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Autore: elyxyz    14/07/2010    33 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti

Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti.

 

Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

 

Eccomi, sono tornata! ^__________^ Vi sono mancata? X°D Nah!

Meglio tornar seri...

Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!

Vorrei dedicarla a quelle persone che hanno recensito il precedente capitolo:

Ranyare (Ciao! Benvenuta! spero che le mie due mail non ti abbiano infastidita^^), elfin emrys, Yuki Eiri Sensei, GiulyB, mistica (ti è arrivata la mia mail?), Friducita, angela90, _Saruwatari_, bilancina92, chibimayu, saisai_girl, Mindyxx, damis, princess jiu 327, Orchidea Rosa, _ichigo_85, miticabenny, Tao, _Grimilde e bollicina.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo XVIII

 

 

C’erano poche cose che ormai Merlin poteva dare per scontate, da che la sua vita era drasticamente cambiata, otto giorni prima.

Una di queste era l’immancabile presenza e il sostegno che Guinevere gli aveva offerto, benché – il più delle volte – inconsapevolmente.

Perciò, quel sabato mattina, il giovane mago era nervoso per ben tre motivi: anzitutto, avrebbe dovuto ricordare al suo signore che era, per l’appunto, sabato; e che aveva promesso a Linette di toglierla dai guai, facendole saltare l’appuntamento di ricamo con Lady Morgana, con una qualche scusa non meglio precisata. La seconda ragione si legava alla prima, in quanto il Babbeo Reale era sempre di malumore dopo il Rituale del Mercoledì. E lo stregone invece aveva bisogno di lui e sarebbe stata una giornata alquanto stressante per i suoi livelli di sopportazione (in quei momenti Arthur diventava meno collaborativo e più asinino del solito). Per ultimo, ma non meno importante – e, anzi!, assai più urgente in ordine di priorità – la sua succitata amica non si era ancora fatta vedere, e il gallo aveva già cantato tre volte da un pezzo.

 

Gaius, dovete aiutarmi!” strillò quindi Merlin, sull’orlo di una crisi di nervi, ricomparendo dalla sua stanza dopo aver fatto colazione. “Gwen è in ritardo!”

 

L’anziano medico lo guardò sollevando un sopracciglio. “Avrà avuto un impedimento…”

 

“Ma Arthur mi scuoierà, se non lo sveglio in tempo!” gemette. “Già sarà lunatico di suo per il dopo sbronza!”

 

“Oh, suvvia, figliolo. Invece è sempre stato alquanto gentile, con la cara Lin. Il vecchio sorrise, burlandosi di lui.

 

“Vi supplico, allacciate qui.” Si risolvette l’altro, presentandogli la schiena col vestito slacciato.

 

“E’ passato parecchio, dall’ultima volta che ho avuto il piacere di aiutare una dama a rivestirsi…” raccontò il mentore al discepolo, deciso a prenderlo in giro un po’ a sue spese. “Ma come poter rifiutare le richieste di una siffatta donzella?”

 

Gaius!” sbottò l’altro, impaziente, arrossendo d’imbarazzo.

 

“Anche la treccia, Milady?”

 

Il mago lo guardò, torcendo il collo in una posa assurda.

“Sapete fare una treccia?”

 

“Ti stupiresti, Merlin, di quante cose io…”

 

“Vi prego, vi prego!” piagnucolò. “Lasciatemi nel dubbio e all’oscuro di tutto…

 

Il vecchio sorrise e finalmente tacque, armeggiando sul suo protetto.

 

 

***

 

 

Il risveglio dell’erede al trono fu meno traumatico del previsto e il servitore sospirò ringraziando gli dei, mentre gli porgeva il calice con dentro il rimedio che si era fatto dare dal suo maestro.

Arthur lamentava solamente un forte stordimento e un vago bruciore allo stomaco – chissà che disgustosa miscela aveva ingurgitato! – ma non fu sgarbato e non fece storie, quando gli fu servita una colazione piuttosto leggera per i suoi standard.

Merlin nel frattempo si era guardato intorno, soppesando lo stato disordinato della stanza – più caotico del solito, per giunta – con gli abiti della sera precedente malamente abbandonati a terra: la camicia da un lato, la casacca da un altro, e i pantaloni da un terzo ancora. Dello stivale sinistro non v’era traccia, mentre il destro, fortunatamente, spuntava da sotto il letto.

 

“Siete giunto fin qui sulle vostre gambe oppure vi ci ha trascinato qualcuno?” domandò, fissando l’arruffata testa bionda.

 

Yawheeeon…” sbadigliò il principe come risposta, senza curarsi di mettere una mano davanti alla bocca.

 

“Allora dovrò ringraziarlo per avermi risparmiato il recupero.” Borbottò Merlin, col tono di una madre seccata. “Anche se una mandria di buoi vi avrebbe svestito con più grazia di così.”

 

Arthur si stropicciò gli occhi assonnati e arrossati, mugolando qualcosa sul fatto che si era spogliato e rivestito da solo – o, quantomeno, ci aveva provato – e quelli erano i risultati.

 

Il servo ebbe allora pietà di lui e non infierì. In fin dei conti l’aveva fatto per pudore nei suoi riguardi, poiché in altre occasioni del passato non si era mai preoccupato di dormire seminudo. Ma quando lo vide ridistendersi sul letto, ignorando l’ora e gli impegni, un nuovo pensiero lo rannuvolò.

 

“Devo mandare qualcuno ad avvisare vostro padre che siete indisposto?” gli chiese, preoccupato del fatto che Uther non si sarebbe fatto scrupoli nello spedire alla gogna il valletto personale del figlio – femmina o maschio che fosse – se il principe si fosse presentato in ritardo al suo cospetto senza avvertirlo per tempo.

 

L’erede al trono guaì una vaga richiesta che era suonata all’incirca come “Lasciami cinque minuti” e Merlin glieli concesse, ritenendo che fossero ininfluenti sulla tabella di marcia della giornata.  

 

 

***

 

 

L’intruglio di Gaius doveva aver fatto il suo effetto da ore, pensò lo stregone, mentre camminava con il pranzo dell’Asino in mano.

Arrivato davanti ai suoi appartamenti, aprì il portone senza pensarci due volte.

Tuttavia si accorse troppo tardi delle voci concitate all’interno, quando si trovò davanti il re e il figlio che, troncato in fretta l’alterco in corso, la fissavano infastiditi dall’interruzione.

 

La ragazza deglutì a vuoto, sotto lo sguardo inceneritore del monarca.

“Io… scusate, m-ma…” balbettò, e mentì, per trarsi dai guai. “Avevo bussato, ma forse non…”

 

Uther la liquidò con un gesto stizzito della mano. “Vattene!”

 

“Sì, Maestà! Subito, Maestà!” squittì il servo, retrocedendo verso l’uscio con il vassoio in mano. “Chiedo perdono.” E scomparve oltre la porta.

 

Merlin se ne stette fuori quasi mezz’ora, a debita distanza, per essere certo di non incrociare il sovrano allorquando fosse uscito da lì.

 

Tenne il pasto in caldo e aspettò, seminascosto dietro una colonna.

E se da un lato era curioso di sapere il motivo del disaccordo, era più importante per lui non essere notato dal re, secondo una logica un po’ contorta; perché, a suo parere, se il sovrano si fosse quasi dimenticato della sua esistenza sarebbe stato preferibile, e il miglior modo per attuare la sua convinzione era quello di stargli alla larga – lontano dagli occhi, lontano dai problemi – per prevenire possibili guai.

 

Ad ogni buon conto, probabilmente Arthur gliel’avrebbe detto più tardi, sfogando il suo cattivo umore su di lui.

 

E invece il principe non le raccontò niente, quando Uther se ne andò e lei si ripresentò nella stanza; egli si limitò a pranzare, rannuvolato come un giorno di marzo dopo un temporale e poi, di colpo, le disse: “Andiamo giù, nella città bassa.”

 

Siccome capitava spesso che Sua Altezza si portasse dietro Merlin, mentre compiva le sue faccende, lo scudiero non chiese chiarimenti e si limitò a seguirlo.

 

Linette gli caracollò dietro per le varie viuzze e, giunti in prossimità di alcune botteghe, Arthur la fece fermare lì, a lato della strada, mentre lui entrava dentro.

 

Se ne uscì stranamente meno cinereo, come se avesse trovato un compromesso tra il compito scomodo e una soluzione a lui congeniale.

Nel momento in cui la informò che sarebbero tornati al castello, lo fece con più gentilezza.

 

Ripeterono perciò il cammino all’indietro, da dov’erano venuti, e passarono davanti al panettiere, che stava giusto sfornando le ultime pagnotte calde della giornata.

La figlia del fornaio, una fanciulla parecchio carina, offrì loro dei dolcetti ancora tiepidi con un sorriso.

 

Arthur ne prese uno ben volentieri, assaporandolo, e Linette lo imitò. I biscotti allo zenzero erano buonissimi.

 

Quando il principe ne volle gustare uno diverso, ella gliene porse un altro, nella speranza, forse, di venire ricompensata, ma Merlin – che l’aveva assaggiato appena prima di lui – intercettò il dolcetto un istante prima che finisse nella bocca dell’Asino Reale.

 

“Fermo!” lo avvertì, sottraendoglielo. “E’ alle noci. Voi siete gravemente intollerante alle noci…

 

Il giovane Pendragon si bloccò sul posto, fissando la valletta.

“Noci?”

Era vero. La volta in cui aveva accidentalmente ingerito un dolce con la pasta di noci era quasi morto soffocato. Gaius l’aveva ripreso per i capelli, compiendo una specie di miracolo. E lui ne conservava un ricordo terribilmente doloroso.

 

“Sì, Maestà.” Confermò la bottegaia. “Sono finemente tritate… io, io non…” La povera ragazza del fornaio tentava di scusarsi, tutta spaventata, ma era ovvio che non potesse sapere di aver appena attentato alla vita dell’erede al trono.

 

Il principe le lasciò una moneta perché ponesse fine alla questione e se ne andò da lì, senza toccare altri dolci.

Era la seconda volta, in pochi giorni, che si lasciava salvare la pellaccia dalla sua valletta.

Cos’avrebbe dovuto fare? Ringraziarla? Ma poi come-?

 

“Come facevi a sapere…?”

 

“E’ mio dovere vigilare sul vostro cibo, Sire.” Rispose l’ancella, proseguendo. “Merlin. Mi ha avvisato lui.”

 

Arthur sbuffò, come a dire… E chi, sennò?

“E così, sai anche tutti i cibi che posso o non posso mangiare?”

 

Il servitore sorrise, per alleggerire l’atmosfera dallo scampato pericolo.

“Forse non tutto, Mio Signore. Ma di sicuro so che non dovete mangiare le noci e la buccia delle pesche vi provoca l’orticaria e non potete neppure cibarvi di fagioli o lenticchie, altrimenti soffrirete per tre giorni di imbarazzo intestina-

 

“LINETTE!” la sgridò lui, interrompendola, diventando paonazzo.

 

“Me lo avete chiesto voi, Maestà.” Puntualizzò lei, ghignando.

 

“Che insolente!”

 

“Chi? Io?” rise lei, fingendo una riverenza.

 

Arthur le lanciò un’occhiataccia, successivamente sembrò ricordare una cosa di quel mattino, nelle sue stanze, e le chiese: “Sii sincera, come mai dimostri tutto questo timore reverenziale per il sovrano, mio padre, e non per me?”

 

“Perché per ora siete solo un Asino Reale!,” rispose d’istinto, per poi correggersi “come… come dice sempre mio cugino, ma… Quando sarete re anche voi, magari, lo farò.”

 

“Sfacciata!”

 

“Non mi avete forse chiesto di essere onesta?”

 

“Però non in modo così brutale, Lin!” si lamentò. “A volte vorrei che tu fossi più simile a…” una ragazza bionda, con un paniere in mano, attraversò il cortile davanti a loro, ancheggiando in modo vistoso. “Come Beatrix!” e gliela indicò. “Lei sì che è…”

 

“Una sgualdrina.” Concluse Merlin, al posto suo.

 

“Sì, hai ragio- Lin!” si scandalizzò. “Ma che linguaggio usi?! E non tirarmi fuori la solita storia che Merlin ti avrebbe detto anche questo!

 

“Oh, no, Sire.” Negò lei. “Mezzo pomeriggio nelle cucine basta per capirlo da sola.”

 

 

***

 

 

Ardof, malgrado la minaccia dell’uomo, non si fece vedere né quel giorno né il successivo.

Forse la sua tattica consisteva nel logorare i nervi di Merlin, e ci stava anche riuscendo piuttosto bene, se quello era il suo intento, avrebbe considerato lo stregone, a posteriori. E ci mancava solo che l’Asino si avvelenasse da solo, per complicargli la vita! Meditò, adesso che il rischio era passato e poteva rifletterci con calma, mentre aiutava il suo signore a vestirsi per l’ora d’udienza prevista, incurante dello sguardo dell’altro su di sé.

 

Arthur non si era mai interessato alla volubilità delle donne in senso stretto. Lui riteneva di essere un grande ed esperto amatore, sapeva cosa poteva piacere alle donzelle in termini di corteggiamento e regali ed aveva convissuto con le paturnie di Morgana, perciò si considerava sufficientemente ferrato in materia.

Eppure Linette era una continua incognita per lui.

Un attimo prima era allegra e impertinente e quello dopo diventava pensierosa e seria.

Alternava discorsi logorroici e infiniti a delle pause improvvise e taciturne, quasi tristi.

Mescolava un’ingenuità sconcertante ad una lingua lunga e pungente.

Non si comportava come le altre ragazze che lui conosceva, nobili o popolane che fossero. E rappresentava per lui una sfida continua.

 

“Sire…” lo chiamò l’oggetto dei suoi pensieri giusto in quel mentre.

 

Mh?”

 

“Oggi è sabato…” incominciò il mago, senza sapere esattamente come ricordargli la promessa.

 

“Lo so.”

 

Lo stregone sbuffò, andando dritto al punto.

“Ricordate l’appuntamento di ricamo a cui avevate…

 

“So anche questo.” Le appuntò. “E rammento anche che la cara Morgana mi deve qualcosa anche per la storia del boriosetto.” L’erede al trono le lanciò un’espressione significativa, come a dire che non aveva dimenticato.

 

Sicché anche Linette l’avrebbe pagata, prima o poi, si disse Merlin, gemendo mentalmente.

 

“Ho deciso che, appena finita l’udienza, andremo a fare una ricognizione senza pretese presso i campi ad Ovest – la mia sorellastra si riunisce sempre con le sue dame per tutta la nona veglia – e così spariremo giusto in quel lasso di tempo.”

 

“Grazie, Sire.” Disse la valletta, alleggerita almeno di quel fardello.

 

Il principe ghignò appena.

“Non temere, Lin-Lin. A tempo debito, mi ripagherai.”

 

Merlin sgranò gli occhi, perché sembrava tanto una minaccia.

No-non vi è bastata la faccenda delle noci?” soffiò, preoccupato.

 

“No. Poiché hai detto che rientrava fra i tuoi doveri.

 

Il mago ricambiò con un’occhiataccia assai poco deferente.

 

Nel frattempo però, Arthur si era avvicinato allo scrittoio e aveva vergato un paio di righe frettolose su un bigliettino.

“Fallo consegnare a Lady Morgana, ma non prima della nostra partenza. E adesso vatti a cambiare. Ci si ritrova fra un’ora davanti alle stalle.  

 

Lo stregone ricevette il foglio e soffocò il senso di colpa, che timido protestava dentro di lui. Morgana si sarebbe rammaricata della sua diserzione, ma non sarebbe certo morta per questo.

 

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3

 

Note: I credits per l’idea nel dialogo Gaius-Merlin vanno a Tao, che mi ha gentilmente offerto la possibilità di sfruttare una delle nostre divagazioni via mail. XD

 

L’accenno al gallo che ha cantato già tre volte è un rimando riadattato al tradimento di Pietro, visto che l’assenza di Gwen è per Merlin una sorta di tradimento dei loro accordi.

 

L’allergia alle noci è un problema abbastanza diffuso e, a volte, con conseguenze anche gravi.

L’accenno alla scampata morte da soffocamento l’ho presa da un fatto vero, accaduto ad un mio amico.

 

Ho sempre scordato di chiarire una cosa che davo per scontato; ma, siccome mi è stata chiesta, la spiego ora: le veglie.

Le veglie sono l’unità temporale con cui si divideva il tempo nel medioevo. Ogni veglia dura circa tre ore, con una leggera variazione a seconda della stagione.

Le veglie sono: i mattinali a mezzanotte, le laudi alle tre, la prima alle sei, la terza alle nove, la sesta a mezzogiorno, la nona alle quindici, il vespro alle diciotto e la compieta alle ventuno.

Generalmente erano le campane dei monasteri o delle chiese a rintoccare segnando le veglie; invece il telefilm ha volutamente tolto espliciti rimandi religiosi.

La campana, che si sente suonare di notte, si presume sia quindi quella del castello.

Un altro modo per contare le ore era quello di usare candele graduate che rimanevano accese fino a 8 ore. Man mano che si consumavano le tacche, si sapeva all’incirca che ora era.

Idem, per le clessidre graduate a lunga durata.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Vorrei rasserenarvi: Arthur ubriaco non sarà mai pericoloso per Linette. (Lo sarà in altri frangenti, ma questa è un’altra faccenda… XD)

- Sì, il tavolaccio sporco e smussato è la mia interpretazione personale (e dissacrante) della Tavola Rotonda. XD

- Sono contenta che abbiate gradito l’omaggio al grande De Andrè. ^.^

- Anacleto ha trovato ufficialmente posto in un capitolo, ma spero di riuscire a sorprendervi, non è esattamente quello che conoscete voi…

 

 

Nell’anticipazione abbiamo un Merlin alle prese con una nuova decisione del principe:

“A volte temo che, solo sfiorandoti accidentalmente, potrei romperti come un pezzo di vetro.” Le afferrò il polso come prova e gli ossicini scricchiolarono. “Visto? Un uomo potrebbe...” tacque “Sì, beh... chiunque penserebbe di farti del male anche solo accarezzandoti.” E distolse gli occhi da lei, a disagio.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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