomi
perché poi non lo avrei mai più rivisto.
“Sai..”
– Iniziai – “Dopotutto è stata una bella serata..sono felice di averti
conosciuto…Kai!” – Mormorai abbozzando un forte colorito rosso. Cercai di
abbassare la testa, forse perché non volevo mostrarmi imbarazzata… o forse
perché non volevo ascoltare la risposta.
“Anche
io… ^^” – Mormorò lui, fissandomi negli occhi. Non sapevo dove voltarmi.
Nonostante i suoi occhi smeraldo mi mettessero a disagio non riuscivo a
smettere di guardarlo.
“MICHIKO
E’ SPARITA!” – Fujiko aveva chiamato col suo telefono qualcuno che la potesse
aiutare a cercarmi. Rantolava parole a caso e stava cadendo in arbitrio della
pazzia.
“Calmati
Fujiko e raccontami tutto per bene.” – All’altro capo del telefono: Hajime.
Aveva
un tono di voce abbastanza preoccupato: in fondo mi voleva bene e non voleva
che mi succedesse nulla di male: e da bravo migliore amico faceva la sua parte
davvero bene.
“Fujiko
dimmi dove sei che ti raggiungo subito” – E dopo essersi fatto dare l’indirizzo
partì immediatamente lasciando a casa da sola la sua ragazza. Si era messo
d’accordo con Fujiko che se mi avesse trovata le avrebbe mandato un messaggio
per tranquillizzarla.
Intanto
io me ne stavo tranquilla davanti alla gelateria con il ragazzo dei miei sogni
a parlare. Sapevo che era una cosa egoista non farmi trovare e sapevo anche che
era una cosa senza senso innamorarmi di un ragazzo dopo averci parlato per due
ore soltanto. Ma stando insieme a Kai, chissà per quale strana ragione, mi era
successa una cosa che non succedeva da parecchio tempo: non pensare ad Hajime.
Stare con lui mi faceva sentire come non mi ero mai sentita in vita mia,
finalmente mi sentivo importante. Niente più Hajime prima di tutto: Solo io!
“ Che
ore sono?!” – Chiese ad un certo punto distogliendo lo sguardo da me
all’orologio grigio attaccato al suo polso – “E’ tardissimo! Devo scappare…”.
“Di
già?!” – Pensai dentro di me – “Ok.. tranquillo!” – Dissi poi.
Mi
stampò un bacio sulla guancia e a quel bacio seguì un <
“Per
fortuna stai bene” – Disse subito dopo abbozzando un sorriso di compassione.
“Da
quando ti importa così tanto di quello come sto o come non sto?” – Il tono
della mia voce era crudele, acido e aspro: si, volevo farlo sentire in colpa. E
in quel momento mi resi conto, quando Hajime mi guardò con occhi spaesati, che
ciò che mi aveva fatto stare davvero male non era stato tanto l’averlo scoperto
fidanzato, ma il fatto che non me lo avesse detto.
“Non
riesco a capire… perché ti comporti così?” – Ancora con il suo sguardo da cane
bastonato.
“Non
importa.. passa una bella serata con la tua ragazza!” – E scansandolo me ne
andai per la mia strada. Lui non si mosse: rimase lì, a crogiolare nelle sue
colpe e a maledirsi di tutto.
Aveva
capito: Finalmente aveva capito tutto.